lettera aperta ai democratici italiani



Lettera aperta ai democratici italiani



I kurdi chiedono alla Turchia l'Amnistia Generale, ma la situazione sociale
e politica sta precipitando nel baratro. I diritti umani sono sempre più
minacciati, i kurdi in Italia continuano a chiedere asilo politico,
arrivano e perdono le loro vite nei Tir. Vogliamo richiamare l'attenzione
di tutti sulla gravità della situazione che non soltanto riguarda
direttamente le cronache italiane degli ultimi giorni, ma anche quelle
della Turchia.

Infatti, il 14 giugno, Gulbahar Gunduz, una dirigente della sezione donne
della federazione del partito DEHAP di Istanbul è stata arrestata,
torturata e violentata da 4 poliziotti in borghese. Durante il fermo i
poliziotti la hanno minacciata dicendole "Perché voi donne siete alla testa
della campagna per l'amnistia generale? Pensate che in quanto donne noi non
vi molesteremo nelle strade? Che questo vi serva di lezione a tutte."
Sequestrata alle 9 di mattina di fronte alla sede di Istanbul del DEHAP
Gulbahar Gunduz è stata tenuta bendata e bastonata fino a farle perdere i
sensi. Si è trattato di un fatto veramente grave ed efferato. Lo si può
comprendere dalle parole che lei stessa ha pronunciato alla conferenza
stampa organizzata ieri dall'IHD (Associazione dei diritti umani) "quando
ho ripreso coscienza mi sono trovata in una stanza sotterranea caldissima.
Qui sono stata interrogata, sempre con gli occhi bendati, e qui sono stata
torturata. Mi hanno colpito con qualcosa di duro alla testa e mi hanno
strappato la pelle della schiena e di altre parti del corpo facendo uso di
un qualche altro oggetto metallico. Hanno spento le loro sigarette sul mio
viso e mi hanno violentata imponendomi una penetrazione orale. Dopo otto
ore mi hanno spinta in una macchina e mi hanno abbandonata sull'autostrada
vicino a Gaziosmanpasha."

Come anche è stato dichiarato dagli stessi aguzzini di Gulbahar Gunduz
l'attacco contro di lei è al tempo stesso un attacco contro tutte le donne
che si battono per la pace e la democrazia. La Turchia, sempre più vicina
all'Europa, per ciò che sta accadendo al suo interno dovrebbe suscitare un
forte interesse. Il fatto che vi sia una certa atmosfera di pace è da
attribuirsi in larga misura al coraggioso approccio adottato dai kurdi,
guidati dal KADEK (Congresso per la Libertà e la Democrazia in Kurdistan) e
dal suo presidente, Abdullah Ocalan. Questi, nonostante le ripetute
provocazioni, hanno compiuto sforzi per porre fine a un conflitto
sanguinoso che si era protratto per 15 anni. La Turchia non ha mai risposto
adeguatamente a tutti gli appelli per la pace proposti da parte kurda e dal
KADEK, né ha mai risposto in maniera appropriata alle proposte di pace che
sono state elaborate con attenzione.

La proposta di Legge sul Pentimento che le autorità turche vogliono imporre
viene intesa da parte kurda come una provocazione. Nonostante sia stata
presentata dai politici turchi come un gesto democratico, la Legge offre di
fatto ai guerriglieri kurdi una scelta orribile: o l'arrendersi
completamente o la morte e la prigionia. Di fatto essa è volta non a
portare la pace, ma ad alimentare le tensioni e a provocare la violenza.

La piena democratizzazione della società e una soluzione pacifica e
democratica della questione kurda in Turchia produrranno una forte
accelerazione dello sviluppo della pace e della libertà, non solo per i
popoli kurdo e turco, ma anche per tutti i popoli del Medio Oriente.

I kurdi chiedono un attivo appoggio alla campagna internazionale avviata
per l'amnistia generale in Turchia in opposizione alla Legge sul
Pentimento. Sollecitano l'opinione pubblica a scrivere alle autorità turche
sollevando il problema del bisogno di un riconoscimento della questione
kurda e di una sua soluzione; a recarsi in Turchia per intrattenere
discussioni con le organizzazioni per i diritti umani e gli ambienti
politici sulla risoluzione della questione kurda; a scrivere ai governi e
alle autorità turche esprimendo preoccupazione per le condizioni di
prigionia e d'isolamento di Ocalan.

La Turchia si trova al momento in una fase importante. Il paese è
influenzato dai significativi sviluppi in Medio Oriente a partire dalla
decomposizione dello status quo determinatosi dopo I e II Guerra Mondiale.
La Turchia, che in questa fase ha a sua disposizione un notevole potenziale
d'influenza, non è tuttavia riuscita a farla valere sufficientemente a
causa della sua paura di sganciarsi dalla politica praticata senza
soluzione di continuità negli ultimi ottant'anni.

Come sottolineano in una dichiarazione alla stampa i 37 sindaci del DEHAP,
"a Diyarbakir si tiene da tre anni un festival mediante il quale si
dimostra al mondo che culture e lingue differenti possono convivere in pace
e tolleranza. La società turca e lo stato turco dispongono, attraverso la
loro considerazione e autorità, di una capacità di guida nella regione.
Siamo convinti che una Turchia che abbia risolto la questione kurda possa
essere un paese guida in Medio Oriente. A tal fine si dovrebbe tuttavia
rinunciare a soluzioni palliative. Una soluzione efficace è possibile
soltanto allorquando la questione Kurda venga riconosciuta come una
questione strutturale per la Turchia e risolta complessivamente. Sia lo
stato, che la società di Turchia devono liberarsi dalla paura delle lotte e
del separatismo e dalla psicologia negativa a ciò collegata, intraprendendo
un nuovo cammino di ricostruzione sociale. A tal fine sono però necessari
passi coraggiosi. La popolazione di Diyarbakir e dell'intera regione si
adopera, lavorando insieme alle organizzazioni della società civile e ad
altre istituzioni, per una soluzione duratura. Proprio ora che un'amnistia
generale e le Leggi di adattamento per l'ingresso nell'Unione Europea
vengono discusse pubblicamente, lo stato e i suoi organi sono invitati a
valutare queste manifestazioni di volontà. Siamo fermamente convinti che
un'amnistia generale rappresenti la condizione più importante per il
conseguimento di una pace sociale. Con il rinnovato tentativo della Turchia
di emanare una Legge sul Pentimento, dopo che ciò in passato, già per ben
sei volte, si è dimostrato inadatto al conseguimento di una soluzione, si
perde soltanto del tempo e si compie un ulteriore doloroso passo indietro.
Siamo al contrario convinti che la Turchia non possa permettersi di perdere
nemmeno un singolo giorno". Gli stessi sindaci si sono anche resi
disponibili ad appoggiare ogni passo del Parlamento e del Governo volto a
una soluzione democratica. Il partito DEHAP ha fatto circolare, a tale
proposito una lettera aperta indirizzata al premier turco Erdogan, affinché
non cada nel vuoto l'iniziativa kurda.

Anche, il KNK (Congresso Nazionale Kurdo), rappresentativo delle realtà
politiche ed associative del Kurdistan nella sua interezza, ricorda che la
questione kurda è una delle questioni regionali che richiedono una urgente
risoluzione. "Di tutto il Medioriente, quali che siano le conseguenze della
guerra irachena, noi desideriamo portare l'attenzione sulla Turchia. La
Turchia ha la popolazione kurda più numerosa e ha intensificato i propri
sforzi per imporre una politica di negazione contro i kurdi a tutte le
altre potenze regionali. Noi crediamo che questo approccio stia minacciando
tutti gli sforzi volti a una ristrutturazione democratica della regione.
Conseguire una soluzione pacifica della questione kurda sarà un fattore di
rafforzamento per il nuovo processo di democratizzazione nel Medio Oriente.
L'insistenza della Turchia nella politica di diniego sospingerà la Turchia
indietro rispetto al mondo che cambia e avrà un impatto negativo sugli
sviluppi nell'area".     

Recentemente gli Stati Uniti hanno dichiarato che è necessario il disarmo
delle forze del KADEK (Congresso per la Libertà e la Democrazia del
Kurdistan). Questa dichiarazione reca ovviamente con sé un carico gravoso
di responsabilità, in quanto crediamo che una guerra continuerà a meno che
non vi sia per essa una soluzione pacifica. Se gli Stati Uniti puntano a
disarmare il KADEK, dovrebbero allora impegnarsi a risolvere politicamente
la questione kurda in Turchia. Facendo altrimenti, invece, concorrono a
legittimare gli attacchi dell'esercito turco, costringendoci attualmente a
cominciare di nuovo il conto delle vittime.

A seguito di queste discussioni pubbliche funzionari del governo turco
hanno iniziato a tracciare la bozza di una Legge sul Pentimento. Non è il
primo tentativo da parte delle autorità turche di fare appello affinché i
guerriglieri kurdi si arrendano sulla base di una Legge sul Pentimento. Dal
1985 i funzionari turchi hanno emanato 6 differenti Leggi sul Pentimento,
tutte senza successo.   

I recenti tentativi della Turchia di emanare una nuova Legge sul Pentimento
dimostrano chiaramente il suo persistere nella politica di diniego nei
confronti dei Kurdi. E alla luce del nuovo processo in atto in Medio
Oriente riteniamo tali tentativi una minaccia alla pace regionale.    

La Turchia dovrebbe far pace con i Kurdi; ma la Legge sul Pentimento è
considerata dai Kurdi, che hanno perso migliaia dei loro bambini e delle
loro case in 15 anni di guerra, come un insulto. Ai Kurdi che hanno
combattuto per conseguire i loro più fondamentali diritti non può essere
richiesto di pentirsi. Le parti in conflitto devono intraprendere passi
verso la pace attraverso il dialogo, che condurrà alla riconciliazione dei
popoli della Turchia e alla creazione di una società democratica ed
egualitaria.

Finché questi obiettivi non saranno ottenuti e i diritti dei kurdi
riconosciuti pienamente la situazione in cui il popolo kurdo continuerà a
vivere resterà preoccupante, continueremo a vedere impuniti gli aguzzini
turchi, da sempre legittimati nelle loro barbarie e i kurdi e le kurde,
sempre più disperate che digiuneranno e moriranno in esilio, senza
riconoscimento alcuno.



Roma, 20 giugno 2003

Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia