LA ROCCIA DELLA PACE



Questo - articolo dal titolo "LA ROCCIA DELLA PACE VA SCAVATA A MANI NUDE" - è uscito su PAESE NUOVO di mercoledì 8 gennaio 2003 e riguarda i discorsi di Alex Zanotelli.

E' di Giuseppe Goffredo.

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Non c’è guerra sotto questo cielo, stasera, fra i primi giorni del duemila e tre. Le strade intorno alla Vallisa sono gremite di gente. Una folla enorme. Sono persone che voglio ascoltare. Che vogliono mettere ordine dentro di sé: nella loro mente e nella loro coscienza. Sapere. Capire. Toccare. Comprendere che la pace è possibile. Non rivedere più quelle macchie verdastre sul cielo di Baghdad, come fu nel ’91. Non vogliono né ora ne mai una seconda guerra contro l’Iraq. Non vogliono altre guerre. Non vogliono che in questo inizio di millennio, falsamente: l’Oriente e l’occidente, l’Islam e la cristianità, si scontrino. Anzi a questa teoria dello scontro di civiltà, la maggior parte di questa gente, non ci crede. Non crede alle parole “neo-orientaliste” di Oriana Fallaci. Né ai suoi seguaci più feroci. La maggior parte di questa gente pugliese, meridionale, crede in un altro progetto di vita. Sa, come io stesso ho verificato, nel mio viaggio un mese fa a Baghdad, che in Iraq ci sono uomini, donne, bambini, artisti, intellettuali che vogliono la pace. Sanno che nessun generale Franks porterà la democrazia a Baghdad. Sanno che questa guerra è una guerra di conquista per il petrolio. Che a pagarne le conseguenze sarà il popolo iracheno e che a beneficiarne sarà il petroliere Bush, le industrie degli armenti, gli inglesi che finalmente, a distanza di più di mezzo secolo riaffermeranno il proprio predominio sulla terra della Mesopotamia. Sanno che occorre ricostituire ora, subito, alcune verità contro le molte menzogne, e per questo che sono qui a Bari da tutta la Puglia, cattolici, giovani, no global, famiglie, per ascoltare un prete Comboniano Alex Zanotelli, un prete che in questi anni, pagando di persona, con la sua militanza fra le baracche di Korogocho in Kenya, ha continuato a scavare a mani nude nella roccia della pace, associandola a quella della giustizia e della vita. Ed eccolo qui Alex Zanotelli, insieme a padre Michele Stragapede, insieme a Tonino dell’Olio di Pax Christi, a parlare in Puglia, ad avvertire questo pezzo di Sud e la sua gente che sempre più questa regione rischia di diventare una terra di guerra, di porti e aeroporti militari, di figli arruolati per fare la guerra. “Una terra che dice non ricorda più “l’arca di Pace” di cui parlava don Tonino Bello, ma “l’arco di guerra””. E per tutti noi la chiesa della Vallisa, per una sera, ritorna ad essere consacrata. Consacrata dalle sue parole, che non sono parole facili da ascoltare: “ognuno di noi è colpevole di un sistema mondiale assurdo, un sistema militarizzato che ammazza e uccide: un sistema di peccato” dice Zanotelli. Eppure, è proprio quel “Noi” che fa Una questa folla, ma, al tempo stesso, la fa sola con il mondo. E per un attimo, ecco, dal soffio delle sue parole, si compie nella sera dell’epifania: l’epifania di una chiarezza. Dire no alla vergogna di sapere che qualcuno in un altro posto vicino o lontano muoia di guerra; che qualcuno in un altro luogo ammazzi un altro; che a qualcuno è consentito (legalmente) di uccidere un altro. Uccidere liberamente. Uccidere sapientemente. Uccidere con a disposizione tutto lo scibile umano: scienza e tecnologia. Uccidere infliggendo all’altro il massimo della sofferenza, della tortura, del dolore. Uccidere non solo il suo corpo, ma i suoi geni; non solo lui, ma anche i figli che verranno e la sua civiltà. Uccidere con una divisa addosso e una bandiera, in nome mio, del mio paese, della mia terra, in nome persino di Dio.

Così, mentre padre Zanotelli torna ad affermare con naturale semplicità quello che a tutti, cristiani e no, è evidente: la guerra è il peccato dei peccati, il crimine dei crimini contro l’umanità, - noi ci domandiamo se davvero un capo di stato, un presidente, un uomo potente, può disubbidire a questa legge di Dio e degli uomini. Se davvero può porsi al di sopra della natura. Sostituirsi a Dio. Ordinare che qualcuno ammazzi qualcun altro. Costringere un uomo a diventare un soldato, e costringere il soldato ad ammazzare altri uomini. E questo crimine riconoscerlo come legale. Davvero è possibile che un’oligarchia può costringere un paese, il suo esercito, a utilizzare la tecnologia e le armi, per attaccare un altro paese, un’altra popolazione, a occupare i loro territori, uccidere donne, vecchi, bambini, con la ragione esplicita di fare i propri interessi, o gli interessi di una parte del mondo? Che questa parte del mondo Occidente, Europa, Italia, Mezzogiorno, Puglia, - accetti di macchiarsi di questo orrendo delitto? Che fondi la propria esistenza su un crimine legalizzato, collettivo, riconosciuto sulla base della forza? Che quel delitto diventi il presupposto della propria esistenza? La regola sulla quale poggia il proprio vivere? Che venga, così, man mano sottratto dall’orizzonte morale del paese l’idea di vita, di giustizia, di pace? Che già la nascita per ognuno dei nostri figli comporti in sé il peso di una responsabilità di delitto contro gli altri? L’idea che gli altri siano, null’altro che nemici: nemici da uccidere? Possiamo permetterci di basare il nostro futuro e il futuro dei nostri figli su questo? Possiamo pensare di basare il futuro politico e culturale dell’Occidente, dell’Europa, dell’Italia, della Puglia, su una dottrina di sopraffazione, come pretende una ristretta oligarchia del mondo?

E questo a nome “nostro”, come hanno denunciato i pacifisti americani in un loro recente appello contro la guerra. A nome nostro: anche della Puglia, di questa città, di questa regione, dei suoi mandorli, delle sue pietre, dei suoi ulivi, della sua gente. Così, nulla mi sembra più insopportabile del pensiero che qualcuno in nome di questa Terra possa uccidere. Che da questa Terra possano partire aerei per andare a bombardare altre terre. Che venga staccato questo cielo, queste esistenze dalle altre. Che questa vita possa essere barattata con la morte altrui. Che questa bellezza debba essere difesa dalle armi. Mi dico. Il mondo basato su questo meccanismo non può funzionare. Non c’è razionalità in questo disegno. Non c’è possibilità in questo ideologia. Tutto si mantiene in un nihil distruttìvo, illogico, contronatura. Quasi che il mondo debba scomparire domani. E che tutti, per ciò, devono nutrirsi della morte dell’altro.

Molte cose dall’inizio della storia umana sono cambiate. Molti tabù, come quelli dell’incesto, sono scomparsi. Perché il mondo non potrebbe disfarsi della guerra? La guerra non è un valore. La guerra non è un obbligo. La guerra non è una soluzione. La guerra è uno strumento. Ma di uno strumento si può concepire un uso diverso. Un coltello può servire per dividere il pane o per uccidere. Cosa impedisce di usarlo nel primo modo. Perché la scienza e la tecnologia anziché essere usate dal potere per fabbricare armi (armi atomiche, batteriologiche, chimiche), - come da anni, hanno fatto l’Occidente e gli Stati Uniti, - non vengono usate per risolvere le crisi del mondo: crisi ambientali, crisi economiche, crisi sanitarie, crisi energetiche etc. ? Perché gli Stati Uniti non hanno rinnovato da quando Bush è al potere alcun trattato: da quello contro la sperimentazione di nuove armi atomiche, a quello sulle mine antiuomo, da quello contro i livelli di inquinamento a quello contro il perseguimento dei crimini contro l’umanità? Perché si continua a nascondere queste crisi sotto l’ombrello della guerra? Perché non si comprende che nessuna civiltà può durare usando il coltello per uccidere anziché per dividere il pane? Così come la famiglia non è fondata sul conflitto, così la società non può essere fondata sulla guerra. Lo stato assume il monopolio della violenza per eliminare la violenza. E’ questo che recita l’articolo 11 della Costituzione italiana quando dice che abiura la guerra come strumento di risoluzioni dei conflitti internazionali. Tutta la società umana, dalla fine del secondo conflitto mondiale, ha riconosciuto attraverso l’ONU, che la guerra non è un valore; che non può essere giustificata alcuna aggressione di un paese sull’altro, e dunque nessuna guerra “preventiva” è giustificata, così come Bush afferma, preparandosi ad attaccare l’Iraq. E questo mentre gli Ispettori dell’ONU continuano a non trovare alcun armamento, questo perché non vi è alcun arma di distruzione di massa in Iraq, oggi, cosa che gli ispettori dell’ONU sanno dal 1998.

La guerra non è un valore. Questo è scritto nelle convenzioni internazionali, ma i capi di stato delle maggiori potenze mondiali, Bush e Blair, stanno per infrangere questa regola che a fatica la specie umana si è data. Nessuna convivenza fra gli uomini può poggiare sulla guerra e sulla ingiustizia, come non si stanca di dire Giovanni Paolo II. E’ la pace, allora, il valore di base del mondo. La guerra è ciò che infrange la pace: ovvero infrange l’ordine naturale, il diritto internazionale, il vivere civile. Anzi la guerra e ciò che azzera il vivere civile e quindi la civiltà degli uomini. Per ciò la civiltà non può basarsi sulla guerra, né tanto meno il “progresso” può basarsi sulla violenza e la sopraffazione. Ogni economia che vuole alimentarsi con la guerra, l’industria degli armamenti, l’imposizione di uno stile di vita è destinata a fallire, a trasformarsi in una dittatura contro la libertà e la democrazia. Al successo momentaneo tale economia fa seguire un decadimento perenne e irrimediabile della società umana. Questi sono i semplici concetti che riecheggiano dalla voce di padre Alex Zanotelli, stasera, dalla chiesa della Vallisa di Bari.

E’ una menzogna allora che la pace debba scaturire dalla guerra. La pace deve scaturire dalla pace. Da nessuna guerra fino ad oggi, compresa la seconda guerra mondiale, è nata una vera pace. Le guerre, sia pure a distanza di anni, hanno portato ad altre guerre, ancora più feroci, come nel Medio Oriente, nei Balcani, in Africa. Eccezione fatta per l’Europa che ha deciso di perseguire una politica di pace. La guerra in realtà costituisce un modello generale che costruisce nel tempo una società, una cultura, una economia. Essa per ciò è un paradigma generale di civiltà, dove non c’è momento della vita, del funzionamento sociale, del comportamento individuale che non è improntato a tale paradigma. Così lapalissianamente possiamo dire che il paradigma della guerra produce la guerra. Il Paradigma della pace produce la pace. I due modelli pertanto sono due modi di vedere il mondo e di costruirlo. La distanza fra l’uno e l’altro è coperto dall’ipocrisia, dagli affari, dall’inconsapevolezza. Quello che è difficile, come ripete spesso padre Zanotelli, - non è decidere la guerra ma è costruire la pace. Costruire la pace significa costruirla ogni giorno. Ossia affermare le idee della pace. Diffondere la pedagogia della pace. Risolvere i problemi secondo giustizia e verità. Stare dalla parte dei bisogni e delle esigenze delle persone. Abbattere le ideologie dei pregiudizi e della contrapposizione. Progettare le occasioni di dialogo e di conoscenza. Promuovere un rapporto sostenibile con la natura. Usare la scienza e la tecnologia a favore degli esseri umani. Riconoscere i limiti e la misura del vivere. Cos’è la pace. Forse è questa serata mentre insieme ad altre centinaia di persone cerchiamo di capire il mondo che ci appartiene. Forse è il sole che domani batterà sulla punta degli ulivi. E l’essere consapevoli che la vita è in ogni filo d’erba, in ogni insetto, in ogni zolla. Sapere che ogni cosa si riassume in me come molteplice. Che si espande immensa e si raccoglie in un solo attimo. La pace è sapere di essere una piccola parte (di tempo e di materia) dove è presente il tutto: casuale eppure irripetibile. Tutto in ogni cosa. Ogni cosa nel tutto. Piccola, immensa natura variabile, eppure determinata in modo preciso e necessario. Per questo da non violare, non trascurare, non obliare. Una specie di catena ininterrotta dall’origine fino a me, fino a oggi, fino a tutto questo Noi, Noi che si prolungherà in un domani. Terre di terre, figli di figli, specie di specie, parola di parole. Un noi di tutto. La pace è da questo punto di vista la filosofia dell’uno e della molteplicità, della natura e dell’essere. Essa si riassume nell’attimo della vita: la vita vissuta in ogni cosa.


Per questo Alex Zanotelli non si stanca di ripetere con tutta la sua carica profetica: “siamo sul punto in cui la scelta che siamo chiamati a compiere è quella fra la vita e la morte”. La natura e cultura tendono all’ordine della pace. Ogni altro ordine avrebbe impedito nel tempo la vita e la durata della vita. Sicché la civiltà è stato costruita proprio intorno al concetto di pace e di natura. La pace è alla base di ogni religiosità. Dio non fa che confermare la natura della vita nella pace. La guerra per farsi ha bisogno di generare l’odio contro la vita e contro la natura. La guerra pone anzi lo scontro fra l’uomo e la natura, fra l’uomo e la vita. La guerra per questo è un atto contro natura. Il massimo che l’uomo può produrre ponendo in modo irrimediabile il proprio distacco dalla natura. L’uomo con la guerra contrappone la vita alla morte, il bene al male. Pone la propria escissione dalla vita del pianeta. E per questo dice Zanotelli “non si può spezzare il pane dell’Eucarestia con le mani che grondano sangue”.

Non ci può essere vita senza la pace. La pace è per ciò la vita del mondo. La pace è nella natura della vita. E’ la pace che fa crescere una farfalla. E’ una farfalla che dà pace alla vita. La pace è così la sola cosa che la natura riconosce poiché ha permesso alla vita di nascere e sopravvivere. E’ questa la metafora presente sin dall’antichità nei racconti mitologici dell’origine del mondo compresa la Bibbia. Il paradiso è il recinto cosmico iniziale dove la vita nasce, prospera e si moltiplica. Su questa consapevolezza l’uomo ha costruito l’ordine politico della pace in rapporto alla sacralità delle leggi della natura che diventano principi morali e religiosi. La coscienza è appunto la costruzione dell’ordine politico della pace. L’ordine politico della pace è la conquista umana dell’ordine naturale. Ovvero ricongiunge la vita naturale alla vita umana. Avvicinare l’etica dell’uomo a quella naturale è scoprire nella natura Dio. Ma affinché questa meravigliosa triade natura, Dio, umanità si realizzi occorre ricostruire l’idea della “Pacem in terris”.