Le intelligence angloamericana e russa sanno solo contare i morti



COMUNICATO Stampa
Le intelligence angloamericana e russa sanno solo contare i morti
	LO STESSO TIPO DI FALLIMENTO ACCOMUNA RIAD, LE TORRI GEMELLE, LA
CECENIA
	Maurizio Calvi, Presidente del Centro Alti Studi per la lotta al
terrorismo e alla violenza politica, afferma che una corretta analisi di
scenario, una puntuale valutazione dei rischi, una veritiera previsione dei
possibili eventi, in relazione ai quali viene anche lanciato un generico
preventivo allarme, non configurano da sole un successo di intelligence, che
è tale nel momento in cui questi approcci preliminari sono la premessa per
riuscire a determinare anche quando, chi e in quale preciso luogo ha
intenzione di compiere un atto di terrorismo, in modo da prevenirlo e
impedirgli di compierlo.
	«Non può essere affatto al riguardo considerato un successo
dell'intelligence, ma al contrario è un suo nuovo clamoroso fallimento della
portata di quello dell'11 settembre 2001, - puntualizza il senatore Maurizio
Calvi - il trovarsi a piangere decine di morti, in uno scenario, pur
correttamente delineato e tempestivamente, ma solo genericamente,
annunziato, dopo un grave attentato, quale quello di Riad, dove
l'intelligence non è stata in grado di impedire, con appropriata ed efficace
azione, i paventati e - ripeto - solo genericamente annunziati eventi».
	«I recenti gravi atti terroristici in Arabia Saudita e in Cecenia,
sono un nuovo smacco per i servizi angloamericani e russi, - prosegue il
Presidente del CeAS - che devono portare l'intelligence internazionale, in
particolare quella angloamericana e russa, ad una profonda analisi critica
sul modo di essere, di operare, di svolgere azione di reale ed efficace
contrasto al terrorismo».
	«Dire oggi che l'intelligence lo aveva paventato, mettendo in
guardia contro possibili atti di terrorismo stragista, - conclude Maurizio
Calvi - è un modo di eludere il problema, quasi a scusarla dell'incapacità
di prevenire e di impedire, in definitiva ammettendone la pratica impotenza.
L'esistenza delle strutture d'intelligence è motivata da una reale esigenza
di sicurezza, che si esaurisce neutralizzando le potenziali minacce, non
descrivendo con precisione gli scenari in cui esse si manifestano e
potrebbero materializzarsi. Ancora una volta sembra essere carente il
fattore umano, spesso trascurato e sottovalutato, laddove invece esso
costituisce la componente decisiva in ogni azione di contrasto e di
prevenzione».

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				Roma 15 maggio 2003

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