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Portare testimonianza/5 - Baghdad, 12 dicembre 2002
- Subject: Portare testimonianza/5 - Baghdad, 12 dicembre 2002
- From: Giorgio Lavelli <giorgiolavelli at katamail.com>
- Date: Mon, 10 Mar 2003 11:08:19 +0100
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Voglio che gli Stati Uniti non attacchino, non facciano nuovamente ricorso al barbaro uso della violenza e della guerra per raggiungere i loro fini. Voglio che gli americani continuino a insorgere contro questa impresa così pericolosa. Voglio vedere mille donne e uomini americani e inglesi percorrere le strade di Baghdad con fasce bianche al braccio [in segno di lutto, N.d.T], con cartelli di protesta contro l'imminente aggressione all'Iraq. Voglio un miracolo. Possiamo, solo per un attimo, lasciare da parte i nostri appuntamenti, il nostro lavoro, i nostri impegni, per concentrare una presenza visibile qui, per manifestare il nostro sostegno a un'alternativa nonviolenta? L'altra sera l'ex presidente Jimmy Carter ha dichiarato, accettando il premio Nobel per la pace: "Talvolta la guerra può essere un male necessario, ma dobbiamo ricordare che è sempre un male". In questo caso è un male che possiamo stroncare sul nascere, prima che sfugga di mano. Non sono un ingenua. Come la maggior parte di voi, ho passato mesi a cercare di capire i reali motivi che spingono l'amministrazione Bush a volere la guerra a tutti costi. Le ipotesi sono molte: il petrolio, il terrorismo, la sicurezza di Israele, le armi di distruzione di massa, una scontro di civiltà, ridisegnare i confini. Tutte queste motivazioni cedono di fronte a un'obbiettiva valutazione dei fatti: 1. Possiamo contrattare l'acquisto del petrolio di cui abbiamo bisogno. 2. Non ci sono prove convincenti di un coinvolgimento iracheno negli attentati terroristici. 3. L'Iraq, con il suo patetico arsenale (se pure ne ha ancora uno) non sarà mai in grado di competere con la potenza americana; inoltre, ci sono modi migliori per contenere, ridurre o reprimere un'eventuale minaccia da parte sua. 4. In quest'area del globo, il paese che detiene armi di distruzione di massa è Israele. 5. La guerra non prende di mira l'Islam: la politica americana si dice indifferente alle questioni religiose, e ad ogni modo l'Iraq è (o perlomeno era) lo stato più laico del mondo arabo. 6. E non può riguardare questioni territoriali, dato che l'attuale frammentazione del mondo arabo fa gioco agli interessi americani. E allora? Metti tutto insieme, e il risultato è più della somma delle sue parti. A scuola lo chiamavamo imperialismo, quando studiavamo i grandi imperi accentratori di Roma, degli Ottomani, del Portogallo, della Spagna e dell'Inghilterra. Non potrebbe darsi che l'occupazione dell'Iraq sia la prossima mossa nell'ascesa del massimo impero della storia? È questo l'obbiettivo del nostro paese per il ventunesimo secolo? È qualcosa che siamo disposti ad accettare, basta che il bottino raggiunga le nostre tavole e le nostre automobili? Mi rendo conto di essere sotto pressione e troppo emotiva. Ma sono cresciuta nella convinzione che il mio paese fosse il più grande difensore della libertà e della democrazia. Provo sgomento per il cocente disinganno. Forse i miei sentimenti risentono della nostra - mia e di Elias - esperienza recente al convegno del movimento nonviolento globale per la pace (...) La conferenza di Delhi si è aperta con uomini e donne che traducevano ciascuno nella propria lingua il proverbio "il sentiero si fa camminando". Magnifica prova di comprensione interculturale. La mia preferita è stata la traduzione coreana: "Se camminiamo, e camminiamo, e camminiamo, la gente la chiamerà strada". E perciò camminiamo. (...) Dopo questo convegno, sono fermamente convinta che il nostro sogno di un mondo diverso non sia impossibile. Vedo che ci si sta lavorando in migliaia di modi al livello locale, e questo mi dà molta speranza. Ora dobbiamo imparare come renderlo possibile su scala più vasta. Il compito dei nostri politici, affaristi e diplomatici è chiedersi come possono servire il sogno della gente. Tutto il resto ha già fallito: il paesaggio iracheno è costellato dai resti di imperi polverizzati, la Mesopotamia, l'Assiria, Babilonia. La natura effimera della volontà di dominio appare evidente (...) Oggi non c'è problema più urgente che prevenire questa guerra. Qui si riassume tutto: l'equilibrio geopolitico, la nostra risposta al degrado ambientale, il possibile trionfo del fondamentalismo sulla tolleranza e la diversità, una soluzione equa del conflitto in Israele/Palestina, il futuro economico per miliardi di persone, la sicurezza degli americani in patria e all'estero. Cosa sceglieremo? Io lavoro, e prego, per un miracolo. Vi prego, unite alla mia la vostra preghiera e la vostra azione, in quelle forme che vi sono possibili. In pace, Rabia (Elizabeth Roberts) ---------------------- AVVERTENZA Legge 675/96. 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