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Carovana per la pace
- Subject: Carovana per la pace
- From: "Il Ponte" <ilpontemolise at tin.it>
- Date: Wed, 24 Mar 2004 09:15:03 +0100
DALLA CAROVANA PER LA PACE DEL SUD Mentre il putiferio mediatico e telematico impazza sul caso Fassino e i suoi depistaggi, cerco di riflettere su esperienze autentiche, sulle migliaia di persone che abbiamo incontrato nelle carovane di pace e sulle loro voci e speranze. Osservazione al margine: benché molti abbiano discettato sul messaggio e significato delle carovane, di fatto ben pochi hanno fatto gli accompagnatori per più di qualche tappa, partecipando così al processo reale, alla evoluzione della iniziativa. Era una occasione di apprendimento. Perciò voglio ringraziare tutte e tutti coloro che l'hanno resa possibile e Alfio Nicotra che l'ha proposta. Io ho accompagnato la carovana da Sigonella fino a Villa S. Giovanni. Poi ho seguito da Roma, con molta nostalgia e voglia di tornare sul pulmino. Poi sono tornata in Abruzzo e Molise, da Termoli fino a Roma. Due regioni del sud, più un gran numero di resoconti giornalieri, sono un buon termometro della situazione. Faticosissimo e commovente, a tratti esaltante. Tutto è stato possibile grazie all'incredibile impegno profuso sul territorio da centinaia e centinaia di attivisti/e e grazie soprattutto a Giovanni Canino e Jeena Fernando che hanno guidato la carovana ininterrottamente dal 28 febbraio al 20 marzo, consentendo così l'avvicendarsi degli accompagnatori e facendo da collegamento tra i locali. Che cosa spiega una simile dedizione al volontariato della pace ? La speranza, dice Jeena : "La pace arriverà perché il nostro desiderio è grande". Abbiamo ricevuto migliaia di sorrisi e strette di mano, quanti sguardi attenti e partecipi, quante parole, quante voci di tanti e tante che solitamente sono senza voce, oscurati dalla ribalta politica, ma oggi sempre più vivi e decisi a partecipare. Tutte queste persone, per le quali la pace rappresenta una priorità, stanno trasformando realmente il nostro paese. Una trasformazione antropologica prima ancora che politica. Lo abbiamo visto da parecchi segni. Quel cantastorie siciliano che ha fatto una nuova canzone "per i nuovi eroi" che sarebbero i pacifisti, che reca nel titolo NO ALLA GUERRA SENZA SE E SENZA MA ( Miracolo del contagio sociale, della nuova tradizione orale !!!!). Poi quelle donne di Palermo che recavano lo striscione CASE PER TUTTI- NO ALLE SPESE MILITARI. Poi tutti i bambini dei paesini che abbiamo attraversato che ci aspettavano dai giorni precedenti e avevano preparato disegni e poesie. E gli insegnanti che facevano firmare le bandiere arcobaleno nelle classi e facevano scrivere i pensierini e i temi. E i sindaci che ci affidavano come un dono le mozioni votate in Consiglio per il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq. E poi questa grande volontà di lotta che si diffonde come un gigantesco anticorpo nell'organismo disgregato del mezzogiorno d'Italia. La lotta di Terlizzi contro la chiusura degli ospedali di periferia perché lo Stato militarista ha soppiantato lo Stato Sociale. La magnifica lotta di Rapolla con tutto il paese sulla strada a fare i blocchi stradali di notte e proseguirli a oltranza perché, come a Scanzano, "A terra non s'ha da tocca'" e non si può accettare che l'elettrodotto passi accanto alle case. Così vecchi, bambini, donne, studenti, contadini, preti e sindaci sono una intera regione, la Lucania, cuore del Mezzogiorno in lotta. Un Mezzogiorno che non vuole morire, non vuole più ospitare le macchine da guerra come a Sigonella, ad Augusta, a Brindisi, a Taranto, a Gioia del Colle, e non vuole più i poligoni di tiro e le polveriere come nella Murgia, terra ferita, terra riconquistata. Due fatti nuovi: -la maggiore partecipazione alle iniziative e la più forte richiesta di avere sul proprio territorio una tappa della carovana si sono avute nei piccoli comuni come Cammarata, Partinico, S. Marco dei Cavoti, Castellammare, Casagiove, Luco dei Marsi. -le reti locali più impegnate nella organizzazione delle tappe, proprio là dove sono state più riuscite e partecipate erano composte da associazioni locali come Casa Comune di Augusta, Carta Vetrata di Cammarata, Il Ponte di Termoli e tante altre. Associazioni locali più vitali - impegnate a fare comunità- di quanto non sia la struttura organizzativa locale dei partiti. Quest'ultima, in alcune tappe significative come Cosenza, Napoli e Salerno è stata praticamente latitante, forse non interessata alla carovana della pace. Laddove i partiti e le grandi reti nazionali latitano e le associazioni locali sono deboli, annegate nella disgregazione delle città e dilaniate dalle divisioni politiche, le tappe non riescono, la società non viene contagiata. CONSIDERAZIONI GENERALI Il pacifismo espresso dalle mille piazze, e assemblee e sit-in ( creativo e bellissimo quello davanti alla sede della Halliburton di Ortona) è un generico sentimento, oppure un fatto di costume, o magari una trasformazione culturale ??? Io credo che sia qualcosa di più. Lo osservavo già a Firenze, città del socialforum e della prima grande esplosione del popolo della pace. Oggi ne ho avuto tante conferme. Il popolo che abbiamo incontrato nelle tappe della carovana di pace esprime una radicale domanda politica. L'ho osservato bene, nella sua insperata capacità di autoorganizzazione, nelle reti di microassociazioni che si sono messe a cooperare insieme, negli interventi al microfono aperto di tanti ragazzi e ragazze dagli occhi fioriti. Una radicale domanda politica che chiede una svolta alla cosiddetta Politica sia nel metodo che nei contenuti. E' piaciuto molto questo nostro andare e incontrare e chiedere e proporre la consulta popolare e ascoltare. Era un nuovo protagonismo del popolo della pace sul proprio territorio locale, per poi organizzarsi e venire a Roma ed essere protagonista anche là. Questo riempire il pulmino dei cartelloni locali e volerlo ritrovare a Roma al corteo, era la promessa di un modo collettivo, orizzontale di esserci. Ma la radicalità di questa domanda politica investe oggi tutta la politica estera italiana, Iraq e Medio Oriente, e di conseguenza la questione del disarmo, molto sentita anche come alternativa economica. La condanna del nonvoto in Parlamento sulla missione militare in Iraq è stata davvero unanime, c'è una rabbia profonda, diffusa. Vedi i pugni stretti delle persone quando si parla di come l'opposizione ha votato in Parlamento, senti i toni degli interventi più critici applauditi anche dalla base DS, gli applausi più fragorosi proprio quando si chiede il ritiro immediato delle truppe e si lamenta l'incoerenza e l'ipocrisia di chi non ha voluto dare il suo voto contro il governo di guerra. E' un popolo che si sente inascoltato, beffato. E quando arriva la notizia della manifestazione di Fassino il 18 marzo in Campidoglio, insieme ai fautori della guerra "tutti uniti contro il terrorismo", si leva un vento di indignazione fortissimo che produce nuovi pullman, nuove adesioni. E' tutta gente che vuole finalmente contare, farsi ascoltare, ottenere una vera svolta della politica, ottenere concrete politiche di pace. Non è più come una volta quando i più impegnati si accontentavano di andare una volta ogni due anni alla Marcia Perugia-Assisi e a sperare nella pace di là da venire. No, oggi tutta questa gente ha capito alcune cose importanti e molto politiche: ha capito che bisogna far tornare i soldati a casa subito e che questo significa concretamente iniziare una politica di pace e iniziare una politica che rompa la complicità con la guerra preventiva e con la legge del più forte. Che questo significa anche una svolta nella lotta al terrorismo, attraverso una abolizione della guerra ed una alternativa di politica estera. La lezione spagnola e lo scatto di indignazione contro il governo di guerra sono ben presenti. Nella piazza di Ortona si respirava l'aria di Madrid. La domanda politica è radicale perché interroga il ruolo dell'Italia nel prossimo futuro e rifiuta il coinvolgimento italiano in tutte le guerre. Mai più guerra contro il terrorismo significa autocritica sull'Afghanistan e su tutto il modo in cui si interviene contro i cosiddetti "Stati canaglia", vedi minacce alla Siria e all'Iran. Significa rompere il fronte dei falchi, non accettare di far parte delle nuove missioni militari della NATO, non accettare più il riarmo e le prospettive delle guerre "per la sicurezza". La visione del mondo è capovolta rispetto a chi si è riunito il 18 marzo in Campidoglio, capovolta. E il futuro governo di centro sinistra è attualmente lontanissimo da questa domanda politica, da questa semplicità e radicalità. La richiesta unanime del ritiro immediato delle truppe dall'Iraq è stata disattesa dalla maggioranza dell'opposizione politica in questo paese. Questo ha determinato una delusione, una sfiducia e una rottura profonda per l'alto valore simbolico e materiale che questa scelta riveste. Sarà possibile sanare questa frattura ? Ci vorrebbe un miracolo, come una autocritica e un rapido cambio di posizione che riporti i soldati italiani a casa al più presto possibile. Ma questo presuppone che le scelte dei vertici del Triciclo siano ispirate dall'amore e non dal potere. Bisognerebbe allora rispondere alla domanda : un'altra sinistra è possibile ??? La tragedia è che se non rispondiamo rapidamente a questa domanda si renderà vano l'immenso lavoro politico che migliaia di attivisti della società civile hanno prodotto in questo ultimo mese in Italia e si bruceranno le speranze del popolo del 20 marzo. Perché purtroppo non basta il gigante della opposizione sociale se si accompagna al nano della opposizione politica. NELLA GINATEMPO, ROMA 23 marzo 2004
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