Una giornalista Cnn accusa: «Sull'Iraq Bush ci ha imbavagliati»



15.09.2003

di Toni Fontana

 Anche le star si pentono. Christiane Amanpour, il voto più noto della Cnn,
giornalista «embedded» durante la guerra, tra i primi reporter a raggiungere
Baghdad al seguito delle truppe di occupazione, punta il dito contro Bush
accusandolo di «aver imbavagliato la Cnn» e gli altri media «disseminando
disinformazione» nel corso del conflitto. Pur essendo passati quattro mesi e
mezzo dalla fine «ufficiale» della guerra le dichiarazioni della star del
piccolo schermo vanno registrate perché finora i reporter «embedded», cioè
reclutati dall'esercito americano, avevano fatto muro difendendo l'
informazione fornita nel corso dell'avanzata dei marines verso Baghdad.
Circa 600 giornalisti, in massima parte americani e inglesi, erano stati
accettati delle truppe d'invasione e hanno seguito il conflitto seguendo le
truppe Usa e, in molte occasioni, vestendo le divise dell'esercito americano
fino a confondersi con i soldati. Per essere accettati nella fila degli
«embedded», i reporter hanno sottoscritto cinquanta «regole», imposte dal
comando Usa che, nella sostanza, obbligavano i giornalisti al seguito a non
specificare mai le località, la consistenza delle truppe e l'esito dei
combattimenti.
La Cnn, come altri grandi reti televisive americane, ha schierato una
cinquantina di giornalisti durante il conflitto e tutti avevano accettato le
«regole», cioè l'autocensura preventiva. Perché oggi il volto più conosciuto
della televisione di Atlanta decide di voltare le spalle al giornalismo
«embedded»? Secondo quanto ha detto la giornalista nel corso di un talk-show
ospitato dalla Cnbc, i media, ed anche la Cnn, non hanno messo in
discussione le motivazioni proposte da Bush per giustificare l'intervento. A
giudicare dalle parole di Christiane Amanour è stata la questione del
mancato ritrovamento delle armi di distruzione di massa a modificare il suo
giudizio e ad indurla a puntare il dito contro l'amministrazione che ha
«imbavagliato alcune televisioni, compresa la mia, che si sono lasciate
intimorire da Bush e dai suoi fanti, come la Fox News». L'altro obiettivo
delle critiche dell'Amanpour è dunque la rete avversaria di proprietà del
magnate australiano Murdoch, che, durante la guerra, ha inviato i reporter
in prima linea schierandosi senza remore in favore dell'intervento. Fox New
ha subìto risposto alle critiche della star della Cnn con un velenoso
commento rivendicando che «dovendo scegliere» e meglio «essere visti come
fanti di Bush che come portavoce di Al Qaeda». Scoppia dunque una guerra tra
le varie anime del giornalismo «embedded» americano e le dichiarazioni della
Amanpour potrebbero aprire una falla nel muro che i reporter hanno eretto
per difendere l'informazione fornita durante il conflitto.
Il mancato ritrovamento delle armi di Saddam e, soprattutto, la catena di
uccisioni (anche ieri è un soldato americano è stato ucciso a Baghdad)
stanno condizionando pesantemente gli umori dell'opinione pubblica americana
e le affermazione della star della Cnn esprimono la riflessione, anche
autocritica, che alcuni giornalisti hanno avviato.
I tempi che si annunciano fanno ritenere che altri equilibri stanno per
spezzarsi, alcuni membri del governo ad interim hanno detto ieri che gli
americani «maltrattano» gli iracheni. Colin Powell è stato applaudito in
Kurdistan dai sopravvissuti delle stragi ordinate da Saddam, ma poi è volato
in Kuwait lasciando alle sue spalle un paese nel quale la pace appare ancora
un lontano miraggio.