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INTERVISTA A NEMER HAMAD, RAPPRESENTANTE ANP IN ITALIA
- Subject: INTERVISTA A NEMER HAMAD, RAPPRESENTANTE ANP IN ITALIA
- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Tue, 23 Mar 2004 13:51:53 +0100
http://ilmattino.caltanet.it/ «Tel Aviv non vuole la nascita dello stato palestinese» GUIDO PICCOLI Nemer Hamad, ambasciatore dell'Autorità palestinese in Italia, è il volto della preoccupazione. Capisce che un altro vento di morte sta abbattendosi sul suo popolo. Qual è il significato dell'attentato a Yassin? «Quello di allontanare all'infinito la ripresa del negoziato di pace». Sharon mette in preventivo la reazione furibonda dei palestinesi. Cosa succederà nelle prossime ore? «La violenza genera paura per tutti, palestinesi e israeliani. Questo è il risultato del gioco della morte che piace tanto a Sharon. Nella sua rivendicazione dell'attentato contro Yassin, il premier israeliano si definisce il rappresentante di un popolo che ama la vita, ma per lui non conta niente la vita degli uomini, conta solo il trionfo del suo progetto di "una terra senza popolo ad un popolo senza terra". Da sempre Sharon crede di poter offrire ai palestinesi solo "pane in cambio di pace" e non uno Stato, tant'è che quando parla di Cisgiordania lui continua a chiamarla Giudea e Samaria». Il consigliere di Sharon ha detto che sarebbe stato meglio uccidere Arafat e non Yassin. Hanno sbagliato obiettivo i militari israeliani? «No, tutti noi siamo ormai obiettivi legittimi, non esitono più linee rosse. E questo grazie al sostanziale silenzio della comunità internazionale». Quindi anche l'Europa non dovrebbe più limitarsi a semplici condanne? «È troppo poco. L'Ue deve far rispettare gli accordi stipulati. Nella firma della Road Map c'era ad esempio l'invio di osservatori internazionale, ma è bastato il no di Israele per bloccare tutto». Crede agli Usa che dicono di non avere saputo niente dell'attentato a Yassin? «No, è un'altra bugia, come quella sulle armi di distruzione di massa in Iraq. In queste ore c'è a Washington il ministro degli Esteri israeliano: come si può credere che non sappiano niente?». Allo scoppio della prima Intifada, Hamas era un piccolo gruppo. Non crede che Israele abbia fatto crescere coscientemente Hamas e il fondamentalismo? «Certo, la volontà di Israele è sempre stata quella di generare disperazione, che è il brodo di cottura migliore del terrorismo, per denunciare di avere a che fare con terroristi da cui deve difendersi». Crede che si stia organizzando un'unità di tutti i terroristi o di tutti i più radicali gruppi arabi? «No, questa è pura propaganda israeliana per mettere tutti nello stesso sacco. La realtà palestinese è differente, la nostra è una lotta di liberazione, possiamo discutere sui metodi, ma non c'entriamo nulla con gruppi come Al Qaida, che condanniamo fermanente». Può essere una speranza la crescita del popolo pacifista in Israele e in Palestina? «Si, è una speranza. Ma il mondo ci deve aiutare sollevandosi contro Sharon. L'obiettivo prioritario, ora, è quello di inviare osservatori internazionali nelle città palestinese per proteggere la nostra gente».
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