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Convegno: "Per un futuro senz'armi
- Subject: Convegno: "Per un futuro senz'armi
- From: francesco iannuzzelli <francesco at peacelink.org>
- Date: Sun, 10 Aug 2003 13:13:52 +0000
- Organization: peacelink
Convegno Contro le armi, per una cultura di pace A Padova i costruttori pace si confrontano sugli aspetti sociali e politici della cultura della guerra, mostrandone i limiti e delineando le possibili alternative "Per un futuro senz'armi" è la dichiarazione d'intenti del seminario organizzato da "Beati i costruttori di pace" a Padova dal 6 al 9 di agosto. Quattro giorni intensi, nel ricordo della tragedia nucleare che ha marcato indelebilmente la storia dell'uomo nel 1945, a Hiroshima e Nagasaki. Proprio partendo dal nodo centrale delle armi, sia quelle di distruzione di massa che quelle utilizzate nelle recenti guerre, parte la riflessione proposta in questi giorni dai Beati, per mettere in discussione la cultura della guerra e affermare una cultura di pace. Numerosi gli esperti che si sono avvicendati, portando suggestioni e approfondimenti molto interessanti per i partecipanti all'incontro. Massimo Toschi, consigliere del Presidente della Regione Toscana per i problemi della pace, ha messo in risalto il tragico cambiamento rappresentato dalla bomba atomica su Hiroshima: la popolazione civile che diventa l'obiettivo primario della guerra. Come si è poi ripetuto nelle guerre successive, fino alle più recenti nei Balcani, in Afghanistan e in Iraq, le vittime sono prevalentemente e premeditatamente civili. Ha collegato questa realtà con la realtà biblica delle vittime da Abele a Gesù. La società civile italiana e europea ha mostrato una grande sensibilità e maturità nel corso di questo anno, reagendo fermamente allo scenario di guerra che si stava delineando. Il senatore Tino Bedin ha presentato le decisioni già prese dall'Unione Europea riguardo alla formazione di un esercito europeo, mettendo in evidenza i rischi di mancanza di controllo democratico per le decisioni in tema di sicurezza e ha proposto di attivare tutti i consigli comunali perché i cittadini conoscano i contenuti del trattato costituzionale e chiedano un impegno più esplicito per la pace. "Dobbiamo ripensare il tasso di democrazia della nostra società, capire a quali aberrazioni si è giunti e riappropriarci delle decisioni fondamentali" questo il punto sostenuto da Gianfranco Benzi del Dipartimento internazionale della CGIL. Si tratta di un insieme di scelte, per le quali possiamo diventare tutti protagonisti, in tutti i campi, per un diverso corso degli eventi. In questo contesto, il sindacato non può occuparsi solo del lavoro, ma deve farsi carico di una visione più ampia, approfondendo al tempo stesso l'autocritica già in atto sull'appoggio alla guerra nei Balcani del 1999. Daniele Lugli, segretario del Movimento Nonviolento, ha posto l'attenzione sul problema culturale e sulla necessità di sfatare il mito della violenza come unica forza in grado di risolvere i conflitti. Prendendo spunto da una lettera di Aldo Capitini, scritta proprio pochi giorno dopo i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, Lugli ha voluto riaffermare la nonviolenza come unica alternativa non solo possibile, ma urgentemente necessaria, soprattutto in questo periodo nel quale stiamo assistendo a un processo di estremizzazione della violenza, sempre più diffusa e radicata sia in ambito internazionale che sociale. Un'analisi della cultura della guerra e dei suoi luoghi comuni più radicati e indiscussi è stata svolta dai gruppi di lavoro, e proprio partendo dalla demolizione di questi luoghi comuni ha preso spunto l'intervento di Achille Lodovisi, ricercatore ed esperto di armamenti e industria bellica. Un percorso interessante e necessario, quello di smontare i falsi miti della guerra: l'industria bellica che produce ricchezza e occupazione, le armi come mezzo primario di risoluzione dei conflitti, gli eserciti come elemento insostituibile dello stato, gli armamenti che garantiscono stabilità e potere, la guerra che c'è sempre stata e sempre ci sarà perché la violenza e insita nell'uomo. Credenze radicate nella cultura occidentale e delle quali è fondamentale liberarsi, con argomentazioni storiche, economiche e scientifiche che Lodovisi ha fornito in dettaglio, fino a giungere al tema attualissimo della nascente Europa e delle discutibili proposte in circolazione riguardanti la difesa europea. Infine Lidia Menapace, partigiana e rappresentante della Convenzione permanente delle donne contro la guerra, ha portato il suo coinvolgente contributo sulla costruzione di una cultura della pace che cominci innanzitutto col disinquinare il proprio linguaggio da tutto il simbolico militare e col mettere in discussione i criteri di memorabilità. La storia che si insegna oggi nelle scuole considera come prioritari eventi, personaggi, fatti legati a una cultura militarista, trascurando il ricchissimo patrimonio storico e umano che ha tracciato il progresso della civiltà europea. Ma proprio oggi che si parla di Europa, è necessario al tempo stesso riconoscere la natura prevalentemente aggressiva e distruttrice delle proprie relazioni con il resto del mondo. La violenza si è così radicata all'interno delle istituzioni statali europee, cambiando nome e spacciandosi per "forza", armata o di polizia, ma in realtà pur sempre violenza. Di tutte queste radici violente l'Europa in via di costruzione può e deve liberarsene, anche perché non manca d'altra parte una significativa tradizione nonviolenta. Con aneddoti e storie semplici Lidia Menapace ha guidato i partecipanti all'incontro attraverso i numerosi episodi di azione e resistenza nonviolenta, che hanno caratterizzato in particolare le lotte del movimento operaio e del movimento femminista. Episodi spesso dimenticati, taciuti dai libri di storia, ma che rappresentano una memoria storica da non perdere e da recuperare proprio in questo momento fondamentale della scrittura della costituzione europea. In conclusione, è necessario fare autocritica della cultura aggressiva ed espansionista europea, difendere il patrimonio di valori nonviolenti affermando la neutralità dell'Europa e preservare lo stato sociale che garantisce i diritti universali. La costruzione dell'Europa può avere un esito positivo se si colloca prioritariamente sul terreno sociale, può invece essere disastrosa se si pone in termini di antagonismo militare con gli Stati Uniti. Spunti e riflessioni stimolanti, che hanno poi animato il dibattito finale sugli strumenti pratici per questo processo di diffusione della cultura di pace. Strumenti identificati nel fare pressione sui media tradizionali, nel costruire nuovi media dal basso, nel portare testimonianze dirette, nel porre risalto alla dimensione umana della comunicazione, nell'organizzare eventi mirati, nel privilegiare il lavoro in ambito locale, nell'aprirsi verso l'esterno dialogando con chi non conosce il mondo pacifista. Percorso che i partecipanti all'incontro si sono fatti carico di portare nel proprio ambito quotidiano per rivedersi e verificarlo in un secondo momento, mentre continua il lavoro di preparazione di strumenti agili e semplici per la diffusione della cultura di pace. Sono stati giorni intensi, non solo per il caldo torrido di questo agosto padovano, ma soprattutto per la determinazione a riflettere e confrontarsi sul ruolo di costruttori di pace; non sono comunque mancati i momenti di svago e di condivisione conviviale nella ospitale sede dei Beati, oltre alla visione serale di film tra i quali l'imperdibile, per chi non lo avesse ancora visto, Bowling for Columbine. Oggi, 9 agosto, una manifestazione di fronte alla base statunitense di Longare (Vicenza), ex sito nucleare e ora scuola di simulazione di guerra, chiude di fatto il convegno con una cerimonia in memoria delle vittime di Nagasaki, uccise in una frazione di secondo 58 anni fa da una follia umana che siamo tutti determinati a non permettere che si ripeta. -- francesco iannuzzelli francesco at peacelink.org associazione peacelink http://www.peacelink.it
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