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RESISTENZA POPOLARE NON ARMATA
- Subject: RESISTENZA POPOLARE NON ARMATA
- From: "Paolo Sabbetta" <paolosabbetta at libero.it>
- Date: Wed, 28 Aug 2002 11:05:30 +0200
Gli Istituti di Resistenza hanno il dovere di rivendicare il movimento di Resistenza Popolare non Armata sollecitando la promozione di una legge per riconoscimento della verità storica. RESISTENZA POPOLARE NON ARMATA - LOTTA PARTIGIANA ARMATA Scrive il Professor Giorgio Giannini (Segretario del Centro Studi Difesa Civile, in collaborazione con l'Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza - Docente di Discipline Giuridiche ed Economiche - impegnato attivamente, da oltre 20 anni, nel movimento pacifista non violento): "ŠLa resistenza partigiana non fu solo armata. E nemmeno solo un supporto. Fu un'esperienza autonoma e preziosa di partecipazione e di solidarietà. Rivalutiamo la resistenza non armata. Quando si parla di "resistenza" al nazifascismo si intende comunemente la lotta partigiana armata. Infatti è conúsiderato «partigiano combattenúte» (qualifica data da un'apposiúta commissione istituita con legúge presso il Ministero della Difeúsa) solo chi ha partecipato ad operazioni armate. Partigiano è quindi chi ha partecipato alla. lotta armata, facendo parte di una «banda partigiana»ŠNaturalmcnte, le attività non armate Šerano (e sono tuttora) considerate «attività complementari» alla lotta armata attuata dai «partiúgiani combattenti»ŠQuesta distinzione è molto cara alla maggior parte dei dirigenti dell'ANPI e degli istituti storici sulla resistenza che non consiúderano «resistenza» le attività non armate praticate, a livello individuale o collettivo, al di fuori delle formaúzioni partigiane. È quindi chiaro, in questo contesto, perché tutte le azioni non armate di resistenza, anche se atútuate a livello di massa o da larghi settori di poúpolazione siano state disconosciute a livello ufúficiale o quanto meno sottovalutate nella ricerca storica: perché non sono considerate vere e proúprie operazioni di lotta partigiana ...Nella migliore delúle ipotesi queste forme di resiústenza non armate sono state considerate, anche a livello uffiúciale, «azioni complementari» alúla lotta armata, cioè delle forme di «supporto alla lotta partigiana armata e quindi non meritevoli di un proprio riconoscimento autonomo». In verità, nella resistenza non armata, probabilmente soúno state coinvolte molte più perúsone che non in quella armata. Basti pensare che nella sola città di Roma erano «nascosti» presso famiglie o istituti religiosi, molte migliaia di persone (ebrei, dissiúdenti politici, renitenti, ex prigioúnieri alleati...). Per non parlare poi dell'attività quotidiana di contro-informazione (non solo la diffusione di stampa clandestina e di volantini, ma anche la resa di notizie false alle autorità di occuúpazione) attuata spontaneamenúte dalla maggior parte dei cittaúdini. Tutto questo dimostra chiaraúmente non solo che nella popolaúzione vi era molta "solidarietà umana" verso i ricercati e i perúseguitati, ma soprattutto che vi era una naturale predisposizione a partecipare, ciascuno secondo le proprie capacità e possibilità, alla resistenza al nazifascismo. Solo a partire dagli anni settanta c'è stato un cerúto interesse prevalentemente da parte di alcuni ricercatori di orientamento cattolico, a rivalutaúre (ponendola nella giusta luce e consideraúzione) la resistenza non armata, in particolare quella relativa al coinvolgimento della Chiesa e degli enti religiosi cattolici, soprattutto a Roma, nella protezione dei perseguitati (ebrei e dissiúdenti politici) e dei ricercati (renitenti, ex prigionieri alleati). In alcuni studi, non solo si è dimostrato che la reúsistenza non armata è stata praticata da un gran numero di persone, e quasi sempre spontaneaúmente, ma si è anche cercato di capire perché coúsì tante persone hanno praticato «esclusivamenúte» questa forma di resistenza, senza mai ricorreúre all'uso delle armiŠL'azione non violenta è stata espressamente prescelta coúme tecnica di resistenza, e non soltanto dai reliúgiosi, ai quali questa scelta era imposta dal Vanúgelo. In alcune zone del Paese e in alcune città, la reúsistenza è stata esclusivamente, o prevalentemente, attuata in forma non armata e con metodi non violenti. Ad esempio, a Roma la resistenza armata, che ha coinvolto alcuni settori della popolazione e delle Forze armate, c'è stata all'inizio dell'occuúpazione nazista (dall'8 all'11 settembre 1943), con la famosa battaglia di Porta S.Paolo (e del quartiere Ostiense); in seguito, fino alla liberaúzione della città da parte delle truppe angloameúricane (4 giugno 1944), la lotta armata è stata praticata solo da piccole formazioni partigiane, operanti prevalentemente in alcuni quartieri popolari. La resistenza della popolazione, invece, è stata prevalentemente non armata e attuata spontaúneamente in modo molto diffuso, più di quanto ufficialmente si conosca. Certamente le attività di resistenza non armata praticate non erano complementari alla lotta armata ma espressione di un'autonoma forma di resistenza della popolazione, diffusa e spontanea. Solo in parte, queste attività sono state, più o meno adeguatamente, documentate (vedi Comunità di Tormancina - nota di P.Sabbetta) e in genere si riferiscono al coinvolgimento degli enti religiosi cattolici nella protezione dei ricercati. Ci sarebbe quindi una vasta ricerca da fare, sia da parte degli Istituti storici della resistcnza (preposti appunto a tale studio) che da parte dei dipartimenti di storia contemporanea delle università. Il tempo, purtroppo, stringe perché le fonti di documentazione di queste attività di resistenza sono essenzialmente «orali»; costituite cioè dalle testimonianze delle persone che materialmente hanno attuato queste forme di lotta. In pratica, gli episodi di resistenza non armata sono conosciuti solo da chi li ha vissuti personalmente (perché li ha materialmente praticati o è stato testimone) oppure ne ha avuto più o meno direttamente notizia. Un impegno particolare deve essere profuso da quanti credono nella difesa popolare non violenta (dpn). Infatti, un mezzo utile per dimostrare la praticabilità e l'efficacia della dpn è sicuramente quello di dimostrare che la lotta non armata e non violenta è stata concretamente attuata nel nostro Paese con risultati positiviŠ". (A dimostrazione di quanto sopra, se ci fosse stato un qualche gesto armato, il risultato sarrebbe stato una violenta ritorsione tedesca; mentre con la resistenza effettuata sono state salvate vite umane e beni mobili e immobili, senza danni alle persone e alle cose. P.Sabbetta) Dal settembre del '43 al giugno '44, la Tenuta "T0R MANCINA" di proprietà dell' Istituto Sperimentale Zootecnico di Roma, fu occupata dalle truppe militari tedesche, che vi insediarono permanentemente un ufficiale addetto al controllo e allo sfruttamento della sua attività. La Tenuta, della superfice di 1.200 ettari ,con una popolazione di centinaia di persone fra mano d'opera, tecnici e impiegati, pur sotto il costante vigile controllo dei tedeschi, divenne l'occulto rifugio e asilo di ufficiali e soldati del dissolto esercito italiano contravvenenti all'ordine di arruolamento nelle file delle truppe italo-tedesche dopo l'armistizio, nascondiglio di renitenti alla leva e di richiamati alle armi, di alleati alla macchia e di partigiani celati nei boschi della Tenuta. Ebbene, per nove mesi questa situazione esplosiva che investiva e coinvolgeva tutti i residenti della Azienda, rimase costante e invariata; sarebbe bastato una minima allusione, una parola sfuggita per caso,un atto o gesto irriflessivo, per far crollare tutto un castello di bugie, raggiri, inganni, artifici, falsificazioni, con le prevedibili spaventose conseguenze di una feroce ritorsione sull'intera collettività: rappresaglie, rastrellamenenti, deportazioni, fucilazioni... E' un quadro di eccezionale fratellanza e di consapevole coraggio, espresso da singoli e da intere famiglie, consci di mettere a repentaglio la loro vita per salvare quella dei loro simili. Un eroico comportamento che raggiunse il suo culmine quando le truppe tedesche, sotto l'incalzante avanzata degli eserciti alleati, decisero l'immediata precettazione di venti giovani dell'Azienda per trasferire al nord il bestiame rastrellato. Giovani, quindi destinati, inevitabilmente alla deportazione ed ai lager. Ebbene, anche in questa circostanza, a distanza di poche ore dall'ordine di adunata dei prescelti, invece dei venti uomini in carne ed ossa, vennero consegnati alla Commissione militare tedesca... numero 20 certificati medici di invalidità!ŠUna vera e propria beffa che, non si sa per quale "miracolo", non provocò la prevedibile immancabile sventagliata di mitra al ventre del malcapitato responsabile dell'ordine impartitogli, e della conseguente inevitabile feroce rappresaglia su tutta la comunità del luogo. L'idea dei certificati medici ha del surreale e del comico, quasi da atmosfera Kafkiana: Il gruppo di papaveri burbanzosi, carichi di lustrini e croci uncinate, che avevano spadroneggiato per nove mesi, vengono turlupinati nel modo più oltraggioso ed imprevisto, poiché al posto dei venti giovani richiesti per l'accompagnamento del bestiame al nord, (che si ammalarono di colpo nel giro di una notte!), rimangono allibiti ed esterrefatti nel vedersi presentare un piccolo uomo solo, senza anima viva nel raggio di centinaia di metri, che sbandiera sotto il loro naso venti pezzi di cartaŠ Tanto da rimanere disorientati e paralizzati per qualsiasi reazioneŠ E, braccati dall'imminente avanzata delle truppe alleate, voltano i tacchi e fuggonono senza uomini e senza bestiame rastrellato. La più paradossale e assurda beffa che si sia mai potuta infliggere al tracotante orgoglio nazista!!Š E' doveroso trarre dall'oblio e portare alla ribalta una vicenda che, insieme a tante altre, deve costituire un vanto per la Nazione, e non volutamente occultata come un disonore. La vicenda della Comunità di Tormancina, emblematica fra tante altre Comunità similari, costituisce una pagina di storia che deve ottenere il doveroso giusto riconoscimento del Paese per le benemerenze acquisite da chi, senza nulla pretendere, ha rischiato la propria vita al di là di ogni suo stretto dovere, a beneficio della patria. Se da oltre 60 anni la nostra Repubblica si è coperta di vergogna nel dimenticare i suoi migliori figli, spetta alla vera Democrazia cancellare l'ignominia del soffocamento di comportamenti eroici. Bisogna mettere in risalto le doti della nostra gente che affiorano nei momenti di crisi e di emergenza, quando le condizioni di pericolo la porta a stringersi e coalizzarsi per la salvezza del singolo e della comunità. E' opportuno, specialmente oggi, richiamare alla memoria un magnifico esempio di solidarietà umana, verificatosi nell'ultima guerra, quando l'Italia dovette subire le violenze di una occupazione militare straniera. Sono fatti testimoniati da ampia documentazione. In data 2 novembre 1995 il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica risponde all'istanza, di P. Sabbetta indirizzata al Presidente Scalfaro, per il riconoscimento delle gesta di Resistenza Popolare non Armata della Comunità di Tormancina: "ŠIl Presidente Scalfaro comprende i sentimenti che ispirano il desiderio di ottenere uno speciale riconoscimento per l'eroico comportamento di tante generose famiglie, che in quei momenti non esitarono a mettere in pericolo la propria sicurezza per salvare tanti innocenti da rappresaglia nazista. Purtroppo le attuali norme di legge non prevedono una simile distinzione né al Capo dello Stato sono attribuiti specifici poteri di iniziativa legislativa, che possano in qualche modo assecondare un'aspirazione di così elevati contenuti moraliŠ". (Il Presidente della Repubblica riconosce l'alto valore morale della Resistenza, mentre sorvola sulla sua facoltà di promulgare le leggi, emanare decreti aventi valore di legge e regolamenti come citato nell'ART. 87 della Costituzione Italiana - nota di P. Sabbetta). In data 28 ottobre 1997 il Ministero della Difesa risponde all'istanza di P.Sabbetta per il riconoscimento delle gesta di Resistenza Popolare non Armata della Comunità di Tormancina: "Š istanza per la verità singolare sia perché non esistono precedenti in materia e sia perché non sembra che tale richiesta possa trovare gistificazione e fondamento in una qualche disposizione legislativaŠ questo ufficio, il quale peraltro, ritiene altamente meritorio l'operato della Comunità Italiana di Tormancina durante l'occupazione nazista, non è in grado di offrirle alcun contributo utile per la soluzione della questione". (Il movimento della Resistenza Popolare non Armata è talmente sconosciuto e ignorato da considerare "singolare" l'istanza !! - nota di P.Sabbetta). In data 26 Aprile 2002 è stata inoltrata al Presidente della Repubblica Ciampi da P.Sabbetta una istanza, per il riconoscimento delle gesta di Resistenza Popolare non Armata della Comunità di Tormancina, che è rimasta senza risposta (è stato un partigiano - nota di P.Sabbetta ). In data 1 Settembre 1999 Sabbetta scrive al Prof. Giorgio Giannini : "Š mi ha telefonato il Dr. Guidotti accenneando all'avvenuta approvazione da parte del Comune di Monterotondo del progetto di un cippo celebrativo sulla vicenda di resistenza della comunità di Tormancina e del conferimento della cittadinanza onoraria ai protagonisti stessiŠ" (promesse non mantenute - nota di P.Sabbetta). In data 4 Maggio 2000 Sabbetta scrive al Prof. Giorgio Giannini: "ŠSperavo che per la ricorrenza del 25 aprile qualcosa di concreto si fosse realizzato per un convegno sul riconoscimento della gesta di Resistenza Popolare non armata della Comunità di Tormancina. E' evidente che resistenze tenaci esistono contro tale obiettivoŠnon ci si può rassegnare al pensiero che compatrioti abbiano rischiato la vita e le sorti delle proprie famiglie senza che il paese dica loro un "grazie" destinandoli ad un ingrato completo oblioŠ". In data 18 Maggio 2000 il Prof. Giannini scrive all'Assessore alla Cultura del comune di Monterotondo: "Šho proposto le seguenti iniziative per celebrare nel 2000 la resistenza al nazifascismo: l'organizzazione di un Concorso per gli studenti delle scuole del Comune, in collaborazione con il Distretto Scolastico. Al riguardo avevo anche proposto come tema del Concorso "la solidarietà in guerra"; l'organizzazione di un Concorso sulla resistenza in occasione del 25 Aprile 2000 per ricordare soprattutto ai giovani la Resistenza nella zona di Monterotondo, in particolare quella "non armata" attuata dal personale dell'azienda agricola di Tor Mancina ŠIn occasione del Convegno si potevano premiare i vincitori del concorso suddetto; pubblicazione di un opuscolo informativo sugli episodi più significativi della Resistenza nella zona di Monterotondo, da distribuire soprattutto nelle scuole in modo da mantenere vivo il ricordo di quel periodo tra gli studenti. Queste mie proposte erano state valutate positivamente sia da lei che dal Sindaco, per cui confidavo nella loro realizzazione; purtroppo, invece, ho saputo che non si è fatto nulla. Questo mi dispiace molto perché credevo di trovare nell'attuale Amministrazione Comunale una adeguata attenzione verso il tema della "Resistenza"..." (ennesima conferma all'ostracismo della divulgazione, verso questa forma di opposizione- nota di P. Sabbetta). In data 29 Maggio 2000 P. Sabbetta ha scritto al Sindaco di Monterotondo: "Š Il sottoscritto, a suo tempo dirigente della Tenuta "Tormancina" dell'Istituto Sperimentale Zootecnico di Roma, richiama la Sua attenzione sull'oggetto della presente, allo scopo di ottenere il riconoscimento che da anni si chiede per le gesta di Resistenza contro l'occupazione nazista, compiute dal personale dell'Azienda sita nel comprensorio di codesto Comune. Più volte l'Amministrazione di Monterotondo ha promesso di indire Convegni nelle varie date celebrative della nostra storia italiana. Promesse che, volta a volta, sono state deluse in quanto non mantenute, nonostante il vivo intenso interessamento del Prof. Giorgio Giannini, Segretario dell'Associazione Resistenza Popolare non Armata. Convegno previsto, una prima volta , per il 9 settembre 1999, data dell'occupazione militare tedescaŠsuccessivamente rimandata all'ottobre dello stesso anno con la motivazione della ripresa dell'anno scolasticoŠvenuta meno questa data si prevede rimandarlo al 25 aprile u.s., data della Liberazione d'Italia. Anche quest'ultima data è trascorsa invano. Si spifferano ai quattro venti, si declamano su ogni podio, si predicano da ogni pulpito, i valori patriottici, la dignità della Nazione, i principi di libertà, da inculcare alle nuove generazioni perché conoscano la storia e ciò che hanno fatto i padri per restituire loro la libertà e la democrazia. La vicenda di Monterotondo costituisce una pagina di storia del nostro Paese, che abbiamo il dovere e l'obbligo di lasciare come esempio ai nostri giovani. A quanto pare si ha l'impressione di volerla tenere nascosta, ancora oggi, dopo cinquant'anni di colpevole silenzio. Quale motivazione si può dare ad un assenteismo così colpevole?ŠChe cosa si insegna ai nostri giovani, non solo della storia d'Italia, ma persino degli episodi locali che interessano direttamente gli eredi di quei valorosi che hanno lottato per garantire loro quella libertà e quella democrazia che oggi godono?ŠE' inspiegabile come l'Amministrazione locale abbia lasciato cadere nell'indifferenza fatti storici dei quali leggittimamente dovrebbe sentirsene fiera ed orgogliosa! La sensibilità dell'attuale Amministrazione Comunale, da Lei presieduta, porrà certamente termine ad una colpevole, e quindi riprovevole, apatica riluttanza ad affermare con fatti i valori immutabili della storia di un Paese, promuovendo per la ricorrenza del 9 settembre p.v. il programma predisposto dal benemerito Prof. Giorgio Giannini, che a tale causa sta profondendo il suo appassionato interesseŠ" (nessuna risposta come era da prevedersi - nota di P.Sabbetta). In data 9 Settembre 2000 scrivo al Prof. Giorgio Giannini: "ŠAnche quest'anno la ricorrenza dell'8 settembre è stata "volutamente" ignorata dalle Autorità di Monterotondo. Dico "volutamente" perché non occorrono sforzi di meningi per capire che esiste un ben determinato motivo di pervicace resistenza alla pubblicità della vicenda, che non quelli che potrebbero attribuirsi a indifferenza, indolenza, trascuratezza, negligenza, inerzia, eccŠ" Si è indotti a pensare che sia l'A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) a sollevare più o meno velate resistenze a che un'altra figura resistenziale le tolga il monopolio dei meriti resistenziali. Ci si è rivolti, a più riprese, all' A.N. P.I. chiedendo invano solidarietà nel rivendicare il riconoscimento dovuto a questa forma di Resistenza Popolare; ingenua domanda rivolta a chi ha tutto l'interesse a mantenere il suddetto moúnopolio. Quando poi, come ben dice il Professor Giannini nei suoi scritti, la Resistenza Popolare non armata è numericamente superiore a quella dei partigiani armati. Aggiungiamo che, non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente è stata efficace per il diverso contenuto di spontaneità e di solidarietà verso i perseguitati. Il Partigiano armato attacca e, se e quanúdo può, si ritrae mettendosi in salvo; il singolo o la comuúnità Resistente, effettuando l'azione, si espone alla rappresaglia senza possibilità di difesa, in quanto radicati nel posto ove vive; ciò coinvolge il nucleo famigliare e tutta la collettività. Il Partigiano armato rischia la propria vita senza coinvolgere quella della famiglia; il Resistente Popolaúre non armato rischia, non solo la propria vita, ma anche quella della compagine famigliare. La vita è importante per il singolo armato, è vero, ma non la è altrettanto per il gruppo famigliare? Quale logica, quale principio di giustizia, di equità segue il legislatore discriminando "Resistenza Popolaúre" non armata e "Lotta Partigiana" armata? Etimologicamente parlando i termini "Resistenza" e "Lotta" hanno significati ben distinti: una è la Resistenza genuina, sponútanea, non programmataŠaltra cosa è il combattimento inúquadrato in una disciplina gerarchicaŠSono due forme diverse caratterizzate dal comune obiettivo: di mettere in difficoltà il nemico arrecandogli i maggiori danni possibili. La soppressione di un armato o la distruzione di un mezzo bellico, valgono più di un dissesto logistico provocato ai reparti in armi da disobbedienze o inosservanze a ultimatum, editti, proclami , ordinanze, ingiunzioni, che comminano rappresaglie e pene graúvissime? I valori di indipendenza e di libertà che animano lo spirito di un popolo non possono venire discriminati da valutazioni di parúte, che offendono il comune senso di obiettività e di giustizia. Non si può fare discriminazione fra chi imbraccia un'arma e chi agisce d'astuzia, per il raggiungimento dello stesso scopo. Ripetendo: la vera " Resistenza" è quella Popolare non armata; la " Lotta" armata è un'altra cosa... Per cui diamo a ciascuno il suo: la Resistenza è PopolareŠ la Lotta è Partigiana. Se l'A.N.P.I. è un Ente spassionato ed onesto, capace di sotútrarsi al naturale senso di gelosia di classe, deve appoggiaúre e sostenere la forma di Resistenza Popolare che ha perseguito lo stesso obiettivo con egual valore. Si esaltano a gran voce i valori della Resistenza e nello stesúso tempo li si disconoscono, negando loro il legittimo ricoúnoscimento. Riferendoci al caso della Comunità di Tormancina si è, peraltro, riconosciuta la resistenza di un unico soggetto, e si nega il riconoscimento di una collettività che ha compiuto le idenútiche medesime gesta del singolo. Dove esiste logica a questa contraddizione in termini? Altro interrogativo al quale non si da una spiegazione logica. Perchè si conferiscono medaglie e riconoscimenti ufficiali a città, comuni, associazioni che hanúno subito danni e vittime da operazioni belliche, e non a Tormancina che è anch' essa una Comunità ? In data 4 Ottobre 1999 il Prof. Giorgio Giannini scrive a P.Sabbetta che nella ricorrenza dell' 8 settembre ha partecipato ad una cerimonia nella Sala Comunale di Monterotondo: "Š ho ricordato la resistenza attuata dalla Comunità di Tormancina durante l'occupazione tedesca. Ho fatto anche le seguenti proposte che il Sindaco e l'Assessore hanno accolto: promozione di un Concorso nelle Scuole di ogni ordine e grado del Distretto Scolastico, per recuperare la memoria dei fatti accaduti durante la guerra e la Resistenza; organizzazione di un Convegno sulla Resistenza in occasione del 25 Aprile 2000, nel quale saranno premiati i vincitori del Concorso suddetto e si inaugurerà il monumento a Tormancina. Mi auguro che quanto prima mi contattino, come hanno promesso, per dare una mano ad organizzare le suddette iniziative. In merito al comunicato, Lei certamente ha ragione quando parla delle difficoltà dell'A.N.P.I a riconoscere la "Resistenza popolare non armata". Io stesso ho avuto vivaci dibattiti con esponenti dell'A.N.P.I., sia romana che nazionale. Comunque da qualche anno alcuni docenti universitari, grazie ai miei scritti (in primo luogo gli atti dei miei tre Convegni) hanno rivalutato la "Resistenza non armata". Certamente, con il tempo, questo termine sarà sempre più accettato e "studiato". Confidiamo comunque che la ricerca storica sulla "Resistenza popolare non armata" si diffonda sempre più e porti alla sua giusta "rivalutazione"Š". E' vano parlare di pace e di non violenza quando si esaltano la lotta armata e si mette a tacere il movimento spontaneo popolare. L'A.N.P.I. è stata un'emanazione del C.L.N ( Comitato di Liberazione Nazionale), quindi politica, mentre la Resistenza Popolare non Armata è stato un autonomo e spontaneo movimento del popolo. Senza entrare in polemica si deve tener conto che la Resistenza Popolare non violenta è stata "pulita" e non contaminata dalle atrocità della guerra civile...Dobbiamo essere convinti che quando le circostanze lo richiedono, siamo capaci, tutti, di far fronte con coraggio alle avverse emergenze che attentano alla nostra sopravvivenza personale e sociale. Una vergogna del nostro Paese dimenticare la resistenza popolare! La vicenda "Tormancina" illustra una pagina storica dell'ultima guerra scritta dalla nostra gente, eroica e per questo esemplare, che qualche "potere" malefico e cinico vuole cancellare e seppellire nel dimenticatoio. Si esortano le coscienze sane del Paese a rivendicare il merito di salvare da un colpevole quanto inspiegabile disegno, questa preziosa memoria. La bruttura più grande in questi 60 anni è stata quella di dover subire l'indifferenza e la vigliaccheria di coloro che ancora adesso negano l'evidenza, chiudendo gli occhi di fronte a questa discriminazione che offende la verità storica. Diventa imprescindibile dovere, portare alla luce i meriti di quegli italiani da additare, quale, esempio alle nuove generazioni che, certamente, anche se faticosamente e contro ogni caparbia resistenza, riusciranno a costruire una nuova moralità e certezza di giustizia sociale. Gli studenti vogliano essere edotti e documentati, con il massimo rispetto della verità storica, delle vicende resistenziali concernenti gli eventi che hanno riscattato il nostro Paese. I giovani sapranno trovare il modo o forse il tempo di spiegare agli altri e a noi se, e dove, abbiamo sbagliato. Loro saranno i veri giudici del nostro passato e del loro domani. Oggi, più che mai, è necessario che i giovani sappiano, capiscano e comprendano. PAOLO SABBETTA artefice e simbolo della Resistenza Popolare non Armata della Comunità di "Tor Mancina" ------------------------ Cav. Paolo Sabbetta Viale Europa, 45 71100 - FOGGIA Tel. 0881-637822
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