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Robert Fisk su "The independent"
- Subject: Robert Fisk su "The independent"
- From: "diego.mail" <diegooroma at libero.it>
- Date: Tue, 8 Apr 2003 15:10:42 +0200
26 Marzo 2003 Robert Fisk (The Independent) SHA'AB (SOBBORGO DI BAGHDAD) È stata un'atrocità, un'oscenità. La mano recisa dal metallo della portiera, la pozza di sangue e fango per la strada, i pezzi di cervello nel garage, i resti bruciati e ridotti all'osso di una madre irachena e dei suoi tre figlioletti nell'auto ancora in fiamme. Due missili di un jet americano li hanno uccisi tutti - oltre 20 civili iracheni, fatti a pezzi prima di poter essere "liberati" dalla nazione che ha distrutto le loro vite. Chi osa, mi chiedo, definirli "danni collaterali"? Via Abu Taleb era piena di pedoni e di automobilisti quando ieri mattina il pilota americano si è avvicinato fendendo la fitta tempesta di sabbia che avvolgeva la parte nord di Baghdad come un mantello di sabbia rossa e gialla e di pioggia. È un quartiere sporco e povero - abitato per lo più da musulmani sciiti, gli stessi che secondo le speranze di Bush e Blair dovrebbero sollevarsi contro Saddam - un quartiere di officine sporche di petrolio, di appartamenti sovraffollati e di poveri caffé. Tutti quelli con cui ho parlato hanno sentito l'aereo. Un uomo, sotto shock per aver visto quei cadaveri con il capo mozzato, riusciva a dire solo due parole: "Rombo, lampo" continuava a ripetere e poi serrava gli occhi con tale forza che i muscoli formavano delle rughe intorno agli occhi. Come riferire un evento così terribile? Forse un bollettino sanitario sarebbe più appropriato. Ma il conto definitivo delle vittime dovrebbe avvicinarsi a 30 e gli iracheni assistono ormai quotidianamente a queste orribili tragedie; non c'è quindi ragione per cui non si debba dire la verità - tutta la verità - su quello che vedono. Perché ieri mentre mi aggiravo sul luogo di questo massacro un'altra domanda si é fatta strada nella mia mente. Se questo è quello che vediamo a Baghdad, che sta succedendo a Bassora e a Nassariya e a Karbala? Quanti civili stanno morendo anche lì, anonimamente, nel silenzio di tutti, perché non ci sono giornalisti a registrare le loro sofferenze? Abu Hassan e Malek Hammoud stavano preparando il pranzo per i clienti del ristorante Nasser nella parte nord di via Abu Taleb. Il missile che li ha uccisi ha colpito la corsia diretta a ovest, l'esplosione ha spazzato via la facciata della trattoria e ha fatto a pezzi i due uomini - 48 anni il primo, appena 18 il secondo. Uno dei loro compagni di lavoro mi ha guidato tra le macerie. "Questo è tutto quanto rimane di loro", ha detto allungando verso di me una padella che gocciolava sangue. Per lo meno 15 auto hanno preso fuoco provocando la morte di molti dei passeggeri. Diversi uomini cercavano disperatamente di aprire le portiere di un'altra auto avvolta dalle fiamme al centro della strada che era stata fatta cappottare dallo stesso missile. Erano costretti ad assistere inermi mentre la donna e i tre figlioletti venivano cremati vivi sotto i loro occhi. Il secondo missile ha colpito la corsia diretta ad est scagliando frammenti di metallo contro tre uomini che stavano in piedi dinanzi ad un caseggiato sul cui muro esterno figura la scritta in marmo "appartiene a Dio". Il responsabile del palazzo, Hishem Danoon, è corso al portone non appena ha sentito la tremenda esplosione. "Ho trovato Ta'ar a pezzi proprio lì, mi ha detto. La testa era staccata dal corpo. "Questa è la sua mano". Un gruppo di giovani e una donna mi hanno condotto in strada e lì - una scena degna di un film dell'orrore - ho visto la mano di Ta'ar recisa all'altezza del polso, le quattro dita e il pollice che stringevano un pezzo di ferro. Il suo giovane collega Sermed è morto nel medesimo istante. Il suo cervello sparso in terra a più o meno un metro di distanza, un ammasso rosso grigiastro dietro un'auto bruciata. Entrambi lavoravano per Danoon. E lavorava per Danoon anche il portiere dell'edificio vittima anch'egli dell'esplosione. Mentre i superstiti parlavano, ogni morto riacquistava la sua identità. C'era il proprietario del negozio di materiale elettrico ucciso dietro il suo bancone dallo stesso missile che ha fatto a pezzi Ta'ar e Sermed e il portiere e la giovane ragazza che si apprestava ad attraversare la strada e il camionista che si trovava a pochi centimetri dal punto di impatto e il mendicante che ogni giorno andava a chiedere un pezzo di pane a Danoon e che se ne stava andando proprio quando il missile è sbucato tra la tempesta di sabbia e si è portato via la sua vita. In Qatar le forze anglo-americane - lasciamo perdere la sciocchezza della coalizione - hanno annunciato una inchiesta. Il governo iracheno, il solo a trarre qualche vantaggio dal valore propagandistico di questo bagno di sangue, naturalmente ha denunciato il massacro parlando sulle prime di 14 morti. Quale era allora il vero bersaglio? Alcuni iracheni hanno detto che a meno di un miglio dalla strada c'era un campo militare sebbene io non sia riuscito a trovarlo. Altri hanno parlato di una caserma dei vigili del fuoco, ma non vedo come i vigili del fuoco si possano considerare un obiettivo militare. Certamente meno di un'ora prima c'era stato un attacco contro un campo militare più a nord. Stavo passando in auto davanti alla base quando due razzi sono esplosi e ho visto i soldati iracheni uscire di corsa dal cancello e scappare lungo l'autostrada nel tentativo di mettersi in salvo. Poi ho sentito altre due esplosioni - erano i missili che hanno colpito via Abu Taleb. Naturalmente il pilota che ieri ha ucciso degli innocenti non ha visto le sue vittime. I piloti lanciano i missili seguendo le coordinate fornite dal computer e ieri la tempesta di sabbia nascondeva la strada alla sua vista. Ma quando un amico di Malek Hammoud mi ha chiesto come potevano gli americani uccidere così alla leggera proprio quelli che dicevano di voler liberare, non voleva essere ragguagliato sulla scienza dell'elettronica aeronautica o sui sistemi di lancio. E perché mai dopo tutto? Cose del genere accadono a Baghdad quasi tutti i giorni. Tre giorni fa una intera famiglia di nove persone è stata spazzata via nella propria abitazione nei pressi del centro della città. Due giorni fa un autobus è stato colpito su una strada a sud di Baghdad e i passeggeri, tutti civili, sono morti. Appena ieri gli iracheni hanno accertato l'identità dei cinque passeggeri civili massacrati su un autobus siriano attaccato durante il fine settimana da un aereo americano vicino al confine iracheno. La verità è che ora a Baghdad non ci sono posti sicuri e che quando americani e inglesi avranno completato l'accerchiamento della città nei prossimi giorni o nelle prossime ore, questo semplice messaggio diventerà ancora più reale a sanguinoso. Possiamo indossare il cilicio della moralità nello spiegare perché queste persone debbano morire. Muoiono a causa dell'11 settembre, possiamo dire, muoiono a causa delle armi di distruzione di massa di Saddam, muoiono per il mancato rispetto dei diritti umani, muoiono per il nostro disperato desiderio di "liberarli". Vediamo di non confondere la questione con il petrolio. Comunque sia, sono pronto a scommettere che ci diranno che il vero responsabile della loro morte è Saddam. Non faremo il nome del pilota, naturalmente. © The Independent Traduzione di Carlo Antonio Biscotto 26 Marzo 2003 Tempo di guerra, tempo di bugie di Robert Fisk Finora le forze armate angloamericane hanno servito la propaganda agli iracheni su un piatto d'argento. Anzitutto sabato ci è stato detto - grazie alla cortesia della Bbc - che Umm Qasr, la minuscola cittadina portuale irachena sul Golfo, era "caduta". Perché per la Bbc le città debbono "cadere" resta per me un mistero; l'espressione viene dal Medioevo quando le mura della città crollavano sotto l'assedio. Poi ci è stato detto - ancora una volta dalla BBC - che Nassariyah era stata catturata. Poi il suo corrispondente "al seguito" ci ha informato - e qui le mie sospettose antenne da vecchio giornalista si sono drizzate - che era stata "bonificata". Perché la BBC dovrebbe usare l'appariscente espressione militare "bonificata" anche questo per me è un mistero. "Bonificata" dovrebbe suonare come "catturata", ma quasi invariabilmente significa che una città è stata bypassata o semi-circondata o, nel migliore dei casi, che un esercito invasore è a mala pena arrivato nei quartieri periferici. E come volevasi dimostrare nel giro di 24 ore si è saputo che la città musulmana sciita a ovest della confluenza tra il Tigri e l'Eufrate, era tutt'altro che "bonificata", infatti non era stata occupata tanto è vero che 500 soldati iracheni appoggiati dai carri armati combattevano ancora a difesa della città. Con che gioia il vicepresidente iracheno Taha Yassin Ramadan ci ha informato ieri che "sostengono di aver catturato Umm Qasr, ma ora sapete che è una menzogna". Con quale felicità il ministro dell'Informazione iracheno, Mohamed Said al-Sahaff, si è vantato ieri che Bassora è ancora "in mani irachene", che le "nostre forze" a Nassariyeh stanno ancora combattendo. E avevano ben ragione di vantarsi perché a dispetto di tutti gli sproloquii degli americani e degli inglesi in Qatar, quanto gli iracheni affermavano al riguardo era vero. Le solite rivendicazioni irachene di aerei americani e inglesi abbattuti - quattro "colpiti dalla contraerea" intorno a Bagdad e uno vicino a Mosul - sembravano più credibili alla luce del fatto che gli iracheni erano riusciti a dimostrare che la capitolazione delle loro forze al sud non rispondeva al vero - a parte il filmato dei prigionieri trasmesso ieri sera. Sappiamo che gli americani stanno usando nuovamente in Iraq munizioni ad uranio impoverito come fecero nel 1991. Ma ieri la BBC ci ha detto che i Marines degli Stati Uniti avevano chiesto l'intervento aereo degli A-10 per colpire le "sacche di resistenza" - ancora un po' di gergo militaresco da parte della BBC - ma si è dimenticata di ricordare che gli A-10 usano proiettili ad uranio impoverito. Quindi per la prima volta dal 1991 noi - l'occidente - stiamo impiegando in Iraq meridionale bombe ad uranio impoverito; e non ce lo dicono nemmeno. Perché no? E da dove viene, per l'amor di Dio, l'ignobile e quanto mai disonesta espressione "forze della coalizione"? Non c'è nessuna "coalizione" nella guerra in Iraq. Ci sono gli americani, gli inglesi e qualche australiano. Tutto qui. La "coalizione" della guerra del Golfo del 1991 non esiste. La "coalizione" delle nazioni disposte a "dare una mano" a questo conflitto illegittimo include, a voler lavorare di fantasia, anche il Costa Rica e la Micronesia e, suppongo, la povera, neutrale Irlanda che ha concesso il diritto di transito agli aerei militari americani a Shannon. Ma non sono "forze della coalizione". Perché la BBC usa questa espressione? Nemmeno durante la seconda guerra mondiale - e non pochi giornalisti sono convinti che stanno "coprendo" proprio quella guerra - dicevamo questa menzogna. Quando sbarcammo sulle coste del Nord Africa nel corso dell'Operation Torch, lo definimmo "sbarco anglo-americano". E questa è una guerra anglo-americana che ci piaccia - giornalisti "al seguito" compresi - oppure no. Gli iracheni sono furbi abbastanza da ricordarsene. Sulle prime annunciarono che i soldati americani o inglesi catturati sarebbero stati trattati come mercenari, una decisione che ieri è stata saggiamente corretta dallo stesso Saddam quando ha dichiarato che tutti i prigionieri sarebbero stati trattati "secondo la Convenzione di Ginevra". Alla fin fine, non è stato un gran fine settimana per Bush e Blair. Né, ovviamente, per Saddam anche se quest'ultimo gioca alla guerra da quando Tony Blair era un ragazzino. E anche quei giornalisti che sono stati talmente coraggiosi da cercare di capire da soli cosa sta succedendo senza la protezione dell'esercito - ad esempio una troupe della ITC vicino a nassariyah - stanno rischiando la pelle. Ed ecco una domanda fatta da uno che appena una settimana fa era convinto che Bagdad sarebbe caduta senza colpo ferire e che una bella mattina ci saremmo svegliati scoprendo che la milizia baathista e l'esercito iracheno se ne erano andati e che gli americani, fucili in spalla, percorrevano la via Saadun. Se gli iracheni dopo quattro giorni resistono ancora contro forze soverchianti a Umm Qasr, se continuano a combattere a Bassora e a Nassariyah - quest'ultima città insorse contro il regime di Saddam nel 1991 - perché le forze di Saddam non dovrebbero battersi a Bagdad? Certo, la storia irachena non sarà completa senza un altro capitolo del "martirio" nell'eterna battaglia del paese contro le forze straniere di occupazione. Gli ultimi combattenti di Umm Qasr diventeranno negli anni a venire - qualunque sia il destino di Saddam - uomini ricordati nelle canzoni e nelle leggende. Molto tempo fa gli egiziani fecero la stessa cosa per i loro uomini uccisi a Suez nel 1956. Naturalmente potrebbe essere un calcolo errato. Quella in mano ai giocatori potrebbe non essere una mano stupenda. Ma all'improvviso, durante il fine settimana, la guerra rapida e facile, il conflitto dello "stupore e terrore" - l'espressione del Pentagono è un classico slogan tratto dalle pagine della vecchia rivista nazista Signal - non sembra così realistica. Le cose stanno andando male. Non stiamo raccontando la verità. E gli iracheni se ne stanno approfittando alla grande. © The Independent Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
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