nuovo numero di "del mondo kurdo"



Del mondo kurdo n. 19

A cura dell'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia - Via Quintino
Sella 41, 00187 Roma

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             Sempre meno libertà per Ocalan
Kurdish Observer, 8 maggio 2003

            Sono state decise ulteriori limitazioni ai diritti e alle
libertà personali di Abdullah Ocalan, Presidente del KADEK, detenuto ad
Imrali. I suoi avvocati, Irfan Dundar, Mahmut Sakar, Aysel Tugluk e il
fratello Mehmet Ocalan hanno visto ridotto il tempo concesso loro per
visitare il Presidente del KADEK. Gli avvocati hanno potuto incontrarlo per
soli 45 minuti, il fratello per 15.



            Violano le loro stesse leggi
Kurdish Observer, 8 maggio 2003

            Il Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Diyarbakir, Sezgin
Tanrikulu, ha affermato che le restrizioni del tempo concesso per le visite
ad Ocalan è una violazione delle stesse leggi turche: "Se il regolamento
non è cambiato, se la durata degli incontri era di 45 minuti perché gli
permettevano di incontrarsi coi suoi avvocati per 1 ora? Se il tempo
concesso era 1 ora perché adesso è di soli 45 minuti. Bisognerebbe avere
delle risposte".

            Tanrikulu ha sottolineato che eventuali limitazioni sarebbero
state possibili solo nel caso gli avvocati avessero dovuto visitare anche
altri assistiti ma, dato che ad Imrali c'è solo Abdullah Ocalan, è chiara
l'illegalità della misura adottata.


            IHD: "Nessuno sviluppo positivo per i diritti umani in Turchia
nei primi 3 mesi del 2003" Flash Bulletin, 2/05/03

La IHD (Associazione Turca per i Diritti Umani), nel nuovo rapporto sulla
situazione dei diritti umani in Turchia per gli ultimi 3 mesi, ha affermato
che, nel periodo indicato, non ci sono stati sviluppi positivi: "Nel campo
della libertà di espressione  rileviamo che i pubblici ministeri e i
giudici non interpretano i codici nel senso di un allargamento della
libertà".

Le conclusioni della IHD sono provate dai dati contenuti nel Rapporto
Gennaio-Marzo 2003:

183 persone fatte oggetto di tortura; non sono state registrate condanne
nei confronti di torturatori; 1 televisione locale e 4 radio sono state
sospese per 180 giorni dal RTUK (Alto Consiglio per la Radio e la TV); 6
giornali e riviste censurati per 79 giorni, 9 giornalisti arrestati, 7
libri, 17 riviste, 7 giornali confiscati; 50 persone arrestate per reati di
pensiero in violazione degli articoli 159, 169 e 312 del CPT

Il rapporto della IHD, questa volta, ha prestato attenzione anche a
un'altra categoria, quella della violenza contro le donne e i bambini.
Dalla ricerca della IHD è stata evidenziata la necessità di una maggiore
tutela delle vittime di violenza in sede processuale.  Il primo documento
della IHD nel 2003 ha anche posto l'accento sulla guerra in Iraq,
denunciando i crimini umanitari commessi nel corso della guerra, le
irresponsabili uccisioni di decine di civili, i bombardamenti
indiscriminati ma, nello stesso tempo, rilevando anche la mobilitazione
pacifista del popolo turco che ha impedito al Parlamento di avallare
direttamente l'attacco anglo-americano. La conclusione è  stata invece
dedicata alla necessità, da parte del governo di Ankara, di rispettare i
diritti umani: "Noi richiamiamo il potere politico per la sua condotta
negli ultimi 3 mesi. Il rispetto dei diritti umani e delle libertà
necessita della massima determinazione. Chiediamo al governo di porre fine
al mercanteggiamento su questa materia".

             Attacco alla "Associazione per i diritti umani"
   Comunicato di IHD, 6 maggio 2003

Un magistrato della Corte per la Sicurezza dello Stato, accompagnato dalla
polizia, ha fatto irruzione negli uffici centrali e locali della IHD di
Ankara. Dopo 3 ore di ricerca sono stati confiscati dei documenti e diversi
hard disk. L'irruzione è stata giustificata con l'accusa rivolta alla IHD
di "Aiutare organizzazione terroristiche" tramite la diffusione di
comunicati stampa.  Ender Buyukcuhla, presidente della branca di Ankara
della IHD, ha affermato di non essere stato informato delle ragioni del
raid e di aver desunto che questo sia stato effettuato in base agli
articoli 169 e 312 del Codice penale turco e della Legge antiterrorismo
(che contemplano l'appoggio morale e materiale ai terroristi).  Il
portavoce della "Iniziativa per la Libertà di Espressione", Sanar
Yurdatapan, ha ricordato che questa pratica delle irruzioni ha avuto inizio
dopo un discorso dell'ex Ministro della Giustizia, Hikmet Sami Turk, a
tutti i magistrati nell'ambito del dibattito nato a seguito degli scioperi
della fame decisi dai prigionieri per protestare contro la riforma
carceraria.

 Due soldati turchi morti nel corso di scontri con guerriglieri kurdi
AFP, 27 aprile 2003

Due soldati turchi sono stati uccisi e altri due sono stati feriti nel
corso di combattenti ingaggiati con i guerriglieri kurdi delle Forze di
Difesa Popolare, dopo oltre 3 mesi di calma.  Gli scontri hanno avuto luogo
dopo che una camionetta dell'esercito turco è entrata in contatto con un
gruppo di guerriglieri nella zona di Bingol. Lo scontro è stato il primo
registrato dall'inizio dell'anno.

Il DEHAP accusato di collegamenti con i ribelli kurdi
AFP, 29 aprile 2003

            Il Procuratore Capo della Turchia ha accusato il DEHAP (Partito
Democratico del Popolo), il partito filo kurdo più importante del paese di
collegamenti coi ribelli, chiedendone la messa al bando. Il DEHAP già
rischia la messa al bando per essere stato accusato di aver falsificato dei
documenti nel corso delle elezioni generali dello scorso anno. La Corte
potrebbe ora decidere di incorporare i due procedimenti dopo che ne sia
stata dichiarata la legittimità.

            45 giorni per il DEHAP
KurdishMedia, 7 maggio 2003

            La Corte Costituzionale Turca ha concesso al DEHAP 45 giorni di
tempo per preparare la sua difesa. Il DEHAP è accusato di avere assunto un
ruolo centrale "per le attività rivolte contro lo Stato". Il Presidente
della Corte Costituzionale ha detto che la richiesta avanzata dal
Presidente del DEHAP, Abbasoglu, di una ulteriore proroga di altri 3 mesi,
è stata respinta.

            Il giudizio del Parlamento europeo sulla Costituzione kemalista
TDN, 29 aprile 2003

            La Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo si sta
preparando a concludere il suo studio su di un controverso Rapporto, che
sta attirando le ire turche, e che evidenzia l'incompatibilità della
Costituzione del 1982 con la forma democratica, diventando un ostacolo
all'adesione alla Unione Europea.
            Il rapporto, preparato dall'eurodeputato DC olandese, Arie
Oostland, evidenzia come: "il Kemalismo evidenzia una esagerata paura circa
le minacce all'integrità della nazione ed enfatizza una omogeneità
culturale turca (nazionalismo), insieme con uno statalismo, un ruolo
dell'esercito ed una rigida disciplina della libertà religiosa che formano
una barriera che si pone, di per sé, come un ostacolo all'adesione alla
UE". Il rapporto, emesso nel marzo 2003, è stato presentato il mese scorso
alla Commissione Affari Esteri, a quella Diritti Umani e a quella per le
Politiche di Sicurezza e Difesa (AFET).

            Il rapporto critica anche il sistema elettorale turco
ricordando come lo sbarramento del 10% "sacrifica la natura rappresentativa
del Parlamento nel quale sono rappresentati solo il 55% dei votanti".

            Altre questioni assai delicate sollevate dal Rapporto sono la
richiesta di togliere il bando posto sul partito kurdo HADEP, la richiesta
dell'ammissione del genocidio armeno e quella di fare un nuovo processo al
leader del KADEK, Abdullah Ocalan.

            Il rapporto non trascura la necessità di indicare una serie di
riforme democratiche interne necessarie alla Turchia come: l'abolizione del
Consiglio per la Sicurezza Nazionale (MGK), il ritiro dei militari da altri
organi di rappresentanza civile (istruzione, amministrazione,
comunicazione) e la necessità di un controllo parlamentare sul budget
dell'esercito.

            Un quotidiano di Siirt inizia la pubblicazione di alcune pagine
in kurdo           Ozgur Politika, 7 maggio 2003

            Il quotidiano Ozgur Siirt (Siirt Libera) ha iniziato, dallo
scorso 22 aprile, la pubblicazione di una sezione di 5 pagine in kurdo
(Serta Azad). La data del 22 aprile è di particolare importanza essendo
quella nella quale vide la luce la prima pubblicazione in kurdo nel 1898
(inizio della pubblicazione del quotidiano Kurdistan di Mihdat Bedirxan).

            L'editore del giornale, Mehmet Nas, dopo aver sottolineato
l'importanza di questo anniversario ha ricordato che il suo giornale ha
visto la luce il 27 novembre del 2002, con uno staff di 5 redattori e che
oggi vende 750 copie a settimana: "Il nostro giornale è nato con la volontà
di fare vero giornalismo. La stampa locale è sotto il controllo delle
autorità e di alcuni gruppi di pressione. L'opinione pubblica è, così,
privata del diritto di conoscere la verità. Noi cerchiamo di dare al
pubblico le notizie vere ponendo attenzione e mettendo in risalto le
diverse culture della regione. Sin dalla sua fondazione il nostro giornale
è rimasto fedele al dogma dell'imparzialità, del lavoro volontario,
basandosi sulla solidarietà e l'equità".

            Ramazan Oktay, uno dei redattore, dopo aver delineato le
difficoltà economiche del giornale ha posto l'accento sull'importanza
dell'iniziativa: "Vorremmo ampliare la diffusione del nostro quotidiano a
tutta la regione e destinare una pagina della sezione Serta Azad
all'istruzione in kurdo, dato che non esistono corsi di lingua kurda
promossi dallo Stato".

            Diritto all'uso del kurdo anche per i media privati
Kurdish Observer, 8 maggio 2003

            Artisti, rappresentanti di ONG e di partiti politici hanno
contestato ad Adana la limitazione al diritto di fare trasmissioni radio
televisive in kurdo su emittenti private. Tale diritto, per legge, è
infatti concesso solo alla TRT (Radio TV turca) ma, dato che la TRT, non le
esercita, non esistono trasmissioni in kurdo trasmesse da emittenti turche.

            Sehmus Kaya, Vice Presidente della Sezione di Adana della IHD
ha chiesto ai media privati di violare la normativa in vigore e di mostrare
la loro reazione: "Le persone che vivono in Turchia devono avere il diritto
di comunicare e di fare informazione nella loro lingua madre. Può non
essere legale ma è legittimo difendere tale diritto.



Stralci dell'appello urgente all'opinione pubblica nazionale ed
internazionale, divulgato dal Collegio difensivo di Abdullah Ocalan

Abdullah Ocalan è tenuto in una cella singola, nel Carcere di Imrali da 4
anni. La situazione cui è sottoposto contraddice i principi generali del
diritto in termini di uguaglianza, proibizione della discriminazione,
diritto all'accesso ad un avvocato e standard minimi concessi ai detenuti.
(Š)

Secondo un Decreto del Consiglio dei Ministri, datato 17 febbraio 1999,
l'isola di Imrali è stata dichiarata Zona Militare Ristretta. Abdullah
Ocalan è stato tenuto in una cella singola dal 15 febbraio 1999, sottoposto
all'autorità militare dell'isola di Imrali. (Š) Il comportamento tenuto
contro di lui fa parte della politica per la sicurezza del governo, che
esercita su di lui un'immensa pressione psicologica. E' sorvegliato giorno
e notte, costantemente, mediante una telecamera a circuito chiuso. (Š) Le
condizioni della sua detenzione violano il principio dei codici penali
internazionali che proibiscono la tortura e i trattamenti discriminatori.
Fatta esclusione per coloro che sono sottoposti a punizioni disciplinari,
Abdullah Ocalan è l'unico detenuto in Turchia che sia confinato
continuativamente in una cella singola. (Š) Secondo quanto previsto dalla
Legge Turca (sull'esecuzione delle sentenze penali) la prigione di Imrali
deve sottostare all'autorità e alla responsabilità del Ministero della
Giustizia. Questo potere del ministero, tuttavia, che comprende la
sicurezza e la comunicazione, è ora conferito al Centro di Gestione delle
Crisi, che fa parte del Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Le decisioni
del consiglio non possono essere contestate di fronte a un tribunale e non
vi è su di esse alcun controllo legale. Questo consiglio è istituito per
fronteggiare condizioni eccezionali. Da quando Abdullah Ocalan è stato
portato in Turchia, tutti i suoi diritti legali, compresi l'accesso ai
legali e quelli inerenti alla sua vita quotidiana, sono stati fissati dal
Centro di Crisi; tale situazione è accettata come ordinaria e legale. (Š)
Il diritto di comunicare di Abdullah Ocalan è violato nel modo seguente:
egli dovrebbe poter almeno in parte accedere a giornali e riviste. In base
al diritto interno turco i prigionieri possono ottenere ogni tipo di
pubblicazione che sia legale; tale regola non è però applicata nella
prigione di Imrali. (Š) Questo modo di procedere impedisce il diritto del
signor Ocalan di accedere a qualsiasi informazione. Allo stesso modo, egli
non può esercitare il diritto di avere libri e riviste legali. (Š) A Ocalan
è vietato guardare la televisione. Tutti i detenuti hanno questo diritto.
Egli può invece ascoltare un unico canale della radio. Gli è vietato di
avere conversazioni telefoniche con la sua famiglia; tutti i detenuti in
Turchia usufruiscono, tuttavia, di tale diritto da quando è stata emendata
la Legge Anti-Terrorismo. Questi cambiamenti della Legge Anti-Terrorismo
consentono anche ai detenuti di usufruire del diritto a incontrare i
familiari in colloqui riservati faccia a faccia (in occasione delle
festività religiose e ufficiali). Ma Ocalan non gode di tale diritto. La
sua famiglia ha presentato varie richieste al riguardo, ma i colloqui non
sono stati concessi.  Il 30 aprile 2003 un incontro con i familiari è stato
limitato a soli 15 minuti. Inoltre, della cerchia familiare soltanto i suoi
fratelli e sorelle possono fargli visita. Al nostro cliente è permesso solo
di ricevere un numero limitato delle lettere che gli vengono inviate; ma
non gli è consentito di rispondere alle lettere. Egli non può comunicare
per iscritto con i suoi legali. Né gli è consentito scrivere alcunché a
fini di pubblicazione. (Š) Le condizioni mentali che l'isolamento
prolungato può produrre in lui non vengono alleggerite da nessun attività
diversificata. Non vi sono attività culturali, sportive e sociali nelle
quali possa essere coinvolto.

Il diritto alla difesa di Abdullah Ocalan è stato efficacemente negato. (Š)
Benché sia chiara la complessità del procedimento intentato contro Ocalan,
il suo diritto ad incontrare i propri avvocati è stato tuttavia limitato,
senza che vi sia alcuna spiegazione legale. Gli avvocati devono ottenere un
permesso dal Centro di Gestione delle Crisi per poter visitare l'isola di
Imrali, che è stata dichiarata Zona Militare Proibita dal Consiglio per la
Sicurezza Nazionale. Inoltre gli avvocati non hanno alcun modo per opporsi
alle decisioni del Consiglio. (Š) Il principio giuridico che si abbiano
incontri confidenziali fra avvocato e cliente non trova attuazione. Il
diritto della difesa, che è tutelato da strumenti legali internazionali, è
inviolabile. Gli incontri tra noi avvocati e Ocalan sono, tuttavia,
sorvegliati dalle forze di sicurezza con metodi speciali. La violazione del
diritto a tenere incontri confidenziali contraddice la necessità di
beneficiare di consigli professionali, e cosiì si rende il tutto privo di
senso.

Le autorità penitenziarie controllano tutti gli appunti scritti dagli
avvocati e ne fanno una copia. Generalmente non restituiscono gli appunti.
Occasionalmente concedono di riavere alcune delle pagine, scelte a caso.
Non si sa mai esattamente quali pagine verranno restituite e quali non lo
saranno. Ciò dipende dal capriccio delle autorità.

Il CPT ha visitato la prigione di Imrali 3 volte. Dopo due visite ha reso
note le proprie relazioni, facendo notare che le attuali condizioni
potessero avere effetti negativi su Abdullah Ocalan. Era necessario
garantire i suoi bisogni primari, come l'accesso alla televisione e ai
libri. Sottolineando ancora la necessità che Ocalan incontri la propria
famiglia. (Š) Raccomandando di rimuovere quelle condizioni non congeniali
che potrebbero danneggiare la sua salute mentale.  (Š)

Come abbiamo indicato, le autorità agiscono in maniera parziale ed
illegittima nei confronti di Abdullah Ocalan. Un altro punto importante è
che tutti i suoi diritti in quanto detenuto  sono minati dal governo.

Quel che emerge da questa serie vergognosa di omissioni amministrative,
privazioni e discriminazioni è che il governo e lo stato turco sono
determinati ad impedire che Abdullah Ocalan contribuisca a creare le
condizioni per una soluzione pacifica, democratica e negoziata della
questione nazionale kurda. La maggioranza della popolazione kurda in
Turchia sostiene Ocalan e crede nelle sue idee. Il trattamento di Ocalan è
inseparabile dai problemi posti dalla democratizzazione della Turchia e
rilevante a tal fine.

Il segretario generale del Consiglio per la Sicurezza Nazionale turco,
Tuncer Kiliç, parlando a Bruxelles, ha detto: "se volessimo, potremmo
impiccarlo immediatamente. Anch'egli lo vuole. Vuol morire subito. Lo
uccidiamo ogni giorno, lasciandolo sopravvivere. Stiamo prendendoci la
rivincita per i nostri martiri. Inoltre, egli non sta vivendo come un re in
prigione.  Vive in condizioni pessime. Si trova in un stato miserabile".
Questo discorso spiega chiaramente la linea politica statale nei confronti
di Abdullah Ocalan. (Š) Qui il general maggiore Kiliç ci dice che Ocalan
viene lasciato morire lentamente in prigione. Un'opinione di questo tipo ci
indica i pericolosi maltrattamenti cui Abdullah Ocalan è sottoposto.

Le nostre richieste: porre immediatamente fine al regime di isolamento in
cui Ocalan è tenuto e i diritti minimi standard riconosciuti ai detenuti
dalle Nazioni Unite devono essergli applicati incondizionatamente;
trasferire vicino al sig. Ocalan altri detenuti o viceversa; le limitazioni
di durata e di giorni disponibili per le visite sono illegali, come lo sono
le difficoltà che i suoi legali incontrano durante le loro trasferte ad
Imrali; i tempi ristretti per incontrare i suoi familiari devono essere
rimossi, potendo godere degli stessi diritti degli altri prigionieri, quali
la comunicazione e le visite dei familiari; le pratiche illegali
riguardanti la comunicazione con l'esterno devono essere rimosse,
concedendogli libri, quotidiani e riviste; gli si dovrebbe permettere di
guardare la televisione e dovrebbe essere in grado di tenere liberamente
corrispondenza, potendo ricevere lettere e rispondere ad esse; dovrebbe
essere libero di prendere parte ad attività sportive, culturali e sociali;
porre fine immediatamente alle condizioni di illegalità vigenti ad Imrali e
sostituirle con gli standard approvati in ambito internazionale. Alle
condizioni speciali illegali di carcerazione di Abdullah Ocalan deve porsi
fine.

Asrin Hukuk Burosu (Studio Legale ASRIN) - Istanbul, 10 maggio 2003



Attualmente in Turchia si fa forte il dibattito su un'eventuale legge di
perdono/pentimento, in risposta a quella richiesta che fa la parte kurda di
un'amnistia generale per i prigionieri politici, le forze guerrigliere del
KADEK e i militanti delle organizzazioni del movimento kurdo, come
strumento che possa contribuire all'auspicata pace sociale e all'unione
democratica dei popoli del Kurdistan e del Medioriente. A questo proposito
riportiamo un lungo estratto del colloquio che gli avvocati hanno avuto con
il Presidente Ocalan divulgato dall'agenzia stampa MHA/Francoforte, 18
maggio 2003.

     Il Presidente del KADEK Abdullah Ocalan ha rilasciato una
dichiarazione importante a riguardo della "Legge di perdono" e sull'unione
democratica. Ocalan ha sottolineato che una nuova legge che permetta a
tutte le forze di partecipare alla vita democratica sarebbe necessaria. "E'
necessario che passi una legge per la pace e la partecipazione democratica.
Vorrei che la legge passasse in questo modo. Le forze guerrigliere, che
effettivamente si sono preparate alla guerra,  parteciperanno alla pace e
alla democrazia. Il DEHAP dovrebbe mettersi in contatto con l'AKP su tale
questione e incontrare anche i rappresentanti del CHP. Il disarmo dei
guerriglieri può essere gestito soltanto attraverso una pace giusta e la
loro libera partecipazione alla vita politica e democratica" ha detto il
presidente.

Ocalan ha continuato con parole ad effetto "quello che è importante è
gestire a contaminare il disarmo con una democrazia vera e propria. Se si
ritarderà tale legge, potrebbero esserci conflitti. Se gli USA sforzeranno
le Forze di Difesa del Popolo potrebbero ritornare al nord. Non è giusto
che l'Ambasciata statunitense faccia una falsa distinzione e dica che il
KADEK è una cosa e la questione kurda un'altra. Gli USA sanno bene la
stretta relazione che c'è  tra il KADEK e la questione kurda. Il nostro
interlocutore principale sulla questione è la Turchia.  Se gli Usa devono
giocare un ruolo è quello di contribuire a risolverla. Invece di portare la
Turchia a cadere di nuovo nella spirale della guerra spingendo le nostre
forze alla legittima difesa. In risposta al mio rapimento da parte Usa, ed
alla collaborazione effettiva fornita da loro nella lotta contro di noi,
abbiamo dichiarato il cessate il fuoco. Non è nostro problema ingaggiare
una guerra contro gli USA. Ma se ci spingono fino all'esasperazione le
forze passeranno le montagne. I soldati americani non possono scalare
queste montagne. Non è la giusta politica quella di porre il KADEK e la
Turchia a scontrarsi l'un l'altra. Dire che i kurdi sono una cosa e il
KADEK un'altra significa non guardare in faccia alla realtà. Tutti sanno
che noi rappresentiamo il popolo kurdo.  Stiamo lottando per la democrazia.
(Š) Se non commetteranno ingiustizie e sinceramente vogliono l'unità fra
kurdi e turchi, un tale approccio avrebbe effetti sulla democratizzazione
di tutti i paesi della regione. Non dovrebbero confonderci con le
organizzazioni terroriste. Non abbiamo mai inteso il separatismo come un
metodo principale. Il nostro motto è l'unione democratica, che è nostro
principio. Ma se dicono che non gli importa di nulla e "li colpiremo" i
nostri sanno come difendersi.

Il Presidente ha anche avuto da dire questo: "l'unità democratica è per il
bene di entrambi sia kurdi che turchi. Credo che qualsiasi soluzione
distante dalla unità democratica e dalla fratellanza nella regione porterà
sofferenze e massacri. Tutte le mie lotte sono state per evitare tali
conseguenze.  Se la Turchia non cambia questa sua mentalità di negazione,
arrivando ad una soluzione democratica dei problemi, migliaia di
guerriglieri entreranno in Turchia e comincerà un nuovo periodo di guerra.
Una certa quantità di forze e di stati diventeranno parte di ciò. La
Turchia deve rendersene conto. Non ci arrenderemo e combatteremo con altri
mezzi.

Il presidente del KADEK ha aggiunto quanto segue: "non può esserci vita
senza libertà"  al suo messaggio "il mio principio è o una vita libera o la
morte". Ocalan ha sottolineato che "se impongono il disarmo godremo del
diritto alla legittima difesa. Le nostre forze sono la garanzia di
democrazia e libertà. La loro ragione d'essere è solo questa. Non sono
forze d'attacco, ma di difesa. La loro entrata in Turchia può significare
solo un tentativo di condurre ad una nuova pace e democrazia. Lo scopo non
è quello di separare la Turchia. Che gli piaccia o no le forze potranno
estendersi dal Dersim al Serhat, fino al Tauro. Se le forze armate
americane le attaccheranno, con tutta la loro potenza e vantaggio
tecnologico, incontreranno la resistenza di quelle forze che formeranno il
Fronte democratico dell'Iraq. Tutti sanno quanto ho combattuto per la
libertà del Kurdistan. Non abbandonerò la mia battaglia". Ocalan ha anche
continuato dicendo che la democrazia sarà portata dai popoli del
Medioriente e l'alleanza turco-kurda, non con la forza dell'alleanza
anglo-americana. "Loro vogliono realizzare un Medioriente che si adegui ai
propri interessi. Neanche gli arabi potranno portare la democrazia, stanno
aspettando una guerra contro gli israeliani. Può portarla l'Iran? No,
perché non ha la mentalità adatta. In Turchia c'è una tendenza verso la
democrazia. Lo stesso è per il Kurdistan. Ho voluto cercare di accrescerla
con il PKK, ma non ho avuto un successo completo. Per questo continuo a
dire: sviluppo e coordinazione per una società democratica".



Concludiamo questo numero proponendovi due appelli che stanno circolando
fra l'associazionismo italiano di solidarietà con il popolo kurdo, entrambi
di profonda attualità perché si riferiscono uno alla riapertura del
processo di Leyla Zana e alla sua liberazione, l'altro al post-conflitto
nel Kurdistan iracheno dove da anni il campo di Mahmura è abbandonato al
proprio destino.

Vi informiamo che a Roma dal 7 maggio, poi ogni venerdì del mese di giugno,
dalle ore 17.30 alle ore 19.30 a Largo Argentina si terrà un banchetto
informativo nel quadro di una campagna europea per "La proposta kurda di
amnistia generale e pace sociale", nell'ambito della quale il 5 giugno
(16.30-17.30) davanti all'Ambasciata turca, il 12 giugno (16.30-17.30)
davanti all'Ambasciata USA, il 19 giugno davanti al Parlamento italiano
(16.30-17.30), il 26 in Piazza Sant'Apostoli (16.30-17.30) e il 3 luglio
davanti UN in Piazzetta San Marco (16.30-17.30) si intende presidiare e
consegnare un'informativa sulla proposta kurda. L'iniziativa si protrarrà
anche nel resto d'Italia con modalità ancora da definirsi.

Infine, vi annunciamo che il 20 giugno verrà inaugurata a Dogubeyazit la
"Casa delle donne e dei bambini" che rappresenta per noi il primo esempio
di cooperazione decentrata con le zone kurde in Turchia, per il quale il
CISCASE si è fortemente battuto negli ultimi tre anni ed alla quale una
delegazione italiana presenzierà.





APPELLO PER LA LIBERTA' DI LEYLA ZANA, PRIGIONIERA DI PACE.

     L'appello è stato inviato dalle tre organizzazioni che lo promuovono
all'ambasciata turca italiana e sarà di nuovo trasmesso con le firme di chi
vorrà sottoscriverlo inviando una mail a:
libertaperleylazana at donneinnero.org  specificando nome, cognome e eventuale
riferimento d'organizzazione.



Testo appello

[Š] non é sufficiente poter dire che ci sono giudici giusti, si deve poter
dire che esiste in Turchia la democrazia e la giustizia. [Š] Noi vogliamo
in primo luogo la fraternità dei kurdi e dei turchi [Š]. Se la Turchia
diventa un paese democratico, sarà il centro di democrazia in Medio Oriente
[Š].  La bellezza dell'arcobaleno è che arriva dopo la pioggia ed è ricco
di differenti colori. Noi possiamo danzare sotto l'arcobaleno. I Diritti
Umani sono la possibilità di danzare tutti insieme con molti colori. (dal
discorso di Leyla Zana pronunciato il 28 marzo 2003 ad Ankara alla
riapertura del suo processo).

LA CORTE SUPREMA EUROPEA PER I DIRITTI UMANI (CEDU), IN DATA 17 LUGLIO 2001
HA IMPOSTO ALLA TURCHIA DI RIPETERE IL PROCESSO A Leyla Zana, UNICA DONNA
CURDA ELETTA DEPUTATA NEL 1991, INSIEME A Hatip Dicle, Orhan Dogan, E Selim
Sadak, DEPUTATI CURDI DEL DISCIOLTO PARTITO DEMOCRATICO DEP;  TUTTI E
QUATTRO CONDANNATI NEL 1994 DAL TRIBUNALE DI SICUREZZA DELLO STATO DI
ANKARA, A 15 ANNI DI PRIGIONE DOPO UN PROCESSO INIQUO.

TALE PROCESSO E' STATO COSTRUITO SU ACCUSE RELATIVE A CONTATTI E
FREQUENTAZIONI CON UNA PARTE DI ELETTORATO COLLEGATO CON IL PARTITO CURDO
DEI LAVORATORI (PKK); RELAZIONI PERALTRO INEVITABILMENTE CONNATURATE
ALL'ATTIVITA' POLITICA DI PARLAMENTARI ELETTI ANCHE IN RAPPRESENTANZA DELLA
MINORANZA KURDA IN TURCHIA.

IL 28 MARZO 2003 SI E' AVVIATO AD ANKARA, COSI' COME IMPOSTO DALLA CORTE
SUPREMA EUROPEA, IL SECONDO PROCESSO AI QUATTRO PRIGIONIERI DI COSCIENZA.

PARLAMENTARI EUROPEI/E E ITALIANI/E E NUMEROSE DELEGAZIONI INTERNAZIONALI
HANNO ASSISTITO ALLA PRIMA E ALLE SUCCESSIVE UDIENZE ( 25 APRILE, PROSSIMA
FISSATA 23 MAGGIO).

E' IMPORTANTE CHE L'OPINIONE PUBBLICA VIGILI AFFINCHE' SI SVOLGA FINALMENTE
UN PROCESSO EQUO NELLA MASSIMA TRASPARENZA E NEL RISPETTO DEI CRITERI DI
IMPARZIALITA' RICHIESTI DALLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI
DIRITTI UMANI ALLA QUALE LA TURCHIA HA ADERITO E AL CUI RISPETTO E'
VINCOLATA.

PER QUESTE RAGIONI CREDIAMO NELL'ASSOLUZIONE E LIBERAZIONE DI LEYLA ZANA,
PRIGIONIERA DI PACE, E DEGLI ALTRI TRE COIMPUTATI.

DONNE IN NERO, WILPF, UN PONTE PER

Roma, 4 maggio 2003





Non abbandoniamo i profughi del campo di Mahmura

Il campo di Mahmura si trova nel nord dell'Iraq e conta circa 10.000
profughi kurdi, di cui più della metà sono bambini. Si tratta di kurdi di
Turchia fuggiti dai villaggi del Botan (una provincia turca ai confini con
l'Iraq) tra il 1993 e il 1995, negli anni in cui più feroce è stata la
campagna militare di pulizia etnica condotta dall'esercito turco contro il
popolo kurdo. Nel giro di 10 anni, i profughi hanno dovuto cambiare dimora
7 volte, per stabilirsi infine nella zona semidesertica fra Mossul, Rebil e
Kirkuk, nell'Iraq settentrionale.

Tra mille ostacoli i profughi hanno creato scuole ed istituzioni collettive
di autogoverno che hanno fatto del campo un'esperienza di democrazia unica
in tutto il Medio Oriente. Fino all'intervento statunitense, l'Onu era
presente nel campo con le sue bandiere ed una piccola struttura sanitaria.
Con la terza guerra del Golfo, l'ONU ha abbandonato il campo di Mahmura. I
profughi del campo non sono stati tra i sostenitori della guerra e per
questa ragione, a tutt'oggi, sono esclusi da ogni progetto umanitario che
gli eserciti vincitori e i loro alleati hanno avviato in Iraq.

10.000 persone sono state abbandonate, con pochissime riserve di cibo!
Occorre mobilitare la solidarietà internazionale perché Mahmura possa
vivere. L'associazione AZAD promuove una campagna nazionale di solidarietà
con i profughi di Mahmura con l'obiettivo di: far riconoscere ai 10.000
abitanti del campo lo status di profughi e il ritorno della protezione
dell'ONU; affrontare l'emergenza alimentare e sanitaria; avviare interventi
strutturali per garantire i bisogni fondamentali: acqua pulita, scuola ,
salute, ecc.

    Chiediamo ai singoli cittadini e agli Enti locali; alle associazioni di
solidarietà; ai partiti politici e ai sindacati di aderire alla campagna di
solidarietà con Mahmura. Chiediamo di costituire in ogni Provincia comitati
di Solidarietà con Mahmura. Chiediamo di far conoscere ovunque la realtà
del campo profughi.