la vita non è così ovunque di Rachel Corey



Rachel Corey, 23 anni, attivista statunitense impegnata in azioni di
interposizione con l'International Solidarity Movement è stata uccisa dai
bulldozer dell'esercito israeliano mentre tentava di bloccare la
demolizione di una casa palestinese. Insieme a lei sono caduti diecina,
centinaia, migliaia di palestinesi per difendere la loro dignità e i loro
diritti in una tragedia che continua inesauribilmente. Di molti loro non si
ricorderà ne i nomi ne i volti.

Forse in un momento così doloroso e angosciante sia meglio tacere e
lasciare la parola a Rachel che ci lascia con una responsabilità pesante di
continuare a difendere il popolo civile inerme Palestinese.

InfoPalestina

L'uccisione di una pacifista americana - Hareetz on line
http://www.infopalestina/News/16marzoha.htm

Bulldozer israeliano uccide un'attivista americana Refah - Israelinsider
http://www.infopalestina/News/16marzois.htm



Estratti da un'e-mail di Rachel del 7 febbraio 2003 concessa dalla sua
famiglia.

traduzione M.T - InfoPalestina

Sono in Palestina da due settimane ed un giorno ed ho ancora poche parole
per descrivere ciò che vedo.E' più difficile per me pensare a ciò che sta
succedendo qui quando mi siedo a scrivere negli Stati Uniti, qualcosa come
il portale virtuale del lusso. Io non so se molti dei bambini qui abbiano
mai vissuto senza i buchi di carri armati alle pareti e senza le torri di
un esercito di occupazione che li sorveglia costantemente da un orizzonte
vicino. Io penso, sebbene non sia del tutto sicura, che anche il più
piccolo di questi bambini capisce che la vita non sia così ovunque. Un
bambino di otto anni è stato ucciso da un carro armato israeliano due
giorni prima del mio arrivo e molti bambini mi sussurrano il suo nome, Alì
-- oppure mi indicano i suoi posters sui muri. Ai bambini piace farmi usare
il poco arabo che conosco chiedendomi "Kaif Sharon?", "Kaif Bush?" e ridono
quando io dico "Bush Majnoon" "Sharon Majnoon" rispondendo nel mio arabo
limitato. (Come sta Sharon? Come sta Bush? Bush è pazzo, Sharon è pazzo).
Naturalmente questo non è proprio ciò che credo, e qualche adulto che
conosce l'inglese mi corregge: Bush mish Majnoon... Bush è un uomo
d'affari. Oggi ho cercato di imparare a dire "Bush è un oggetto", ma non
credo sia stato tradotto giusto. Ad ogni modo ci sono qui più bambini di
otto anni consapevoli della struttura del potere globale, di quanto lo
fossi io qualche anno fa--almeno riguardo ad Israele.

Nonostante ciò, penso che nessuna quantità di libri, di partecipazione alle
conferenze, di visione di documentari, né di parole mi avrebbero potuto
preparare alla realtà della situazione qui. Non si può immaginare se non si
vede, ed anche allora sei ben consapevole che la tua esperienza non è tutta
la realtà: cosa dire della difficoltà che l'esercito israeliano dovrebbe
affrontare se sparasse ad un cittadino statunitense disarmato, del fatto
che io ho il denaro per comprare l'acqua mentre l'esercito distrugge i
pozzi, ed, ovviamente, il fatto che io ho la possibilità di partire.Nessuno
della mia famiglia è stato mai colpito, guidando la sua macchina, dal
lancio di un razzo da una torre alla fine della strada principale della mia
città. Io posso andare a vedere l'oceano. Apparentemente è piuttosto
difficile per me essere trattenuta in prigione per mesi o anni senza
processo (questo perché sono una cittadina americana bianca, come opposta a
molti altri). Quando vado a scuola o al lavoro  posso essere relativamente
certa che non ci sarà un soldato armato pesantemente ad aspettare a mezza
strada tra Mud Bay ed il centro di Olimpya ad un posto di blocco un soldato
con il potere di decidere se posso andare per la mia strada, e se posso
tornare a casa quando ho fatto. Così, se percepisco violenza arrivando ed
entrando brevemente ed in modo incompleto nel mondo in cui esistono questi
bambini, per contro mi chiedo cosa succederebbe a loro arrivando nel mio
mondo. Essi sanno che i bambini negli Stati Uniti, di solito non hanno i
genitori uccisi e che qualche volta vanno a vedere l'oceano. Ma quando tu
hai visto l'oceano, vissuto in un posto tranquillo dove l'acqua è un bene
scontato e non rubata di notte dai bulldozers, e quando hai passato una
notte in cui non ti sei meravigliato che le pareti della tua casa non siano
crollate svegliandoti dal sonno, e quando hai incontrato gente che non ha
perso nessuno--quando hai sperimentato la realtà di un mondo che non è
circondato da torri di morte, carri armati, insediamenti armati ed ora da
una gigantesca parete metallica, mi chiedo se puoi perdonare il mondo per
tutti gli anni della tua infanzia spesa esistendo--solo esistendo--in
resistenza al costante strangolamento della quarta più grande potenza
mondiale--sostenuta dall'unica superpotenza mondiale - nel suo sforzo di
cancellarti dalla tua casa.

Come retropensiero a tutto questo vagabondaggio, mi trovo a Rafah, una
città di circa 140.000 persone di cui circa il 60 per cento sono
rifugiati÷molti dei quali per la seconda o la terza volta. Rafah esisteva
prima del 1948, ma molte delle persone qui sono essi stessi o discendenti
di persone dislocate qui dalle loro case della Palestina storica--ora
Israele. Rafah venne divisa in due quando il Sinai tornò all'Egitto. Al
momento l'esercito israeliano sta costruendo un muro alto quattordici metri
tra Rafah in Palestina ed il confine, tracciando una terra di nessuno dalle
case lungo il confine. Seicentodue case sono state completamente abbattute
dai bulldozers secondo la Commissione Popolare dei Rifugiati di Rafah. Il
numero di abitazioni parzialmente abbattute è maggiore.

Oggi ho camminato sulla collina dei detriti dove una volta sorgevano le
case, soldati egiziani mi chiamavano dall'altra parte del confine, "Vai!,
vai!" perché stava arrivando un carro armato. Seguivano agitarsi di mani e
"come ti chiami?". C'è qualcosa che disturba in questa amichevole curiosità.
Mi ricordava di quanto, fino a quale grado, siamo tutti ragazzini curiosi
di altri ragazzi: ragazzi egiziani che strillano ad una donna strana che
passeggia sul sentiero dei carri armati. Ragazzi palestinesi sparati dai
carri quando si affacciano dal muro per guardare quello che succede.
Ragazzi internazionali in piedi davanti ai carri con striscioni. Ragazzi
israeliani nei carri anonimamente, occasionalmente urlando--ed anche
occasionalmente salutando--molti forzati ad essere lì, molti semplicemente
aggressivi,che sparano nelle case dei palestinesi mentre noi gironzoliamo.

Oltre alla costante presenza dei carri armati lungo il confine e nella
regione occidentale tra Rafah e gli insediamenti lungo la costa, ci sono
più torri IDF qui di quante ne possa contare lungo l'orizzonte, alla fine
delle strade. Alcune sono grigioverde militare. Altre come strane scale
camuffate alla maniera dei capanni di cacciatore per rendere anonima
l'attività all'interno. Alcune nascoste , proprio sotto l'orizzonte degli
edifici. Una nuova è stata costruita l'altro giorno mentre ci lavavamo la
biancheria e abbiamo attraversato la strada due volte per innalzare
striscioni. A parte il fatto che alcune tra le zone più vicine al confine
sono originali della vecchia Rafah con famiglie che hanno vissuto in questa
terra per almeno un secolo, solo il campo del 1948 al centro della città è
controllato da Oslo. Ma, per quanto io possa dire, ce ne sono davvero pochi
che non siano sotto il controllo visivo di una torre o l'altra. Certamente
non esistono luoghi invulnerabili agli elicotteri apaches o alle telecamere
di invisibili fannullaoni che ronzano sulla città per ore ed ore.

Ho dei problemi all'accesso di notizie dall'estero, ma sento che un
crescendo verso il conflitto in Iraq sembra inevitabile. C'è molta
preoccupazione qui per la "rioccupazione di Gaza". Gaza viene rioccupata
ogni giorno in vara misura, ma io penso che la paura sia che i carri
occupino tutte le strade e restino lì, invece di entrare solo in alcune
strade e quando si ritirano dopo alcune ore o giorni osservano e sparano
dalla cima delle comunità. Se la gente non è già pronta a pensare alle
conseguenze di questa guerra per le persone dell'intera regione, allora
spero che comincino.

Io spero anche che veniate qui. Siamo stati in dubbio tra cinque e sei
internazionali. I vicini che ci hanno chiesto la nostra presenza sono
Yibna, Tel El Sultan, Hi Salam, Brazil, Block J, Zorob e Blocco O. C'è
anche bisogno di costante presenza notturna ad un pozzo nelle adiacenze di
Rafah dato che l'esercito israeliano ha distrutto i due pozzi più grandi.
Secondo la municipalità i pozzi distrutti la settimana scorsa fornivano la
metà del fabbisogno di Rafah.Molte comunità hanno chiesto agli
internazionali di essere presenti la notte per cercare di salvare le
proprie case da ulteriori demolizioni. Dopo le dieci p.m. è molto difficile
muoversi perché l'esercito israeliano tratta chiunque nelle strade come
resistente e spara . E per questo che siamo così pochi.

Io continuo a credere che casa mia, Olympia, possa guadagnare tanto per
poter fare un gemellaggio con Rafah. Alcuni gruppi di insegnanti e di
bambini, hanno manifestato il desiderio di corrispondere in e-mail, ma
questa è solo la punta dell'iceberg del lavoro di solidarietà che potrebbe
essere fatto. Molta gente vuole che le loro voci siano udite, e penso che
abbiamo bisogno di usare i nostri privilegi come internazionali per farle
udire direttamente negli Stati Uniti, piuttosto che attraverso altri filtri
come me. Io sto iniziando ad imparare, da ciò che mi aspetto diventi una
tutela intensa, sulla capacità della gente di organizzarsi contro tutte le
stranezze, e di resistere a tutte le stranezze.