Woytila a Baghdad, senza "se" e senza "ma"



WOYTILA A BAGHDAD, SENZA "SE" E SENZA "MA"

Non è questa la sede per analisi di merito, geopolitiche o teoriche. Del
resto, chi conosce "Indipendenza" sa come la pensiamo, e chi non lo sa può
leggere la rivista, visitare il sito, scriverci, interloquire con noi. Alla
vigilia della ennesima guerra di aggressione -stavolta di nuovo a Baghdad-
riteniamo che vadano sostenute tutte le iniziative che concorrano a rendere
difficile, se non a fermare, l'ennesima mattanza. Diciamo questo tenendo
conto delle condizioni e dei limiti che registrano generalmente le realtà
ed i movimenti più o meno "antagonisti" nei paesi a capitalismo avanzato.
Perché maturino le coscienze collettive sulla posta in gioco oltre questa
guerra, puntando anche a far emergere contraddizioni, avrebbe un forte
impatto comunicativo e simbolico attuare tutta una serie di pressioni
perché il Papa si rechi a Baghdad in pianta stabile, finché non sia
smobilitata la macchina di morte imperiale/imperialista in via di compiuta
dislocazione. Il che non esclude la possibile compresenza in loco di
rappresentanti significativi di altre religioni, come il Dalai Lama ad
esempio. La giornata del 15 febbraio, che segnerà manifestazioni contro la
guerra in varie parti del mondo, potrebbe porsi anche questo tra i suoi
obiettivi. A tal fine qualunque realtà potrebbe mettere in atto iniziative
autonome o coordinate (visibili anche a S. Pietro, ad es. durante le
allocuzioni del Papa o con scioperi della fame, lì, a staffetta) perché si
spinga la stessa Chiesa cattolica ed il suo Papa a dare seguito alla tante
volte proclamata affermazione di stare dalla parte degli ultimi, degli
oppressi e dei perseguitati. Ai seminatori di morte statunitensi ed al loro
codazzo gerarchizzato di servi la responsabilità di assassinare, oltre al
popolo iracheno, anche il Papa.