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Re: R: Da Severino Saccardi sul tema Cecenia
- Subject: Re: R: Da Severino Saccardi sul tema Cecenia
- From: Marco Trotta <mrta at libero.it>
- Date: Mon, 9 Jun 2003 10:29:49 +0200
At 8:03 +0600 9-06-2003, Severino Saccardi wrote: >Gentile Marco Trotta, >non ho certo il compito di fare l'avvocato difensore di Adriano Sofri (gli >avvocati difensori gli sono serviti molto poco anche nella sua vicenda >personale, tanto è vero che continua a scontare, senza sottrarsi, la pena >per un reato di cui, soggettivamente, continuo a pensare che non sia >colpevole). A difendersi intellettualmente, per quel che gli compete, Sofri >(che meriterebbe, comunque, più rispetto, certo, anche per il modo in cui >non si è sottratto alle sue responsabilità, come invece oggi è di moda fra i >potenti in Italia) penserà da sé. Mi stupisco solo per il modo poco >veritiero con cui certe posizioni (che, comunque la si pensi, hanno diritto >di non essere stravolte) vengono rappresentate. Di recente sono stato ad >intervistare proprio Adriano Sofri nel carcere di Pisa (e la sua intervista, >insieme agli interventi di altri amici che la pensano diversamente da lui >comparirà sul prossimo numero di "Testimonianze", il n. 428); ebbene, >Adriano mi ha confermato che lui non era affatto a favore dell'intervento in >Iraq. Diceva semplicemente un'altra cosa: che non bisogna scordare che alla >base del consenso che hanno oggi i neoconservatori americani c'è il trauma >dell' 11 Settembre (che la sinistra europea sbaglia, in alcune sue >componenti, a relativizzare ) e che bisogna essere contro Bush, ma anche >contro le troppe dittature che ci sono in giro nel mondo. A quel che ne so, >è totalmente d'accordo che la democrazia non possa essere esportata con la >guerra, ma sottolinea anche che il tema della democrazia è oggi centrale >anche per porre su un giusto piano la questione dello sviluppo. A meno di >non voler cadere in una sorta di curioso eurocentrismo per cui la democrazia >è merce buona solo per i Paesi sviluppati, mentre per gli altri vanno bene >anche i loro simpatici e truculenti regimi autoritari. >Rinvio, comunque, alla lettura integrale dell'intervista a Sofri sul numero >di "Testimonianze": può essere utile. >Un dettaglio: se ben capisco, Adriano non era favorevole nemmeno a QUEL tipo >di intervento che si era realizzato in Kosovo. Diceva, da tempo, un'altra >cosa: che era una vergogna che l'Europa avesse permesso l'orrore di >Srebrenica e che qualcosa per fermare il mattatoio in ex-Jugoslavia si >dovesse fare. Aveva torto? >E in ogni caso, amici: discussione su Adriano Sofri a parte, per casi come >la Cecenia che si fa? A furia di distinguo, continuiamo a non occuparcene ed >a fornire così scioccamente ulteriori argomenti a chi vuol criticare >movimenti e cultura di pace? >E, soprattutto, continuiamo a consegnare popoli come quello ceceno alla >deriva fondamentalista per non aver avuto il coraggio, la forza e la >fantasia di stargli accanto democraticamente nella rivendicazione dei >diritti (universali, se non sbaglio) di libertà, autonomia, tutela della >propria identità? >Diceva una vecchia e cara canzone che "risposta non c'è". O, forse, >chissà... >Molti saluti. >Severino Saccardi Egr. Sig. Saccardi, 1) converrà con me che la vicenda giudiziaria di Sofri esula sostanzialmente dal merito della questione. D'altra parte, mi concederà, mi sono ben guardato dall'affrontarla all'interno di questo contesto. Ma giusto per essere chiari: trovo che troppo spesso si utilizzi la condizione carceraria di Adriano Sofri e al sua vicenda personale come una patente di legittimità alquanto abusata per riconoscere a Sofri il diritto di dire ciò che vuole, quando vuole e dove vuole. Mi sembra che nei fatti sia l'unica persona a cui viene concesso uguale diritto a pubblicare i suoi lunghi (e contorti) editoriali su Il Foglio come su Repubblica. Su Panorama come su L'Espresso e con notevole arbitrio e supponenza nel rappresentare le posizioni altrui, ora il movimento pacifista ora quello "no global", con notevole e ingiustificata distorsione. Chi gli conceda questa patente non lo so, o si potrebbe provare a immaginarlo, e non credo neanche che questo sia un tentativo di riconoscere una "figura rappresentativa in Italia a cui è stato fatto un torto" (parole di Antonio Socci in ana recente trasmissione) visto è altrettanto singolare che il primo che non ha mai voluto farne un caso politico sia stato lo stesso Sofri. Né, mi sembra, ci sia mai stata nessuna presa di posizione condivisibile, da un punto di vista nonviolento e di riconciliazione, sul tema dell'indulto per gli stessi reati di cui sono accusati anche altri. 2) L'etica del "bisogna far pur qualcosa" è una costante del Sofri pensiero che per il Kossovo ha ammonito di "non chiamarla guerra" e ha definito una sua personalissima teoria sinteitzzata da "mai più Aushwitz e mai più guerra" (in perfetta sintonia con l'ipocrisia politica di concetti come "intervento umanitario" o "effetti collaterali"). Una costante che, nella società reale (e non quella ad uso e consumo di linee editoriali come quelle del gruppo L'Espresso), ha già concepito il problema guerra come centrale nel superamento di tutto il sistema economico e sociale che oggi è in crisi e ben prima dell'11 Settembre. Una crisi profonda, che non cerca né ottiene risposte ideologiche, e che, proprio nella globalizzazione, sta mettendo in discussione gli stessi valori della millantata superiorità occidentale. Altrimenti non si spiegherebbe come onesti intellettuali liberali temano così tanto l'involuzione sul fronte dei diritti civili e delle libertà individuali, del principio di presunzione d'innocenza e di molto altro che rischia di essere spazzato via dalle responsabilità dei governi Bush, Aznar, Berlusconi, ecc (le sembra relativizzare?). Una responsabilità che, però, Adriano Sofri non vede e per questo, non senza nasconderci qualche millantato mal di pancia, preferisce riscattare nella domanda irricevibile e impudente "o con Bush o con Saddam Hussein?" (a me sembra, invece, che Sofri abbia sostenuto - e come! - il merito e il metodo dell'intervento in Iraq e ne sa qualcosa Gino Strada attaccato in maniera inaudita). Del resto, sig. Saccardi, è l'unico piano del discorso che potrebbe salvare la pretesa onestà intellettuale dei discorsi di Adriano Sofri dal doversi confrontare con l'unica verità delle guerre degli ultimi 10 anni che "pur con qualche sé", come molti altri, ha nei fatti sostenuto: la rottura della legalità internazionale, l'uso di armi e di strategie di guerra di "distruzione di massa" (queste sì, vere, non quelle che non trovano in Iraq ora: bombardamenti sulle industrie chimiche nei Balcani, su ponti, acquedotti, infrastrutture di comunicazione e televisioni, uranio impovertio, cluster bombs, ecc.). 3) Quanto alla Cecenia, le ho scritto, sarebbe bene inquadrare il contesto del conflitto nella serie di interessi economici che ruotano intorno a quell'area e alle riserve petrolifere (si legga queste analisi - http://www.stimmatini.it/missioni/ilmissio/00/cec05-00.htm - http://www.carta.org/rivista/settimanale/2003/19/sommario.htm). Mi sembra che Sofri se ne sia ben guardato. Ancora una volta per salvare quali interessi? Quali integralismi religiosi fomentati ad arte da un occidente che ha finanziato e armato diversi gruppi di "liberazione" in funzione geopolitica (lo ha saputo, vero, che Bin Laden aveva passaporto bosniaco)? Quali patti scellerati tra Nato e Russia, a pratica di mare l'anno scorso, per permettere agli uni e agli altri di poter avere mano libera per stabilire l'ordine più conveniente alle reciproche ragioni di stato? E infine: quale il prezzo per tutto questo che dovrà pagare l'intero pianeta? Io credo che esista un movimento ampio e socialmente diffuso che ormai ha maturato questa convinzione: è definitivamente tramontata l'idea che, negli attuali (dis)equilibri di potere politico, economico e militare sia ancora giustificabile qualunque guerra o intervento che pensi di esportare democrazia attraverso anfibi militari e democrazia di libero (e rapace) mercato. Sono scene (e scelte) che abbiamo già visto, che sono alla base delle attuali contraddizioni e problematiche di sicurezza mondiale e che non assicureranno alla popolazione cecena un futuro migliore. Io le ho rilanciato il messaggio: costruiamo un'Europa su basi totalmente diverse da quelle conosciute fino ad ora. Mai come oggi ci sono le condizioni ed il consenso sociale per farlo, per impedire che gli affari nel Caucaso siano ancora la merce di scambio per i diritti umani, per dar forza ad una cooperazione decentrata attraverso le rispettive società civili. E' quello che non vedono, né possono vedere, quegli editorialisti che continuano a sostenere guerre che altri andranno a combattere, di cui altri pagheranno il prezzo. Con buona "pace" di Adriano Sofri. MT.
- References:
- R: Da Severino Saccardi sul tema Cecenia
- From: "Enrico Peyretti" <peyretti at tiscalinet.it>
- Re: R: Da Severino Saccardi sul tema Cecenia
- From: Marco Trotta <mrta at libero.it>
- R: Da Severino Saccardi sul tema Cecenia
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