Re: [glt NV] Lilliput e i treni della morte.



Salve a tutt*,

Carlo Gubitosa, Lunedì, 24 febbraio 2003 ore 18:12:34 +0100
ha scritto a tutt* in "Re: [glt NV] Lilliput e i treni della morte."
 >Cmq in definitiva la nostra differenza di vedute credo che nasca dalla
 >differenza di prospettive. Cio' che a te pare indispensabile su una
 >prospettiva globale a me sembra rischioso visto dalla prospettiva personale
 >di un singolo manifestante che rischia delle conseguenze che non sono
 >NECESSARIAMENTE proporzionate all'utilita o all'efficacia del suo gesto. Io
 >penso che stiamo facendo una scommessa... sul tavolo della roulette stiamo
 >puntando una possibile condanna per interruzione di pubblico servizio, e se
 >qualcuno si incazza magari ci mette pure una bella associazione sovversiva
 >e compartecipazione psichica per tutti i presenti, il problema e' capire
 >dall'altra parte la posta qual e', perche' se si tratta di vite umane
 >qualunque rischio giudiziario passa in secondo piano, ma se si tratta solo
 >di azioni simboliche, cerchiamo di renderci conto che oggi per una azione
 >simbolica fatta a Genova ci sono molti ragazzi inquisiti e agli arresti
 >domiciliari e non perche' invischiati in una situazione che li ha spinti a
 >reagire.
 >
 >Quello che a mio avviso non e' assolutamente dimostrabile a priori e' che
 >il gioco valga la candela, semplicemente perche' il gioco non si sa qual
 >e', non sono chiari gli obiettivi e i possibili risultati, e la candela e'
 >altrettanto oscura, non si conoscono fino in fondo i rischi e le
conseguenze..
 >
 >Io sono libero di giocarmi ai dadi anche il braccio sinistro, basta che
 >siano chiare le regole (Quali sono i reati ipotizzabili? Quali le pene
 >previste?) e la posta in gioco (cosa ci ripromettiamo di ottenere? A che
 >costo?). La cosa minima da fare sarebbe un vademecum legale affinche' chi
 >partecipa alle azioni di blocco sia consapevole fino in fondo di quello a
 >cui va incontro.
 >
 >Io non credo che i benefici ottenuti con la lotta al G8 siano stati
 >maggiori dei danni ricevuti da tutte le persone indagate e incarcerate
 >perche' hanno vissuto situazioni piu' grandi di loro e della loro capacita'
 >di resistenza nonviolenta, e mi chiedo se i benefici potenziali ottenibili
 >con i blocchi ai treni saranno maggiori dei danni potenziali. Tutto qui. Mi
 >permetto solamente di sollevare dei dubbi, non sono certo che le azioni
 >contro i treni siano delle cavolate (sulla dichiarazione di guerra
 >pre-genova avevo le idee molto piu' chiare), ma non sono neppure certo che
 >siano indispensabili e che siano la cosa migliore da fare.

D'accordo sulle differenti vedute. Meno sul fatto di essere messo,
d'ufficio, nel "partito" di chi sta sostenendo una prospettiva
irresponsabile :-)
Ci sono diversi punti che, ho l'impressione, rendono la tua valutazione non
pienamente includente di tutte le premesse necessarie.
Per esempio: è giustificato un parallelo con Genova? No, perché quello fu
lo spartiacque di un assetto e di una concezione di diritti e democrazia
che nel nostro paese, e non solo perché stiamo parlando di società
occidentale, sono stati sconvolti prima dalla repressione poliziesca e poi
dai fatti dell'11 settembre. Vi sembrano fatti così lontani? Forse, ma un
filo sottile c'era (c'è): l'aver capito che nella dimensione di un impegno
per un mondo più giusto ci sarebbero stati poteri che si sarebbero giocati
fino all'ultima carta, rischiando consenso e fossato tra rappresentanti e
società reale, pur di riaffermare l'illegittima pretesa ed il cinismo di
interessi economici e politici di pochi su quelli di tutt*. Il teatrino
dello "sfondamento della zona rossa" e degli scontri programmati, viene
affossato da segnali eloquenti come Robertson, segretario NATO, che si
affretterà, quasi in concomitanza con politici "locali", a congratularsi
con l'arma dei Carabinieri per il lavoro svolto.
Io credo che l'opposizione sentita e diffusa a questa guerra viva di questa
consapevolezza che ha saputo declinare sulle diverse sensibilità: che
abbiano concepito democrazia e diritti al FSE, o tra i girotondi, nel nuovo
Ulivo di Cofferati o a Porto Alegre, nei fori sociali, nella lotta al
fianco di migranti, ecc.. Se perdiamo di vista questa cosa rischiamo di
mettere in premessa una situazione contigente tutto sommato accettabile,
quando non lo è per niente. Ed in più si rischierebbe di trascurare l'altra
conseguenza, sentita e diffusa, di una simile concezione: il fatto che
siamo di nuovo ad un bivio nel lento scivolamento di ogni riferimento
democratico o di stato di diritto, verso l'affermazione di potere
costituente che vuole essere materiale e formale nella legge del più forte.
Un bivio nel quale imboccare la strada giusta potrebbe significare evitare
conseguenze inconfessabili per l'esistenza biologica tout court, o ci
stiamo forse scordando che si parla di armi di distruzioni di massa e
deterrenza atomica? E non parlo dell'Iraq.
In questo senso, Carlo, mi dovresti spiegare cosa si sarebbe potuto evitare
al G8 e come potremmo evitare tutte le conseguenze che elenchi tu. Perché a
me sembra, sulla scia di questo ragionamento, che la candela o la posta in
gioco, è chiara, mentre è meno chiaro il gioco, ovvero i meccanismi sociali
che tengono insieme le azioni e le capacità di tutt* nel mobilitarsi per
questo obiettivo. O meglio sono intessute in una relazione complessa di
cause ed effetti dove hanno un peso anche le discussioni che stiamo facendo.
Io credo che in una simile situazione il ruolo del nonviolento sia
prioritariamente quello di adoperarsi affinché non sopraggiunga il panico.
Esattamente quello che succede nelle dimensioni di gruppo quando mantenere
la calma diventa fondamentale per ragionare e trovare la mossa migliore che
limiti i danni o li prevenga totalmente. Tra le altre cose, faccio notare,
bloccare i treni è un'azione simbolica che si gioca sul piano della
prevenzione del conflitto visto che, una volta che la macchina bellica è
fisicamente partita e i bombardieri sono pronti al decollo, diventa ben più
difficle operare con la stessa efficacia. Le azioni penali sono un
problema? Stiamo parlando di "interruzione di pubblico servizio", qualcosa
per la quale anche Ghandi e Luther King avrebbero rischiato!. Non di
devastazione o saccheggio. E meglio di me, chi ha qualche anno in più,
potrebbe documentare cosa è successo in anni non troppo lontani a chi, di
fronte a situazioni allo stesso modo insostenibili, teorizzò e praticò la
lotta armata. Mi sembra che anche questo sfugga alle premesse e,
francamente, rischia di fare da sponda alle intenzioni di gente come Bondi
che si permette le farneticazioni che ho riportato qui.
Ripeto: il punto è, viste queste premesse, come ci comportiamo?
Questa volta la domanda la pongo io :-)
M.