(Fwd) N.E. Balcani #720 - Europa Orientale



Non solo italiani :-(

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N.E. BALCANI #720 - EUROPA ORIENTALE
19 novembre 2003


DOPO IL LUTTO, IL RISENTIMENTO
di Wojciech Kosc - ("TOL" [Praga], 18 novembre 2003)

La Polonia registra la prima vittima in Iraq, dopo che ai polacchi, 
in maggioranza contrari alla missione, non è stata data l'opportunità 
di un dibattito sulla guerra. L'ex dissidente Kuron definisce 
"vergognosa" la partecipazione della Polonia all'occupazione 
dell'Iraq.

["Notizie Est" con questo articolo esce dai confini dei Balcani per 
parlare di Polonia, un paese che, come la Bulgaria, la Romania e 
altri dell'area balcanica, è impegnato nell'occupazione militare 
dell'Iraq, ma con un ruolo di gran lunga più importante rispetto ai 
primi]

KATOWICE, Polonia - Il 10 novembre centinaia di persone in lutto 
hanno partecipato al funerale del Colonnello Hieronim Kupczyk, a 
Stettino. Il giorno sucessivo - l'85° anniversario della fine della 
Prima guerra mondiale e della riconquista dell'indipendenza da parte 
della Polonia - un numero ancora maggiore di persone si sono recate 
alla sua tomba per rendergli omaggio.

La morte di Kupczyk ha avuto grande eco. Per la prima volta da quando 
in settembre la Polonia ha assunto il comando di una delle quattro 
zone di stabilizzazione in Iraq, un militare polacco è stato ucciso. 
I politici hanno espresso il loro dolore, ma hanno anche sottolineato 
che Kupczyk è morto per una giusta causa.

"La sua morte ha scosso la Polonia, rendendoci consci del prezzo 
della nostra alleanza e del nostro coinvolgimento nella difesa della 
pace", ha detto il vescovo dell'esercito polacco Slawoj Leszek Glodz, 
che ha celebrato la messa a Stettino.

Il presidente Aleksander Kwasniewski non ha lasciato dubbi sul fatto 
che la presenza della Polonia in Iraq sia necessaria e debba 
continuare. "Proseguiremo nella nostra missione. Adempiremo i nostri 
doveri, siamo un partner e un alleato credibile, serio e affidabile", 
ha detto. "Quando la missione sarà stata portata a termine con 
successo, le truppe torneranno a casa".

Alti ufficiali hanno affermato che la morte di Kupczyk non è stata né 
un attacco deliberato contro le truppe polacche né un segno che la 
situazione politica nel settore dell'Iraq controllato dalla Polonia 
stia diventando sempre più pericolosa. Kupczyk era stato ferito il 7 
novembre dopo che persone non indentificate hanno attaccato con armi 
da fuoco un veicolo polacco in pattuglia. Il colonnello è morto 90 
minuti dopo in un ospedale da campo a Karbala, lasciando una moglie e 
una figlia.

Il quotidiano "Gazeta Wyborcza" ha chiesto al generale Mieczyslaw 
Cieniuch se la Polonia deve o meno ritirare i propri soldati 
dall'Iraq. "Si tratta di una decisione politica. Ma io sarei davvero 
sorpreso se un singolo incidente dovesse portare a conclusioni di 
tale portata", ha detto Cieniuch, che ha pianificato le operazioni 
irachene dell'esercito polacco.

Egli ha anche detto che la morte di Kupczyk è stata una tragedia, ma 
che i soldati polacchi in Iraq avevano sicuramente "nelle loro menti 
l'idea che ciò sarebbe accaduto".

"Se si va in guerra, bisogna prevedere delle perdite; è questa la 
triste verità", ha detto l'ex ministro della difesa Bronislaw 
Komorowski all'agenzia stampa polacca PAP.

Cinque giorni dopo la morte del colonnello Kupczyk, i politici 
italiani si sono trovati in una posizione simile, sebbene molto più 
tragica, quando un attentato devastante ha colpito i locali dei 
carabinieri italiani a Nasiriya.

L'8 novembre il ministro della difesa polacco Janusz Zemke ha detto 
che la Polonia cederà il comando della forza multinazionale nel 
settore dell'Iraq centro-meridionale entro la metà del 2004, 
probabilmente alla Spagna, secondo quanto riferisce RFE/RL.

IL DIBATTITO CRESCE, MA LENTAMENTE

Da quando nella scorsa primavera il governo del primo ministro 
socialdemocratico Leszek Miller ha assunto una posizione fortemente 
filo-USA sul conflitto iracheno, il dibattito pubblico sulla presenza 
della Polonia nella zona di guerra è rimasto a un livello basso. La 
morte del colonnello Kupczyk non ha cambiato di molto questa 
situazione.

Vi sono state delle eccezioni. Qualcuno, nell'opposizione, ha colto 
l'occasione per criticare la decisione iniziale di prendere parte 
alla guerra. Zygmunt Wrozdak, della Lega delle Famiglie Polacche, una 
forza di destra, è stato feroce. "[Il presidente] e il governo hanno 
deciso di andare [in Iraq] passando sopra le teste della gente e del 
parlamento. Saranno responsabili del sangue polacco sparso in Iraq", 
ha detto.

Ma non sono solo i politici populisti a puntare l'indice contro la 
mancanza di dibattito sull'Iraq. Il commentatore Marcin Krol ha 
scritto sull'autorevole quotidiano "Rzeczpospolita" che i "polacchi 
non hanno ancora imparato a svolgere dei dibattiti pubblici e 
approfonditi" e ha suggerito che forse si sarebbe dovuto organizzare 
un referendum sulla presenza della Polonia in Iraq.

L'ultima indagine di opinione sul coinvolgimento polacco in Iraq, 
condotta nell'agosto scorso, ha rilevato che il 60% degli 
intervistati era contro la partecipazione della Polonia alla guerra 
in Iraq. Il 62% ha detto di temere che la Polonia possa diventare 
oggetto di azioni terroristiche; il 45% era moderatamente ottimista 
sul successo della missione polacca.

La data relativamente vecchia dell'indagine indica che in realtà vi è 
stato ben poco dibattito sulla questione. Nel luglio scorso, Marcin 
Bosacki ha scritto sulla "Gazeta Wyborcza" che con il crescere dei 
dubbi sul mancato ritrovamento di armi di distruzione di massa in 
Iraq "le libere società della Gran Bretagna e degli Stati Uniti 
stanno protestando. In Polonia praticamente non c'è dibattito".

Se la prima vittima polacca in Iraq finora non ha suscitato molta 
opposizione pubblica alla guerra, è vero anche che non vi sono quasi 
segni a conferma dell'affermazione del ministro degli interni 
Krzysztof Janik secondo cui essa avrebbe "consolidato l'opinione 
pubblica" a favore della presenza del paese in Iraq.

BOTTINI DI GUERRA

Il bilancio di tale presenza, soprattutto per quanto riguarda i 
vantaggi di rapporti più stretti con gli Stati Uniti, sta portando a 
galla i lati negativi, cominciano ad affermare alcuni commentatori.

In un suo articolo comparso su "Rzeczpospolita", Marcin Krol ha 
scritto, "non sono contro le nostre relazioni privilegiate con gli 
USA, ma vorrei conoscere cosa ci perdiamo e cosa ci guadagniamo - 
perché recentemente vedo sempre meno guadagni".

Queste voci di delusione non sono limitate solo alla Polonia. In un 
editoriale critico scritto per il "Washington Post" e intitolato 
"Perdere la Nuova Europa", l'ex viceministro della difesa Radek 
Sikorski si dice convinto che il previsto El Dorado per le aziende 
polacche che speravano di ottenere lucrosi contratti per la 
ricostruzione dell'Iraq del dopoguerra non è affatto in vista.

"Le aziende della regione sono ancora ai margini, mentre i giganti 
USA stanno arrivando. La Polonia e la Bulgaria avevano decine di 
migliaia di persone che lavoravano in Iraq, costruendo strade, 
stabilimenti e reti elettriche", ha scritto Sikorski. "Entrambe 
speravano che, schierandosi con gli Stati Uniti, si sarebbe aperta la 
possibilità di ricuperare parte dei miliardi di dollari che l'Iraq 
non ha mai pagato loro per i lavori eseguiti. E invece adesso vengono 
spinte a condonare i debiti iracheni".

Sikorski, che ora lavora presso la Atlantic Initiative, 
un'organizzazione conservatrice con sede a Washington, ha inoltre 
ricordato al "Washington Post" i problemi che i polacchi si trovano 
ad affrontare quando chiedono i visti USA. "Se siamo degli alleati 
così buoni, perché non possiamo entrare negli Stati Uniti senza 
visto, come i francesi o i tedeschi?", si domanda.

I polacchi che desiderano visitare gli Stati Uniti devono pagare 100 
dollari solo per avviare la pratica di richiesta del visto, che 
spesso non dà esito positivo. Finora Washington si è limitata a 
promettere, senza tuttavia mantenere il suo impegno, di installare un 
ufficio doganale americano negli aeroporti polacchi - per fare sì che 
i polacchi non debbano traversare l'intero atlantico con l'unico 
risultato di vedersi poi rifiutata l'entrata nel paese.

(traduzione di Andrea Ferrario)

######RIQUADRO######

LA POLONIA E L'IRAQ

Il 3 settembre scorso gli Stati Uniti hanno trasferito il comando del 
"settore meridionale superiore di stabilizzazione" al generale 
polacco Andrzej Tyszkewicz. Due settimane prima gli americani avevano 
dichiarato che avrebbero continuato a controllare in prima persona le 
aree più pericolose di questo settore, a sud di Bagdad, ma 
successivamente hanno deciso di passare ai polacchi anche il comando 
dei 2.500 soldati statunitensi che controllano tali zone. Solo 
quattro giorni dopo l'assunzione del comando da parte dei polacchi, 
soldati ucraini sotto il loro controllo hanno ucciso un civile che 
non si era fermato a un posto di blocco e negli stessi giorni 
svariati soldati polacchi sono stati oggetto di attacchi con armi da 
fuoco. Oltre ai 2.500 soldati statunitensi, i polacchi comandano 
altri 9.000 uomini provenienti da più di 20 paesi diversi e hanno la 
responsabilità di mantenere l'ordine nelle province di Babilonia e 
Kerbala. L'area, a maggioranza sciita e considerata in principio una 
delle più tranquille, si è fatta molto tesa dopo l'attentato del 29 
agosto contro l'ayatollah Muhammad Bakir al-Hakim, nel quale sono 
morte 80 persone. 

A Varsavia ha fatto sentire più volte la sua voce contro la guerra, e 
contro l'occupazione polacca di un'area dell'Iraq, uno dei più noti 
ex dissidenti dell'Europa Orientale, Jacek Kuron. In una recente 
intervista, rilasciata il 4 settembre al quotidiano polacco "Zycie 
Warszawy", Kuron ha affermato, tra le altre cose: "Io sono stato 
contro la guerra e l'occupazione è anch'essa guerra". Kuron ha 
inoltre definito la presenza polacca in Iraq "vergognosa". Tra i 
problemi che la Polonia deve affrontare, ci sono gli alti costi del 
mantenimento della macchina militare, che la NATO chiede di innalzare 
al 2,1% del PIL in un paese già stretto da una grave crisi economica 
e militare. Anche se non incide in maniera essenziale sulle spese 
militari complessive, il costo della missione di occupazione in Iraq 
è comunque altissimo agli occhi della maggioranza dei polacchi, 
duramente provata dalla crisi: la cifra stimata per il 2004 è di 80 
milioni di euro.

(a cura di A. Ferrario; fonte: TOL, 2 settembre 2003)

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