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U. Allegretti sulle prospettive del'UE e il nucleo duro
- Subject: U. Allegretti sulle prospettive del'UE e il nucleo duro
- From: "Cristina Ronzitti" <cristina.ronzitti at libero.it>
- Date: Mon, 19 Jan 2004 16:56:55 +0100
IL FALLIMENTO DELL'ACCORDO E LE PROSPETTIVE FUTURE di Umberto Allegretti ordinario di diritto pubblico generale all'università di Firenze) . Questo articolo é uscito sul n_o del 15 gennaio 2004 della rivista Rocca. Che riflessioni si possono proporre all'indomani del fallimento del vertice europeo del 12-13 dicembre, per aiutare a capire e, quanto possibile, a prender posizione su questo snodo fondamentale per il nostro paese, per il continente e per tutto il mondo ? Credo che, non solo da parte di chi opera in seno alle istituzioni europee e nazionali, ma anche da chi milita nel movimento sociale (che ormai si chiama <<alteromondialista>>) occorra cominciare con l'ammettere che siamo senz'altro in presenza di un evento negativo, dal quale bisogna ripartire senza indugio e da posizioni approfondite e corrette. Riepiloghiamo innanzitutto quel che é avvenuto. L'intero corso storico dell'Unione europea dai suoi inizi fino ad oggi, con i suoi successi ma anche con le sue profonde insufficienze, assieme all'esigenza di un adeguamento alla sfida derivante dal grande allargamento ad Est che diverrà operativo dal 1 maggio, ha dato luogo giustamente a un proposito di ristrutturazione dell'Unione. Il consiglio di Laeken del 2001 aveva affidato il lavoro di proposta a una <<Convenzione>> espressione delle istituzioni comunitarie, dei governi e dei parlamenti, che nel giugno 2003 ha presentato un progetto di un nuovo trattato, con ambizioni di <<costituzione>>. Questo progetto poteva essere giudicato, da un lato, come un progresso verso migliori istituzioni, dall'altro (nel migliore dei casi) come una <<figura sospesa>> tra la vecchia Unione stabilita su basi economicistiche e monetarie e la ricerca di un <<senso>> diverso di un'Europa fondata sui diritti dei cittadini, veramente democratica e sociale, aperta alla costruzione della pace, ad un'autentica cooperazione internazionale e alla soluzione dei problemi del Sud del Mondo. Questo diverso senso, in realtà, non riusciva a decollare, impigliato nelle strettoie di un trattato ancora troppo legato alle premesse precedenti e perciò profondamente insoddisfacente sotto tutti questi aspetti (v. Rocca del 1° novembre 2003). Secondo le procedure consuete dei trattati internazionali, il progetto doveva essere approvato dalla Conferenza dei Governi, prima di essere portato al voto (in realtà eventuale) dei popoli europei e alla ratifica dei parlamenti nazionali. E' appunto la Conferenza intergovernativa di dicembre che ha fallito lo scopo, terminando con un lapidario comunicato, di stile quasi tombale, che ha demandato alla presidenza irlandese del primo semestre del nuovo anno il compito di fare entro marzo <<un bilancio delle prospettive di progresso>>. Nelle previsioni più correnti, ciò significherà far slittare al secondo semestre l'indizione della nuova sessione della Conferenza e farà si che la nuova legislatura del parlamento europeo -da rieleggere in giugno- e, quel che più importa, l'inizio di funzionamento dell'Unione a 25 membri avverranno con i vecchi trattati. L'Unione continua, beninteso, e anzi si allarga, ma su basi riconosciute inadeguate e che si pensa riveleranno problemi più seri che in passato. Su questo risultato hanno influito varie circostanze. Tra di esse, concorde é il giudizio sul cattivo funzionamento della rappresentanza italiana, che ha mancato di indicare al vertice, come era possibilità e compito della presidenza, una base di compromesso, limitandosi fino all'ultimo a inventariare in maniera notarile i punti di dissenso tra gli stati già noti come dirimenti e le diverse alternative di soluzione, senza sceglierne con decisione una su cui proporre un accordo. Resta da capire se si sia trattato di mera inefficienza o piuttosto di più precise e riposte motivazioni, legate alla tiepidezza di Berlusconi verso la costruzione di un'Europa più coesa e più forte, a sua volta dipendente dalla sua inclinazione a privilegiare l'alleanza subalterna con gli Stati Uniti, che lo ha messo in parallelo con la Spagna e la Polonia più che con la Francia e la Germania. le ragioni del disaccordo --------------------------------- Ma quali sono (per quanto é possibile discernere così a ridosso degli avvenimenti) le ragioni più profonde della rottura ? Come si sa, questa é avvenuta, formalmente, sulle disposizioni relative al peso dei diversi stati in seno al Consiglio, che la Convenzione aveva proposto di cambiare rispetto al davvero singolare compromesso del Trattato di Nizza, che privilegiava nettamente Spagna e Polonia, ed era rimesso in questione da Germania e Francia. Ma, anche se Berlusconi si é vantato di aver ottenuto un accordo su 82 punti diversi -tuttavia non chiaramente reso noto, tanto che il Parlamento europeo ha chiesto dopo il vertice di pubblicarlo- c'é da ritenere che i problemi su cui c'é disaccordo siano assai complessi. Oltre ad aspetti quali la presenza o no di tutti gli stati nella Commissione, la posizione del ministro degli esteri ed altri affini sempre di natura istituzionale;oltre a quelli inerenti la difesa, sui quali il compromesso raggiunto da Frattini e favorevole agli americani continuava a presentare molti difetti, le mancanze più gravi di consenso riguardavano la distribuzione tra principio di unanimità e e principio di maggioranza e la stessa estensione dei poteri dell'Unione su varie materie, quali, importantissime, la politica economica,le competenze sul sociale, quelle sul bilancio e sulla fiscalità, come pure la mananza nel progetto di procedure più snelle di revisione del trattato almeno riguardo alle norme più particolari. Altre ragioni di disaccordo provenivano da problemi aperti su terreni di per sé esterni alla formulazione del Trattato, ma di grande peso: da un lato, i dissensi con gli Stati Uniti rivelati soprattutto dalla guerra in Iraq e coinvolgenti, come ben si sa, divisioni tra i vari membri dell'Europa; dall'altro, le divergenze aperte dalla recente decisione del Consiglio di addolcire il trattamento di Francia e Germania, in confronto alla severità già adoperata verso stati minori, sull'osservanza dei parametri finanziari previsti dai trattati vigenti. E un testimone qualificato come Giuliano Amato ha notato che ciò che é mancato in tutti i partner, in definitiva, son state quella consapevolezza e quella sensibilità per il valore della causa unitaria, che sole avrebbero potuto sprigionare la volontà d'una soluzione. il filo del compromesso ------------------------------ Tutto ciò fa pensare che le aspre divergenze tra rispettivamente Spagna e Polonia e Francia e Germania (e Belgio) non siano che l'affioramento su un terreno particolarmente delicato di dissensi più profondi e che nessuno ha voluto mettere troppo chiaramente a fuoco. Essi potranno emergere solo da una franca trattativa e influenzeranno la messa a punto dei vari atteggiamenti che, per il momento, essendo tutt'altro che chiari e precisi, rendono particolarmente oscure le prospettive a cui si va incontro. Questo delle prospettive future é evidentemente il tema più delicato e appassionante che tutti ci troviamo di fronte. Dopo il fallimento dell'accordo, la prospettiva é che l'Europa comincerà a funzionare a 25 membri sulla base dei vecchi trattati (compreso quello di Nizza), per difettosi che essi siano: questa é la previsone automatica che s'impone nell'immediato. Ma per far avanzare la costruzione, al momento attuale si riescono a vedere tre strade. La più semplice consisterebbe nel riprendere il filo del compromesso mancato in dicembre, con maggiore determinazione per arrivare ad un esito positivo sui vari punti in sospeso. E' la strada auspicata dal Parlamento europeo, quando invita a tener fede al primitivo proposito di firmare la nuova carta fondamentale dell'Unione in contemporanea con l'allargamento. Si può tuttavia temere che non sia facile superare rapidamente tanti dissensi con un atto di buona volontà, anche se può darsi che questa eventualità venga favorita, in tempi meno brevi, dallo sperimentare praticamente, dopo il 1 maggio, quali elementi dei vecchi trattati, accanto a quelli che ancora funzionerebbero senza seri difetti, hanno sicuro bisogno di cambiamento; se alcuni problemi probabilmente risulterebbero decantati, di altri si mostrerebbe l'acutezza, e ciò potrebbe convincere tutti gli stati a concludere le necessarie riforme degli ordinamenti, superando con ragionevoli compromessi le divergenze sinora manifestate. l'Europa a due velocità --------------------------------- Una seconda strada ventilata dalla Francia e dalla Germania (col Belgio) consisterebbe nel mettere insieme un nucleo duro di stati -si é parlato dei sei membri fondatori, tra cui é anche l'Italia- disposti ad una marcia veloce verso nuovi traguardi, che, nelle speranze migliori, dovrebbero trascinare altri su questo cammino, ma che potrebbero comunque instaurare per un tempo anche non breve e su prospettive problematiche quella che viene chiamata un'Europa a due velocità (l'Inghilterra, ad esempio, difficilmente aderirebbe alla velocità maggiore). Ad alcuni commentatori (Pasquino, con maggiori riserve Quadrio Curzio) questa pare una prospettiva accettabile; ad altri, come ad Amato, pericolosa e quindi negativa. Mi pare che Amato abbia ragione. Va osservato, innanzitutto, che sia nella proposta che nelle opinioni dei commentatori figura una forte ambiguità. E' molto diverso, infatti, pensare ad una iniziativa di passi avanti nella forma della cooperazione rafforzata già previste dagli attuali trattati e ulteriormente delineate nel progetto della Convenzione, o invece ad un progetto che trovi espressione in un trattato autonomo di sei o più partner, fuori dalla cornice degli ordinamenti comuni. Nella prima ipotesi -che é applicabile a condizioni abbastanza ristrette, cioé purché la cooperazione limitata ad alcuni stati sia finalizzata agli obiettivi dell'Unione, resti nei limiti delle sue competenze e ne sia garantita la compatibilità con gli ordinamenti comuni- non si avrebbero effetti eversivi, almeno finché queste unioni più intense non passino da settori circoscritti (e sia pur ampi come la moneta unica) a caso generalizzato. Nella seconda eventualità, é difficile ritenere che la vita intera dell'Unione a 25 non venga messa in gioco e questa non finisca con l'esplodere. Ma, inoltre, é lo spirito stesso di impazienza e di rivalsa con cui questa opzione maturerebbe che potrebbe renderla davvero sovversiva. il sociale e i problemi mandiali ---------------------------------- Una terza strada, che convertirebbe, come per esperienza può avvenire, un fallito accordo in un'opportunità positiva, é quella di un confronto aperto fra tutti i 25 membri, e tra i popoli, che non si leghi troppo ad alternative finora discusse e ricerchi un senso dell'Unione esteso al terreno sociale e a un forte impegno alla collaborazione sui problemi mondiali. E' questa la via che può stare più a cuore di molti lettori di questa rivista (e in ogni caso a chi scrive), perché aprirebbe maggiori possibilità di dar sbocco a quel diverso valore d'Europa ricordato a all'inizio di queste note. In ogni caso, al movimento d'opinione più avanzato in direzione alteromondialista va sottoposta quella riflessione che già ho esposto in articoli precedenti su Rocca (nn 12,14,21/2003) e in altre sedi, e che esprimerei brevemente così. La storia va sospinta verso mete più adeguate ai terribili problemi posti dai conflitti, le guerre, la povertà, la fame che rendono invivibile il mondo attuale; ma, come sempre, si muoverà tra mille contraddizioni, tortuosità, lentezze. Chi ha a cuore quei problemi deve, da un lato, non dimenticarli mai ed esercitare critiche e proposte costanti che, in questo caso, non possono non tradursi in fortissime riserve sulle proposte di nuovo trattato finora elaborate. Ma, dall'altro lato, deve accettare realisticamente, nel breve periodo, i passi anche piccoli che vadano in qualche misura nella direzione voluta. Un potenziamento dell'Unione europea quale quello contenuto nel progetto della Convenzione, in questo senso merita di non essere lasciato cadere; un progresso verso l'unità é comunque da considerare positivo e dunque da favorire da parte dello stesso movimento. Anche se deve essere considerato tutt'altro che un traguardo definitivo e se non può essere tale, quindi, da meritare il nome e il rispetto di una vera costituzione. ------------------------------------------- Umberto Allegretti ********************************************** Movimento Federalista Europeo Sezione di Cagliari V.le Regina Elena, 7 c/o AICCRE sito web cittadino: www.mfe.it/cagliari sito nazionale: www.mfe.it ****************************************
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