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E.Deiana-soldati italiani in Iraq
- Subject: E.Deiana-soldati italiani in Iraq
- From: "Forum delle Donne" <forumdonne.prc at rifondazione.it>
- Date: Wed, 23 Jul 2003 17:32:45 +0200
Resoconto stenografico dell'Assemblea Seduta n. 344 del 22/7/2003 PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 luglio 2003, n. 165, recante interventi urgenti a favore della popolazione irachena, nonché proroga della partecipazione italiana a operazioni militari internazionali (4154). ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, ho già avuto modo di sottolineare durante la discussione svoltasi nelle Commissioni congiunte che il provvedimento in esame rappresenta un vero e proprio imbroglio. È un imbroglio del Governo ai danni del Parlamento, dell'opinione pubblica e delle Forze armate. Queste ultime vengono invocate continuamente come baluardo della nostra credibilità all'estero e sono, invece, costrette da una forsennata campagna ideologica a svolgere un ruolo letteralmente in contrasto con la Costituzione. Si tratta di un imbroglio, caro sottosegretario Cicu, fondato su un castello di bugie micidiali che sono partite dall'amministrazione Bush e dal Pentagono e che il Governo Berlusconi ha avvalorato, legittimato, sostenuto e continua a sostenere indefessamente in questo periodo. Mi riferisco a bugie a sostegno di una guerra che appartiene alla schiera di quelle che, non io ma uno storico esimio della destra, Franco Cardini, definisce guerre saggiamente vili. Queste costano apparentemente poco per la nostra parte del mondo e dovrebbero produrre, nelle intenzioni di chi le fa, grandi spostamenti di potere sul piano mondiale. Vi sono bugie su tutti i fronti: ad esempio, quella sulle armi di distruzioni di massa mai trovate. Negli accurati tentativi di ricostruzione delle ragioni che renderebbero valida questa legge non vi è mai un accenno alle ragioni che hanno portato a giustificare la guerra e che sono state fatte proprie da questo Governo: è un capitolo scomparso, non c'è più. Vi sono bugie sulle armi, bugie sull'imminente attacco di Saddam Hussein agli Stati Uniti e all'occidente, bugie sulla natura della missione italiana in Iraq. Chiedo - ma una risposta la do - perché insistete tanto, contraffacendo in maniera addirittura banale la realtà, sul carattere umanitario della missione quando i fatti contraddicono apertamente tale asserzione? Voi parlate di missione umanitaria perché è il modo per intontire ed obnubilare l'opinione pubblica. Quest'ultima, anche nelle fila del vostro elettorato, è larghissimamente contraria alla guerra e lo ha dimostrato in tutti i modi. Manifestazioni, appelli ed altri fatti hanno dimostrato come vi sia stata una grandissima opposizione alla guerra. Dunque, in che modo imbrogliare l'opinione pubblica? Far credere che l'Italia si sia imbarcata non in un'impresa di partecipazione alla strategia degli Stati Uniti di controllo del territorio mediorientale e centro asiatico, ma in una generosa missione umanitaria per fare del bene e portare vantaggi, cura e tutele, come si è affannato a dimostrare l'onorevole Landi di Chiavenna nella sua relazione. È un imbroglio mastodontico e micidiale spacciare per missione umanitaria un'impresa che, invece, ha tutte le caratteristiche, da una parte, dell'impresa militare, della partecipazione ad un'occupazione neocoloniale, dall'altra, di aprire la strada per un grande business italiano in Iraq (quando e come sarà possibile fare affari in quel disgraziato paese). Sono assolutamente sconcertata dell'assoluta impermeabilità che gli esponenti del Governo continuano a mostrare, così come anche l'appassionato intervento del sottosegretario Cicu, agli argomenti della realtà (e non alle sciocchezze dell'ideologia). Vi sono dei fatti; a tali fatti non si da alcuna risposta, bensì si risponde con delle costruzioni mitiche, con delle favole, anzi delle favolette, perché non hanno neanche la dignità delle grandi favole della tradizione classica: favolette per ragazzini stupidi, con un tentativo di ridurre questo Parlamento ad un luogo dove si ascoltano delle sciocchezze, dove non si procede ad effettuare nessun approfondimento della realtà e dove praticamente si mette a disposizione un voto, per salvare la faccia di un Governo che sta prendendo delle decisioni gravissime, per quanto riguarda la collocazione del nostro paese nel contesto internazionale. Credo, allora, che oggi questo Parlamento, per evitare un coinvolgimento in un'avventura che rischia di essere veramente senza fine e di portarci assai lontano dagli elementi ancora fondativi del nostro paese, oltre che lontano dalla saggezza politica sul piano internazionale, dovrebbe fare alcune cose fondamentali: innanzitutto chiedere l'immediato rientro in Italia del contingente militare (perché questo dovrebbe essere deciso immediatamente); allo stesso tempo, dovrebbe chiedere che il ministro (italiano) della cultura, che il nostro Governo ha installato nel Governo Bremer, cioè nel Governo fantoccio filo americano che regge in questo periodo le sorti dell'Iraq, venga destituito e richiamato nel nostro paese, per non avallare quell'operazione incredibile di costruzione appunto di un Governo fantoccio. Il Parlamento dovrebbe, inoltre, chiedere al Governo di ricercare una soluzione internazionale seria della questione irachena: una soluzione alternativa, radicalmente alternativa, a quella dell'occupazione da parte delle truppe angloamericane. Una soluzione che dovrebbe articolarsi su alcuni punti essenziali: in primo luogo, la richiesta che le truppe alleate se ne tornino a casa, perché questa è la condizione primaria affinché in Iraq possa riavviarsi un processo di pacificazione; in secondo luogo, contestualmente al rientro delle truppe angloamericane nei loro paesi, ci dovrebbe essere l'assunzione piena e centrale da parte dell'ONU della responsabilità di garantire, sul piano politico ed istituzionale, ma anche militare (appunto con i caschi blu), le condizioni per l'avvio di un processo di pacificazione e di stabilizzazione democratica nel paese, che può avvenire soltanto attraverso il circolo virtuoso tra la responsabilità, in funzione terza, dell'ONU e l'attivazione di un processo di responsabilità delle forze irachene; in terzo luogo, ci deve essere la promozione di forme di aiuto umanitario, in coordinamento con le agenzie delle Nazioni Unite, fino a che non si sia formato un Governo iracheno legittimo e riconosciuto internazionalmente. Credo che il Parlamento italiano debba lavorare su questo pacchetto di proposte, facendo assumere al nostro paese un ruolo importante, propositivo e costruttivo all'interno della comunità internazionale. Questa deve essere la strada, altrimenti l'altra strada è quella di continuare a seguire gli Stati Uniti d'America nella loro strategia di guerra al mondo e di continuo tentativo di assoggettare l'Europa, l'ONU, l'Italia, i paesi cosiddetti volenterosi - cioè quelli più disponibili a seguire la strategia americana - a muoversi in questo contesto verso una rimappatura delle relazioni internazionali e una ridefinizione delle regole della politica internazionale. La guerra contro l'Iraq ha segnato un vero e proprio salto di qualità non soltanto sul piano della violazione del diritto internazionale e dell'evidente illegittimità delle giustificazioni addotte per colpire quel paese, ma anche su quello del tentativo degli Stati Uniti di ridisegnare una mappa delle relazioni internazionali, delle regole, delle funzioni. Ci siamo incamminati sulla strada che ci conduce a farci carico della responsabilità di condividere questa nuova strategia imperiale degli Stati Uniti. Dunque, responsabilità gravissime che pesano innanzitutto sul Governo, ma anche sul Parlamento. Intendo sottolineare un aspetto che per noi è di estrema importanza. La missione italiana in Iraq non è legittimata né sul piano internazionale - come ricordato dai colleghi che mi hanno preceduta - né su quello interno. La risoluzione n. 1438, alla quale continuamente i colleghi della maggioranza e gli esponenti del Governo fanno riferimento, non legittima affatto la partecipazione italiana e l'occupazione militare. Tant'è vero che alcuni paesi importanti della comunità internazionale finora hanno rifiutato di inviare aiuti militari, chiedendo una nuova risoluzione che deve avere quale aspetto fondamentale quello della ridefinizione della centralità dell'ONU nella fase postbellica. L'Italia compie una scelta di guerra - ritengo che su ciò si debba essere molto chiari - in quanto vi è continuità con le scelte precedenti. Vi è continuità con la scelta di appoggiare, legittimare ed offrire tutti gli aiuti militari, che il Governo Berlusconi ha operato con riferimento alla guerra contro l'Iraq. Una scelta di continuità e di legittimazione delle nuove strategie americane, di accettazione dell'unilateralismo della Casa Bianca, di accettazione della posta in gioco di tale strategia che è quella di far deflagrare il contesto internazionale di regole e di funzioni istituzionali previste dalle Nazioni Unite, dal diritto internazionale e dalle convenzioni. Insomma, si vuole far deflagrare tutto quello che, nella seconda metà del novecento, ha significato il tentativo di escludere la guerra come scelta automatica per la risoluzione delle controversie internazionali. Non c'è stata nessuna soluzione di continuità tra la guerra e il dopoguerra né sul piano politico né su quello istituzionale e giuridico. Tant'è vero che gli Stati Uniti hanno continuato ad affermare che loro avrebbero dovuto governare il dopoguerra e che l'ONU - che nelle intenzioni degli americani viene ridotta ad un'agenzia umanitaria -, al massimo, avrebbe dovuto svolgere una funzione di supporto logistico. Neanche oggi gli Stati Uniti d'America, che in Iraq sono in gravissima difficoltà, chiedono l'intervento di tutti per essere aiutati e per essere supportati; neanche adesso dicono che l'ONU dovrebbe avere un ruolo diverso, cioè praticamente dovrebbe essere un loro supporto e non certo un soggetto centrale in questa nuova fase. Quindi, si tratta di una scelta di guerra perché non c'è stata alcuna soluzione di continuità con la guerra e perché questo dopoguerra rischia di entrare - ed in parte già è entrato - in una dinamica di guerriglia e di conflitto armato. Quello che sta avvenendo in Iraq può essere definito come ognuno crede ma, sicuramente, è tutto fuorché quella pacificazione e quel processo di democratizzazione che il Presidente Bush, non si sa bene in preda a quale raptus di narcisismo, aveva dichiarato che si sarebbe avviato con il suo discorso alla nazione, proclamando la fine della guerra e l'avvento di una nuova era di pacificazione e democrazia per l'Iraq. Sostenere, come il Pentagono e l'amministrazione Bush fanno, che gli attentati ai militari anglo-americani siano atti di delinquenza comune, di terroristi o di settori reazionari e dire che questa è la verità, come fa anche il Governo italiano, significa non capire quello che sta avvenendo in quel luogo e continuare a tessere la storia della vicenda irachena sulla base di menzogne, di bugie e di imbrogli. Nell'Iraq del dopoguerra si è scatenata una situazione di estrema instabilità, che è assolutamente spiegabile in termini di dialettica tra occupanti e popolazioni residenti. Esiste un caos incredibile perché c'è stata la deflagrazione di tutti gli assetti autoritari, repressivi e ignobili del regime di Saddam Hussein - che, comunque, funzionavano da contesto politico, istituzionale e sociale - e le truppe occupanti, gli americani, non hanno fatto nulla ne avevano intenzione di fare alcunché per ristabilire un nuovo ordine. Si è aperta una situazione di massima allerta per quanto riguarda le condizioni sanitarie, di sicurezza e di tutela delle popolazioni, che si è aggiunta al degrado già operante nel paese a causa dei 10 anni di embargo contro Saddam Hussein. È una situazione che la commissione di inchiesta del Pentagono, inviata a verificare le condizioni dell'Iraq, ha definito di estremo allarme, arrivando a dire che, se entro tre mesi non si ristabilisce una situazione di normalizzazione, la situazione è destinata ad evolvere ancora più negativamente e a diventare incontrollabile. È da questa analisi e da questa valutazione, fatta dalla stessa commissione istituita dal Pentagono, che sono venute fuori le richieste di aiuto e di coinvolgimento di altri paesi: quindi, si tratta di una situazione di estrema e crescente insicurezza. Anche su tutto questo non c'è nulla nelle relazioni che il Governo ha presentato, come non c'è assolutamente nulla di quello che, invece, i rappresentanti delle organizzazioni non governative - persone che da sin dai tempi dell'embargo lavorano in Iraq e che alcuni di noi hanno incontrato questa mattina - sottolineano, cioè l'estremo rischio, ormai molto palpabile, che tutte le forze militari di occupazione vengano identificate come truppe occupanti dalle popolazioni e dai gruppi locali, sia religiosi sia politici, che si stanno costituendo. Praticamente, vi è il rischio che vengano identificati come nemici da abbattere, nemici da colpire, nemici contro cui attivare le forme di una resistenza, nell'unico modo possibile, vista la disparità enorme delle forze militari e tecniche tra truppe occupanti e popolazioni e gruppi locali. Di fronte a tutto questo, il tentativo dell'amministrazione americana è quello di lavorare su due piani. Da una parte, si stabiliscono regole interne assolutamente discutibili, come quella di organizzare squadre di poliziotti privati iracheni stipendiati dagli americani. Ovviamente, si tratta di gente che corre il rischio di far parte del calderone dei collaborazionisti, introducendo, quindi, altri elementi di insicurezza incredibile. Vi sono misure su cui mi piacerebbe che il Governo italiano dicesse qualcosa, come per esempio il decreto che stabilisce rigidi limiti nella libertà di stampa e di movimento dei giornalisti. Sul piano internazionale, invece, si lavora alla richiesta di aiuto: ONU, NATO, Unione europea, in una strategia multiforme di utilizzazione degli strumenti a disposizione, secondo le esigenze del momento, che le teste d'uovo dei centri studi strategici americani chiamano cherry picking, vale a dire prendere dove si può, prendere il meglio, dove si può. Quindi, se la NATO è disponibile, chiamiamo la NATO. Se allarghiamo lo schieramento dei paesi volenterosi, vediamo di coinvolgere l'ONU. Usiamo quello che c'è: praticamente, si tratta della famosa strategia a geometria variabile che gli Stati Uniti hanno inaugurato con la guerra in Afghanistan e che, ovviamente, noi accettiamo acriticamente ma, soprattutto, accettiamo senza alcuna volontà di chiarificazione. Questo Parlamento parla di argomenti che sono di una portata storica e politica grandissima, come se si trattasse di favolette. Lo ripeto. L'ho già detto prima e mi dispiace per il sottosegretario Cicu. Noi siamo buoni. I nostri soldati sono buoni. L'Italia è un paese buono. Noi amiamo gli altri e, quindi, andiamo lì ad aiutare gli iracheni, dopo che, per dieci anni, non abbiamo detto assolutamente nulla - lo ripeto: assolutamente nulla - degli effetti disastrosi che l'embargo produceva sui bambini, sulle donne, sugli anziani, sui settori sociali più indifesi. Noi abbiamo taciuto. Noi abbiamo partecipato all'operazione di strangolamento di quel paese, che ha fatto la fortuna di Saddam Hussein, che ha fatto la fortuna del regime autoritario. Se l'Iraq fosse stato aiutato democraticamente, questo avrebbe favorito una grande dialettica interna. I regimi dittatoriali crescono nell'isolamento, crescono quando la gente non vede altro spiraglio fuori dal regime e vede l'isolamento e l'emarginazione. Allora, siamo stati responsabili di questa operazione di gravissimo depauperamento della nazione irachena, di isolamento e di impoverimento estremo. Oggi, invece scopriamo che siamo «italiani brava gente» e, quindi, andiamo lì. Sono favolette. Sono favolette che, tra l'altro, si possono raccontare soltanto in questo Parlamento, sui giornali, in questo paese, perché, su questi fatti, in altri grandi paesi occidentali la discussione, perlomeno - lo ripeto: perlomeno - si fonda sulla realtà dei fatti e non sulle favole che il Governo pretende di raccontare ai parlamenti e all'opinione pubblica. Dicevo prima che la missione non ha alcuna legittimazione sul piano internazionale - e l'ho spiegato -, perché la risoluzione ONU n. 1483 non dà alcuna autorizzazione all'occupazione da parte di altre truppe volenterose. Ma questa missione non è autorizzata neanche sul piano interno. Anche qui alcuni esponenti dell'opposizione l'hanno ripetuto e qui lo ribadisco. La mozione approvata in questo Parlamento dalla vostra maggioranza, sottosegretario Cicu, non vi autorizza a fare questa operazione militare e ad organizzare una presenza militare e militarizzata di italiani lì, in supporto degli angloamericanai. Lei dice, sottosegretario, che ci vanno gli sminatori, ci vanno gli NBC, ci vanno esperti di questioni tecnologiche e di questioni logistiche. Ma mi pare evidente che ci debba andare gente come questa: chi ci devono andare? I fanti della prima guerra mondiale? Ci devono andare i soldatini? Chi ci deve andare? Ci vanno i massimi esperti di questioni militari, ci vanno uomini e qualche donna addestrati alle grandi questioni tecnologiche, visto che siamo un paese in grado di fornire questo tipo di aiuto militare, quasi alla pari della tecnologia e delle capacità sul campo, logistiche ed operative delle altre forze armate, degli angloamericani, degli australiani, dei polacchi e di chi più ne più ne metta. Sarebbe assolutamente ridicolo, invece, che noi mandassimo chissà chi. Sono esattamente questi: vanno lì perché sono queste le funzioni militari che servono. Infatti, se non va gente così, altro che impallinatura di uno, due o tre militari al giorno! Se ci andasse altra gente, figuriamoci che cosa succederebbe. La mozione del Parlamento assolutamente non legittimava questa missione militare, perché la missione approvata dalla maggioranza era costruita tutta sulla bugia della missione umanitaria, per le ragioni che ho detto prima, dal momento che neanche la vostra maggioranza in Parlamento era disponibile - e forse non lo è ancora - ad approvare una mozione che dica chiaramente che le truppe italiane vanno lì a sostenere l'occupazione militare, a sostenere un Governo illegittimo, un Governo fantoccio filoamericano e ad aprire la strada al business italiano. Io credo che questo non possa essere detto chiaramente e quindi si costruisce l'imbroglio della missione umanitaria. Il Governo ha operato una gravissima torsione negativa di quella mozione e l'ha usata a proprio aggio, a proprio vantaggio. Tra l'altro, le continue dichiarazioni dei ministri competenti Frattini e Martino, a leggerle bene, contenevano diverse e spesso contrastanti interpretazioni del carattere e della natura di questa missione. Comunque, il testo parla chiaro: si tratta di una missione militare, con finalità militari, con scopi di concorrere alla occupazione e alla ridisegnatura del paese iracheno, così come pretenderà, vorrà e cercherà di imporre l'amministrazione Bush. Io credo che la scelta operata sia estremamente grave, così come credo che sia stata grave e continui ad essere grave la scelta di mandare i militari italiani in Afghanistan. Su questo punto concludo, perché non voglio continuare a ragionare su queste questioni: tuttavia, anche la questione dell'Afghanistan è di estrema gravità. Riprendo molto brevemente la sottolineatura fatta dai colleghi che mi hanno preceduto sulla necessità che d'ora in poi le varie missioni vengano affrontate con provvedimenti distinti, visto che sono assolutamente diverse, in quanto io rivendico, come parlamentare, il diritto di poter votare diversamente su ciascuna di esse, secondo il giudizio che ho su ciascuna di esse. Infatti, questa è una privazione del diritto democratico e parlamentare di poter liberamente esprimermi e diversamente esprimermi sui carabinieri a Hebron - su cui credo sia giusto che stiano lì: anzi ce ne dovrebbero essere molti di più - e sulla missione in Afghanistan. Si tratta anch'essa di una missione di guerra: con riferimento alla medesima è stato detto, come risulta da notizie apparse sui giornali, che esiste un dossier del SISMI nel quale si parla di gravissimi rischi sia a Khost (abbiamo già avuto notizia dei medesimi) sia a Kabul. La calma, dicono gli agenti del SISMI, è solo apparente ed il rischio è gravissimo. Anche a tale riguardo, si può esprimere un voto sul rifinanziamento di una missione cruciale e nodale, come quella in Afghanistan (sia sotto il profilo della missione ISAF sia sotto quello dell'operazione Enduring Freedom), senza che si svolga una discussione politica sul contesto, su ciò che sta avvenendo, sulle voci che si stanno diffondendo in merito al tentativo degli Stati Uniti, del Pentagono di riallacciare i legami con i talebani, espressione dell'etnia più numerosa dei Pashtun, di fronte alla quale l'alleanza del nord risulta essere inadeguata per quanto riguarda il controllo dell'intero territorio? Noi apprendiamo le notizie dai giornali (soprattutto se qualcuno di noi ha voglia di leggere la stampa estera da Internet), ma non sappiamo nulla di ciò che dovremo sapere dal Governo, dai ministri competenti. Per tutte le ragioni che ho esposto (lo ribadiremo domani nella discussione), mi sembra evidente che la nostra contrarietà sia assoluta; inoltre, la nostra richiesta di ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, del ministro italiano della cultura dal Governo Bremer e la ridiscussione radicale delle due missioni italiane in Afghanistan sono per noi elementi assolutamente fondamentali (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
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