Bcp: "Ecco come smontare i falsi miti sulla guerra"



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Mariagrazia Bonollo

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"Beati i costruttori di pace"

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Comunicato stampa



"Ecco come smontare i falsi miti sulla guerra"

Beati i costruttori di pace si appresta a predisporre un vadecum

per diffondere una cultura di pace. Sarà il frutto del seminario "Per un
futuro senz'armi"







Le armi servono per difendersi? Difficile sostenerlo, se si pensa a quanto
accaduto l'11 settembre: lo stato più armato del pianeta non ha potuto, con
le sue innumerevoli armi, fare niente per evitare l'attacco alle Twin
Towers.

Le armi sono un deterrente verso i paesi malintenzionati? Tutto da
dimostrare anche questo, visto che la storia ci insegna che durante la
Guerra Fredda in numerose occasioni si è evitato per un pelo che per errore
si scatenasse la guerra nucleare. Senza contare che fra gli anni '50 e '80
sono morte nel mondo più di 25 milioni di persone per guerre: armi
deterrente verso chi, visto che le quelle nucleari non sono servite per
evitare questa ecatombe nel sud del mondo?

Quelli sopra descritti sono due dei tanti esempi di come è possibile
demolire i luoghi comuni sulla guerra, un impegno che si è assunta
l'associazione "Beati i costruttori di pace", intenzionata a lanciare una
campagna culturale contro la produzione di armi tout court.

Con l'aiuto di esperti del calibro del ricercatore Achille Lodovisi, che da
più di vent'anni studia il mercato internazionale delle armi e l'industria
bellica, l'associazione padovana si accinge a redigere un vademecum che
sconfessi i falsi miti sulla guerra. Ne sono stati individuati almeno una
ventina e per ognuno si sono cercati dati, esempi, considerazioni che li
possano smentire. Si va dall'affermazione che solo le armi possono
risolvere i conflitti, al fatto che la guerra c'è sempre stata e sempre ci
sarà, dal mito che la guerra porti sviluppo e innovazioni scientifiche a
quello che la violenza è insita nell'uomo, dalla dichiarazione che la
guerra porta democrazia all'asserzione che uno stato non può esistere senza
un esercito armato.

Per avviare il percorso che porterà alla campagna contro le armi presso la
sede di Beati i Costruttori di Pace a Padova si è tenuto nei giorni scorsi
il seminario "Per un futuro senz'armi", da quale sono partiti spunti e
riflessioni stimolanti non solo per il vademecum ma anche per individuare
strumenti pratici per favorire il processo di diffusione della cultura di
pace. Strumenti identificati nel fare pressione sui media tradizionali, nel
costruire nuovi media dal basso, nel portare testimonianze dirette, nel
porre risalto alla dimensione umana della comunicazione, nell'organizzare
eventi mirati, nel lavoro di educazione alla pace nelle scuole di ogni
ordine e grado, nel privilegiare il lavoro in ambito locale, nell'aprirsi
verso l'esterno dialogando con chi non conosce il mondo pacifista.

Il senatore Tino Bedin ha ad esempio presentato le decisioni già assunte
dall'Unione Europea riguardo alla formazione di un esercito comune,
mettendo in evidenza i rischi di mancanza di controllo democratico per le
decisioni in tema di sicurezza. Bedin ha proposto di attivare tutti i
consigli comunali perché i cittadini conoscano i contenuti del trattato
costituzionale e chiedano un impegno più esplicito per la pace.

"Dobbiamo ripensare il tasso di democrazia della nostra società, capire a
quali aberrazioni si è giunti e riappropriarci delle decisioni
fondamentali, il sindacato non può occuparsi solo del lavoro, ma deve farsi
carico di una visione più ampia" ha sostenuto invece Gianfranco Benzi del
Dipartimento internazionale della  Cgil, che ha fatto autocritica anche
sull'appoggio dato anche dal suo sindacato alla guerra nei Balcani del 1999.

Lidia Menapace,  partigiana e rappresentante della Convenzione permanente
delle donne contro la guerra, ha portato infine il suo coinvolgente
contributo sulla costruzione di una cultura della pace che cominci
innanzitutto col disinquinare il proprio linguaggio da tutto il simbolico
militare e col mettere in discussione i criteri di memorabilità. "La
violenza si è così radicata all'interno delle istituzioni statali europee -
ha affermato - cambiando nome e spacciandosi per forza, armata o di
polizia, ma rimanendo in realtà pur sempre violenza. Di tutte queste radici
violente l'Europa in via di costruzione può e deve liberarsene, anche
perché non manca d'altra parte una significativa tradizione nonviolenta".
Una tradizione che la Menapace ha ricordato con numerosi episodi di azione
e resistenza nonviolenta, che hanno caratterizzato in particolare le lotte
del movimento operaio e del movimento femminista. Episodi spesso
dimenticati, taciuti dai libri di storia, ma che rappresentano una memoria
storica da non perdere e da recuperare proprio in questo fondamentale
momento di scrittura della costituzione europea.





Padova, 13 agosto 2003





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