Morire a Baghdad-TRATTO DA PEACEREPORTER



Morire a Baghdad
Il racconto di un giornalista italiano nella capitale irachena, dove vivere o morire puo' dipendere dal caso  
Baghdad (Iraq), 7 gennaio 2004 - Ore 9 del 30 dicembre 2003. 
Sono seduto al solito tavolo del cafè in Kandarra street, zona commerciale di Baghdad, poche centinaia di metri dalla famosa piazza dove i tank statunitensi decretarono la caduta della capitale irachena, con l'abbattimento della statua di Saddam. Passa un convoglio di soldati Usa composto da tre autoblindo, vanno verso nord. 

Un uomo, a bordo di un'auto proveniente in senso opposto alla marcia dei militari, lancia una granata che manca il bersaglio e piomba tra la gente che affolla la via: donne con la borsa della spesa, uomini che vanno al lavoro, accattoni, lustrascarpe, scolaretti che vanno a scuola con il grembiule stirato. Un boato fortissimo, le schegge partono in tutte le direzioni, le vetrine dei negozi vanno in frantumi. Vedo un uomo cadere, una scheggia lo ha colpito in pieno e il suo corpo fa un balzo per poi ripiombare due metri lontano. Superato lo spavento corro verso quell'uomo. 

Ha il cranio spappolato, la sua testa sembra un'anguria caduta per terra, aperta in due con i pezzi che fuoriescono e tingono tutto di rosso, è disteso sulla pancia. Mi giro e vedo un altro uomo che urla, ha nella gamba una scheggia e sanguina copiosamente. Urla e piange, fortissimo, le sue braccia sono piene di sangue e le distende alla disperata ricerca di altre braccia che lo possano aiutare. I soldati statunitensi fermano il convoglio e tornano indietro, fucili M16 spianati, anche loro visibilmente scossi. Urlano di allontanarsi. Restare lì è pericoloso. 

Passano i minuti, arriva la gente, ma non le ambulanze. I militari dicono che non è compito loro, ridacchiano nervosamente, "stavolta si sono ammazzati tra di loro." La folla si ingrossa, siamo a pochi passi da una moschea sciita e parte una contestazione al grido di "fuori gli americani dall'Iraq". I fotografi e le televisioni si accaniscono sull'uomo morto, il telo che gli è stato buttato addosso viene tolto più volte per poter riprendere o fotografare la testa martoriata. 

Era la testa di un umile venditore di sigarette, finito in mezzo a una guerra non sua, di cui molto probabilmente non gli era mai importato nulla, perché qui in Iraq i cittadini hanno altri problemi da risolvere: devono pensare a sopravvivere prima che a Bush, Saddam e alle armi di distruzione di massa. 

Molto probabilmente quell'uomo questa mattina era arrabbiato perché per l'ennesima volta si era svegliato e la corrente elettrica non c'e', la benzina scarseggia in tutta la città, le fogne non funzionano più e gli escrementi vengono fuori dai tombini. E' morto senza una ragione, solo perché era sulla traiettoria di una scheggia che gli ha centrato la testa. 


Maurizio Pagliassotti