strage di madrid



Dopo la strage di Madrid

12 marzo 2004

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Davanti alla strage assolutamente disumana di Madrid, oltre il dolore, oltre la vicinanza fraterna alle vittime e al popolo spagnolo, oltre l'indignazione e la condanna "senza se e senza ma" che abbiamo sempre espresso per il terrorismo come per la guerra, è necessario riflettere sui diversi tipi di terrorismo e sui modi per resistergli e superarlo.

Il terrorismo che mira a prendere il potere politico, oppure a difenderlo con la "strategia della tensione", ha bisogno, come ogni potere, di consenso popolare, almeno passivo. La prima forma di lotta a questo terrorismo è l'isolamento politico e popolare. Così fu vinto in Italia il terrorismo nero partito da piazza Fontana nel 1969 e quello rosso degli anni 70 e 80, rinnegato dal movimento operaio e dai partiti di sinistra.

Il terrorismo che reagisce violentemente ad una ingiustizia (vera o presunta) va anzitutto denunciato come imitatore e ripetitore di ingiustizia; va orientato verso una difesa e una lotta in forme civili popolari e nonviolente, quindi più radicali; deve essere svuotato levandogli ogni reale motivo e possibile pretesto.

La repressione legale ha senso se viene, in ordine di importanza e di efficacia, dopo le precedenti chiare linee di azione. Se le sostituisce invece di accompagnarle, non è efficace, può essere controproducente.

Qualcuno (Guzzanti) ha subito accusato pacifisti e nonviolenti come se fossero vicini ai terroristi perché rifiutano la guerra come provvedimento antiterrorismo. Ma noi sappiamo - e i fatti purtroppo lo dimostrano - che la guerra ripete, conferma e accresce il terrorismo. Noi condanniamo la guerra perché è un altro terrorismo, uccide e tormenta innocenti, moltiplica ingiustizia e violenza. 

Questo diremo in tutto il mondo sabato 20 marzo, nelle manifestazioni convocate dal crescente movimento statunitense per la pace e la giustizia. 

Il quale, subito dopo l'11 settembre e davanti alle guerre all'Afghanistan e all'Iraq, ha gridato "not in my name" (non nel mio nome), ha voluto "giustizia, non vendetta", e si oppone alla politica di Bush, come noi ci opponiamo con la forza nonviolenta a chi stoltamente e pericolosamente obbedisce a Bush. 

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Enrico Peyretti, 12 marzo 2004