Kosovo. Gli scontri dilagano. La Nato invia 1000 uomini. Attesi per oggi 130 paracadutisti italiani



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Pristina, 19 marzo 2004

Il Kosovo è ormai sotto coprifuoco con migliaia di dimostranti tornati nelle
piazze, case e chiese ortodosse, tra cui quella di Pristina, date alle
fiamme e i deputati albanesi che dal parlamento riunito in seduta
straordinaria chiedono l'indipendenza. La chiesa incendiata a Pristina era
l'unica rimasta finora aperta al culto per i serbi residenti in città.
Nelle stesse ore, tutto il personale della sede della Missione delle Nazioni
Unite (Unmik) a Kosovska Mitrovica, nel Nord del Kosovo, è stato evacuato.
Esattamente a cinque anni dalla guerra lanciata dalla Nato, la provincia è
ripiombata nel caos totale. Le forze della Kfor, drasticamente ridotte di
numero nei mesi di pace apparente che avevano preceduto questa nuova
esplosione di violenza, stanno correndo ai ripari chiedendo rinforzi.

Dalla Bosnia sono giunti ieri in rinforzo 70 carabinieri dell'Unità
specializzata multinazionale (Msu), un corpo addestrato e pronto a
fronteggiare questo tipo di disordini. Per oggi è invece atteso l'arrivo
dall'Italia di 130 paracadutisti.

Quasi 1000 uomini, di cui 750 britannici, 150 americani e 80 carabinieri
italiani, compongono il "rinforzo" inviato dalla Nato in Kosovo per far
fronte alla peggiore crisi etnica dalla fine della guerra che ha insaguinato
la provincia serba a maggioranza etnica albanese nel 1998 e 1999. Il
bilancio delle vittime è intanto salito a 31 morti.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocato d'urgenza su
richiesta di Serbia, Montenegro e Russia, ha condannato le violenze. Prima
della riunione, il segretario generale Kofi Annan ha detto che l'Onu non può
"ignorare che dietro questa ondata di violenza vi siano profonde motivazioni
etniche". E oggi Annan, incontra il responsa