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IL SILENZIO, LA PARRESIA, LA GUERRA E ALCUNI EPISCOPI
- Subject: IL SILENZIO, LA PARRESIA, LA GUERRA E ALCUNI EPISCOPI
- From: "DOMENICO MANARESI" <bon4084 at iperbole.bologna.it>
- Date: Mon, 7 Apr 2003 02:32:12 +0200
PER CONOSCENZA A TUTTI GLI AMICI CIRCA IL "RESTARE SILENZIO" CHE ALCUNI EPISCOPI AUSPICANO (SPECIE IN RELAZIONE ALLA GUERRA IN IRAK) PERSONALMENTE MI E' DIFFICILE ESSERE D'ACCORDO. HO SEMPRE IN MENTE LE PAROLE DEL VESCOVO DON TONINO BELLO E DI DON MILANI CHE TRASCRIVO QUI DI SEGUITO (VEDI ANCHE ALLEGATO) DON TONINO BELLO: Quello che oggi stiamo vivendo è il tempo per parlare. E voglia il cielo che tutti ci persuadiamo di questa verità: che delle nostre parole dobbiamo rendere conto davanti al tribunale della storia, ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto davanti al tribunale di Dio. don Tonino Bello, vescovo DON MILANI "MI DOMANDO SOLO SE SIA GIUSTO SEGUITARE A SANTIFICARSI NEL SILENZIO QUANDO SUL PIANO TERRENO QUESTO NON FA CHE AUMENTARE IL GIÀ TANTO PROFONDO SDEGNO DEI POVERI VERSO LA GERARCHIA ECCLESIASTICA. FINO ALL'ANNO SCORSO PENSAVO CHE FOSSE SANTITÀ. DA QUALCHE TEMPO IN QUA TEMO CHE SIA CORREITÀ" DON MILANI SHALOM-SALAAM A TUTTI, MA PROPRIO A TUTTI! DOMENICO MANARESI Pag. 1 di 2 Bologna, 1° Maggio 2001 Sia in campo ecclesiale, sia in campo civile-politico, queste splendide parole dell'amico don Tonino Bello appaiono (più che mai oggi alla vigilia delle elezioni del 13 maggio 2001) attuali e profetiche: credo che se ognuno di noi - a cominciare naturalmente dal sottoscritto - cercasse di "viverle", beh forse allora le cose andrebbero meglioŠ cosa ne pensate? Shalom a tutti, ma proprio a tuttiŠe buon 1° maggio!! Domenico Manaresi, assieme alla pazientissima moglie Luciana Mitt. Domenico Manaresi - e-mail: bon4084 at iperbole.bologna.it Parresia, o il parlar chiaro don Tonino Bello, vescovo (da "Nigrizia" di luglio-agosto 1992) A dire il vero, la letteratura popolare, quella che si esprime in aforismi e in detti sapienziali, non ci aiuta molto. Anzi, a furia di ripetere che la parola è d'argento mentre il silenzio è d'oro, finisce col persuaderci che, davvero, a tacere non si sbaglia mai. Dal canto loro, gli anziani in vena di sentenze ci avvertono che la natura ha messo la bocca tra due orecchie, e che la lingua ha dapprima la barriera dei denti e poi quella delle labbra: sicché, perfino da queste collocazioni geofisiologiche siamo indotti a guardare la parola con un alto tasso di sospetto. Se poi al massimario corrente si dà la veste latina, il gioco è fatto: "Dixisse aliquando poenituit, tacuisse nunquam" esclamava non so chi. Che vuol dire: "Qualche volta mi son pentito di aver parlato; di aver taciuto, mai". Come si vede, il discorso che porta acqua al mulino del silenzio potrebbe continuare all'infinito, e con argomentazioni che vanno dalla filosofia alle citazioni bibliche. Ci accorgeremmo alla fine che il tacere, nei convincimenti comuni dettati dal buon senso, guadagna ai punti sul parlare. La qual cosa mi sembra anche giusta. Peccato, però, che in questa partita qualcuno finisca col parteggiare a tal punto per uno dei due contendenti da non riconoscere per nulla i meriti dell'altro. "Nella bocca chiusa, non entrano mosche" diceva Miguel Cervantes. Il quale, però, non s'è pronunciato sulla opportunità di tener chiusa la bocca se, per preservarsi dalle mosche, si è costretti ad ingoiare rospi. Eccoci, allora, alla domanda cruciale: il tacere è sempre una virtù? La Bibbia non sembra di questo avviso. Non solo perché, al capitolo terzo del Qoelet, ci avverte che "c'è un tempo per tacere e un tempo per parlare", ma anche perché ha introdotto una categoria che costituisce l'antitesi del pavido silenzio di fronte alla verità e alla giustizia: la parresia Che cos'è la parresia? E' il parlar chiaro, senza paura e senza tentennamenti di fronte alle minacce del potere. Gli apostoli erano stati precettati più volte di non parlare di Gesù nazareno. Ma di fronte ad un comando del genere, pur consapevoli delle torture con cui avrebbero pagato la loro disobbedienza, non se la son sentita di tacere e hanno proclamato con coraggio la verità. "Annunciavano il Regno di Dio e insegnavano le cose riguardanti il Signore Gesù con tutta franchezza e senza impedimento". E' il versetto finale degli Atti degli Apostoli. Con tutta franchezza. Senza peli sulla lingua, cioè. Senza sfumare le finali, per amor di quieto vivere. Senza mettere la sordina alla forte prorompente della ve-rità. Senza decurtare la Parola, per non recar dispiacere a qualcuno. Senza ambiguità dettate da prudenze carnali. Senza le furbizie escogitate dalla preoccupazione di salvare la pelle. Senza gli stratagemmi del defilarsi nei momenti della prova, per timore di compromettersi troppo. Oggi dovremmo chiedere al Signore la grazia della parresia. Anzitutto per le nostre chiese. Perché riscoprano la loro missione profetica e non tacciano di fronte alle violenze perpetrate sui poveri. Perché sappiano intervenire con coraggio ogni volta che vengono violati i diritti umani. Perché non tremino di fronte alte minacce e parlino con franchezza, senza operare tagli sull'interezza della Parola e senza praticare sconti sul prezzo di copertina, quando i diritti di Dio vengono subordinati agli interessi degli innumerevoli idoli che pretendono il suo posto. E poi, dovremmo implorare il dono della parresia per tutti gli uomini che amano la verità. Perché con i loro pretestuosi silenzi non interrompano gli esiti della giustizia. Perché non vestano di apparente virtù il loro pauroso tacere. Perché usino la lingua come una spada a doppio taglio, quando si tratta di recidere i legami adulterini con i poteri mafiosi. Perché comprendano che l'omertà, oltre che connotare di vigliaccheria colui che non parla, consolida quelle sotterranee strutture di peccato che avviliscono la storia e rallentano il cammino della pace. Perché si rendano conto che la connivenza di chi tace di fronte ad un delitto, di cui conosce le trame genetiche, ha la stessa gravità morale di chi quel delitto stesso ha architettato e portato ad esecuzione. Perché le "madri coraggio" infittiscano dei loro nomi i calendari laici, così come i santi infittiscono della loro testimonianza cristiana il martirologio romano. Perché chi viene taglieggiato dai rackettari si renda conto che possiede un'arma di difesa più potente di qualsiasi bomba al plastico che metta in pericolo la sua azienda: la parola. Perché chi, per un triste destino o per solidarietà di parentela, ha conosciuto l'oscena economia sommersa della droga sappia che una parola di denuncia pareggia i benefici di dieci case di accoglienza per tossicodipendenti. Perché la verità deposta nei segreti del cuore e impedita di esplodere nella pienezza della luce apra finalmente crateri improvvisi sulle fiancate del silenzio, e sgorghi come colata lavica fino a bruciare tutte le resistenze dettate dalla paura. E' vero: c'è un tempo per tacere e c'è un tempo per parlare. Quello che oggi stiamo vivendo è il tempo per parlare. E voglia il cielo che tutti ci persuadiamo di questa verità: che delle nostre parole dobbiamo rendere conto davanti al tribunale della storia, ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto davanti al tribunale di Dio. don Tonino Bello, vescovo Mitt. Domenico Manaresi - e-mail: bon4084 at iperbole.bologna.it ******************************************************************************** Bologna, 17 Agosto 2001 Sto leggendo il libro "I CARE ancora" : è una raccolta di lettere di don Lorenzo Milani. Testo splendido, fa riflettere. Splendida e induce a riflettere anche e soprattutto la presentazione che - di questo libro - ne fa padre Alex Zanotelli. Come ho già scritto, anche queste mi sembrano parole molto belle e coraggiose, espresse con grande evangelica "parresia", con quella franchezza cioè che rifiuta ogni ossequio servile e che quindi non si rifugia nel silenzio, anzi lo condanna. Lo stesso don Lorenzo Milani infatti, a pag. 75 di questo stesso testo (I care ancora - EMI 2001) scrive "Šspero proprio che la Chiesa vorrà almeno farmi il garbo di prolungare un po' questa vita che non le è parso di usare se non per esiliarla. Ho sempre pensato che lo stare in esilio sia un'elevata funzione ecclesiastica. MI DOMANDO SOLO SE SIA GIUSTO SEGUITARE A SANTIFICARSI NEL SILENZIO QUANDO SUL PIANO TERRENO QUESTO NON FA CHE AUMENTARE IL GIÀ TANTO PROFONDO SDEGNO DEI POVERI VERSO LA GERARCHIA ECCLESIASTICA. FINO ALL'ANNO SCORSO PENSAVO CHE FOSSE SANTITÀ. DA QUALCHE TEMPO IN QUA TEMO CHE SIA CORREITÀŠ" Parole di questo tipo, su cui concordo in toto, fanno bene sperare che la chiesa-istituzione possa nuovamente vivere appieno quello spirito di "profezia" che le compete in modo - se non erro - del tutto peculiare. Shalom a tutti, ma proprio a tuttiŠanche e in particolare a chi dà credito all'"uomo della Provvidenza", all'"unto del Signore" e a cosette simili. Domenico, assieme alla pazientissima moglie Luciana Mitt. Domenico Manaresi - e-mail: bon4084 at iperbole.bologna.it Dal libro: LORENZO MILANI "I CARE a n c o r a" Lettere, progetti, appunti e carte varie inedite e/o restaurate a cura di GIORGIO PECORINI - presentazione di ALEX ZANOTELLI EDITRICE MISSIONARIA ITALIANA pag. 2 di 2
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