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Lettera
- Subject: Lettera
- From: disobbedientimolise <disobbedientimolise at libero.it>
- Date: Fri, 6 Jun 2003 10:49:57 +0200
Articolo-lettera aperta dal movimento delle e dei disobbedienti sulle mobilitazioni contro il G8 di Evian (esce su "liberazione" di sabato prossimo, visto che il quotidiano ha pubblicato in questi giorni pesanti accuse al movimento dei disobbedienti, firmate da Bernocchi e altri "leader" del social forum) Se c'è un dato che ci consegnano le recenti contestazioni del G8 ad Evian è quello di un movimento ancora forte e non certo pacificato. Un movimento che non ha accettato la logica del ritorno alla pura testimonianza, che non si è limitato a manifestare ma ha cercato di contrastare e bloccare i lavori del consiglio di guerra che si teneva all'interno di un'enorme zona rossa completamente militarizzata. Abbiamo incontrato nei giorni del G8 migliaia di giovani senza organizzazione, venuti spontaneamente a Ginevra, ad Annemasse e a Losanna carichi di una forte radicalità e disposti a ribellarsi contro i potenti della terra. Non erano solo interessati ai dibattiti sul futuro del mondo, ma anche attenti partecipanti ai workshop sulle forme dell'azione e desiderosi di confrontarsi sul problema concreto di come far fallire il summit. Questo spirito radicale e ribelle non è sfuggito all'occhio attento di alcuni "noti leader" e di quanti altri hanno accolto la proposta degli organizzatori francesi di costituire un servizio d'ordine utile a dissuadere pedagogicamente i giovani indisponibili a dismettere ogni tipo di azione durante le manifestazioni transfrontaliere del 1° giugno. Peccato, soprattutto perché a Genova non fu così. A Genova eravamo tutti – non è vero, compagni? - convinti e decisi ad invadere la zona rossa. Anche se con modalità diverse abbiamo condiviso allora un'esperienza di contestazione che non si limitava a manifestare ma interpretava il messaggio di Seattle e proseguiva nel solco della resistenza ai poteri globali. Da Genova ad Evian è passata tanta strada e sono in molti quelli che vorrebbero dimenticare Genova. Noi non siamo tra questi e vogliamo impedire che si scavi un solco tra i manifestanti pacifici e quelli disposti alla resistenza ed alla disobbedienza attiva. A Genova il movimento venne sorpreso da una dinamica genericamente definita "black" nella quale si nascosero gruppi che non volevano contestare il G8 ma colpire il movimento. Noi, quelli dello stadio Carlini e di via Tolemaide, risentimmo molto meno di quei problemi perché avevamo deciso di disobbedire ed eravamo pronti a farlo, ma restammo ugualmente impressionati da un meccanismo che non si era mai presentato in quelle forme. I nostri giudizi sono stati segnati da quell'esperienza. In questo contro-vertice abbiamo incontrato una realtà diversa, più matura, non contro ma dentro il movimento, con la voglia di ribellarsi ma anche di relazionarsi alle città. Bernocchi, forse troppo impegnato in interminabili riunioni nelle segrete stanze di presunte "direzioni del movimento", ha visto solo i casseurs (problema anzitutto sociale, che meriterebbe d'esser affrontato seriamente). Ma c'è stato molto altro per le strade di Losanna, di Ginevra e di Annemasse: ci sono stati i blocchi, le sanzioni dal basso, le barricate, le street parade. In una pluralità di forme che si sono rispettate ed hanno rispettato tutte e tutti i manifestanti, al di là delle fobie dei "quartier generali", pur marcando il limite rischioso della separatezza tra confronti "di programma" ed azione diretta. Ma, ancora, in una dimensione resistente e riconfermata di movimento globale, che è la base per superare quel limite; e che abbiamo cercato di vivere con umiltà – dato il ritardo generale dei movimenti italiani nel connettersi al percorso di quella protesta - e con entusiasmo, collocandoci ovunque ci sembrava si facesse qualcosa di realmente utile ad ostacolare il vertice dei potenti ed a comunicare questa determinazione alla popolazione ed al mondo. Altri invece stanno perdendo forse il gusto di essere movimento tra i movimenti, di contribuire ad un percorso costituente di un altro mondo possibile tra altri e diversi, di fare della propria "isola" di resistenza una barca per incontrare le altre e scoprirne di nuove, come scrivono gli zapatisti. Si scivola così in una dinamica asfittica di pura rappresentanza, la stessa che è in crisi nelle istituzioni politiche. E si finisce per invocare l'uso dei servizi d'ordine per colpire i "devianti". Dentro il movimento contro la guerra provammo a porre le stesse domande, magari maldestramente: ma l'interrogativo "come fermare la guerra?" venne completamente eluso da quanti già rivelavano indizi di questa deriva dei "gruppi dirigenti". Il fatto che l'opinione pubblica mondiale non fosse riuscita a fermare i governi della guerra venne considerato un dato scontato ed ineluttabile: con il risultato non solo di lasciare il movimento a corto di risposte immediate, ma anche di rendersi sordi alle domande su come sostenere la lotta contro una guerra davvero prolungata oltre la caduca vittoria dell'"Asse del bene" sull'Iraq. In questo modo si è considerato il "dopoguerra" uguale alla vigilia dell'attacco, in un'ottica che voleva il movimento ridotto a puro bacino di consenso. Così non è stato, come dimostra la rottura della sinistra blairiana coi movimenti, nel voto per la "ricostruzione" di Bush. E come dimostrano le proteste di Evian. Questo contro-G8 ci dice che i sogni sono duri a morire e che i ribelli sono tanti. Differenti e con molti problemi, certo: ma tutti irriducibili a qualsiasi lettura omologatrice, politicista e pedagogica. Anche e soprattutto quando a tentare d'imporla sono i "leader", che si definiscano o meno "antagonisti". Noi, piuttosto, proviamo a cogliere una domanda aperta ed irrisolta: come intrecciare ancora e di nuovo reti europee e globali che rendano questa pluralità produttiva e non sterile, queste resistenze un processo di trasformazione e non di testimonianza. Dal movimento delle e dei disobbedienti: Barbara Barbieri, Francesco Caruso, Luca Casarini, Anubi D'Avossa Lussurgiu, Gian Marco De Pieri, Alessandra Ferraro, Nicola Fratoianni, Guido Lutrario, Francesco Raparelli, Enrica Sarto,Marta Stefanelli
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