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Restare in Iraq, ma con nonviolenza
- Subject: Restare in Iraq, ma con nonviolenza
- From: sergiodivita <sdivita at neomedia.it>
- Date: Fri, 14 Nov 2003 15:21:53 +0100
RESTARE IN IRAQ, MA CON NONVIOLENZA di Andrea Cozzo Universita' di Palermo - seminario "nonviolenza" Sono addolorato ed esterrefatto. Perche' addolorato, si capisce: perche' a sangue e morte continuano ad aggiungersi sangue e morte. Esterrefatto, perche' trovo che la decisione di fare restare ed anzi accrescere il numerodei carabinieri in Iraq (ne sono partiti altri 50 da Livorno ieri) sia espressione di un tipo di logica che contribuisce ad alimentare il
terrorismo da una parte e l'odio degli Italiani verso il mondo arabo dall'altra. Questa decisione segue del resto alla convinzione che l'attacco ai nostri "carabinieri di pace" sia un'ulteriore prova della malvagita' degli "Altri" di fronte alla quale "noi" (in realtà "loro", i carabinieri o comunque i figli di altri, non quelli propri) dobbiamo restare in Iraq "per dargli sicurezza". Anziche' chiedersi perche', se davvero vogliamo portare la pace, quelli che intendiamo aiutare ci attaccano ed uccidono, ci si limita a dire che sono malvagi e terroristi.Dallo scranno del Parlamento, con il fior di milioni mensili e una lauta pensione assicurata dopo solo qualche anno di legislatura, o dalla scrivania, da cui si puo' osservare il mondo con fare altezzoso e tracotante, e' facile la retorica sugli eroi morti per la Patria che scarica la responsabilita' sugli "Altri".
Tuttavia, restando ostinatamente in Iraq e aspettando che gli "Altri" cambino, o imponendo loro la nostra presenza, resta anche il problema.Anzi, cosi' facendo, stiamo anche provvedendo ad importarlo, il problema; stiamo quasi chiedendo agli "Altri" di volerci, per favore, attaccare anche qui, nel nostro Paese. Certo, in questo caso i nostri Governi risponderanno con controlli piu' accurati che provvedano alla sicurezza, ma di chi? dei politici, non certo dei cittadini comuni per i quali anzi si prospettano solo restrizioni di liberta'!
E, in ogni caso, questo risolve forse il problema o semplicemente lo sposta e, per giunta, lo aggrava?
Proviamo a chiederci allora, piuttosto: perche' gli "Altri" ce l'hanno con i carabinieri che con tanta bonta' "noi" abbiamo inviato solo per aiutare un Paese in difficolta'? Non è che forse "noi" non siamo riusciti ad esser chiari e, dopo aver concesso agli USA l'uso delle basi militari per gli attacchi a(lla popolazione di) chi era "in possesso di armi di distruzione di massa" - che invece adesso sembra chiaro che non possedeva - e avendo mandato gente armata e facendola alloggiare in un palazzo che portava il nome datogli dalle forze occupanti (white horse), abbiamo fatto credere che non eravamo la' per aiutare ma, insieme agli occupanti, per comandare? A chi abbiamo chiesto il permesso di andare in Iraq con i nostri carabinieri? A chi abbiamo chiesto in cosa e in che modo potevamo renderci utili per il bene della popolazione? Cosa si puo' fare, dunque?Innanzitutto, ricordo che l'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea) ha istituito nel 1999 ad Istanbul il REACT (Rapid Expert Assistance an Cooperation Team), formato da civili esperti di risoluzione nonviolenta dei conflitti che si attivino, in ordine, per prevenire il ricorso alle armi, favorire la gestione pacifica dei conflitti bellici gia' scoppiati e lavorare per la riconciliazione; il testo attualmente (agosto 2003) predisposto per la Convenzione Europea, disattendendo il volere dello stesso Parlamento, limita pero' il compito del Corpo Civile di Pace ad attività di protezione civile e di aiuto umanitario: cio' non depone molto a favore dell'idea che si voglia davvero cercare un'alternativa alle guerre.
In primis si dovrebbe allora attuare quanto deciso dall'OSCE. Riguardo poi all'urgenza concreta del caso iracheno (ma andare dietro alle urgenze finisce con l'impedire di pensare alla prevenzione), credo che si possa sfuggire all'alternativa che chi non e' abituato a pensare creativamente (cioe' in modo tale da esprimere e sostenere la vita) pone invece come ineluttabile.Oltre che restare in Iraq armati oppure andarsene abbandonando il Paese al caos (o agli occupanti), e' possibile, dopo avere chiesto il permesso ai legittimi abitanti del luogo, restarvi, ma disarmati (come chiunque intenda essere portatore di pace), mediare tra le fazioni in lotta e tentare di persuadere gli occupanti a lasciare che gli Iracheni si scelgano da soli il loro Governo. Si potrebbero intraprendere altre vere azioni di peacekeeping e peacebuilding (mantenimento e costruzione della pace): sminamento, assistenza umanitaria e ripristino dei diritti umani attraverso Ong (Organizzazioni non governative) che lavorino per il dialogo interculturale ed interreligioso, organizzazione di strutture volte a garantire una pace stabile attraverso l'intervento di osservatori internazionali che, ad esempio, sorveglino la correttezza dello svolgimento di elezioni. Il nostro Governo potrebbe altresì lavorare al contempo per una soluzione diplomatica del conflitto israelo-palestinese (che è una della principali cause dello sviluppo di Al Qaeda), si potrebbe eliminare il commercio delle armi (anziché incrementarlo, come il nostro Parlamento sta facendo).
Insomma, le possibilità di farsi realmente benvolere da tutti gli Iracheni non mancano, pero' bisogna prima averne l'intenzione.
Andrea Cozzo Palermo ==================================================== Mi scuso con tutti coloro che hanno gia' ricevuto questo testo, e con tutti per l'arbitrio che mi prendo nel mandarvi questo tipo di documenti. Chiedo a chi non vuole riceverli di mandarmi un cenno. sdv ====================================================
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