uruknet.info: un anno di occupazione e la resistenza irachena



        Mohammed Hassan e Davide Pestieau analizzano un anno di
        occupazione e la resistenza irachena


        Thomas Blommaert, www.resistenze.org

http://www.uruknet.info/?p=2619

28-04-2004 - Nel 19 marzo 1917, l'occupazione britannica dell'Iraq ne è
al suo primo giorno. I "nostri eserciti non attaccano le vostre città ed
il vostro paese come nemici, ma come liberatori", dichiara il comandante
in capo dell'esercito inglese, il generale F.S Maude, alla popolazione
della Mesopotamia di allora.

Quasi novanta anni più tardi, George W. Bush tiene un discorso quasi
identico: "Non abbiamo nessun interesse in Iraq se non allontanare il
pericolo e di restituire il controllo del paese alla sua popolazione".
Una frase che deve far sorridere Mohammed Hassan e Davide Pestieau. Ed
ancor più vista la drammaticità della situazione in Iraq. Un anno dopo,
ci si rende conto a che punto le parole di Bush erano dolorosamente vuote.

Il comando provvisorio, sotto la direzione di Paul Bremer, organizza una
vera liquidazione totale dell'economica irachena. "Anche se domani
l'ultimo soldato si ritirerà dal Golfo e un regime sovrano prenderà il
potere, l'Iraq continuerebbe ad essere occupato", mette in guardia Naomi
Klein, una delle figure di punta del movimento antiglobalista.


Il prevvedimento che salta più agli occhi, è l' "Order 39". Quale è il
suo contenuto preciso?

Davide Pestieau. L'"Order 39" costituisce sicuramente una rapina contro
l'economia irachena. Questa ordinanza precisa che duecento imprese
pubbliche dovranno essere privatizzate, mentre è scritto nella
Costituzione irachena che i settori chiavi dell'economia non possono
stare nelle mani dei privati. Per questa operazione, gli americani si
sono ispirati ai loro stessi metodi nella Russia degli anni 90. Dopo la
caduta dell'URSS, si era similmente organizzato un'asta pubblica
dell'economia. Tutto come qualche anno fa in Russia, le multinazionali
possono saccheggiare le ricchezze irachene senza essere per nulla
disturbate. Ma mai nella storia mondiale, né in Africa né in Asia, il
saccheggio non è stato organizzato in scala simile a quella di oggi
nell'Iraq. Lo scrittore Tariq Ali ha scritto che l'Iraq "è il primo
paese dove vedremo gli effetti della colonizzazione del ventunesimo
secolo". Tutte le attrezzature che sono state distrutte con tanta
precisione ora devono essere ricostruite, ma soprattutto dalle ditte
private americane.

Davide Pestieau. La distruzione di queste attrezzature era stata avviata
da tempo. Non solo l'Iraq è stato messo in rovina a due riprese ma ha
dovuto subire anche dodici anni di embargo. Ciò ha provocato
probabilmente altrettanti danni al paese. Nel campo dell'industria,
dell'insegnamento e della salute l'Iraq è stato catalogato dall'Unicef
come i migliore del mondo arabo, prima del primo attacco degli
americani. Ma Tariq Ali ha ragione, certamente. Halliburton, Bechtel e
le altre multinazionali ricostruiscono oramai l'Iraq col denaro
iracheno. Nello stesso tempo, le sovvenzioni delle Nazioni unite
affluiscono verso queste ditte private americane. Quando si conoscono i
legami tra queste multinazionali ed i governi americani, e la cricca che
circonda Bremer, tutto è piu chiaro.+


Un anno dopo la fine ufficiale della guerra, gli iracheni sono senza
elettricità per più di mezza giornata...

Mohammed Hassan. Naturalmente, gli americani in primo luogo vogliono
condurre un programma di privatizzazione, la ricostruzione per il bene
della popolazione non li interessa. Privatizzazione e ricostruzione non
vanno di pari in passo del resto. Gli americani sono occupati a
liquidare la vecchia rete telefonica irachena ed ad installare delle
nuove linee, americane beninteso. Tutti i pezzi di ricambio provengono
direttamente da ditte americane. L'approvvigionamento dell'acqua,
poc'anzi un servizio pubblico, sarà privatizzato completamente dagli
americani. Essi sostituiscono tutte le installazioni di fabbricazione
irachena o francese con quelle di fabbricazione americana. Naturalmente,
questo richiede tempo. Mentre al termine della prima guerra del Golfo,
agli iracheni erano occorsi appena tre mesi per reinstallare
l'elettricità ad un livello accettabile. L'occupazione continua a
scontrarsi contro una imponente resistenza. Voi scrivete che gli
americani non se l'aspettavano. Come spiegate questo?

Mohammed Hassan. Le potenze coloniali sono per definizione arroganti.
Esse non si accostano alla situazione con lo sguardo della popolazione
ordinaria. Ciò avviene dal momento che sono loro stesse accecate dal
loro potere militare, dalla loro propaganda e dalle marionette che le
circondano. Aggiungete a questo che, per gli Stati Uniti, gli iracheni
sono un popolo primitivo e barbaro che, inoltre, non ha le armi per
restituire i colpi. Anche in Vietnam ragionavano nel modo seguente:
"Andiamo a terrorizzarli, bombardarli e massacrarli, infine avranno
paura ed accetteranno la loro sorte"


Fallujah è simbolo della combattività irachena?

Mohammed Hassan. Assolutamente. La resistenza a Sadr City (a Bagdad) è
stata anche forte ma per la maggior parte degli iracheni è Fallujah è
sinonimo di resistenza contro gli americani. La rivolta è esplosa prima
ed è stata organizzata meglio. Ciò che si è fatto a Fallujah è unico.
Immaginate, il più forte esercito del mondo che accerchia da tre
settimane una città di 300.000 abitanti: Fallujah si batte per il mondo
intero. La popolazione di questa città mostra che una resistenza contro
un nemico tanto potente è possibile.


Nel vostro lavoro, andate alle origini di questa resistenza eroica.
Esaminate le fasi dello sviluppo della resistenza, ma anche la storia
recente dell'Iraq...

Mohammed Hassan. C'è la resistenza spontanea e quella organizzata. La
resistenza spontanea non ha né logistica né direzione militare o
politica. I servizi di polizia non fanno generalmente troppo fatica a
reprimere questa forma di resistenza. Ma, in Iraq, si può difficilmente
pensare che si tratti di resistenza spontanea. Gli americani occupano
l'Iraq con 135.000 soldati armati fino al denti, hanno portato con loro
tutta una coalizione ed in più sono appoggiati da mercenari. 69 servizi
di informazioni operano inoltre, quotidianamente per destabilizzare il
paese e, ogni giorno, Paul Bremer riceve da 30 a 40 rapporti sull'Iraq.
Ma gli americani non riescono ad avere sotto controllo questo paese di
25 milioni di abitanti, totalmente piegato da due guerre e da un embargo
omicida. Per questo la nostra conclusione, dopo lunga analisi, è che
solo il partito Baath (il partito di Saddam Hussein) aveva le capacità
per riuscire. La resistenza ha un scopo ed un programma ed essa lavora
politicamente, socialmente e militarmente.

Davide Pestieau. Naturalmente esistono altre organizzazioni e ci sarebbe
quindi un fronte unito. Ma tutte le analisi politiche di ogni tendenza
sono d'accordo su questo punto: sono i vecchi ufficiali del partito
Baath che dirigono la resistenza. Non può essere diversamente. Una
settimana dopo la fine della guerra militare, la resistenza faceva già
capolino. È incredibile. Il Belgio, per esempio, aveva avuto bisogno di
alcuni mesi per mettere in piedi una resistenza degna di questo nome
contro i nazisti. Il partito Baath ha diretto tutto durante decine di
anni, nessuna altra organizzazione sarebbe stata in grado di mettere in
strada la resistenza.


"Se solamente avessimo ascoltato Scott Ritter", devono dirsi gli
americani. Gia nel 1996, il vecchio ispettore in armamenti diceva che
l'Iraq era impegnato a preparare la resistenza del dopoguerra.

Davide Pestieau. Durante le sue ispezioni agli armamenti, Ritter non
aveva trovato la minima traccia di armi di distruzione massiccia, ma
solo dei documenti sulla fabbricazione di esplosivi improvvisati, sulla
preparazione di imboscate, ecc. Egli dice: "Ciò che ho potuto osservare
allora - e comunicato ai servizi segreti americani - era il lavoro
preparatorio di una resistenza per il dopoguerra come quella che gli
Stati Uniti affrontano oggi in Iraq".


Questa testimonianza di Ritter non contraddice indirettamente la storia
dei "terroristi musulmani stranieri che vengono in massa combattere in
Iraq?"

Davide Pestieau. Sicuramente. Per esempio, gli Stati Uniti devono già
ammettere oggi che tra tutti "gli attentatori suicidi", nessuno proviene
da fuori dell'Iraq. Certamente, degli stranieri sono presenti e
partecipano alla lotta contro l'occupazione, ma si tratta di una
minoranza trascurabile. L'autorità civile in Iraq è nelle mani della
Direzione provvisoria, ma, del lato iracheno, c'è anche
un'amministrazione interinale, il Consiglio di direzione. Quali sono le
similitudini col Consiglio arabo, chi, sotto l'occupante britannico, in
1920, aveva una funzione simile?

Mohammed Hassan. Il Consiglio arabo e l'attuale Consiglio di direzione
hanno molte cose in comune, con la piccola diversità che il Consiglio di
direzione è ancora peggiore del suo lontano predecessore. Gli ufficiali
britannici sostenevano da dietro le quinte il ruolo di registi e gli
iracheni dovevano recitare. Oggi, gli americani fanno tutto, in Iraq,:
sia i registi che gli attori. Il Consiglio di direzione si ferma a
guardare mentre Bremer decide tutto. L'organo stesso non ha
rigorosamente niente da dire. Un esempio: dopo i problemi con l'iman
Sadr, a Bagdad, Bremer si ha licenziato il preteso ministro degli
esteri. In un tempo record, difatti, Bremer si è tramutato in un
detestato dittatore neo-coloniale. Lui ed i suoi amici si comportano
come delle persone primitive ed arretrate, senza il minimo rispetto per
la cultura e la storia dell'Iraq. Sono in Iraq, ma si credono ancora nel
Texas.

Davide Pestieau. Per i britannici, era più facile colonizzare l'Iraq di
allora rispetto agli americani oggi. All'epoca, c'era una classe
irachena feudale che era interessata particolarmente a questa
colonizzazione. Ma oggi, ottanta anni più tardi, chi vorrebbe
collaborare con gli americani? Dei gangster come Chalabi, dei
profittatori che, normalmente, dovrebbero imputridire in prigione. Allo
stesso tempo, gli occupanti non riescono ad arruolare degli iracheni
nell'esercito o nella polizia. Di quelli che l'hanno fatto, il 40% sono
stati messi alla porta e gli altri si fanno coinvolgere il meno
possibile. Il 10% lavorano come infiltrati per la resistenza. Un
ufficiale superiore americano l'ammetteva ancora solo la settimana
scorsa. Così dunque, si può concludere, come numerosi specialisti, che
gli Stati Uniti dovranno ancora dovere mandare molte truppe. Certe fonti
parlano persino della necessità di un esercito di 400.000 uomini, in
Iraq. Ciò significa che la quasi totalità delle truppe terrestri
dell'esercito americano dovrebbe andare in Iraq. Ciò ha creato anche dei
problemi negli Stati Uniti stessi. Giovani, insegnanti, idraulici,
nessuno vuole andare a battersi in Iraq. Un'altra opzione alla quale gli
americani ricorrono già oggi, è l'impegno di volontari. Tuttavia, l'uso
dei mercenari non è solo molto caro ma provoca anche molti malumori trai
normali militari. Questi guadagnano alcune centinaia di dollari per
mese, mentre certi mercenari ricevono 1.000 dollari al giorno.


Immaginate che gli Stati Uniti abbiano ragione della resistenza e
controllino completamente l'Iraq. Cosa significherebbe per il resto del
mondo?

Mohammed Hassan. La causa di questa guerra è la crisi strutturale
dell'imperialismo americano. Dopo la Seconda Guerra mondiale, il
prodotto interno lordo (PIL) americano rappresentava il 50% del PIL
mondiale. Oggi, il 28%. La loro reazione è di garantirsi il controllo
dei territori strategici. In questo modo mettono sotto pressione Europa,
Giappone, ma anche la Russia e certamente la Cina. L'Iraq è un caso
test. Il paese detiene il 15% di tutte le riserve petrolifere mondiali,
ma il 90% del territorio non è ancora stato sondato. Se gli americani
ottengono il controllo dell'Iraq, estenderanno enormemente la loro
influenza sulla regione. Nel nostro libro, parliamo della teoria del
domino. In questo caso, l'OPEC dovrà cambiare nome e chiamarsi
l'US-OPEC. E la seconda potrà cominciare: il ricatto contro l'Europa, il
Giappone, la Cina e la Russia. In effetti, gli europei dovrebbero essere
felici che un tale popolo, il popolo iracheni, esiste e si batte contro
gli americani. Per la loro propria indipendenza, ma anche per la
prosperità dell'Europa dell'ovest. Un europeo che non sostiene la
resistenza irachena, taglia il ramo sulla quale si è seduto in compagnia
dei suoi bambini e nipoti.


Per finire, come può succedere che un belga, nato negli Stati Uniti
durante la guerra in Vietnam, ed un ex diplomatico etiope, abbiano
scritto insieme un libro sull'Iraq?

Mohammed Hassan. Il libro è successivo ad una serie di interviste per
"Solidaire". Hanno suscitato tali reazioni che abbiamo pensato che
dovevamo fare qualche cosa di più, in un'intervista non si può
approfondire tanto come in un libro.

Davide Pestieau. La ricchezza del libro, sono i nostri contesti
differenti. Mohammed ha una grande conoscenza della storia araba ed è
abituato ai media arabi. Conosco forse la stampa occidentale un pò
meglio. Questo ci ha portato ad un continuo confronto di fonti e di
idee. Abbiamo redatto il libro insieme dall'inizio alla fine ed
aspettiamo con molto interesse le reazioni e le critiche che susciterà.

da www.ptb.be <http://www.ptb.be> - Parti du Travail de Belgique -PTB
http://www.ptb.be/scripts/article.phtml?section=A1AAABCCBCBD&obid=23516
<http://www.ptb.be/scripts/article.phtml?section=A1AAABCCBCBD&obid=23516>
traduzione dal francese del Ccdp

http://www.resistenze.org/sito/te/po/ir/poir4e04.htm
<http://www.resistenze.org/sito/te/po/ir/poir4e04.htm>

http://www.uruknet.info/?p=2619

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www.uruknet.info <http://www.uruknet.info>: daily information on
occupied Iraq: news, analysis, documents and texts, in Italian and English.
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sull'iraq occupato: notizie, analisi, documenti e testi, in italiano e
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Mohammed Hassan e Davide Pestieau analizzano un anno di occupazione e la
resistenza irachena

Thomas Blommaert, <http://www.resistenze.org>www.resistenze.org

<http://www.uruknet.info/?p=2619>http://www.uruknet.info/?p=2619

28-04-2004 - Nel 19 marzo 1917, l'occupazione britannica dell'Iraq ne è al
suo primo giorno. I "nostri eserciti non attaccano le vostre città ed il
vostro paese come nemici, ma come liberatori", dichiara il comandante in
capo dell'esercito inglese, il generale F.S Maude, alla popolazione della
Mesopotamia di allora.

Quasi novanta anni più tardi, George W. Bush tiene un discorso quasi
identico: "Non abbiamo nessun interesse in Iraq se non allontanare il
pericolo e di restituire il controllo del paese alla sua popolazione". Una
frase che deve far sorridere Mohammed Hassan e Davide Pestieau. Ed ancor
più vista la drammaticità della situazione in Iraq. Un anno dopo, ci si
rende conto a che punto le parole di Bush erano dolorosamente vuote.

Il comando provvisorio, sotto la direzione di Paul Bremer, organizza una
vera liquidazione totale dell'economica irachena. "Anche se domani l'ultimo
soldato si ritirerà dal Golfo e un regime sovrano prenderà il potere,
l'Iraq continuerebbe ad essere occupato", mette in guardia Naomi Klein, una
delle figure di punta del movimento antiglobalista.


Il prevvedimento che salta più agli occhi, è l' "Order 39". Quale è il suo
contenuto preciso?

Davide Pestieau. L'"Order 39" costituisce sicuramente una rapina contro
l'economia irachena. Questa ordinanza precisa che duecento imprese
pubbliche dovranno essere privatizzate, mentre è scritto nella Costituzione
irachena che i settori chiavi dell'economia non possono stare nelle mani
dei privati. Per questa operazione, gli americani si sono ispirati ai loro
stessi metodi nella Russia degli anni 90. Dopo la caduta dell'URSS, si era
similmente organizzato un'asta pubblica dell'economia. Tutto come qualche
anno fa in Russia, le multinazionali possono saccheggiare le ricchezze
irachene senza essere per nulla disturbate. Ma mai nella storia mondiale,
né in Africa né in Asia, il saccheggio non è stato organizzato in scala
simile a quella di oggi nell'Iraq. Lo scrittore Tariq Ali ha scritto che
l'Iraq "è il primo paese dove vedremo gli effetti della colonizzazione del
ventunesimo secolo". Tutte le attrezzature che sono state distrutte con
tanta precisione ora devono essere ricostruite, ma soprattutto dalle ditte
private americane.

Davide Pestieau. La distruzione di queste attrezzature era stata avviata da
tempo. Non solo l'Iraq è stato messo in rovina a due riprese ma ha dovuto
subire anche dodici anni di embargo. Ciò ha provocato probabilmente
altrettanti danni al paese. Nel campo dell'industria, dell'insegnamento e
della salute l'Iraq è stato catalogato dall'Unicef come i migliore del
mondo arabo, prima del primo attacco degli americani. Ma Tariq Ali ha
ragione, certamente. Halliburton, Bechtel e le altre multinazionali
ricostruiscono oramai l'Iraq col denaro iracheno. Nello stesso tempo, le
sovvenzioni delle Nazioni unite affluiscono verso queste ditte private
americane. Quando si conoscono i legami tra queste multinazionali ed i
governi americani, e la cricca che circonda Bremer, tutto è piu chiaro.+


Un anno dopo la fine ufficiale della guerra, gli iracheni sono senza
elettricità per più di mezza giornata...

Mohammed Hassan. Naturalmente, gli americani in primo luogo vogliono
condurre un programma di privatizzazione, la ricostruzione per il bene
della popolazione non li interessa. Privatizzazione e ricostruzione non
vanno di pari in passo del resto. Gli americani sono occupati a liquidare
la vecchia rete telefonica irachena ed ad installare delle nuove linee,
americane beninteso. Tutti i pezzi di ricambio provengono direttamente da
ditte americane. L'approvvigionamento dell'acqua, poc'anzi un servizio
pubblico, sarà privatizzato completamente dagli americani. Essi
sostituiscono tutte le installazioni di fabbricazione irachena o francese
con quelle di fabbricazione americana. Naturalmente, questo richiede tempo.
Mentre al termine della prima guerra del Golfo, agli iracheni erano occorsi
appena tre mesi per reinstallare l'elettricità ad un livello accettabile.
L'occupazione continua a scontrarsi contro una imponente resistenza. Voi
scrivete che gli americani non se l'aspettavano. Come spiegate questo?

Mohammed Hassan. Le potenze coloniali sono per definizione arroganti. Esse
non si accostano alla situazione con lo sguardo della popolazione
ordinaria. Ciò avviene dal momento che sono loro stesse accecate dal loro
potere militare, dalla loro propaganda e dalle marionette che le
circondano. Aggiungete a questo che, per gli Stati Uniti, gli iracheni sono
un popolo primitivo e barbaro che, inoltre, non ha le armi per restituire i
colpi. Anche in Vietnam ragionavano nel modo seguente: "Andiamo a
terrorizzarli, bombardarli e massacrarli, infine avranno paura ed
accetteranno la loro sorte"


Fallujah è simbolo della combattività irachena?

Mohammed Hassan. Assolutamente. La resistenza a Sadr City (a Bagdad) è
stata anche forte ma per la maggior parte degli iracheni è Fallujah è
sinonimo di resistenza contro gli americani. La rivolta è esplosa prima ed
è stata organizzata meglio. Ciò che si è fatto a Fallujah è unico.
Immaginate, il più forte esercito del mondo che accerchia da tre settimane
una città di 300.000 abitanti: Fallujah si batte per il mondo intero. La
popolazione di questa città mostra che una resistenza contro un nemico
tanto potente è possibile.


Nel vostro lavoro, andate alle origini di questa resistenza eroica.
Esaminate le fasi dello sviluppo della resistenza, ma anche la storia
recente dell'Iraq...

Mohammed Hassan. C'è la resistenza spontanea e quella organizzata. La
resistenza spontanea non ha né logistica né direzione militare o politica.
I servizi di polizia non fanno generalmente troppo fatica a reprimere
questa forma di resistenza. Ma, in Iraq, si può difficilmente pensare che
si tratti di resistenza spontanea. Gli americani occupano l'Iraq con
135.000 soldati armati fino al denti, hanno portato con loro tutta una
coalizione ed in più sono appoggiati da mercenari. 69 servizi di
informazioni operano inoltre, quotidianamente per destabilizzare il paese
e, ogni giorno, Paul Bremer riceve da 30 a 40 rapporti sull'Iraq. Ma gli
americani non riescono ad avere sotto controllo questo paese di 25 milioni
di abitanti, totalmente piegato da due guerre e da un embargo omicida. Per
questo la nostra conclusione, dopo lunga analisi, è che solo il partito
Baath (il partito di Saddam Hussein) aveva le capacità per riuscire. La
resistenza ha un scopo ed un programma ed essa lavora politicamente,
socialmente e militarmente.

Davide Pestieau. Naturalmente esistono altre organizzazioni e ci sarebbe
quindi un fronte unito. Ma tutte le analisi politiche di ogni tendenza sono
d'accordo su questo punto: sono i vecchi ufficiali del partito Baath che
dirigono la resistenza. Non può essere diversamente. Una settimana dopo la
fine della guerra militare, la resistenza faceva già capolino. È
incredibile. Il Belgio, per esempio, aveva avuto bisogno di alcuni mesi per
mettere in piedi una resistenza degna di questo nome contro i nazisti. Il
partito Baath ha diretto tutto durante decine di anni, nessuna altra
organizzazione sarebbe stata in grado di mettere in strada la resistenza.


"Se solamente avessimo ascoltato Scott Ritter", devono dirsi gli americani.
Gia nel 1996, il vecchio ispettore in armamenti diceva che l'Iraq era
impegnato a preparare la resistenza del dopoguerra.

Davide Pestieau. Durante le sue ispezioni agli armamenti, Ritter non aveva
trovato la minima traccia di armi di distruzione massiccia, ma solo dei
documenti sulla fabbricazione di esplosivi improvvisati, sulla preparazione
di imboscate, ecc. Egli dice: "Ciò che ho potuto osservare allora - e
comunicato ai servizi segreti americani - era il lavoro preparatorio di una
resistenza per il dopoguerra come quella che gli Stati Uniti affrontano
oggi in Iraq".


Questa testimonianza di Ritter non contraddice indirettamente la storia dei
"terroristi musulmani stranieri che vengono in massa combattere in Iraq?"

Davide Pestieau. Sicuramente. Per esempio, gli Stati Uniti devono già
ammettere oggi che tra tutti "gli attentatori suicidi", nessuno proviene da
fuori dell'Iraq. Certamente, degli stranieri sono presenti e partecipano
alla lotta contro l'occupazione, ma si tratta di una minoranza
trascurabile. L'autorità civile in Iraq è nelle mani della Direzione
provvisoria, ma, del lato iracheno, c'è anche un'amministrazione
interinale, il Consiglio di direzione. Quali sono le similitudini col
Consiglio arabo, chi, sotto l'occupante britannico, in 1920, aveva una
funzione simile?

Mohammed Hassan. Il Consiglio arabo e l'attuale Consiglio di direzione
hanno molte cose in comune, con la piccola diversità che il Consiglio di
direzione è ancora peggiore del suo lontano predecessore. Gli ufficiali
britannici sostenevano da dietro le quinte il ruolo di registi e gli
iracheni dovevano recitare. Oggi, gli americani fanno tutto, in Iraq,: sia
i registi che gli attori. Il Consiglio di direzione si ferma a guardare
mentre Bremer decide tutto. L'organo stesso non ha rigorosamente niente da
dire. Un esempio: dopo i problemi con l'iman Sadr, a Bagdad, Bremer si ha
licenziato il preteso ministro degli esteri. In un tempo record, difatti,
Bremer si è tramutato in un detestato dittatore neo-coloniale. Lui ed i
suoi amici si comportano come delle persone primitive ed arretrate, senza
il minimo rispetto per la cultura e la storia dell'Iraq. Sono in Iraq, ma
si credono ancora nel Texas.

Davide Pestieau. Per i britannici, era più facile colonizzare l'Iraq di
allora rispetto agli americani oggi. All'epoca, c'era una classe irachena
feudale che era interessata particolarmente a questa colonizzazione. Ma
oggi, ottanta anni più tardi, chi vorrebbe collaborare con gli americani?
Dei gangster come Chalabi, dei profittatori che, normalmente, dovrebbero
imputridire in prigione. Allo stesso tempo, gli occupanti non riescono ad
arruolare degli iracheni nell'esercito o nella polizia. Di quelli che
l'hanno fatto, il 40% sono stati messi alla porta e gli altri si fanno
coinvolgere il meno possibile. Il 10% lavorano come infiltrati per la
resistenza. Un ufficiale superiore americano l'ammetteva ancora solo la
settimana scorsa. Così dunque, si può concludere, come numerosi
specialisti, che gli Stati Uniti dovranno ancora dovere mandare molte
truppe. Certe fonti parlano persino della necessità di un esercito di
400.000 uomini, in Iraq. Ciò significa che la quasi totalità delle truppe
terrestri dell'esercito americano dovrebbe andare in Iraq. Ciò ha creato
anche dei problemi negli Stati Uniti stessi. Giovani, insegnanti,
idraulici, nessuno vuole andare a battersi in Iraq. Un'altra opzione alla
quale gli americani ricorrono già oggi, è l'impegno di volontari. Tuttavia,
l'uso dei mercenari non è solo molto caro ma provoca anche molti malumori
trai normali militari. Questi guadagnano alcune centinaia di dollari per
mese, mentre certi mercenari ricevono 1.000 dollari al giorno.


Immaginate che gli Stati Uniti abbiano ragione della resistenza e
controllino completamente l'Iraq. Cosa significherebbe per il resto del
mondo?

Mohammed Hassan. La causa di questa guerra è la crisi strutturale
dell'imperialismo americano. Dopo la Seconda Guerra mondiale, il prodotto
interno lordo (PIL) americano rappresentava il 50% del PIL mondiale. Oggi,
il 28%. La loro reazione è di garantirsi il controllo dei territori
strategici. In questo modo mettono sotto pressione Europa, Giappone, ma
anche la Russia e certamente la Cina. L'Iraq è un caso test. Il paese
detiene il 15% di tutte le riserve petrolifere mondiali, ma il 90% del
territorio non è ancora stato sondato. Se gli americani ottengono il
controllo dell'Iraq, estenderanno enormemente la loro influenza sulla
regione. Nel nostro libro, parliamo della teoria del domino. In questo
caso, l'OPEC dovrà cambiare nome e chiamarsi l'US-OPEC. E la seconda potrà
cominciare: il ricatto contro l'Europa, il Giappone, la Cina e la Russia.
In effetti, gli europei dovrebbero essere felici che un tale popolo, il
popolo iracheni, esiste e si batte contro gli americani. Per la loro
propria indipendenza, ma anche per la prosperità dell'Europa dell'ovest. Un
europeo che non sostiene la resistenza irachena, taglia il ramo sulla quale
si è seduto in compagnia dei suoi bambini e nipoti.


Per finire, come può succedere che un belga, nato negli Stati Uniti durante
la guerra in Vietnam, ed un ex diplomatico etiope, abbiano scritto insieme
un libro sull'Iraq?

Mohammed Hassan. Il libro è successivo ad una serie di interviste per
"Solidaire". Hanno suscitato tali reazioni che abbiamo pensato che dovevamo
fare qualche cosa di più, in un'intervista non si può approfondire tanto
come in un libro.

Davide Pestieau. La ricchezza del libro, sono i nostri contesti differenti.
Mohammed ha una grande conoscenza della storia araba ed è abituato ai media
arabi. Conosco forse la stampa occidentale un pò meglio. Questo ci ha
portato ad un continuo confronto di fonti e di idee. Abbiamo redatto il
libro insieme dall'inizio alla fine ed aspettiamo con molto interesse le
reazioni e le critiche che susciterà.

da <http://www.ptb.be>www.ptb.be - Parti du Travail de Belgique -PTB
<http://www.ptb.be/scripts/article.phtml?section=A1AAABCCBCBD&obid=23516>http://www.ptb.be/scripts/article.phtml?section=A1AAABCCBCBD&obid=23516
traduzione dal francese del Ccdp

<http://www.resistenze.org/sito/te/po/ir/poir4e04.htm>http://www.resistenze.org/sito/te/po/ir/poir4e04.htm

<http://www.uruknet.info/?p=2619>http://www.uruknet.info/?p=2619


<http://www.uruknet.info>www.uruknet.info: daily information on occupied
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