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L'Organizzazione degli Stati Americani caccia gli Usa dalla Commisione per i Diritti Umani
- Subject: L'Organizzazione degli Stati Americani caccia gli Usa dalla Commisione per i Diritti Umani
- From: "kowalski" <kowalski at informationguerrilla.org>
- Date: Mon, 16 Jun 2003 15:26:08 +0200
- Importance: Normal
di Roberto Di Nunzio http://www.nuovimondimedia.it 16 giugno La ventitreesima Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (“Oea”), conclusasi lo scorso 10 giugno a Santiago del Cile, ha sancito l’esclusione degli Usa da una delle Commissioni più importanti e più sensibili politicamente dell’organizzazione, la Commissione per i Diritti Umani (“Cidh”). La sessione che ha portato al clamoroso risultato è avvenuta durante l’ ultimo giorno di sessione, quando i rappresentanti degli stati membri erano impegnati nel rituale rinnovo delle cariche nei punti vitali dell’ organizzazione. 33 a 15 il risultato della votazione in seno alla “Cidh”, dove gli Stati Uniti d’America hanno invano tentato di far eleggere propri rappresentanti, ed in particolare Rafael Martinez, un cubano naturalizzato negli Usa, dirigente dell’associazione “Vivienda y Desarollo” (“ Urbanistica e Sviluppo”), molto vicina agli ambienti della “dissidenza” cubana di Miami e legata all’area più conservatrice del partito repubblicano. La sconfitta delle pressioni statunitensi segnano la prima occasione nella storia dell’”Oae” nella quale la Commissione per i Diritti Umani lavorerà (e deciderà) senza neppure un rappresentante nordamericano indicato dalla Casa Bianca. Ma gli Stati Uniti sono anche stati sconfitti nel tentativo di far rieleggere nella Commisione Giustizia della stessa “Cidh” il rappresentante del Guatemala, signora Maria Altoaguirre, presidente uscente della sub-commissione congiuntamente al giudice argentino Juan Méndez, due figure che hanno sempre goduto della massima fiducia del governo Usa. Per le future sessioni dei lavori della “Cidh” sono stati eletti i rappresentanti di trentatrè paesi, e tra questi giuristi indipendenti espressi dal Brasile, El Salvador, Paraguay e Venezuela. E’ possibile che la votazione in seno alla Commissione per i Diritti Umani della Organizzazione degli Stati Americani non rappresenti una svolta epocale sul tema dei diritti civili e della difesa dei minimi diritti umani delle popolazioni centro e sud americane, stremate dalle politiche liberiste imposte dalla World Bank e ricattate dalle imposizioni sul debito del Fondo Monetario Internazionale, ma certo la notizia è clamorosa e rappresenta una brezza, un alito di speranza per quei paesi e per quei popoli lì dove ancora dominano le oligarchie ed i potentati economici, abituati a eleggere e sostenere i regimi che hanno consentito, per la quasi interezza dello scorso secolo, la razzia e la gestione personale delle immense ricchezze naturali del continente americano. Scorrendo le decine di migliaia di pagine, consuntabili liberamente sui siti web dei servizi di sicurezza Usa e del Dipartimento di Stato, grazie al “Foia” (“Freedom ofinformation act”), che consentono di ricostruire le spaventose violazioni in tema di diritti umani e civili compiute da tutte le amministrazioni Usa dai primi del ’900 ad oggi, si può capire come davvero sia da considerarsi “storica” la votazione del 10 giugno a Santiago del Cile: per la prima volta gli Usa fuori dalla porta della Commissione che dovrà occuparsi proprio di quei diritti da sempre offesi, limitati o peggio negati. Certo, una sola votazione avvenuta appena 5 giorni fa, non può che essere considerata come simbolica, ma indicativa comunque di una tendenza del rifiuto della sistematica sudditanza politica economica e militare imposta ai paesi non allineati con i “desideria” della Casa Bianca. I governi di Venzuela ed Ecuador, il Brasile di Lula hanno riacceso una speranza nella possibilità di una via parlamentare e pacifica per invertire la politica di ricatto imposta fino ad oggi ad interi popoli colpevoli soltanto di credere e lottare affinché un mondo migliore fosse per loro possibile. Non si rimargineranno le ferite del Cile di Salvador Allende, non si asciugheranno le lacrime di Rigoberta Menchù, non si placherà la determinazione ad aver giustizia delle mamme di Plaza de Majo. L’ estromissione degli Usa dalla Commissione per i Diritti Umani non basterà da sola a sminare le acque del Nicaragua, infestate da ordigni posti dagli incursori della “Us Navy” per ostacolare i governi sandinisti, e che non consentono ancora una pesca sicura e al riparo da esplosioni nelle acque territoriali. Ci vorrà del tempo, molto tempo prima che si possa parlare di democrazia ad Haiti, nella Repubblica Dominicana, prima che gli abitanti della Guyana possano rientrare in possesso delle loro terre praticamente tutte espropriate dai programmi militari statunitensi per il lancio dei satelliti spia e perfino dall’Europa con il programma “Arianne”. “La strada è lunga, ma bisogna pur incominciare a percorrerla”, direbbe il Subcomandante Marcos rivolgendosi ai “campesinos” del Chapas. E forse una prima mano si è levata, per dire basta. Basta agli Usa, basta parlare e decidere di diritti umani proprio da parte di coloro che li hanno negati con la forza ed il sangue. “Harriba la cabeza”, sù la testa, così spronava Ernesto “Che” Guevara i propri guerriglieri quando notava momenti di scoramento o di stanchezza durante la lunga marcia che da Santiago li avrebbe portati all’Avana per cacciare la dittatura di Batista da Cuba. Su la testa dunque, incominciamo camminare, la strada è lunga. Che quel voto del 10 giugno diventi il primo, storico, passo.
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