Cosa accadde un anno fa a Genova? Ricostruzione storica



Cari amici,
ad un anno di distanza dal G8 di Genova invio una ricostruzione di quei giorni e della scia di sangue e polemiche che ne è seguita. Ricordo a tutti che sul sito http://www.peacelink.it è presente l'ultimo editoriale con il resoconto dell'incontro recente a Genova con i poliziotti, "un anno dopo", organizzato da PeaceLink e da Altreconomia.

Alessandro Marescotti
Volontario dell'informazione - PeaceLink

Luglio 2001

18 luglio - Rapporto dei servizi segreti in vista del G8 di Genova
"E' stato segnalato che alcuni membri torinesi di Forza Nuova costituirebbero un nucleo di 25-30 militanti fidati da infiltrare tra i gruppi delle Tute Bianche allo scopo di confondersi tra i manifestanti anti-G8. Tale gruppo, in possesso di armi da taglio, avrebbe come obiettivo principale colpire, nel caso in cui si dovessero verificare incidenti, i rappresentanti delle forze dell'ordine, screditando contestualmente l'area antagonista di sinistra anti-G8". Questo c'è scritto a pagina 34 dell'ordinanza di servizio distribuita prima del G8 di Genova a tutti i funzionari delle forze dell'ordine e delle forze armate che presidiano il capoluogo ligure. Il documento (oltre 200 pagine a firma del questore di Genova Francesco Colucci) viene presentato venerdì 13 luglio dal capo della polizia Di Gennaro al ministro degli interni Scajola. Si tratta di un documento riservato di cui prende visione il giornalista Paolo Colonnello, il quale ne riferisce il contenuto sul quotidiano La Stampa del 18 luglio 2001. Il documento segnala anche "l'uso di computer portatili, radio ricetrasmittenti, nonché telecamere per trasmettere" in tempo reale immagini sui circuiti Internet; si fa esplicito riferimento alla comunicazione via SMS per coordinare la piazza e all'"interesse nel settore delle telecomunicazioni" dei movimenti antiglobalizzazione. Sempre su La Stampa del 18 luglio Guido Ruotolo (già giornalista del Manifesto) riferisce di "telefonate anonime, minacce neppure tanto velate" e titola "dagli estremisti telefonate di minaccia ai pacifisti del movimento". "Insomma, una parte del movimento antiglobalizzazione che si sta concentrando a Genova vuole gli scontri con le forze di polizia e in queste ore si sta "avvertendo" la maggioranza del Genoa Social Forum a non frapporre ostacoli alla loro scelta".

20-21 luglio - Genova: guerriglia dei black bloc ma la polizia manganella i pacifisti
·       Il gruppo di affinità bolognese di Rete Lilliput racconta: "La giornata è iniziata con tante aspettative e molta partecipazione. Eravamo a Genova già da due giorni ed avevamo preso parte alla manifestazione dei migranti, una bella manifestazione, viva e molto partecipata; siamo stati raggiunti dagli altri ragazzi del nodo bolognese della rete Lilliput in Piazza Manin. Notizie dal centro stampa dei magazzini del cotone: gruppi di violenti, vestiti di nero (i "black bloc"), stanno salendo verso piazza Manin, la piazza della non violenza. Ad un certo punto compaiono poche avanguardie, poco dopo altri, ma in tutto non più di qualche decina. Dopo un breve giro di consultazione, decidiamo di contrapporci in modo non violento, per impedire che intrappolino i restanti pacifisti presenti lungo via Assirotti. La polizia sopraggiunge dietro ai black, carica all'improvviso. I black fuggono per primi, i pacifisti non violenti si radunano ai lati della strada, le magliette e le mani bianche bene in vista, la testa ed il viso scoperti. La polizia attacca. Non i black. Sfruttando il panico indotto dai lacrimogeni, si scaglia su di noi; spara ancora lacrimogeni, ad altezza d’uomo, ed a questo punto tutti scappano in ordine sparso. Quindi si consuma l'incredibile: le botte piovono su tutti quelli che si sono accucciati. Confidiamo in un qualche raziocinio dell'azione della polizia. Tutt'altro: siamo in balia di un esercito di agenti che, mentre i black continuano a devastare la zona circostante (rovesciando macchine ed incendiando cassonetti), si accaniscono su di noi. Chiediamo ai poliziotti "cosa fare" per evitare questo scempio. Chiediamo "dove andare"... "Affanculo", ci risponde il celerino, prima di colpire al viso un giovane (non un black, questi stavano già sfasciando vetrine molto lontano da lì). Finalmente ci dicono di defluire su un lato. Lentamente, senza fidarci troppo, ci allontaniamo, e ci riuniamo, in salvo. Bilancio? Giovanni ed Elisabetta malmenati mentre erano accucciati a terra, tutti noi intossicati dai gas, la delusione di chi pensava di poter portare il proprio messaggio di non violenza. Non possiamo evitare di pensare che i conti non tornino, che ci sia qualcosa che non va nelle strategie delle forze dell'ordine. Perché questa valanga di teppisti è arrivata fino a noi? Perché ha continuato a scorrazzare per tutti i quartieri fino a sera? Come si giustifica la violenza delle forze dell'ordine su persone inermi a mani alzate, in un luogo dedicato alla non violenza?" A firmare questo messaggio sono Mattia Bonoli, Luca Basile, Giovanni Guarguaglini, Marcello Berlini, Paolo Patruno, Marco Coralli, Luca Reggiani, Elisabetta Maiolini. Cominciano ad arrivare decine di messaggi simili a questo che vengono inseriti su Internet su vari siti. PeaceLink ne fa un elenco anonimo (ma controllando di ognuno la fonte e chiedendo un documento di identificazione) all'indirizzo:
http://www.peacelink.it/genova/index.html
·       Ecco alcuni passi significativi. "21 luglio 2001 Genova, ore 16.00 circa: si scatena la follia! Arrivano altri lacrimogeni più in basso. La gente scappa all’indietro veniamo schiacciati e bloccati contro il muro, ho paura di essere schiacciato come negli stadi. Sento qualcosa battere ritmicamente che si avvicina. Ci troviamo di fronte della gente con scudi e manganelli urlano cose che non capisco dietro le loro maschere. Abbiamo tutti le braccia alzate gridando continuamente "Pace! Pace!" Mi arriva il primo colpo su un fianco. Cado per terra, cerco di ripararmi la testa con le braccia alzate. Sento dolore intenso al polso destro. Mi butto verso P. cerco di ripararle la testa, prendo un altro colpo sulla mano, mi sembra meno forte, meno male. Quell’uomo è mancino, impugna il manganello con la mano sinistra e tiene lo scudo con la destra, mi colpisce soprattutto sul lato destro. Da qualche parte sento che stanno pestando F. "Pace! Ahia… Ma pace, cazzo!" Quell’uomo verde continua, mi prende a calci a terra, sento un dolore fortissimo dietro al ginocchio destro. Mi brucia, fino alle palle. Minacciosamente qualcuno mi fa cenno di alzarmi, urlano. P. vicino a me piange e grida: "Basta! Basta! Perché continui? Cosa ti ho fatto io?" In piedi con le braccia alzate iniziamo a camminare, continuiamo a dire "pace" a chiunque, "pace, pace…" Pace un cazzo… Mentre cammina, P. prende una manganellata sulla coscia destra da un altro. Mentre camminiamo dispensando pace, alla nostra destra arrivano velocissimi due blindati azzurri che si fermano affiancati al centro della strada. Svoltiamo e cerco di zittire una ragazza che urla "bastardi". Ho paura che ricomincino a picchiare. Ci seguono. Braccia alzate. "Pace!" Camminiamo. "Pace, pace!" Un’anziana signora vicina a me continua a ripetere: "Aiuto! Ho paura! Mi sento male!" Qualcuno la porta via. C. incazzata si avvicina ad un signore in borghese con la pettorina blu della polizia e incomincia a chiedergli: "Eravamo seduti con le braccia alzate, ci avete attaccato, perché?"  Lo sentiamo rispondere: "Tanto siete tutti dei bombaroli".
·       Altra testimonianza: "...Quello che tutti cercano di fare è togliersi dalla traiettoria polizia-tute nere, nell'ingenua convinzione che queste ultime siano l'obiettivo dei poliziotti. Io mi butto verso una scaletta che scende sull'altro lato della strada, ma appena sto per scendere la polizia lancia un lacrimogeno proprio lì; arretro tornando sulla strada, mi trovo tra un gruppo di persone terrorizzate che si appiattiscono contro il muro con le mani bianche alzate; polizia e black si fronteggiano, noi siamo spiaccicati su un lato proprio vicino alla polizia; agitiamo le mani, che sia chiaro chi siamo. I miei amici sono rimasti sull'altro lato e mi urlano: "Non stare lì!" Ma è troppo tardi. Parte la carica; i poliziotti invece di avanzare verso le tute nere puntano dritti su di noi, bastonando le mani alzate; cado, mi riparo la testa con le braccia, conto più di 10 colpi, poi non li conto più; vedo gli scarponi dei poliziotti passare accanto a me e ognuno dà un colpo, forse di più. Quando i piedi finiscono di passarmi davanti agli occhi, mi alzo barcollando; vicino a me alcune persone sanguinano dalla testa; i lacrimogeni ci soffocano; i poliziotti sono ancora lì, si sono fermati dopo averci picchiati, ci osservano con indifferenza; i black sono scomparsi, nessuno sembra averli inseguiti. Ho una mano rotta, non sento più le dita (...) Il pronto soccorso è pieno di medici e infermieri. Vicino a me c'è un infermiere volontario con la faccia coperta di sangue, racconta di essere stato estratto dall'ambulanza e picchiato dalla polizia..."
·       Benito Mussolini aveva detto, qualche decennio prima di Genova: "Per quanto si possa deplorare la violenza è chiaro che per fare entrare le nostre idee nella testa della gente bisognerà suonare sui crani refrattari a suon di manganello". Dirà invece Maurizio Gasparri (AN): "Per me sono questioni di dettaglio. Possiamo anche stabilire se un poliziotto ha dato quattro manganellate anziché tre. Ma non è questo il punto chiave".
·       Le testimonianze sull'impunità dei black bloc è impressionante. Si legga ad esempio questa: "La polizia ignorava loro e caricava e massacrava noi manifestanti che marciavamo a decine di migliaia con le braccia in alto, come a dire "non abbiamo neanche un sasso in mano" e scandivamo senza sosta "nonviolenza-nonviolenza". Abbiamo vissuto ore in cui vedevamo i black bloc spuntare come funghi, distruggere tutto davanti e dietro di noi, i poliziotti ignorarli o proteggerli e caricare noi, sparando lacrimogeni ad altezza d'uomo. Se i momenti di panico, durante le cariche e i lanci di lacrimogeni, non sono sfociati in fughe generali ed incontrollate dei manifestanti, che calpestandosi gli uni con gli altri avrebbero portato a contare alla fine decine di morti, è stato solo grazie alla maturità e alla preparazione di un movimento che per mesi e mesi si è autoimposto un percorso di formazione a questo appuntamento, imparando le tecniche di reazione nonviolenta che sono state decisive per mantenere quanto più possibile calmo e serrato il corteo nei momenti peggiori. Era impressionante vedere migliaia di persone reagire alle cariche non voltandosi e fuggendo come sarebbe istintivo ma alzando le braccia e rimanendo fermi, faccia a faccia con il fumo dei lacrimogeni e con i manganelli della polizia. Avete presente la celebre foto dello studente di Piazza Tienanmen immobile davanti a una fila di carroarmati? Quella. Immaginatela e trasportatela a Genova, applicata a trecentomila persone".
·       Ma oltre a questi racconti di follia pura, piomba la tragica notizia dell'uccisione di un giovane: Carlo Giuliani. Radio Popolare compie un prezioso lavoro di cronaca in diretta. Qualcuno - fra gli uomini in divisa - vuole incolpare i manifestanti per quella morte. Dopo poco sul sito Internet dell'Ansa appare: "Il carabiniere indagato per omicidio volontario ricorda di avere impugnato l'arma ma non di avere sparato". In contemporanea si legge sul sito Internet di Repubblica: "Ho sparato perché ho avuto paura". Sono due verità, destinate a mutare a seconda delle circostanze, fino a diventare uno dei tanti misteri d'Italia. In un articolo di Repubblica firmato m.min. si legge che Carlo Giuliani aveva scelto di vivere fuori casa insieme ai cani e a gente sbandata, dedito alla droga e raccattando elemosina, compiendo violenze e cose poco lecite, "insieme ai gruppi punk bestia". Il titolo del pezzo è "Punkabbestia, viveva di elemosina, aveva precedenti penali per droga". In seguito il ritratto di Carlo Giuliani verrà completamente rivisto con un articolo a firma di Concita De Gregorio. Riemergono così la vita, le difficoltà e la generosità di un ragazzo che "aveva una grande stima di suo padre, che sa stare con gli ultimi, sa parlare a tutti" e che sapeva indignarsi di fronte alle ingiustizie facendo servizio civile ad Amnesty International. Dai genitori di Carlo Giuliani parte un messaggio di grande civiltà che conquista il cuore di tutti: ''Chiediamo pace, rifiuto della violenza. Non esiste nulla che valga la vita di un ragazzo. Non esiste nulla che possa restituirlo a noi, a tutti i giovani come lui, alla vita''. ''Chiediamo - proseguono il papà e la mamma di Carlo - che i sentimenti di pace, di tolleranza, di solidarietà siano i valori autentici nei quali riconoscersi. Perché l'assurda morte di Carlo non sia ancora più assurda e più inutile''. Ma in quelle circostanze l'assurdità sembra non avere limite. Sul Corriere della Sera si legge: "I militari hanno anche fermato 37 ragazzi stranieri, accusandoli di essere teppisti del Black bloc. Tra loro una compagnia di artisti di strada, ai quali sono stati sequestrati tre birilli da giocoliere "perché ­ spiega un ufficiale ­ se riempiti di sabbia possono essere usati per picchiare"".

22 luglio - Genova: blitz della polizia e pestaggi
"La polizia sta sfondando il portone, stanno facendo irruzione". E' mezzanotte a Genova. E nelle due scuole (la media Giovanni Pascoli e l'elementare Armando Diaz) di via Cesare Battisti, la prima occupata dal centro stampa e dai servizi sanitario e legale del Gsf e l'altra adibita a centro di accoglienza e casa della radio ufficiale del contro G8, Radio Gap, sta per andare in scena il blitz delle forze dell'ordine. Nel press-center si trovavano alcuni medici del servizio sanitario, giornalisti dell'ufficio stampa e ragazzi feriti durante le manifestazioni del giorno precedente. "La polizia ha cominciato a controllare i documenti - racconta un medico - poi ha sfasciato i computer e i telefoni". "Dormivo quando mi hanno svegliato a manganellate. Un colpo mi ha scarnificato il braccio destro, scoprendo l'osso", ha detto Lorenzo Guadagnucci, giornalista economico del quotidiano nazionale Carlino-Nazione-Giorno. Quello che accade dentro la scuola Diaz è tenuto lontano dagli occhi di tutti. I giornalisti non vengono fatti entrare, gli avvocati del Genoa Social Forum restano fuori, stessa sorte viene riservata ad un gruppo di parlamentari che esibiscono invano il tesserino. "Ho chiesto al capo della Digos di Genova - racconta il portavoce del Genoa Social Forum Vittorio Agnoletto - di farmi vedere il mandato di perquisizione e lui mi ha risposto di passare più tardi, dopo una mezz'ora. Quello che è accaduto è una cosa non solo vergognosa ma al di fuori della Costituzione". Nel frattempo all'esterno, un folto cordone di polizia si posiziona di fronte agli ingressi delle due scuole. Passano soltanto gli infermieri trasportando barelle con i feriti. Alla fine il bilancio sarà di 66 persone medicate nei vari ospedali genovesi, 12 delle quali ricoverate. Un bilancio molto più alto delle dichiarazioni della polizia che, a blitz concluso, parlava solo di una decina di feriti. I fatti più gravi accadono dentro il dormitorio. La versione della polizia è che il primo agente entrato sarebbe stato aggredito con una coltellata andata a vuoto. In seguito quell'agente verrà indagato dalla magistratura: il suo racconto non convince i magistrati, che vi scorgono diverse incongruenze. E tuttavia da lì scatta la durissima reazione delle forze dell'ordine. La versione dei noglobal è esattamente contraria: "Stavamo dormendo tranquillamente, ci hanno assaliti, picchiati e arrestati". Per Agnoletto l'obiettivo del blitz era la documentazione filmata raccolta dal Genoa Social Forum su quanto accaduto nei due giorni di scontri. "Loro vogliono quella documentazione - spiega - noi però l'abbiamo già inviata a una rete televisiva nazionale". Gli arrestati vengono portati nella caserma di Bolzaneto dove subiscono violenze su cui tuttora indaga la magistratura. Vengono arrestati e picchiati anche alcuni noglobal di Taranto che erano rimasti in un campeggio e non avevano partecipato alla manifestazione per evitare di essere coinvolti negli scontri. "La gestione politica delle due giornate di Genova è stata di una impressionante superficialità. Si è passati dalle preoccupazioni per le fioriere e i panni stesi a una strategia militare sconcertante e ambigua che ha lasciato impuniti i violenti e ha colpito con durezza i pacifisti, che ha difeso la “zona rossa” della Genova “dei grandi” e ha lasciato inerme la Genova dei cittadini normali. (...) Lo straordinario, immenso corteo di sabato, le centomila persone che sono sfilate mentre intorno infuriava una delle più terribili guerriglie urbane mai conosciute dal nostro paese testimoniano l'enorme potenzialità progettuale che si annida in quei giovani. (...) Non ci doveva essere spazio per i black bloc. La polizia li ha lasciati fare". Questo scrive il giornalista Giovanni De Luna su La Stampa di Torino (versione on line del 22/7/01).


Agosto 2001

"Se la prendevano sempre con la gente disarmata"
Il mese di agosto è occupato in Italia dall'acceso dibattito sui fatti di Genova che, anziché placarsi, si alimenta con nuove rivelazioni o con autorevoli conferme che tengono campo sia nel dibattito quotidiano sia nei grandi giornali nazionali, come testimonia ad esempio l'articolo di Alessandra Pieracci su La Stampa del 6 agosto, titolato: "Al G8 la polizia si vendicava" e in cui si citano le parole di un magistrato della Procura di Genova: "Nelle riprese tv non si è mai visto un poliziotto o un carabiniere affrontare un black block armato di spranga, se la prendevano sempre con gente disarmata".
Acquista consensi l'iniziativa di Peppe Sini (del Centro di Ricerca per la Pace tel. e fax: 0761/353532) finalizzata a proporre l'addestramento alla nonviolenza per i poliziotti. Peppe Sini scrive ai parlamentari: "Da anni sosteniamo la necessità che tutti i membri delle forze dell'ordine siano formati e addestrati alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie interpretative, comunicative ed operative della nonviolenza. Crediamo che sia necessario che al più presto si faccia una legge a tal fine, che stabilisca che nel curriculum formativo e nell'aggiornamento di tutto il personale delle forze dell'ordine, istituzionalmente preposto alla sicurezza pubblica ed alla protezione dell'incolumità di tutte le persone, sia prevista la formazione alla nonviolenza. Chiediamo al parlamento italiano di prendere coscienza della necessità e dell'urgenza di questo provvedimento. Lo diciamo da anni, non si può più attendere."


Settembre 2001

Berlusconi: "Sinistra insensibile alla povertà del Sud del mondo"
Alla 65' Fiera del Levante il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi afferma: "Una sola volta mi sono sentito in imbarazzo durante i giorni del G8 nel confronto con gli altri, ed è quando ci siamo confrontati sulla percentuale di aiuto ai paesi poveri: ho dovuto leggere la nostra quota, lo 0,13% del Pil. Eravamo di gran lunga i peggiori e questo nonostante gli impegni presi in sede OCSE cinque anni fa di stanziare lo 0,7% del Pil. Mi chiedo se questa caduta verticale di attenzione alla povertà nel Sud del mondo fosse il risultato di cinque anni di retorica della sinistra. Per quanto ci riguarda ci impegneremo per aumentare la nostra quota".
Ma Berlusconi non terrà fede alle sue parole. Infatti, poche settimane dopo, nella stesura della legge Finanziaria la quota di aiuto ai paesi poveri non aumenterà ma rimarrà invariata: sempre lo 0,13% del Pil. Ad evidenziarlo sarà la campagna "Sbilanciamoci" (www.lunaria.org/sbilanciamoci) che ogni anno elabora una "controfinanziaria".




Alessandro Marescotti
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