LA NOSTRA GUERRA CON LA FRANCIA - di Thomas L. Friedman



LA NOSTRA GUERRA CON LA FRANCIA
DI THOMAS L. FRIEDMAN


E' ora che noi americani ci rendiamo conto di un fatto: la Francia non è
solo il nostro importuno alleato. Non è solo il nostro geloso rivale. La
Francia sta diventando il nostro nemico.

Se si aggiunge come la Francia si è comportata mentre si preparava la guerra
all'Iraq (rendendo impossibile al Consiglio di Sicurezza porre un reale
ultimatum a Saddam Hussein che avrebbe potuto evitare la guerra), e se si
guarda a come si è comportata la Francia durante la guerra (quando il suo
ministro degli esteri, Dominique de Villepin, si è rifiutato di rispondere
se preferiva che in Iraq vincesse l'America o Saddam), e si osserva come si
sta comportando oggi la Francia (richiedendo una sorta di simbolico e
capzioso trasferimento della sovranità irachena a una sorta di governo
provvisorio iracheno messo insieme alla bella e meglio, con la restante
transizione irachena alla democrazia affidata alle divise Nazioni Unite
piuttosto che all'America), allora c'è una sola conclusione da trarre: la
Francia vuole che l'America fallisca in Iraq.

La Francia vuole che l'America affondi lì in un pantano nella folle speranza
che degli Usa indeboliti permetteranno alla Francia di arrogarsi il suo
"legittimo" posto come eguale dell'America, se non superiore, nel trattare
gli affari mondiali.

Sì, l'arroganza della squadra di Bush ha inasprito l'ostilità francese. Il
Presidente Bush e il Ministro della Difesa Donald Rumsfeld non avrebbero
dovuto essere così arroganti appena dopo la vittoria americana in Iraq, ed
usare invece questo momento, quando i francesi sentivano che avrebbero
dovuto partecipare, per tendere magnanimamente una mano a Parigi per unirsi
nella ricostruzione - ciò avrebbe ammorbidito l'atteggiamento francese. Ma
anche al riguardo ho dei dubbi.

Ciò per cui non ho dubbi, tuttavia, è sul fatto che non c'è una coerente,
legittima autorità irachena capace di assumere il potere nel breve termine,
e provare a crearne una con la forza adesso porterebbe ad una pericolosa
lotta interna e al ritardo nella costruzione delle istituzioni democratiche
di cui l'Iraq ha così fortemente bisogno.

Ciò che mi sorprende riguardo alla campagna francese - "L'Operazione America
Deve Fallire" - è che la Francia sembra non darsi pensiero di come questo
potrebbe influire sulla Francia. Lasciatemolo scrivere in inglese semplice:
se l'America viene sconfitta in Iraq da una coalizione di saddamisti e
islamisti, i gruppi musulmani radicali - da Baghdad a sobborghi musulmani di
Parigi - saranno galvanizzati, mentre le forze del modernismo e della
tolleranza all'interno delle comunità musulmane saranno in ritirata. E'
molto fantasioso ensare che la Francia, con la sua larga minoranza
musulmana, in cui i radicali stanno già riacquistando forza, non vedrebbe
influenzata da ciò la propria struttura sociale.

Se la Francia fosse seria, userebbe la propria influenza nell'Ue per mettere
insieme un esercito di 25.000 eurotruppe e un pacchetto di 5 miliardi di
dollari per la ricostruzione, e poi direbbe a Bush: ecco, noi vogliamo
sinceramente aiutare la ricostruzione dell'Iraq, ma adesso vogliamo un posto
vero al tavolo delle trattative. Invece, la Francia ha tirato fuori una mal
concepita proposta, giusto per mostrare di essere diversi, senza una
qualsiasi promessa che anche se l'America dicesse sì Parigi darebbe un
contributo significativo.

D'altra parte la Francia non è mai stata interessata a promuovere la
democrazia nel mondo arabo moderno, ecco perché la sua posa di nuovo
protettore di un governo iracheno rappresentativo - dopo essere stata così
contenta con il dominio personale di Saddam - è così cinica.

Chiaramente, non tutte le nazioni europee sono a proprio agio con la
monelleria francese, ci sono ancora molti compagni di viaggio. E'
stupefacente che l'Ue, fuorviata dalla Francia, si lasci cancellare dal più
importante progetto di sviluppo politico nella storia del moderno Medio
Oriente. L'intero carattere e la direzione del mondo arabo-musulmano, che è
proprio alle porte dell'Europa, sarà influenzato da ciò che succederà in
Iraq. Sarebbe come se l'America dicesse che non gli importa ciò che accade
in Messico perché è in cattivi rapporti con la Spagna.

Dice John Chipman, direttore del londinese International Institute for
Strategic Studies: "Ciò che gli europei stanno dicendo riguardo all'Iraq è
che questo è il nostro cortile di casa, non vogliamo che altri si
immischino, ma noi non ce ne prenderemo cura".

But what's most sad is that France is right - America will not be as
effective or legitimate in its efforts to rebuild Iraq without French help.
Having France working with us in Iraq, rather than against us in the world,
would be so beneficial for both nations and for the Arabs' future. Too bad
this French government has other priorities.

Ma la cosa più triste è che la Francia ha ragione: l'America non sarà così
efficace o legittimata nel suo sforzo di ricostruire l'Iraq senza l'aiuto
francese. Avendo la Francia lavorato con noi in Iraq, piuttosto che contro
di noi nel mondo, sarebbe vantaggioso per entrambe le nazioni e per il
futuro degli arabi. Troppo malauguratamente il governo francese ha altre
priorità.

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OUR WAR WITH FRANCE
BY THOMAS L. FRIEDMAN


It's time we Americans came to terms with something: France is not just our
annoying ally. It is not just our jealous rival. France is becoming our
enemy.

If you add up how France behaved in the run-up to the Iraq war (making it
impossible for the Security Council to put a real ultimatum to Saddam
Hussein that might have avoided a war), and if you look at how France
behaved during the war (when its foreign minister, Dominique de Villepin,
refused to answer the question of whether he wanted Saddam or America to win
in Iraq), and if you watch how France is behaving today (demanding some kind
of loopy symbolic transfer of Iraqi sovereignty to some kind of hastily
thrown together Iraqi provisional government, with the rest of Iraq's
transition to democracy to be overseen more by a divided U.N. than by
America), then there is only one conclusion one can draw: France wants
America to fail in Iraq.

France wants America to sink in a quagmire there in the crazy hope that a
weakened U.S. will pave the way for France to assume its "rightful" place as
America's equal, if not superior, in shaping world affairs.

Yes, the Bush team's arrogance has sharpened French hostility. Had President
Bush and Secretary of Defense Donald Rumsfeld not been so full of themselves
right after America's military victory in Iraq - and instead used that
moment, when the French were feeling that maybe they should have taken part,
to magnanimously reach out to Paris to join in reconstruction - it might
have softened French attitudes. But even that I have doubts about.

What I have no doubts about, though, is that there is no coherent,
legitimate Iraqi authority able to assume power in the near term, and trying
to force one now would lead to a dangerous internal struggle and delay the
building of the democratic institutions Iraq so badly needs. Iraqis know
this. France knows this, which is why its original proposal (which it now
seems to be backtracking on a bit) could only be malicious.

What is so amazing to me about the French campaign - "Operation America Must
Fail" - is that France seems to have given no thought as to how this would
affect France. Let me spell it out in simple English: if America is defeated
in Iraq by a coalition of Saddamists and Islamists, radical Muslim groups -
from Baghdad to the Muslim slums of Paris - will all be energized, and the
forces of modernism and tolerance within these Muslim communities will be on
the run. To think that France, with its large Muslim minority, where
radicals are already gaining strength, would not see its own social fabric
affected by this is fanciful.

If France were serious, it would be using its influence within the European
Union to assemble an army of 25,000 Eurotroops, and a $5 billion
reconstruction package, and then saying to the Bush team: Here, we're
sincere about helping to rebuild Iraq, but now we want a real seat at the
management table. Instead, the French have put out an ill-conceived
proposal, just to show that they can be different, without any promise that
even if America said yes Paris would make a meaningful contribution.

But then France has never been interested in promoting democracy in the
modern Arab world, which is why its pose as the new protector of Iraqi
representative government - after being so content with Saddam's one-man
rule - is so patently cynical.

Clearly, not all E.U. countries are comfortable with this French mischief,
yet many are going along for the ride. It's stunning to me that the E.U.,
misled by France, could let itself be written out of the most important
political development project in modern Middle East history. The whole tone
and direction of the Arab-Muslim world, which is right on Europe's doorstep,
will be affected by the outcome in Iraq. It would be as if America said it
did not care what happened in Mexico because it was mad at Spain.

Says John Chipman, director of the London-based International Institute for
Strategic Studies: "What the Europeans are saying about Iraq is that this is
our backyard, we're not going to let you meddle in it, but we're not going
to tend it ourselves."

But what's most sad is that France is right - America will not be as
effective or legitimate in its efforts to rebuild Iraq without French help.
Having France working with us in Iraq, rather than against us in the world,
would be so beneficial for both nations and for the Arabs' future. Too bad
this French government has other priorities.

da: http://www.nytimes.com/2003/09/18/opinion/18FRIE.html