Giorni drammatici incombono sul popolo kurdo



Giorni drammatici incombono sul popolo kurdo.

L'imminente attacco americano, ormai privo di qualsiasi parvenza di
legittimazione internazionale e anzi protervamente ostentato come
espressione di forza e di dominio del mondo, puo' aprire scenari drammatici
per il popolo kurdo, non solo per quello kurdo-irakeno, ma anche per quello
kurdo-turco.

Il Governo turco, un monocolore AK Party di ispirazione islamista moderata,
nell'ultima decade di febbraio, aveva accettato di mettere il territorio
turco a disposizione di 60.000 soldati americani e il cielo turco a
disposizione di 255 aerei americani, in cambio di 30 miliardi di dollari
(secondo il New York Times, «la più costosa alleanza mai comprata dagli
Stati uniti»). Ma il 1 marzo il Parlamento turco ha respinto tale accordo:
per 3 voti. 251 no, 264 si'. Una novantina di franchi tiratori nel partito
islamista di governo hanno bloccato tutto. Gli americani per ora non
possono aprire il sospirato "Fronte Nord" attaccando l'Irak dalla Turchia.
Ed il Parlamento turco ha anche bocciato l'autorizzazione all'ingresso
delle truppe turche in territorio irakeno. Nel frattempo l'11 marzo e'
avvenuto in Turchia un reimpasto governativo, che ha rafforzato il Leader
dell'AK Party, Recep Tayyp Erdogan, ora anche formalmente "Primo Ministro".
Egli ha affermato che l'accordo che era stato raggiunto con gli USA puo' in
futuro essere ripresentato in Parlamento ed approvato, ma... non c'e'
fretta. E l'ha ripetuto il 16 marzo: se ne riparla fra una settimana!
Mentre, si sa, Bush di fretta ne ha molta.

Ma ben altro bolle in pentola.

Perche' l'invasione dell'Irak e' gia' cominciata da tempo, in realta' ci
sono gia' in territorio iracheno molte truppe turche, ed altre ne possono
arrivare in forze tra poco (all'inizio il governo turco aveva fatto appello
al pericolo dell'afflusso di profughi kurdi dopo l'attacco, ed alla sua
necessita' di impedirne l'ingresso in Turchia). Si parla gia' di un
possibile impiego di 120 mila soldati turchi, il doppio del numero previsto
di americani; a Silopi, localita' turca vicina all'Irak, sono ammassati
ingenti mezzi militari. L'esercito turco rivendica la propria direzione
delle operazioni militari, in funzione degli interessi nazionali turchi. Il
capo dell'esercito, Hilmi Ozkok, l'ha detto chiaramente. Ad aprire il
Fronte Nord, insomma, i Turchi ci penserebbero loro, in prima persona! Cosa
puo' significare cio'? Soprattutto una cosa: l'imminente tentativo di
sterminio di tutti i kurdi di origine turca, del Kadek, che sono arroccati
nel Kurdistan iracheno nel massiccio montuoso di Qandil, armati su
posizioni difensive. Migliaia e migliaia di uomini. Questo l'obiettivo
reale dell'esercito turco: sapendo che la propria presenza in territorio
nord-iracheno sara' necessariamente limitata nel tempo, approfittarne per
annientare la presenza del Kadek. Nell'unico modo possibile: il massacro.
La "soluzione finale". Il Kadek lo sa. Osman Ocalan, comandante del Kadek
sui monti di Qandil e fratello di Abdullah Ocalan, ha recentemente
prospettato con chiarezza il pericolo, in interviste giornalistiche ed a
Medya Tv. Nella sua intervista a "The Times" del 10 marzo (Anthony Loyd,
"Kurds will fight back if Turkey enters Iraq"), Osman Ocalan ha appunto
affermato che i Kurdi torneranno a combattere se la Turchia entra in Irak.
"Svilupperemo azioni militari attraverso la Turchia, nelle campagne e nelle
citta', contro obiettivi militari, economici e burocratici", ha detto.

La prima decade di marzo ha visto anche grandi manifestazioni del popolo
kurdo iracheno contro questa prospettiva di intervento turco; i kurdi
iracheni hanno esplicitamente chiesto agli Usa di non lasciare che la
Turchia intervenga. Anche le posizioni dei due maggiori partiti kurdi
irakeni, PDK e PUK, si sono irrigidite verso la Turchia. L'11 marzo Massoud
Barzani, leader del PDK kurdo-iracheno, ha affermato che preferisce Saddam
Hussein in Baghdad piuttosto che i Turchi nel Kurdistan kurdo. Ed il 13
marzo il New York Times ha riferito che il PDK sta mobilitando uomini e
mezzi militari verso la frontiera irakena con la Turchia, per resistere ad
una eventuale invasione turca del Nord Irak. E gli USA, il 14 marzo, hanno
messo in guardia la Turchia, invitandola a non immettere proprie truppe in
Irak, nel timore di una "guerra nella guerra", di un conflitto turco-kurdo.
Lo stesso Colin Powell, il 16 marzo, ha riconosciuto il rischio di un
conflitto kurdo-turco, ed ha invitato la Turchia a non intervenire in
territorio irakeno con le proprie truppe. Turchi, Kurdi iracheni del PDK,
PUK etc., ed americani, si sono recati ad Ankara per incontri che
dovrebbero iniziare il 18 marzo per decidere il da farsi in caso di inizio
delle operazioni. Gli americani cercano di promuovere un accordo tra turchi
e kurdi irakeni. I quali sono divisi in particolare dal problema delle due
zone kurde di Mosul e Kirkuk, che sono tuttora sotto il controllo di
Saddam: a chi dovranno andare? Sia i Turchi che i Kurdi iracheni le
rivendicano. Per scongiurare un conflitto kurdo-turco, la posizione
americana sulla questione del fronte Nord si e' capovolta: ora non sarebbe
piu' necessario, e alle offerte di intervento della Turchia gli USA
rispondono: "No, grazie", e "Guai a voi se ci provate".

Cosa decidera' il governo turco? e i militari turchi?

L'intero Kurdistan, irakeno come turco, puo' diventare da un momento
all'altro un rovente campo di battaglia, e in Turchia puo' scatenarsi la
spirale della repressione. Se la comunita' internazionale non riuscira'
immediatamente a fermare la follia criminale di George Bush, anche
quest'altra spaventosa tragedia si consumera', probabilmente
nell'indifferenza generale, perche' ora tutti gli occhi del mondo sono
puntati su Saddam e la sua sorte.

Nel frattempo nuovi altri eventi si profilano sullo scenario della
questione kurda.

Il 12 marzo la Corte Europea dei Diritti umani ha emesso la propria
sentenza sul processo Ocalan. Abdullah Ocalan, catturato nel febbraio 1999
e condannato a morte il 1 giugno 1999, aveva presentato ricorso alla Corte;
in seguito, il 3 ottobre 2002, la Corte di Sicurezza Nazionale di Ankara
aveva commutato la sua pena in ergastolo. La situazione di reclusione di
Ocalan aveva raggiunto livelli insopportabili di isolamento fino al 15
febbraio: la sua stessa sorte era avvolta nel mistero. Il 15 febbraio
finalmente una delegazione del Consiglio d'Europa si e' potuta recare a
fargli visita nel carcere dell'isola di Imrali, ma da allora le condizioni
di isolamento sono continuate. La sentenza della Corte del 12 marzo
condanna la Turchia per aver condotto contro Ocalan un processo iniquo.
Assolve invece la Turchia dalle accuse di trattamento inumano e degradante
per le modalita' del trasferimento di Ocalan dal Kenya, e per l'isolamento
a cui e' sottoposto a Imrali.

Pochi giorni fa la Magistratura turca ha decretato fuorilegge l'Hadep, il
partito kurdo. Non e' che l'ennesimo episodio di scioglimenti di partiti,
giornali, associazioni (l'Hadep era gia' stato eliminato, ivi compresa
l'eliminazione fisica di molti suoi esponenti, quando si chiamava HEP, nato
nel 1990 e chiuso il 4 luglio 1993, e poi, nel 1994, quando si chiamava
DEP). Questa volta il partito non ne ha conseguenze catastrofiche, perche'
e' gia' rinato prima delle elezioni di novembre come DEHAP (fondendosi con
altri due partiti minori), ma ora anche contro il Dehap si sta avviando una
procedura che ne chiede lo scioglimento, e comunque una simile violazione
dell'elementare diritto di associazione politica in un paese che pretende
di entrare in Europa fa, semplicemente, schifo. Nel maggio 2002, una
Delegazione del Parlamento Europeo aveva messo in guardia che, "se l' HADEP
verra' chiuso, cio' sara' un serio passo indietro nelle relazioni tra the
Unione Europea e Turchia". Hadep presentera' ricorso alla Corte Europea dei
Diritti Umani.

Un fatto invece parzialmente positivo si prevede per la vicenda di Leyla
Zana: il suo processo verra' rifatto, a partire dal 28 marzo, ad Ankara. La
Turchia, su pressione del Consiglio d'Europa (ma anche della Unione
europea) aveva da poco approvato una nuova legge (retrial law), che
consente il rifacimento dei processi in presenza di sentenze della Corte
Europea dei Diritti Umani. E, per l'appunto, tale Corte, a cui Leyla Zana e
gli altri parlamentari DEP avevano fatto ricorso nel 1996, aveva
pronunciato, il 17 luglio 2001, una sentenza di condanna dell'ingiusto
processo da essi subito da parte della Magistratura turca. L'Europarlamento
ha deciso il 13 marzo l'invio di una delegazione di 7 osservatori al nuovo
processo di Leyla Zana.

17 marzo 2003

Aldo Canestrari