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int. Deiana-alpini in Afghanistan
- Subject: int. Deiana-alpini in Afghanistan
- From: "Forum delle Donne" <forumdonne.prc at rifondazione.it>
- Date: Thu, 3 Oct 2002 22:41:00 +0200
Seduta n. 197 del 3/10/2002 Discussione sulle comunicazioni del Governo sull'impegno italiano in Afghanistan (ore 11,45). ELETTRA DEIANA. Signor Presidente... PRESIDENTE. Per cortesia, prego i colleghi di consentire all'onorevole Deiana di svolgere il suo intervento. ELETTRA DEIANA. Il ministro Martino, che ovviamente non è presente in aula, ha invocato senso di verità... PRESIDENTE. Per correttezza devo dire che il ministro Martino è in questo momento, per analoga valutazione dei fatti internazionali, al Senato. ELETTRA DEIANA. Va bene. Ripeto, comunque, che il ministro Martino ha invocato, nella sua comunicazione al Parlamento, senso di verità e senso di responsabilità e ha chiesto, sulla base di questo doppio senso, il voto favorevole all'invio di un contingente di alpini in Afghanistan. Vorrei sottolineare che proprio questo senso manca nella richiesta di proseguire la partecipazione italiana all'operazione Enduring freedom e nel voto che, sicuramente, asseconderà questa richiesta e scaverà - io credo - un grandissimo ed ulteriore solco tra il sentire democratico, costituzionalmente orientato, pacifista della stragrande maggioranza del popolo italiano, contrario alla guerra (addirittura il 94 per cento, stando alle ultime rilevazioni), ed il Parlamento che rischia di essere ogni giorno più lontano dalla fonte della sua legittimazione istituzionale, vale a dire dal dettato costituzionale. Per avanzare una richiesta come quella dell'invio degli alpini in Afghanistan bisogna innanzitutto celare la verità, camuffare la partita che la' in quel paese si sta giocando e nascondere il contesto in cui quella partita si inserisce: non è la lotta al terrorismo, cari colleghi e signor Presidente, non scherziamo! Non è la lotta al terrorismo il contesto che giustifica la guerra. Al contrario, ciò che sta avvenendo non farà che alimentare il terrorismo, l'odio tra i popoli, la distanza tra paesi ricchi e paesi poveri. Il contesto si chiama, invece, The national security strategy of the United States, vale a dire la nuova dottrina statunitense in materia di difesa, imperniata sull'idea, veramente imperiale e per noi di Rifondazione comunista veramente insopportabile, di impedire la nascita di qualsiasi potenziale rivale, grande o piccolo, di difendere, preventivamente - e lo ripeto - preventivamente, anche con la guerra, gli interessi della nazione statunitense ed, in subordine e nella misura della fedeltà, i suoi alleati. È stata esposta questa strategia per la prima volta nelle ultime settimane senza mezzi termini né ambiguità e consiste fondamentalmente nell'idea della guerra preventiva, versione più definita e puntuale di quella guerra infinita ed indefinita collaudata in Afghanistan. È irresponsabile - il giudizio è rivolto al ministro Martino - far finta di credere e voler far credere a noi che non vi sia collegamento tra l'Afghanistan e l'Iraq. È irresponsabile, lo ripeto! Che vi sia uno stretto collegamento lo dicono i fatti, gli esperti di questioni geopolitiche, i documenti ed i generali del Pentagono e lo ha affermato ossessivamente il presidente Bush. Dobbiamo perlomeno dare atto al presidente americano del fatto che le cose le dice e le ripete con estrema chiarezza. Il ministro Martino, nel Giornale di Sicilia, su cui è solito scrivere, un paio di settimane fa ha scritto di condividere la strategia statunitense della guerra preventiva. Sarebbe un bell'argomento di discussione in Parlamento (prima di fare disquisizioni giornalistiche), visto che una tale concezione bellica è la negazione totale ed irreversibile del dettato costituzionale della carta delle Nazioni unite, del ruolo dell'ONU e di quel senso di responsabilità che il ministro pretende di imporre. Kost si trova nel sudest dell'Afghanistan, al confine con il Pakistan. A Kost sono destinati ad andare gli alpini italiani. Kost è un luogo infido, dominato dal signore della guerra Bacha Kahn Zadran, che, pur essendo alleato degli Stati uniti d'America ai quali ha fornito centinaia di soldati mercenari per far fuori la resistenza dei Taliban, non gradisce la leadership di Hamid Karzai ed è impegnato in un conflitto sanguinoso con le forze governative. In varie occasioni, peraltro, il premier Karzai ha avuto modo di denunciare il pericolo maggiore che incombe sul suo paese in questo momento: quello che lui chiama la cultura del warlordismo, ovvero lo strapotere dei capi delle tribù dell'alleanza del nord che si stanno adoperando in tutti i modi e con tutti i mezzi, compresa la sistematica violazione dei diritti umani, per impedire il consolidamento del nuovo Governo. Intervistato quest'estate dal Washington Post, il tenente generale dell'esercito statunitense Dick Mcneill, comandante delle forze terrestri, di tutte le forze terrestri impegnate in Afghanistan, futuro comandante quindi degli alpini italiani ha ammesso, con grande franchezza, che il problema del warlordismo esiste, ma che i signori della guerra hanno fornito un aiuto essenziale, a parole sue, nell'operazione Enduring freedom. Sono insomma dei collaboratori essenziali nella guerra sul campo. Mentre Karzai, che è un uomo di formazione liberale, lamenta lo strapotere dei signori della guerra e indica nel fenomeno del warlordismo il male peggiore del paese, quello cioè che impedisce veramente qualsiasi speranza di transizione democratica, i generali del Pentagono spiegano che, senza i signori della guerra, non c'è possibilità di vincere la guerra stessa. La retorica della pacificazione viene usata per far accettare la guerra, così come ieri veniva usata quella dei diritti civili. A Kost si combatte senza esclusione di colpi, tra opposte fazioni; soprattutto a Kost si svolge gran parte di quella guerra sporca che ha fatto seguito ai bombardamenti di un anno fa sulla popolazione civile e su tutte le infrastrutture, quelle pochissime di cui era in possesso quel disgraziatissimo paese; sul territorio, nelle montagne e nelle grotte, la guerra, dopo il bombardamento, è condotta metro per metro sui territori, senza risparmio di inganni, tradimenti, violenze senza limiti, l'utilizzazione degli scontri tribali da parte degli angloamericani per eliminare le sacche di resistenza dei Taliban e dei loro sostenitori. Questo significano le parole del tenente generale Mcneill. Mi chiedo se non vi dica niente alla vostra coscienza il crimine di Mazar-el-Sharif consumato nel silenzio con la complicità, per diretta ispirazione - non lo sappiamo e ci chiediamo quando sarà possibile -, delle forze occidentali. Non vi fa eccheggiare quell'orrore dello sterminio dei prigionieri nei campi che così radicalmente è entrato nella coscienza europea, dopo il dramma della seconda guerra mondiale che ha informato le Costituzioni europee? Chi segue con mente libera, giorno per giorno, le vicende della guerra in Afghanistan, sa bene che Kost è un posto maledetto, tra i più pericolosi dell'Afghanistan, dove l'operazione Enduring freedom si manifesta per quello che è, una guerra per imporre il dominio degli Stati Uniti d'America, combattuta con tutti i mezzi per imporre nel paese un governo amico, - che, attenzione, cari colleghi e colleghe, potrà domani non essere più tale, per decreto degli Stati Uniti - e per costruire, con la forza militare, nuovi assetti politici nell'intero e cruciale territorio dell'Asia centrale. Il terrorismo c'entra soltanto perché offre una copertura alla guerra. Se si legge la stampa statunitense libera - e ce n'è tanta - tutto questo viene fuori con estrema chiarezza. I militari italiani non vanno a portare la pace, come si compiace di affermare il ministro Martino. Come potrebbero, d'altra parte, in una zona così endemicamente coinvolta nella guerra? Non è nelle loro mani né in loro potere. La guerra ha abbattuto il regime dei Taleban a prezzo di un nuovo disastro storico-politico nel paese, aprendo voragini chissà quando ricomponibili nel tessuto sociale, sostituendo il fondamentalismo degli uni con quello degli altri, come più volte hanno denunciato le donne afgane impegnate nelle organizzazioni democratiche, umanitarie, civili, come l'esponente dell'organizzazione di donne «Rawa», Zoia, insignita, per questo suo coraggio civile e politico, del premio internazionale Viareggio poche settimane fa. Che cosa vanno a fare, dunque, i nostri alpini nel sud-est dell'Afghanistan? Vanno a continuare il lavoro sporco lasciato indietro dai Royal marines... PRESIDENTE. Onorevole Deiana, la prego di concludere. ELETTRA DEIANA. ...e da quegli statunitensi pronti a partire per l'Iraq? Staranno con il locale potente signore della guerra, Padshah Khan Zadran, oppure staranno con il Governo? La decisione di appoggiare Enduring Freedom, secondo il ministro Martino, è un valore per il paese e sarebbe davvero un peccato che, per faziosità o settarismo, un tale patrimonio andasse dissipato. Dove si nasconde il patrimonio nazionale, caro signor ministro? Misurarsi con quello che sta avvenendo nei rapporti mondiali, nelle dinamiche di potere tra parti diverse del mondo, nei processi di ridefinizione strategica della guerra, misuriamo su questi terreni funzione e capacità di iniziativa internazionale del nostro paese, cominciando con il dire «no» decisamente all'invio dei militari italiani in Afghanistan (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista). Forum delle donne di Rifondazione comunista Viale del Policlinico 131 - CAP 00161 - Roma Tel. 06/44182204 Fax 06/44239490
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