Dieci buoni motivi perché George Bush non vinca la guerra



Radioitaliana - notizie per pensare - Newsletter - n.1 - 3 aprile 2003

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Dieci buoni motivi perché George Bush non vinca la guerra (o almeno la
perda politicamente)
di Gennaro Carotenuto

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E' un ricatto morale quello di chi difende la guerra contro la dittatura
irachena. Gli argomenti sono gli stessi di sempre: l'appartenenza dei
pacifisti ad un Occidente al quale devono benessere, una malintesa distanza
dall'Islam, una spruzzatina di Huntington con il suo scontro di civiltà, il
terrorismo e la statua della Libertà. Il tutto condito con il miele della
gratitudine eterna agli Stati Uniti per "averci liberato" nel 1945. La
novità, di fronte alla resistenza irachena è l'obbligo a desiderare una
vittoria rapida angloamericana.

E' un ricatto intollerabile. Quella in Iraq è l'ennesima guerra
neoliberale. Le drammatiche, imperdonabili morti irachene, oggi oscurano le
morti per sete, malattie curabili, fame, lavoro precario. Il trionfo
anglo-americano in Iraq, a causa delle caratteristiche peculiari
dell'amministrazione Bush, non è quindi il male minore. Per molti motivi
non contingenti, ne elenchiamo dieci, solo un cessate il fuoco immediato
può ristabilire la legalità internazionale e fermare la mattanza.

1. Mai come in questo caso l'argomento "anti-americanismo" è fuori luogo.
L'attuale governo statunitense è probabilmente il più a destra in 230 anni
di storia. Nella sua "Strategia della Sicurezza Nazionale", George Bush
afferma testualmente (VI paragrafo) che il libero mercato sia un principio
morale (sic) e che la prima libertà umana sia il profitto. Nonostante la
solidarietà suscitata dall'11 settembre, il governo statunitense ha
coscientemente diviso Onu, Nato ed Unione Europea inimicandosi alleati
insospettabili. Non è successo per caso: le teste d'uovo di quel governo, i
Daniel Pipes, i Paul Wolfowitz, i Robert Kagan, da decenni criticano da
posizioni di ultradestra lo stesso Partito repubblicano, la Cia e perfino
Henry Kissinger, uno dei più grandi violatori di diritti umani del XX
secolo. Oggi, i neoconservatori sono al potere e la guerra preventiva
combinata all'unilateralismo, risulta una riproposizione estremizzata del
"Big Stick", il grande bastone di Teodoro Roosevelt, con il quale un secolo
fa già si massacravano latinoamericani e si imponeva il regime coloniale
sulle Filippine.

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i titoli degli ultimissimi inserimenti

The Indipendent, 3-4, Ci vorrà ben più del viaggio di Powell per sanare la
frattura con la Turchia
Molto più delle spaccature in Europa, è politicamente grave per gli Stati
Uniti la crisi con la Turchia. Tutti gli scenari post-bellici prevedono
come punto più caldo la frontiera Iraq-Turchia. Ma l'arroganza con la quale
Bush figlio - a differenza di Bush padre - ha trattato l'alleato, rende
tutto più difficile.

La Stampa, La doppia ipocrisia italiana, 3-4, di Augusto Minzolini
UN male sottile contagia la politica sulla crisi irachena. Un male
ricorrente da noi, a sentire i detrattori del Bel Paese: governo,
maggioranza, opposizione stanno peccando di ipocrisia.

Kurdishmedia, 3-4, Manifesto per la creazione di un Kurdistan libero,
indipendente ed unificato.
L'autonomia promessa basta ai curdi per il nuovo Irak? Sicuramente non si
può impedire ad un popolo di continuare a lottare.

IRNA (agenzia iraniana) 3-4, I ministri degli esteri di Iran, Siria e
Turchia per il cessate il fuoco ed il ritorno alle Nazioni Unite.

La Repubblica, 3-4, Pietro Ingrao sfida la coalizione: "Dobbiamo aiutare
l'Iraq"
"Il presidente Usa è l'aggressore, non deve passarla liscia
Non paragono Bush a Hitler, ma mi interrogo sulla superpotenza" di Goffredo
de Marchis

Lettera22, 2-4, Ancora polemiche sul dopo Saddam, di Emanuele Giordana
Rivelazioni del britannico The Guardian sul piano dell'Amministrazione per
il dopoguerra

Da non perdere:

Fonti indipendenti a Baghdad:
Le corrispondenze - non verificabili, ma cosa è verificabile a Baghdad
oggi? - di alcuni giornalisti freelance dalla capitale irachena pubblicati
da Indymedia. SalamPax il blog di un cittadino iracheno che scrive da
Baghdad. Il sito degli scudi umani in Iraq

Selvas, 1-4, Petrolio e gas in Bolivia: condanna a morte per troppa
ricchezza. di Giovanna Vitrano,

26-3 - I "consumatori " statunitensi NON devono sapere. In quattro tappe,
la manfrina di CNN, denunciata da Radioitaliana, per occultare e censurare
al pubblico statunitense le notizie sul primo massacro al mercato di
Baghdad.

27-3 Traduttori per la pace, Il diario di Rachel Corrie, la pacifista
ventitreenne americana, schiacciata e uccisa deliberatamente da una ruspa
mentre tentava di impedire che l'esercito israeliano distruggesse le case
nella striscia di Gaza. In una straordinaria serie di e-mail dirette alla
sua famiglia spiega per quali motivi rischiava la vita.

Il Manifesto, 28-3, Tempeste di false notizie, di Giulietto Chiesa
Per la prima volta gli americani non hanno più il monopolio delle
informazioni sulla guerra. Ma non mancano le televisioni fedeli a
Washington, mentre quelle «nemiche» vengono bombardate.

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