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I loro figli di puttana e i nostri
- Subject: I loro figli di puttana e i nostri
- From: lanfranco caminiti <lanfranco at apolis.com>
- Date: Thu, 27 Feb 2003 11:03:43 +0100
I loro figli di puttana e i nostri [Ça iraq. Quattro] lanfranco caminiti [www.lanfranco.org] Franklin Delano Roosevelt, ponendo fine nel 1939 al protettorato diretto degli Stati Uniti sul Nicaragua, disse: "E' probabile che Somoza sia un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana." Più o meno la stessa stringata considerazione dell'altro Roosevelt presidente, Theodore, a proposito di un qualche dittatorello sudamericano, quando, saputo di alcune porcherie di quello, se n'era uscito bofonchiando: "E' una canaglia, d'accordo. Ma è la nostra canaglia." Il sostegno a personaggi squallidi e a volte orribili, umanamente, moralmente, politicamente, è stato il lato oscuro della politica estera americana, basato sui rovesciamenti di governi democraticamente eletti o sulla guerra sporca contro agguerrite opposizioni, troppo minacciosi gli uni e le altre, per eccesso di nazionalismo o per schieramento nei blocchi, degli interessi degli Stati uniti. Colonnelli, massacratori di varia risma, generali fantoccio, squadroni della morte, profeti apocalittici, gangster, partitelli "democratici" inventati a tavolino, tutti e ovunque hanno trovato soldi, armi, appoggi nel delirio anticomunista: non sto dicendo niente che non sia ormai patrimonio comune della opinione civile americana e internazionale e anche incartamenti di atti consultabili di organizzazioni quali il Dipartimento di Stato, la Cia e via discorrendo. Forse è banalmente così che si governa un impero. C'è stato un momento in cui i "loro" figli di puttana divennero inaffidabili e gli si rivoltarono contro: credo che a cominciare sia stato Noriega o i "contras" o qualcuno a Haiti, chi se lo ricorda più, o quelle testedicazzo dentro l'emigrazione cubana. Non era solo il fatto che fossero ormai impresentabili, ma in qualche modo queste facce d'ananas cercavano un margine di manovra, di arricchimento personale ancora maggiore, di allargamento dei propri deliri, insomma si erano presi troppo sul serio. A volte il loro populismo diventava fastidioso e nocivo di interessi congrui. Lavoravano in proprio, traffico d'armi, narcotraffico e cose così, capaci addirittura loro, i figli di puttana, di tirarsi dalla propria parte anche ufficiali, senatori e vita pubblica americana: Pablo Escobar, per esempio, con il suo cartello di Calì, era una figura spuria ma apparteneva di diritto a questa categoria. Facevano affari e politica "in proprio", insomma. Il modo in cui fu risolto il caso del piccolo Elian, divenuto icona dell'emigrazione cubana in Florida, non lascia spazio a dubbi sulla determinazione a mettere ordine in quel puttanaio. Le cose così non funzionavano più tanto bene. C'è un elemento collaterale e suppletivo in questo passaggio: il rafforzarsi dell'"intuizione" dell'uso della fede, del fondamentalismo religioso, del fanatismo religioso come alimento irriducibile della lotta politica. Anche di controllo sociale: i rapporti fra le varie sette americane di fondamentalismo cristiano televisivo o della Nazione dell'Islam di Farrakan e l'Fbi sono qualcosa più di semplici illazioni, così come quelli fra strutture del tipo della chiesa del reverendo Moon o del Falun gong e la Cia. Strumento di controllo all'interno e per opposizioni e guerriglie da utilizzare in vari modi, questa "intuizione" divenne sicuramente uno dei perni dei traffici di politica internazionale degli Stati uniti. Poteva funzionare, ha funzionato contro l'impero sovietico, ma anche - quale fosse la fede poco importa - contro la Lega araba e ogni velleità di politica autonoma di questo o quello Stato e in ogni caso come elemento destabilizzante in aree cruciali per strategie militari o economiche. Lo stesso Karol Woytila [e Solidarnosc e Walesa] deve molto, moltissimo per la sua Polonia a questa "intuizione" americana. Non ci vedo nulla di scandaloso in questo: forse è così che si rovescia un impero. A esempio, all'opposto, l'impero ottomano si sgretolò proprio facendo leva sulla laicità. Il fondamentalismo religioso poteva essere [lo è stato] un'arma potente contro il comunismo, quindi svolto in forma politica; caduto il comunismo poteva essere comunque un'arma di pressione o di destabilizzazione di regimi e aree o di loro "stabilità passiva". Non c'è stato, insomma, uno sviluppo del tutto "spontaneo" di questo fenomeno planetario [a partire dalla crescita d'influenza della destra cristiana all'interno degli Stati uniti e della destra ortodossa in Israele e nei territori dei coloni]. O comunque la strumentalità della "intuizione" americana ne ha accentuato l'ingovernabilità. Sembra che in tempi relativamente rapidi, una volta conclusa la loro "missione", questa nuova genia di figli di puttana gli si rivolta contro, come riappropriandosi - in un soprassalto - di quella frase del vecchio dittatore messicano Porfirio Diaz "troppo vicini agli Stati Uniti, troppo lontani da Dio." Molti indizi confortano l'impressione che in questa categoria si possa iscrivere un personaggio come bin Laden. Quei figli di puttana non sono più "loro". Di nuovo. Anche all'interno, dico: quello che accadde a Waco, con decine di fanatici seguaci di David Koresh bruciati vivi nell'assedio dei poliziotti pazzi furiosi del ministro Janet Reno, forse non è del tutto casuale. Poi, le cose si complicano e non sono mai lineari: un dittatore laico come Saddam c'azzeccherebbe poco se non fosse che lui stesso fa leva sul fondamentalismo "esterno" per espandere le ragioni del mondo arabo contro l'impero americano; la dinastia saudita andrebbe rasa al suolo, su un criterio di tasso fondamentalista, ma ha svolto sempre - e sinora - un ruolo di "contenimento" del fondamentalismo, di riconduzione solo e esclusivamente alla religiosità o alla predicazione profetica, formale e innocua. Poi, le cose si complicano e non sono mai lineari: il nemico pubblico internazionale numero uno, Gheddafi, è diventato un fiero sostenitore delle soluzioni americane: un figlio di puttana in proprio è diventato un figlio di puttana a libro paga. In questo scenario demenziale, la cui unica alternativa verrebbe da dire sarebbe un ritorno degli Stati uniti ai propri confini - un'alternativa impraticabile, lo può capire chiunque, e i cui risultati non è detto che non potrebbero essere anche peggiori del quadro che abbiamo sotto gli occhi - le situazioni di instabilità globale sviluppano appetiti e nuove aree di influenza: se la Spagna ricostruisce un rapporto privilegiato con buona parte dell'area dell'America latina e limita lì - e con forti paletti, lì è il cortile di casa americano - le proprie possibili aspirazioni internazionali, la Germania che aveva immaginato una sua espansione nell'area dei Balcani e nell'est europeo si accorge che in realtà le cose non stanno proprio così e non certo per il persistere dell'influenza sovietica, mentre la Francia non riesce a andar oltre un ruolo di guardia mercenaria a interessi in alcune zone - e non proprio principali - dell'Africa. La crisi del mondo arabo e del mondo islamico - crisi che dovrà trovare soluzioni differenti da un'avanzata fondamentalista, con nuove classi dirigenti, economie, scambi - è una occasione straordinaria. Serviranno altri figli di puttana, i Djindjic e i Kostunica, i Karzai, i leader dell'Iraqi National Congress, in queste cose bisogna investire, pazientare, foraggiare, allevare, selezionare, prender tempo. Non c'è una classe politica internazionale paragonabile a quella dei tempi di Nasser e Nyerere e a quella del Terzo mondo con Tito e Nehru. E ai "piani alti" dell'impero la vedrebbero come fumo negli occhi, gente così. La nuova strategia si basa su forme di protettorato e l'instaurazione di regimi formalmente autonomi e regolati da una vita pubblica a "democrazia simulata", praticamente quello che è accaduto in Serbia e in buona parte dei Balcani e adesso in Afghanistan. I dittatorelli non bastano più al controllo delle risorse energetiche, delle materie prime e delle aree militarmente strategiche. Da questo punto di vista l'insistenza della motivazione americana all'abbattimento delle dittature e all'esportazione della "democrazia" non è solo [lo è anche] "mera propaganda". Come non lo è la "enduring freedom". Dove è necessario mantenere l'ordine, si interviene in armi: nelle Filippine, in questo momento, ci sono già 1.500 soldati di truppe scelte americane alla caccia dei terroristi di Abu Sayaff, e altri "consiglieri" sono qui e là nel mondo: se ci si pensa è assolutamente scandaloso. Se ci si pensa è anche il modello dell'impero britannico nel punto della sua massima espansione. Qui è aggiornato su scala planetaria. [Ma adesso dico anche: è da lì che venne Gandhi]. L'affluenza naturale dei mercati non è sufficiente a permeare e modificare queste società: occorre la rivoluzione della politica perché questo accada, e la rivoluzione della politica, imposta dall'esterno, è la guerra. La "guerra permanente" non è solo uno slogan. Il terrorismo diventa altrettanto strategico. Chirac e Schroeder sono oggi gioco forza gli unici leader mondiali in grado di tirare il più possibile la corda verso la messa in sordina dell'espansionismo militare-politico americano diretto e la ricerca di soluzioni alternative. La Cina sta assestando e pianificando per i prossimi trent'anni la sua potenza, spingendo l'acceleratore sull'aspetto della produzione, ma per quel tanto che la preoccupa un qualsiasi mutamento nell'area asiatica gioca un ruolo di freno, e Putin ha troppo da fare ancora al proprio interno. Non trascurabilmente, per Francia e Germania, gioca anche la presenza di colonie interne islamiche. Sono loro, Chirac e Schroeder, i "nostri" figli di puttana? Ce ne sono altri, a livello nazionale: forse non vale la pena neppure snocciolarne i nomi. Di nuovo, non ci trovo nulla di scandaloso in questo. Forse è così che si fa banalmente politica. Un movimento enorme come quello che abbiamo sotto gli occhi, una vera mutazione genetica delle istanze di trasformazione sociale e di conquista dei diritti non può non incontrare sulla propria strada dei figli di puttana. Però, c'è una qualche trappola da una qualche parte. Il lancio di una sorta di europeismo continentale "pacifico" - quello militare è proprio molto di là da venire e forse questo ne è un suo surrogato di fatto - capace di manovrare autonomamente dentro le instabilità internazionali e la crisi dell'Alleanza atlantica [o la sua ingovernabilità quanto più si allarga] sarebbe un sogno piccolo. Soprattutto, rimetterebbe in sella come protagonisti di un processo quelle burocrazie politiche nazionali e europee che sopravvivevano o andavano estinguendosi in una pessima prova di sé. La coagulazione delle istanze e delle ragioni di questo movimento nella individuazione dell'"imperialismo americano" come proprio nemico planetario a me sembrerebbe un passo indietro. Anche pericoloso. Roma, 27 febbraio 2003
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