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Giorni drammatici incombono sul popolo kurdo
- Subject: Giorni drammatici incombono sul popolo kurdo
- From: a at ranchdeiviandanti.it
- Date: Mon, 17 Mar 2003 18:41:36 +0100
Giorni drammatici incombono sul popolo kurdo. L'imminente attacco americano, ormai privo di qualsiasi parvenza di legittimazione internazionale e anzi protervamente ostentato come espressione di forza e di dominio del mondo, puo' aprire scenari drammatici per il popolo kurdo, non solo per quello kurdo-irakeno, ma anche per quello kurdo-turco. Il Governo turco, un monocolore AK Party di ispirazione islamista moderata, nell'ultima decade di febbraio, aveva accettato di mettere il territorio turco a disposizione di 60.000 soldati americani e il cielo turco a disposizione di 255 aerei americani, in cambio di 30 miliardi di dollari (secondo il New York Times, «la più costosa alleanza mai comprata dagli Stati uniti»). Ma il 1 marzo il Parlamento turco ha respinto tale accordo: per 3 voti. 251 no, 264 si'. Una novantina di franchi tiratori nel partito islamista di governo hanno bloccato tutto. Gli americani per ora non possono aprire il sospirato "Fronte Nord" attaccando l'Irak dalla Turchia. Ed il Parlamento turco ha anche bocciato l'autorizzazione all'ingresso delle truppe turche in territorio irakeno. Nel frattempo l'11 marzo e' avvenuto in Turchia un reimpasto governativo, che ha rafforzato il Leader dell'AK Party, Recep Tayyp Erdogan, ora anche formalmente "Primo Ministro". Egli ha affermato che l'accordo che era stato raggiunto con gli USA puo' in futuro essere ripresentato in Parlamento ed approvato, ma... non c'e' fretta. E l'ha ripetuto il 16 marzo: se ne riparla fra una settimana! Mentre, si sa, Bush di fretta ne ha molta. Ma ben altro bolle in pentola. Perche' l'invasione dell'Irak e' gia' cominciata da tempo, in realta' ci sono gia' in territorio iracheno molte truppe turche, ed altre ne possono arrivare in forze tra poco (all'inizio il governo turco aveva fatto appello al pericolo dell'afflusso di profughi kurdi dopo l'attacco, ed alla sua necessita' di impedirne l'ingresso in Turchia). Si parla gia' di un possibile impiego di 120 mila soldati turchi, il doppio del numero previsto di americani; a Silopi, localita' turca vicina all'Irak, sono ammassati ingenti mezzi militari. L'esercito turco rivendica la propria direzione delle operazioni militari, in funzione degli interessi nazionali turchi. Il capo dell'esercito, Hilmi Ozkok, l'ha detto chiaramente. Ad aprire il Fronte Nord, insomma, i Turchi ci penserebbero loro, in prima persona! Cosa puo' significare cio'? Soprattutto una cosa: l'imminente tentativo di sterminio di tutti i kurdi di origine turca, del Kadek, che sono arroccati nel Kurdistan iracheno nel massiccio montuoso di Qandil, armati su posizioni difensive. Migliaia e migliaia di uomini. Questo l'obiettivo reale dell'esercito turco: sapendo che la propria presenza in territorio nord-iracheno sara' necessariamente limitata nel tempo, approfittarne per annientare la presenza del Kadek. Nell'unico modo possibile: il massacro. La "soluzione finale". Il Kadek lo sa. Osman Ocalan, comandante del Kadek sui monti di Qandil e fratello di Abdullah Ocalan, ha recentemente prospettato con chiarezza il pericolo, in interviste giornalistiche ed a Medya Tv. Nella sua intervista a "The Times" del 10 marzo (Anthony Loyd, "Kurds will fight back if Turkey enters Iraq"), Osman Ocalan ha appunto affermato che i Kurdi torneranno a combattere se la Turchia entra in Irak. "Svilupperemo azioni militari attraverso la Turchia, nelle campagne e nelle citta', contro obiettivi militari, economici e burocratici", ha detto. La prima decade di marzo ha visto anche grandi manifestazioni del popolo kurdo iracheno contro questa prospettiva di intervento turco; i kurdi iracheni hanno esplicitamente chiesto agli Usa di non lasciare che la Turchia intervenga. Anche le posizioni dei due maggiori partiti kurdi irakeni, PDK e PUK, si sono irrigidite verso la Turchia. L'11 marzo Massoud Barzani, leader del PDK kurdo-iracheno, ha affermato che preferisce Saddam Hussein in Baghdad piuttosto che i Turchi nel Kurdistan kurdo. Ed il 13 marzo il New York Times ha riferito che il PDK sta mobilitando uomini e mezzi militari verso la frontiera irakena con la Turchia, per resistere ad una eventuale invasione turca del Nord Irak. E gli USA, il 14 marzo, hanno messo in guardia la Turchia, invitandola a non immettere proprie truppe in Irak, nel timore di una "guerra nella guerra", di un conflitto turco-kurdo. Lo stesso Colin Powell, il 16 marzo, ha riconosciuto il rischio di un conflitto kurdo-turco, ed ha invitato la Turchia a non intervenire in territorio irakeno con le proprie truppe. Turchi, Kurdi iracheni del PDK, PUK etc., ed americani, si sono recati ad Ankara per incontri che dovrebbero iniziare il 18 marzo per decidere il da farsi in caso di inizio delle operazioni. Gli americani cercano di promuovere un accordo tra turchi e kurdi irakeni. I quali sono divisi in particolare dal problema delle due zone kurde di Mosul e Kirkuk, che sono tuttora sotto il controllo di Saddam: a chi dovranno andare? Sia i Turchi che i Kurdi iracheni le rivendicano. Per scongiurare un conflitto kurdo-turco, la posizione americana sulla questione del fronte Nord si e' capovolta: ora non sarebbe piu' necessario, e alle offerte di intervento della Turchia gli USA rispondono: "No, grazie", e "Guai a voi se ci provate". Cosa decidera' il governo turco? e i militari turchi? L'intero Kurdistan, irakeno come turco, puo' diventare da un momento all'altro un rovente campo di battaglia, e in Turchia puo' scatenarsi la spirale della repressione. Se la comunita' internazionale non riuscira' immediatamente a fermare la follia criminale di George Bush, anche quest'altra spaventosa tragedia si consumera', probabilmente nell'indifferenza generale, perche' ora tutti gli occhi del mondo sono puntati su Saddam e la sua sorte. Nel frattempo nuovi altri eventi si profilano sullo scenario della questione kurda. Il 12 marzo la Corte Europea dei Diritti umani ha emesso la propria sentenza sul processo Ocalan. Abdullah Ocalan, catturato nel febbraio 1999 e condannato a morte il 1 giugno 1999, aveva presentato ricorso alla Corte; in seguito, il 3 ottobre 2002, la Corte di Sicurezza Nazionale di Ankara aveva commutato la sua pena in ergastolo. La situazione di reclusione di Ocalan aveva raggiunto livelli insopportabili di isolamento fino al 15 febbraio: la sua stessa sorte era avvolta nel mistero. Il 15 febbraio finalmente una delegazione del Consiglio d'Europa si e' potuta recare a fargli visita nel carcere dell'isola di Imrali, ma da allora le condizioni di isolamento sono continuate. La sentenza della Corte del 12 marzo condanna la Turchia per aver condotto contro Ocalan un processo iniquo. Assolve invece la Turchia dalle accuse di trattamento inumano e degradante per le modalita' del trasferimento di Ocalan dal Kenya, e per l'isolamento a cui e' sottoposto a Imrali. Pochi giorni fa la Magistratura turca ha decretato fuorilegge l'Hadep, il partito kurdo. Non e' che l'ennesimo episodio di scioglimenti di partiti, giornali, associazioni (l'Hadep era gia' stato eliminato, ivi compresa l'eliminazione fisica di molti suoi esponenti, quando si chiamava HEP, nato nel 1990 e chiuso il 4 luglio 1993, e poi, nel 1994, quando si chiamava DEP). Questa volta il partito non ne ha conseguenze catastrofiche, perche' e' gia' rinato prima delle elezioni di novembre come DEHAP (fondendosi con altri due partiti minori), ma ora anche contro il Dehap si sta avviando una procedura che ne chiede lo scioglimento, e comunque una simile violazione dell'elementare diritto di associazione politica in un paese che pretende di entrare in Europa fa, semplicemente, schifo. Nel maggio 2002, una Delegazione del Parlamento Europeo aveva messo in guardia che, "se l' HADEP verra' chiuso, cio' sara' un serio passo indietro nelle relazioni tra the Unione Europea e Turchia". Hadep presentera' ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani. Un fatto invece parzialmente positivo si prevede per la vicenda di Leyla Zana: il suo processo verra' rifatto, a partire dal 28 marzo, ad Ankara. La Turchia, su pressione del Consiglio d'Europa (ma anche della Unione europea) aveva da poco approvato una nuova legge (retrial law), che consente il rifacimento dei processi in presenza di sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani. E, per l'appunto, tale Corte, a cui Leyla Zana e gli altri parlamentari DEP avevano fatto ricorso nel 1996, aveva pronunciato, il 17 luglio 2001, una sentenza di condanna dell'ingiusto processo da essi subito da parte della Magistratura turca. L'Europarlamento ha deciso il 13 marzo l'invio di una delegazione di 7 osservatori al nuovo processo di Leyla Zana. 17 marzo 2003 Aldo Canestrari
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