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 | NONVIOLENZA ATTIVA E DIFESA DELLA PACE 
             A CHI SERVE LA VIOLENZA IN 
            PALESTINA?Ritorniamo con piacere al tema di Nevé Shalom con l'occasione di un 
            articolo di Bruno Segre apparso nel n.9 di novembre 2002 della 
            rivista "Argomenti".
 Ricorda Segre:"Situato in Israele su una collina 
            a metà strada fra Gerusalemme e Tel Aviv, il villaggio ha due nomi 
            Nevé Shalom in ebraico, Wahat al-Salam in arabo che significano 
            oasi di pace.
 Si tratta di una piccola realtà: venticinque 
            famiglie di ebrei e venticinque famiglie di palestinesi, in tutto 
            centosessanta uomini e donne, che da poco meno di trent'anni 
            coabitano e lavorano gomito a gomito.
 Con orgoglio, essi 
            considerano Nevé Shalom/Wahat 
            al-Salam la loro casa comune.
 Ma per quanto condotta in 
            termini civili e democratici, la cogestione del villaggio non è 
            sinonimo di idillio o di assenza di tensioni e di problemi.
 I 
            membri della comunità, infatti, pur condividendo la cittadinanza 
            (anche gli abitanti arabi dei villaggio sono cittadini israeliani), 
            fanno riferimento a universi etnico-culturali che sono storicamente 
            in conflitto.
 Detto ciò, da molti anni gli abitanti, ebrei e 
            arabi, crescono e educano in comune i loro figlioli, e per fare ciò 
            hanno messo a punto un sistema scolastico che in Israele e 
            nell'intero vicino oriente costituisce un unicum, e che da vari anni 
            è fonte d'ispirazione per molte iniziative avviate in luoghi abitati 
            da gruppi etnici in conflitto: per esempio Cipro, la Macedonia, il 
            Kosovo, l'Irlanda del Nord.
 li prodotto d'elezione di Nevé ShalomlWahat al-Salam è educazione, 
            e in particolare educazione alla pace.
 E nell'ultimo anno e 
            mezzo, da quando israeliani e palestinesi hanno avviato l'attuale 
            stagione della violenza, con tragici picchi di guerra guerreggiata, 
            il villaggio è diventato il punto di riferimento per incontri e 
            consultazioni fra molte delle organizzazioni impegnate a riannodare 
            il dialogo e a promuovere la pace…"
 L'antisemitismo che, mascherato da antimperialismo, 
            dal 1948 acceca la sinistra sul problema Palestina è ancora fermo 
            alla giusta lotta armata dei poveri arabi contro i ricchi 
            americani.Le bandiere dei Kamikaze palestinesi sfilano nei 
            cortei dei movimenti e invano i nonviolenti supplicano i palestinesi 
            e i loro amici di gettare i fucili e armarsi della nonviolenza, 
            sicuramente capace di risolvere i problemi, a patto che ci si 
            incontri come a Nevé Shalom e non 
            si voglia sterminare o cacciare l'ultimo israeliano in nome di 
            Allah.
 Siamo fiduciosi ma purtroppo aspettiamo ancora dai 
            movimenti una condanna dei criminali attentatori al Kibbutz di 
            Metzer."…Un atto criminale quanto vile…." Scrive il 
            corrispondente da Gerusalemme del "Corriere della Sera" del 12 
            novembre 2002.
 "…Che riempie di collera come non mai gli 
            israeliani e offende gli arabi dei villaggi vicini venuti subito a 
            portare le condoglianze.
 Metzer non è una colonia, non è nata su 
            terra occupata.
 No, era ed è un esempio di convivenza.
 Per 
            anni le insegnanti delle scuole israeliane hanno condiviso le 
            esperienze con le
 colleghe arabe.
 I ragazzi hanno giocato a 
            calcio insieme.
 I contadini si sono scambiati i segreti dei 
            campi.
 Un fragile laboratorio di pace sopravvissuto ai tanti 
            scossoni della 
crisi…
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