presentazione: CONVEGNO A MILANO 26-27 MARZO: "Il potere, la violenza, la resistenza"



INVITO AL CONVEGNO:

l'ernesto - rivista comunista
in collaborazione con il  Centro culturale "Concetto Marchesi"
promuove e organizza:

26/27 marzo 2004
Milano
Casa della Cultura, via Borgogna 3

Convegno nazionale

"IL POTERE, LA VIOLENZA, LA RESISTENZA"
Confronto a più voci sulle forme del conflitto politico

Programma:

VENERDI' 26 marzo, ore 21.00

Tavola rotonda con

Piero Bernocchi, Raffaella Bolini, Rina Gagliardi, Claudio Grassi, Valentino
Parlato

Coordina: Fosco Giannini


SABATO 27 marzo, ore 9.30 - 19.00
SESSIONE SEMINARIALE DI APPROFONDIMENTO STORICO-TEORICO

Intervengono:
Franco Arrigoni, Jaime Ballesteros, Alberto Burgio, Andrea Catone, José Luis
Del Rojo,
Gianni Ferrara, Joseph Halevi, Lucio Magri, Livio Maitan, Lidia Menapace,
Luisa Morgantini, Gianluigi Pegolo, Giovanni Pesce, Anna Pizzo, Pier Paolo
Poggio,
Giuseppe Prestipino, Franco Russo, don Renato Sacco, Fausto Sorini

Porteranno il loro saluto
Le Vin Thu (ambasciatore della Repubblica Socialista del Vietnam),
Hugo Ramos Milanes (consigliere politico dell' Ambasciata di Cuba),
Bassam Saleh (rappresentante della Comunità Palestinese in Italia)

Partecipano con un intervento scritto
Samir Amin, Giorgio Bocca, Enzo Collotti, Angelo Del Boca, Gianni Minà
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PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO:

La manifestazione, alla quale - nelle intenzioni degli organizzatori -
parteciperanno in veste di relatori figure di spicco della sinistra critica,
si prefigge lo scopo di approfondire la riflessione su alcuni temi che hanno
polarizzato l'attenzione in questi ultimi mesi. Non si tratta tuttavia di
proseguire un dibattito già avviato, ma di promuovere una discussione
autonoma e nuova, che muova da una spregiudicata analisi dell'attuale
situazione politica interna e internazionale per sottoporre a verifica
ipotesi e giudizi sull'esperienza del movimento operaio e comunista, sulla
vicenda delle rivoluzioni operaie, sulla storia sociale e politica delle
democrazie occidentali, sul problema della guerra e della pace, dell'
imperialismo e della resistenza.
In modo del tutto schematico è possibile ordinare tale riflessione intorno a
quattro aree tematiche.

Il Novecento.
E' divenuta senso comune in larga parte della sinistra anticapitalistica l'
idea che il secolo appena trascorso abbia rappresentato un periodo di
violenza e di regressione e consegnato al nuovo secolo una tragica eredità
di fallimenti e rovine. E' comprensibile che idee del genere prendano piede
in fasi di crisi e di arretramento del movimento di classe, quando la lotta
stenta a conseguire risultati concreti. Si tratta tuttavia di giudizi quanto
meno unilaterali, che trascurano vicende di straordinaria portata
progressiva (basti pensare alle rivoluzioni operaie e contadine in Russia,
in Cina, in America Latina). E che, a nostro parere, rischiano di radicare
una propensione nostalgica e uno stato d'animo rassegnato, incompatibile con
la costruzione di un movimento di critica e di trasformazione dell'
esistente. Per questo riteniamo in primo luogo sottoporre a verifica questo
schema interpretativo, allo scopo di vagliarne la solidità sul terreno
storico e politico.

Il potere e il conflitto di classe.
Una seconda questione intorno alla quale vorremmo sviluppare la riflessione
concerne le forme del dominio e del controllo sociale, con particolare
riferimento alla vicenda dei paesi capitalistici tra Otto e Novecento. Ciò
che sentiamo il bisogno di mettere a fuoco meglio di quanto non venga fatto
di norma nel dibattito giornalistico è la natura e la consistenza del nesso
che lega la conservazione degli assetti di potere dati all'impiego della
coercizione e di quella che Marx definiva «coazione extra-economica». L'
immagine del capitalismo come rapporto sociale in grado di riprodursi in
virtù di dinamiche puramente economiche appare inadeguata a fronte dell'
esperienza del movimento operaio, costellata di episodi di violenza militare
dentro e fuori i luoghi della produzione. Le città, le zone di confine, le
prigioni, le fabbriche costituiscono una rete di luoghi nei quali il potere
del dominante si esercita in forme che smentiscono qualsiasi visione
edulcorata della modernità borghese.

Guerra, imperialismo, resistenza.
La guerra è tornata nel cuore dell'Europa e del Mediterraneo, smentendo l'
ottimismo di chi si era illuso che la fine dell'ordine bipolare avrebbe
segnato l'inizio di un'epoca di pace. Ma le analisi sui caratteri delle
nuove guerre non convergono verso contesti di riferimento condivisi. Al
contrario, si moltiplicano le ipotesi interpretative, i quadri categoriali,
persino i linguaggi. Alla nozione di guerra si sono affiancati nuovi
concetti («intervento umanitario», «azioni di polizia internazionale») che
hanno conquistato credito anche a sinistra. Vi è poi chi ritiene che le
classiche analisi sull'imperialismo siano ormai inservibili, mentre altri le
considerano tuttora imprescindibili. Quanto alla questione della resistenza,
le vicende irachene e mediorientali alimentano un dibattito intenso ma
spesso confuso e disordinato. Anche su questo insieme di problemi - che si
legano a loro volta al discorso sulle cause politiche, economiche,
strategiche delle nuove guerre - ci pare auspicabile che prenda quota una
riflessione seria e spregiudicata, libera dalle preoccupazioni di ordine
politico immediato che talvolta ne compromettono gli sviluppi.

Le forme, gli strumenti e i soggetti della lotta.
Si tratta infine di considerare le problematiche sin qui menzionate dal
punto di vista dei soggetti del conflitto anticapitalistico e del movimento
pacifista e rivoluzionario, per individuare le forme della loro iniziativa e
per cercare di definire gli strumenti - anche organizzativi - della loro
pratica politica. E' questo, evidentemente, un terreno cruciale per chi non
concepisce il proprio impegno solo nei termini di una ricerca teorica. Ma è
altrettanto evidente che anche, forse soprattutto, a questo riguardo le
ipotesi, le opzioni, i percorsi analitici si moltiplicano e si
differenziano. Tanto più, a nostro avviso, vale la pena di rilanciare la
discussione su questo insieme di questioni, nella convinzione che un
confronto aperto possa, se non altro, consentire alla sinistra critica del
nostro paese di fare un passo in avanti verso analisi e pratiche politiche
condivise.