IRAQ/ONU - Una mano di blu sulla guerra



Giro un interessante articolo di Giulietto Chiesa uscito ieri su "il
manifesto"
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IRAQ/ONU - Una mano di blu sulla guerra
di GIULIETTO CHIESA
Nei dintorni del Palazzo di Vetro è in corso - resa più affannosa dai
recenti sviluppi spagnoli - la madre di tutte le battaglie diplomatiche
dell'amministrazione Usa. L'obiettivo è quello di verniciare di blu
l'impresa irachena, cioè dotarsi di uno straccio di legittimazione a
posteriori dell'aggressione di un anno fa, fatta senza e contro qualsivoglia
autorizzazione da parte del consiglio di sicurezza dell'Onu. Non si sentono
i gemiti delle blandizie o delle minacce con cui Washington sta cercando di
ottenere il risultato, ma li si può immaginare: sappiamo che i servizi
britannici, su richiesta Usa, spiarono Kofi Annan e (almeno) sei
ambasciatori prima del voto mancato che avrebbe dovuto autorizzare
l'intervento americano. Non è detto che Bush e Powell riescano nel loro
intento, variamente violentando l'Onu e costringendolo a fungere da
copertura retrodatada all'aggressione, ma non è escluso. In tal caso
possiamo essere certi fin d'ora, con l'aria bipartisan che tira nelle
propaggini di destra del centro sinistra, che da Fassino a Berlusconi,
passando per Rutelli, si dirà che il problema è chiuso e che bisogna restare
in Iraq. Così aiutando la destra a smarcarsi parzialmente dagli Usa
annacquando le sue responsabilità. Ma come spiegare l'evidenza a questa
sinistra ossimorica che va al soccorso della destra?

Occorre quindi prepararsi fin d'ora a fissare le coordinate di giudizio.
Poiché tutto indica che Washington sta costruendo un "compromesso" che
prevede un "trasferimento" dei poteri a una Onu senza alcun potere, con le
truppe d'occupazione invariate sul campo, per giunta sotto comando americano
e britannico, con gli appalti controllati dagli Usa, con la formazione
dell'esercito e della polizia in mani americane e - dulcis in fundo - con
un'autorità di governo interamente composta secondo criteri americani e non
eletta da nessuno se non dal Dipartimento di stato e dal Pentagono. Cioè non
esiste il minimo segno che Bush & company intendano mollare la presa e
rinunciare ai colossali interessi economici acquisiti con la guerra e,
soprattutto, al controllo del territorio. Quella che si prepara è una
commedia tutta da ridere, che lascerebbe le cose come stanno, ma avvolte in
una bandiera azzurra.

Occorre dire fin d'ora che, a questo tipo di "legittimazione", tutta la
sinistra decente, e tutta l'Italia democratica che si è battuta contro la
guerra, non daranno alcun credito e appoggio. Ma va sfatato anche il mito
del 30 giugno. Questa data è un bluff. E' stata fissata da Washington
secondo calcoli elettorali americani. Non c'è alla sua base né una volontà
di cambio di rotta, né una reale valutazione delle forze in campo. Il 30
giugno le cose - se non saranno peggiorate - saranno come oggi: occupazione
senza prospettive, stillicidio di morti in Iraq, dilagare del terrorismo
dovunque.

Un governo italiano che rispettasse la volontà popolare dovrebbe impegnare
la sua diplomazia per sottrarre l'Onu a pressioni indebite, sviluppando una
vasta iniziativa internazionale in questa direzione e annunciando il ritiro
delle proprie truppe. Infatti un qualunque intervento dell'Onu in Iraq,
perché abbia una minima possibilità di riuscita, richiede e postula il
ritiro delle truppe di occupazione e la loro sostituzione con una forza di
pace vera, cioè che escluda dal comando non solo gli anglo-americani, ma
anche tutti coloro, Italia inclusa, che hanno prima avallato e poi
partecipato all'aggressione militare. Va detto subito, dunque, che per noi,
per l'Italia, l'avventura irachena è comunque finita. Dichiararlo fin d'ora
significa aiutare l'Onu e aiutare la pace. In caso contrario, quali che
siano le argomentazioni, si lavora per la guerra.