I soldati di Tel Aviv sparano contro i pacifisti, grave un giovane israeliano



 26.12.2003
di Umberto De Giovannangeli
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=31645
 I kamikaze che tornano a seminare la morte nel cuore di Tel Aviv. Gli
elicotteri Apache che tornato a colpire a Gaza City. I soldati israeliani
che aprono il fuoco contro un gruppo di pacifisti a Kalkilya, ferendo
gravemente un loro giovane connazionale e, leggermente, un' altra pacifista
americana, Anne Farina, 26 anni.
Natale di sangue in Terra Santa. A dominare, anche nel Giorno della
speranza, è il linguaggio dell'odio, del terrore, della violenza; a vigere,
in questo martoriato angolo del mondo, è sempre e solo la legge del
taglione. Centinaia di fiammelle ardono ancora alla fermata dell'autobus in
una delle più trafficate arterie stradali di Tel Aviv, dove l'altra sera un
kamikaze palestinese si è fatto esplodere, causando la morte di tre soldati
israeliani di 19 e 20 anni e di una ragazza di 17. «Questo inferno non
finirà mai, mai», ripete tra le lacrime Yael, una delle tante ragazze di Tel
Aviv che venerdì mattina hanno deposto un fiore, lasciato un bigliettino,
acceso una candela, in memoria dei tre giovani israeliani uccisi
nell'ennesima strage di innocenti, rivendicata dal Fronte popolare per la
liberazione della Palestina (Fplp) in risposta, recita un comunicato,
all'esecuzione di suoi militanti da parte di Tsahal, avvenuta nei giorni
scorsi a Nablus.
E a Bet Furik, un villaggio nei pressi di Nablus, i bulldozer militari
israeliani hanno raso al suolo, venerdì mattina, l'abitazione di Saed Kamal
Al-Hanani, il diciottenne kamikaze palestinese autore dell'attacco suicida
di Tel Aviv. La distruzione della casa, avverte il ministro della Difesa
israeliano Shaul Mofaz, è «un messaggio rivolto ai terroristi e ai loro
complici: per le loro azioni c'è sempre un prezzo da pagare». L'avvertimento
di Mofaz arriva al termine di una serie di consultazioni che il titolare
della Difesa ha avuto con alti ufficiali dell'esercito e dei servizi di
sicurezza all'indomani dell'attentato di Tel Aviv. Israele ha deciso di
mantenere il completo isolamento della Cisgiordania e di Gaza, reimposto
dopo la strage alla fermata degli autobus, ma non di revocare una serie di
facilitazioni al movimento di palestinesi all'interno dei Territori e
all'ingresso di turisti e pellegrini a Betlemme per la durata delle
festività natalizie.

Alle lacrime di Yael e dei ragazzi di Tel Aviv fanno da contraltare le grida
di vendetta che tornano a infiammare Gaza City dopo l'eliminazione mirata
condotta da tre elicotteri da combattimento Apache contro Makled Hamid, 38
anni, capo militare della Jihad islamica. Nel raid, oltre ad Hamid e a due
sue guardie del corpo, hanno perso la vita anche due civili palestinesi. Il
terrorista ucciso, spiega un portavoce militare di Tel Aviv, non solo era
responsabile della morte di numerosi israeliani in passati attentati, ma era
anche attivamente impegnato a metterne a punto uno nuovo, ed era perciò
divenuto una «bomba a orologeria» che doveva essere neutralizzata.
«Israele ha esercitato il suo diritto di difesa contro un pericoloso
terrorista che stava progettando un mega-attentato.. Siamo costretti ad
agire visto che l'Anp di Yasser Arafat non fa nulla per contrastare i gruppi
armati», dice a l'Unità Ranaan Gissin, portavoce del premier Ariel Sharon.
Sotto accusa è anche la Siria, rea, per il governo di Gerusalemme, di
ospitare un ufficio dell'Fplp a Damasco. «L'escalation militare israeliana
mira a sabotare ogni sforzo diplomatico volto all'attuazione della Road
Map», ribatte il vice premier palestinese Saeb Erekat. «I sionisti
pagheranno a caro prezzo il loro terrorismo di Stato», avverte Abdel Aziz
Rantisi, il leader politico di Hamas. E nuove operazioni di «martirio»
(attentati suicidi) reclamano i 20mila palestinesi che a Gaza hanno
partecipato al funerale del capo militare della Jihad islamica.
Da Tel Aviv e Gaza, l'interminabile scia di sangue ha raggiunto anche il
villaggio di Masha, vicino a Kalkilya (Cisgiordania). Centocinquanta
pacifisti, membri di un gruppo denominato «Anarchici contro la barriera»,
erano impegnati in una manifestazione di protesta contro il «Muro
dell'apartheid», quando i soldati israeliani, per disperderli, hanno prima
fatto uso di candelotti lacrimogeni e dopo colpi di avvertimento hanno
sparato contro i dimostranti che stavano cercando di danneggiare la
barriera, ferendo l'israeliano Gil Naamati in modo serio e leggermente una
donna statunitense. I due feriti sono stati ricoverati all'ospedale
Bellinson di Tel Aviv, dove Naamati è stato sottoposto a un delicato
intervento chirurgico. «Le sue condizioni sono stazionarie», afferma una
fonte ospedaliera.
Aprendo il fuoco sui pacifisti, l'esercito «ha superato ogni limite»,
denuncia Yossi Sarid, parlamentare e leader storico del Meretz, la sinistra
sionista. «L'esercito deve spiegare come è potuto accadere che soldati
abbiano sparato contro manifestanti israeliani. Chi ha impartito questo
ordine illegale deve essere rimosso dal suo incarico», ci dice al telefono
Naomi Chazan, anche lei parlamentare del Meretz, tra le artefici