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(Fwd) N.E. Balcani #720 - Europa Orientale
- Subject: (Fwd) N.E. Balcani #720 - Europa Orientale
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Thu, 20 Nov 2003 00:23:53 +0100
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Non solo italiani :-( ------- Forwarded message follows ------- Date sent: 19 Nov 2003 15:52:20 -0000 To: <free at notizie-est.com> From: "Notizie Est" <info at notizie-est.com> Subject: N.E. Balcani #720 - Europa Orientale Send reply to: info at notizie-est.com Notizie Est - http://www.notizie-est.com N.E. BALCANI #720 - EUROPA ORIENTALE 19 novembre 2003 DOPO IL LUTTO, IL RISENTIMENTO di Wojciech Kosc - ("TOL" [Praga], 18 novembre 2003) La Polonia registra la prima vittima in Iraq, dopo che ai polacchi, in maggioranza contrari alla missione, non è stata data l'opportunità di un dibattito sulla guerra. L'ex dissidente Kuron definisce "vergognosa" la partecipazione della Polonia all'occupazione dell'Iraq. ["Notizie Est" con questo articolo esce dai confini dei Balcani per parlare di Polonia, un paese che, come la Bulgaria, la Romania e altri dell'area balcanica, è impegnato nell'occupazione militare dell'Iraq, ma con un ruolo di gran lunga più importante rispetto ai primi] KATOWICE, Polonia - Il 10 novembre centinaia di persone in lutto hanno partecipato al funerale del Colonnello Hieronim Kupczyk, a Stettino. Il giorno sucessivo - l'85° anniversario della fine della Prima guerra mondiale e della riconquista dell'indipendenza da parte della Polonia - un numero ancora maggiore di persone si sono recate alla sua tomba per rendergli omaggio. La morte di Kupczyk ha avuto grande eco. Per la prima volta da quando in settembre la Polonia ha assunto il comando di una delle quattro zone di stabilizzazione in Iraq, un militare polacco è stato ucciso. I politici hanno espresso il loro dolore, ma hanno anche sottolineato che Kupczyk è morto per una giusta causa. "La sua morte ha scosso la Polonia, rendendoci consci del prezzo della nostra alleanza e del nostro coinvolgimento nella difesa della pace", ha detto il vescovo dell'esercito polacco Slawoj Leszek Glodz, che ha celebrato la messa a Stettino. Il presidente Aleksander Kwasniewski non ha lasciato dubbi sul fatto che la presenza della Polonia in Iraq sia necessaria e debba continuare. "Proseguiremo nella nostra missione. Adempiremo i nostri doveri, siamo un partner e un alleato credibile, serio e affidabile", ha detto. "Quando la missione sarà stata portata a termine con successo, le truppe torneranno a casa". Alti ufficiali hanno affermato che la morte di Kupczyk non è stata né un attacco deliberato contro le truppe polacche né un segno che la situazione politica nel settore dell'Iraq controllato dalla Polonia stia diventando sempre più pericolosa. Kupczyk era stato ferito il 7 novembre dopo che persone non indentificate hanno attaccato con armi da fuoco un veicolo polacco in pattuglia. Il colonnello è morto 90 minuti dopo in un ospedale da campo a Karbala, lasciando una moglie e una figlia. Il quotidiano "Gazeta Wyborcza" ha chiesto al generale Mieczyslaw Cieniuch se la Polonia deve o meno ritirare i propri soldati dall'Iraq. "Si tratta di una decisione politica. Ma io sarei davvero sorpreso se un singolo incidente dovesse portare a conclusioni di tale portata", ha detto Cieniuch, che ha pianificato le operazioni irachene dell'esercito polacco. Egli ha anche detto che la morte di Kupczyk è stata una tragedia, ma che i soldati polacchi in Iraq avevano sicuramente "nelle loro menti l'idea che ciò sarebbe accaduto". "Se si va in guerra, bisogna prevedere delle perdite; è questa la triste verità", ha detto l'ex ministro della difesa Bronislaw Komorowski all'agenzia stampa polacca PAP. Cinque giorni dopo la morte del colonnello Kupczyk, i politici italiani si sono trovati in una posizione simile, sebbene molto più tragica, quando un attentato devastante ha colpito i locali dei carabinieri italiani a Nasiriya. L'8 novembre il ministro della difesa polacco Janusz Zemke ha detto che la Polonia cederà il comando della forza multinazionale nel settore dell'Iraq centro-meridionale entro la metà del 2004, probabilmente alla Spagna, secondo quanto riferisce RFE/RL. IL DIBATTITO CRESCE, MA LENTAMENTE Da quando nella scorsa primavera il governo del primo ministro socialdemocratico Leszek Miller ha assunto una posizione fortemente filo-USA sul conflitto iracheno, il dibattito pubblico sulla presenza della Polonia nella zona di guerra è rimasto a un livello basso. La morte del colonnello Kupczyk non ha cambiato di molto questa situazione. Vi sono state delle eccezioni. Qualcuno, nell'opposizione, ha colto l'occasione per criticare la decisione iniziale di prendere parte alla guerra. Zygmunt Wrozdak, della Lega delle Famiglie Polacche, una forza di destra, è stato feroce. "[Il presidente] e il governo hanno deciso di andare [in Iraq] passando sopra le teste della gente e del parlamento. Saranno responsabili del sangue polacco sparso in Iraq", ha detto. Ma non sono solo i politici populisti a puntare l'indice contro la mancanza di dibattito sull'Iraq. Il commentatore Marcin Krol ha scritto sull'autorevole quotidiano "Rzeczpospolita" che i "polacchi non hanno ancora imparato a svolgere dei dibattiti pubblici e approfonditi" e ha suggerito che forse si sarebbe dovuto organizzare un referendum sulla presenza della Polonia in Iraq. L'ultima indagine di opinione sul coinvolgimento polacco in Iraq, condotta nell'agosto scorso, ha rilevato che il 60% degli intervistati era contro la partecipazione della Polonia alla guerra in Iraq. Il 62% ha detto di temere che la Polonia possa diventare oggetto di azioni terroristiche; il 45% era moderatamente ottimista sul successo della missione polacca. La data relativamente vecchia dell'indagine indica che in realtà vi è stato ben poco dibattito sulla questione. Nel luglio scorso, Marcin Bosacki ha scritto sulla "Gazeta Wyborcza" che con il crescere dei dubbi sul mancato ritrovamento di armi di distruzione di massa in Iraq "le libere società della Gran Bretagna e degli Stati Uniti stanno protestando. In Polonia praticamente non c'è dibattito". Se la prima vittima polacca in Iraq finora non ha suscitato molta opposizione pubblica alla guerra, è vero anche che non vi sono quasi segni a conferma dell'affermazione del ministro degli interni Krzysztof Janik secondo cui essa avrebbe "consolidato l'opinione pubblica" a favore della presenza del paese in Iraq. BOTTINI DI GUERRA Il bilancio di tale presenza, soprattutto per quanto riguarda i vantaggi di rapporti più stretti con gli Stati Uniti, sta portando a galla i lati negativi, cominciano ad affermare alcuni commentatori. In un suo articolo comparso su "Rzeczpospolita", Marcin Krol ha scritto, "non sono contro le nostre relazioni privilegiate con gli USA, ma vorrei conoscere cosa ci perdiamo e cosa ci guadagniamo - perché recentemente vedo sempre meno guadagni". Queste voci di delusione non sono limitate solo alla Polonia. In un editoriale critico scritto per il "Washington Post" e intitolato "Perdere la Nuova Europa", l'ex viceministro della difesa Radek Sikorski si dice convinto che il previsto El Dorado per le aziende polacche che speravano di ottenere lucrosi contratti per la ricostruzione dell'Iraq del dopoguerra non è affatto in vista. "Le aziende della regione sono ancora ai margini, mentre i giganti USA stanno arrivando. La Polonia e la Bulgaria avevano decine di migliaia di persone che lavoravano in Iraq, costruendo strade, stabilimenti e reti elettriche", ha scritto Sikorski. "Entrambe speravano che, schierandosi con gli Stati Uniti, si sarebbe aperta la possibilità di ricuperare parte dei miliardi di dollari che l'Iraq non ha mai pagato loro per i lavori eseguiti. E invece adesso vengono spinte a condonare i debiti iracheni". Sikorski, che ora lavora presso la Atlantic Initiative, un'organizzazione conservatrice con sede a Washington, ha inoltre ricordato al "Washington Post" i problemi che i polacchi si trovano ad affrontare quando chiedono i visti USA. "Se siamo degli alleati così buoni, perché non possiamo entrare negli Stati Uniti senza visto, come i francesi o i tedeschi?", si domanda. I polacchi che desiderano visitare gli Stati Uniti devono pagare 100 dollari solo per avviare la pratica di richiesta del visto, che spesso non dà esito positivo. Finora Washington si è limitata a promettere, senza tuttavia mantenere il suo impegno, di installare un ufficio doganale americano negli aeroporti polacchi - per fare sì che i polacchi non debbano traversare l'intero atlantico con l'unico risultato di vedersi poi rifiutata l'entrata nel paese. (traduzione di Andrea Ferrario) ######RIQUADRO###### LA POLONIA E L'IRAQ Il 3 settembre scorso gli Stati Uniti hanno trasferito il comando del "settore meridionale superiore di stabilizzazione" al generale polacco Andrzej Tyszkewicz. Due settimane prima gli americani avevano dichiarato che avrebbero continuato a controllare in prima persona le aree più pericolose di questo settore, a sud di Bagdad, ma successivamente hanno deciso di passare ai polacchi anche il comando dei 2.500 soldati statunitensi che controllano tali zone. Solo quattro giorni dopo l'assunzione del comando da parte dei polacchi, soldati ucraini sotto il loro controllo hanno ucciso un civile che non si era fermato a un posto di blocco e negli stessi giorni svariati soldati polacchi sono stati oggetto di attacchi con armi da fuoco. Oltre ai 2.500 soldati statunitensi, i polacchi comandano altri 9.000 uomini provenienti da più di 20 paesi diversi e hanno la responsabilità di mantenere l'ordine nelle province di Babilonia e Kerbala. L'area, a maggioranza sciita e considerata in principio una delle più tranquille, si è fatta molto tesa dopo l'attentato del 29 agosto contro l'ayatollah Muhammad Bakir al-Hakim, nel quale sono morte 80 persone. A Varsavia ha fatto sentire più volte la sua voce contro la guerra, e contro l'occupazione polacca di un'area dell'Iraq, uno dei più noti ex dissidenti dell'Europa Orientale, Jacek Kuron. In una recente intervista, rilasciata il 4 settembre al quotidiano polacco "Zycie Warszawy", Kuron ha affermato, tra le altre cose: "Io sono stato contro la guerra e l'occupazione è anch'essa guerra". Kuron ha inoltre definito la presenza polacca in Iraq "vergognosa". Tra i problemi che la Polonia deve affrontare, ci sono gli alti costi del mantenimento della macchina militare, che la NATO chiede di innalzare al 2,1% del PIL in un paese già stretto da una grave crisi economica e militare. Anche se non incide in maniera essenziale sulle spese militari complessive, il costo della missione di occupazione in Iraq è comunque altissimo agli occhi della maggioranza dei polacchi, duramente provata dalla crisi: la cifra stimata per il 2004 è di 80 milioni di euro. (a cura di A. Ferrario; fonte: TOL, 2 settembre 2003) -------------------------------- Se volete cancellare il vostro abbonamento a "Notizie Est - Balcani", o cambiare l'e-mail alla quale ricevete la newsletter, potete farlo accedendo alla sezione "Area utenti" del sito web http://www.notizie- est.com con la password che vi è stata assegnata. ------- End of forwarded message -------
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