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un Natale difficile
- Subject: un Natale difficile
- From: <info at chiamafrica.it>
- Date: Sun, 22 Dec 2002 19:41:53 +0100
22 dicembre 2002 E' DIFFICILE FARSI GLI AUGURI A Betlemme, nel luogo dove Gesù è nato, i carri armati israeliani hanno fatto il deserto, La gente sta chiusa nelle case. Non un turista. Non un pellegrino. Il rumore delle lamiere che si muovono ha ormai preso il posto delle liturgie e delle feste che in questi giorni tradizionalmente accompagnavano il Natale in Terra Santa. Ogni tanto uno sparo. Nuove vittime si assommano al numero ormai incalcolabile di morti che questa guerra ha provocato. La guerra è stata capace di distruggere tutto. Anche quel po' di poesia e di dolcezza tipiche delle feste di Natale. Eppure Gesù è figlio di questa terra, di questa Regione difficile dove si scontrano odi secolari con contingenze politiche attuali. Lui che è venuto, come dicono le scritture, a fare di due popoli un solo popolo, oggi si trova schiacciato da una guerra che aumenta le divisioni, fa crescere gli odi ed è foriera di ulteriori guerre, di ulteriori conflitti. Poco più in là, nella stessa regione, in Iraq, si stanno consumando gli ultimi atti formali per cercare di dare legittimità ad un'altra guerra senza senso. Quello con l'Iraq è un conflitto che l'occidente - gli Usa in particolare - non ha mai terminato. Dieci anni di embargo hanno messo in ginocchio il popolo iracheno, rendendo nello stesso tempo più forte Saddam Hussein. Ma una nuova guerra sembra inevitabile. Nuovi bombardamenti, nuove vittime civili, nuovi "effetti collaterali" che renderanno ancora più tragico il bilancio di questo mondo che ormai sembra votato all'irrazionalità. Intanto continua la caccia all'islamico. La parola "terrorismo" apre la porta ad ogni genere di mostruosità. Mostruoso porre azioni che seminano la morte tra persone innocenti, solo per creare disordine e per colpire l'avversario. Mostruoso chi non trova altra forma di risposta che quella della vendetta che aumenta l'odio e dà corda al circolo vizioso della violenza. In nome della lotta al terrorismo si sospendono i diritti civili, si crea una situazione in cui l'emergenza pare essere divenuta la norma. In Africa continuano le guerre senza nome. Sudan, Grandi Laghi, Costa d'Avorio, Liberia. Nomi che ogni tanto, non troppo in verità, leggiamo sui giornali. Dietro ad ognuno di questi nomi un numero senza fine di vittime innocenti che hanno come unica colpa quella di essere nati in questi paesi e non altrove. L'elenco non è terminato e potrebbe continuare a lungo. Finisce così questo 2002. Ed è difficile, davvero, farsi gli auguri. C'è una cappa di tristezza che pesa su questo mondo. Quella cappa che ha fatto gridare a Giovanni Paolo II. "Dio non si rivela più, sembra nascondersi nel suo cielo, in silenzio, quasi disgustato dalle azioni dell'umanità". Farsi gli auguri per un nuovo anno che comincia diventa così un atto di fede e di speranza. Sì, fede e speranza, anche in questa umanità ferita. Che ci ha dato Auschwitz , ma anche San Francesco. Fede e speranza che vorremmo divenissero quella che il sociologo Horkheimer chiama "la nostalgia del totalmente altro". Verrà un giorno, ne siamo certi, in cui finalmente le vittime avranno ragione dei loro carnefici. Buon Natale e buon anno Eugenio Melandri ------------------------------------------------------------------------------- Ti è arrivata questa mail perchè risulti iscritto alla newsletter di http://www.chiamafrica.it - Chiama l'Africa. Via Francesco del Furia 18 - 00135 Roma - tel 329/5713452 - fax: 06/30993424 Per non ricevere più questa mail scrivi a info at chiamafrica.it Allo stesso recapito puoi segnalare notizie, iniziative o appuntamenti redazione e sintesi a cura di Paola Luzzi
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