[comunicati_lilliput] Iraq. Lettera aperta e una proposta lillipuziana



Nota stampa Rete Lilliput
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Iraq. Lettera aperta sulla questione irakena
Un documento di Rete Lilliput per avviare un ragionamento non strumentale
sulla crisi mediorientale

Cari Amici,
gravemente preoccupati dall'accelerazione che ha subito il confronto fra le
forze della pace e quelle della guerra, soprattutto nel nostro paese, ci
rivolgiamo a tutti Voi, per sottoporvi le considerazioni e la proposta che
seguono.

1. L'andamento del conflitto in Iraq (e anche la situazione in Afghanistan)
stanno confermando le più fosche previsioni. Soprattutto si stanno
prefigurando delle situazioni in cui la gestione da parte di poche potenze
sarà esposta con ogni probabilità a perdite ulteriori, nonché protagonista
e vittima di violenze crescenti : ogni giorno che passa senza che vi sia un
mutamento di rotta sostanziale la crisi diventerà sempre più difficile da
risolvere con modalità politicamente accettabili.

Vediamo anche governi e partiti invischiati nelle prevedibili e previste
conseguenze delle loro decisioni di guerra, a partire dalla crescita del
terrorismo. Esso ha ampliato le sue capacità operative, gode di aree di
sostegno popolare, opera ormai su uno scacchiere internazionale ed è in
grado di infliggere perdite difficili da prevedere e da evitare. La lotta
contro un nemico del genere può facilmente vedere giustificata anche in
ampi strati popolari e nell'immaginazione comune il ricorso a misure
estreme, a ritorsioni, massacri, soppressioni di diritti umani. Occorre,
oggi più che mai interrompere questa spirale con mezzi che escludano il
ricorso alla violenza degli Stati.

2. La situazione, sotto la minaccia di questo terrorismo internazionale, e
nel clima da esso alimentato, si è negli ultimi giorni talmente deteriorata
che risulta addirittura inutile insistere per un ritiro immediato delle
forze armate dell'Italia e degli altri paesi in Afghanistan e in Iraq,
perché la richiesta stessa alimenta risposte improntate a valori
nazionalistici e al peggior patriottismo.

In queste ore tristi, infatti, segnate dalla morte di tanti giovani,
vediamo riemergere e montare disvalori e isterie che speravamo scomparse da
quasi un secolo. Un impegno diffuso per interrompere questi arretramenti
culturali è ormai urgente e dovrebbe anche indurre a superare le divergenze
marginali e a sospendere le contrapposizioni spesso solo verbali tra
organismi che condividono alcune ispirazioni di fondo. Le diversità di
punti di vista si riveleranno invece feconde di intuizioni e di nuovi
modelli non appena saremo in condizione di avviare una "costruzione della
pace che non sia per l'ennesima volta solo un intervallo tra due guerre".

3. I valori e le posizioni più largamente condivisi sono ormai evidenti:

* Condanna e rifiuto del terrorismo, e determinazione a isolarne gli
attori, a prevenirne le cause, a svuotarne i moventi

* Illegittimità e rifiuto della guerra, considerata ormai uno strumento
sorpassato per risolvere difficoltà nei rapporti tra Stati

* Illegittimità e rifiuto delle guerre "preventive", "umanitarie",
"inevitabili per lottare contro il terrorismo"

* Illegittimità e rifiuto della guerra contro l'Iraq, sia nella fase
iniziale che in quella attuale * Cambiamento nei modelli e nelle logiche
degli interventi internazionali volti ad eliminare le cause dei conflitti e
maggiore diffusione delle metodologie nonviolente di risoluzione dei
conflitti

4. Le organizzazioni che presentano questa iniziativa sono decise a
esercitare ogni possibile pressione per perseguire i seguenti obiettivi:

- affinché l'ONU intervenga immediatamente in Iraq, con l'invio di un
contingente multinazionale, con funzioni di polizia internazionale, di
peacekeeping e di peacebuilding, con compiti ben definiti nei tempi e nei
modi, formato e guidato da paesi non attualmente belligeranti e che
rappresentino i diversi gruppi di paesi che sono presenti nell'ONU. Il
contingente dovrà comprendere sia forze armate, sia forze non armate in
misura consistente e in collaborazione non subordinata alle prime

- per un contemporaneo ritiro delle truppe, anche italiane, che attualmente
agiscono da forze di guerra e di occupazione e non godono del consenso
internazionale di paesi e di popoli che è condizione necessaria per
esercitare una funzione realmente di pace e di prevenzione e svuotamento -
non solo repressione - del terrorismo

- per l'invio di una Equipe di Mediazione, scelta in sede ONU, formata da
esponenti di paesi non belligeranti, capace di avviare un reale processo di
ascolto, negoziazione e mediazione diretto ad iniziare e ad accelerare la
transizione dell'Iraq verso un processo di autodeterminazione
politico-economica, basato sulle scelte delle popolazioni locali.

- per l'invio in forme organizzate di volontari, coordinati con le ONG che
già operano in Iraq, che realizzino, autonomamente anche se in
collaborazione con il contingente ONU, gli interventi di aiuto, sostegno
umanitario, ricostruzione materiale e sociale.

5. Le organizzazioni ribadiscono il loro impegno a proseguire insieme:

In azioni di mobilitazione caratterizzate dall'attenzione, dal rispetto,
dal dialogo nei confronti delle opinioni diverse, dalla nonmenzogna, dalla
coerenza tra i fini indicati ed i mezzi impiegati, dimostrando (a questo
servono le dimostrazioni) che la pace può solo con mezzi pacifici essere
conseguita. E per questo che proponiamo di attivare assieme ,azioni dirette
nonviolente, dal basso, come iniziative di protesta/proposta, non
collaborazione attiva-boicottaggi, disobbedienza civile.

- Verso una economia di giustizia che preveda drastici mutamenti dei
peggiori meccanismi economici e sociali, in quanto l'economia di giustizia
rappresenta la unica vera via di uscita dalla violenza strutturale sulle
popolazioni, reali causa non remote delle guerre e dei terrorismi

- Verso il disarmo internazionale, il superamento del commercio e della
produzione di armamenti, la riconversione dell'industria bellica

- Verso un profondo rispetto della natura, attribuendo priorità
all'ambiente rispetto ad uno "sviluppo" basato solo sulla crescita
illimitata, e un progressivo rifiuto del modello neoliberista

6. Gli organismi citati in indirizzo nella sola Italia sono centinaia e
tutti conosciamo le reali dimensioni del movimento internazionale contro la
guerra, non da oggi presente anche negli USA, in Israele e in altri paesi
tormentati da conflitti.

Riteniamo sia necessario un salto di qualità nella nostra opposizione, che
senza voler far scomparire differenze e distinzioni, permetta una
mobilitazione che non possa essere facilmente cancellata da contromisure
informative o da ragionamenti capziosi. Una mobilitazione che duri finché
gli attuali focolai di guerra non siano messi al margine delle politiche
internazionali e si avvii la elaborazione di misure alternative, dirette
alla costruzione di una pace non formale.

Vi ringraziamo per l'attenzione che vorrete dedicare a queste nostre
considerazioni e proposte, e aspettiamo al più presto una vostra risposta,
che ci auguriamo positiva, e la vostra disponibilità per un incontro di
tutte le forze per la pace e contro la guerra per definire e verificare
assieme un nuovo percorso di pace.

Il Gruppo di Lavoro Tematico (GLT) Nonviolenza e conflitti della Rete Lilliput