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Il vero costo dei Diamanti by ManiTese
- Subject: Il vero costo dei Diamanti by ManiTese
- From: "Giovanni Mannino" <gio.mannino at virgilio.it>
- Date: Sat, 8 Jun 2002 22:08:55 +0200
Rompiamo il SILENZIO delle ns emittenti locali e nazionali. Lo sò che è un pò lungo ma la diformazione è massima, facciamolo girare nelle ns Zone nei ns gruppi, scout e non. ROMPIAMO IL SILENZIO dell'indifferenza !!! Giovanni Mannino AGESCI---PNS Zona Galatea--- IL VERO COSTO DEI DIAMANTI Amnesty International lancia, con l'adesione di Mani Tese, Azione Aiuto, Greenpeace, Legambiente, Mani Tese, WWF, una Campagna per denunciare la vergogna del commercio insanguinato dei diamanti. In alcuni paesi africani, come l'Angola, la Repubblica Democratica del Congo (DRC) ed il Sierra Leone, i profitti provenienti dal commercio illegale dei diamanti sono utilizzati per finanziare i conflitti armati. Il risultato è che decine di migliaia di civili sono stati uccisi o torturati e che milioni di essi sono profughi. Circa due milioni di persone, molte delle quali vivevano nelle aree delle miniere od intorno ad esse, sono state costrette a lasciare le loro case per sfuggire ai gruppi armati durante il conflitto nella DRC; molti sono morti per la fame, il freddo e per la mancanza di cure con cui combattere le malattie contratte mentre si nascondevano dai gruppi armati. Amnesty International ritiene che migliaia, probabilmente decine di migliaia, di civili inermi siano stati deliberatamente ed arbitrariamente uccisi dalle forze armate coinvolte nel conflitto fin dall'agosto 1998. Il commercio dei diamanti nella Repubblica democratica del Congo è stato una delle principali cause del conflitto armato, che ha coinvolto almeno sei eserciti di governi stranieri e molti gruppi politici armati. Una commissione di esperti dell'ONU, nel suo rapporto dell'aprile 2001, concludeva che "il conflitto nella DRC si è incentrato principalmente sull'accesso, il controllo ed il commercio di cinque risorse minerali fondamentali: coltan, diamanti, rame, cobalto ed oro." Durante i trenta anni di guerra civile in Angola, il gruppo politico armato UNITA ha utilizzato i profitti provenienti dai diamanti per comprare armi. Le armi sono utilizzate per sostenere i combattimenti dell'UNITA contro il Governo dell'Angola e per contribuire alle violazioni dei diritti umani, comprese le uccisioni e le mutilazioni di civili. Le sanzioni dell'ONU imposte all'UNITA nel 1998 hanno reso illegale comprare diamanti dall'UNITA o vendere loro le armi. Tuttavia, sebbene il commercio dei diamanti da parte dell'UNITA si sia ridotto, esso non è stato interrotto - e le uccisioni, le torture ed i rapimenti continuano. I diamanti sono stati anche uno dei fattori principali che hanno dato origine al conflitto armato in Sierra Leone. Il gruppo ribelle del Fronte Unito Rivoluzionario (RUF) ha condotto una campagna di terrore nei confronti dei civili fin dal 1991, comprendente uccisioni, stupri e mutilazioni. Oltre 5000 bambini soldato sono stati impegnati - spesso costretti a forza e sotto l'effetto di droghe- in sanguinosi raids contro i civili, che hanno mutilato, ucciso, o a cui sono stati cavati gli occhi. Il RUF, controllando le aree di produzione dei diamanti del paese, ha utilizzato il denaro proveniente dalla vendita dei diamanti per procurarsi armi ed altri tipi di aiuto militare. Il governo della Sierra Leone ha già messo a punto un sistema di certificazione per l'esportazione dei diamanti approvato dall'ONU. Tuttavia, controlli sono ancora necessari nel paese per seguire le tracce dei diamanti dal momento che sono estratti dalle miniere. Nella sua edizione del 26 novembre 2001, "Il Sole-24 ore" ( riprendendo una notizia del "Washington Post") citava come possibile la vendita di diamanti della Sierra Leone da parte del RUF a Al Qaeda, transazione che sarebbe avvenuta tramite la Liberia e con pagamento in armi, cibo e medicine. Non ci sono elementi certi, ma il solo fatto che se ne parli è un altro buon motivo per darsi da fare. Il governo Liberiano è stato costantemente accusato di aver rotto l'embargo commerciando i diamanti provenienti dalle aree del Sierra Leone controllate dal RUF e dando assistenza militare al RUF. Anche nella stessa Liberia, i civili subiscono violazioni dei diritti umani da parte delle forze governative e di gruppi armati, nel nord del paese. Sebbene pochissimi diamanti provengano dalla Liberia, il governo è stato accusato di utilizzare i profitti provenienti dal commercio dei diamanti con il RUF per finanziare l'acquisto di armi. Qualcosa si è fatto. Negli ultimi due anni, l'industria dei diamanti, alcuni governi e gli organismi internazionali come l'ONU hanno incominciato a fare dei passi per mettere fine al commercio mortale dei diamanti insanguinati Ma i progressi in tale direzione sono molto lenti ed ogni ulteriore ritardo potrebbe significare altre persone uccise, torturate o rapite. Chi acquista o regala un diamante anche piccolo deve potersi accertare che i diamanti non provengano da zone di conflitto, per non sentirsi complice delle violazioni dei diritti umani. La discussione tra i governi, l'industria dei diamanti e le altre organizzazioni è tuttora in corso, tra l'altro, sotto il nome di "Kimberley process" (chiamato così dal nome della città sudafricana con un ruolo chiave nella estrazione e nel commercio dei diamanti) dove un Comitato tecnico si è riunito diverse volte, e i risultati sono anche stati apprezzati dal Consiglio Mondiale dei Diamanti di Anversa. Il "Kimberley process" è stato costituito su iniziativa del Sudafrica da rappresentanti di governi, organizzazioni internazionali (ONU), numerose Organizzazioni non governative, e operatori economici del settore diamantifero; nella riunione del Comitato tenuta a fine Novembre 2001 in Botswana è stato definito un quadro complessivo di riferimento per la certificazione, che comincerà ad essere applicata a metà 2002 e sarà pienamente effettiva alla fine del prossimo anno. E' prevista un'altra riunione a fine Marzo 2002 in Canada per proseguire nella messa a punto del sistema di controllo e certificazione. Esistono infatti ancora delle obiezioni di metodo e di principio da parte di alcune delle ONG che hanno partecipato attivamente ai lavori (Action Aid, Amnesty International, Fatal Transactions, Global Witness, Oxfam International, Partnership Africa Canada, Phisician for Human Rights, World Vision) e che hanno richiesto specifiche più stringenti sui paragrafi 13,14 e 15 della VI Sezione della procedura: in particolare, sulla raccolta dei dati relativi all'estrazione, sul meccanismo di coordinamento e sulle regole che presiedono all'attività di monitoraggio. Il ruolo dell'ONU In ogni caso bisogna non solo far sì che l'Assemblea dell'ONU nella sessione primaverile del 2002 sancisca la necessità di regole precise (approvando comunque un sistema di certificazione), ma anche che chieda al Consiglio di Sicurezza di rendere vincolante la normativa per tutti gli Stati membri. Sostengono le necessità di questi rigidi controlli alcuni Stati -soprattutto africani- come Sudafrica, Botswana, Namibia che sono forti produttori di queste pietre (questi tre stati insieme producono grezzo per 4 miliardi di dollari), e temono i possibili contraccolpi negativi sul mercato per effetto di campagne di controinformazione e boicottaggio, e in qualche modo anche i protagonisti economici del mercato come la De Beers, il Consiglio Mondiale dei diamanti, l'Associazione Internazionale dei Produttori di diamanti. Alcuni grossi paesi - invece - sono restii a introdurre la certificazione obbligatoria: ad esempio gli USA, che acquistano il 65% dei diamanti venduti in tutto il mondo (anche se proprio gli USA hanno approvato a fine Novembre 2001 il "Clean Diamond Trade Act" che impone controlli alla importazione di diamanti provenienti da zone di conflitto), o la stessa Russia, produttrice di gemme grezze per quasi 2 miliardi di dollari. Forti resistenze si registrano implicitamente anche da parte di paesi come Israele e India che effettuano lavorazione e taglio di gemme grezze rispettivamente per oltre il 25% ed il 40% del totale mondiale. Senza l'approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, che darebbe alla procedura il crisma della obbligatorietà, non ci sarebbero controlli né certificazioni. Fra l'altro è già in discussione nell'ambito del Comitato se è ipotizzabile un possibile conflitto di questa obbligatorietà con le regole di libero commercio del WTO, e come eventualmente risolverlo. Lo stesso problema potrebbe verificarsi con le norme che regolano il commercio comunitario in Europa, come suggerisce Fatal Transactionin un suo rapporto. Peraltro, il Presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, l'Ambasciatore Moctar Ouane del Mali, in un comunicato stampa del 13 Dicembre scorso, ha sottolineato con rincrescimento come - nonostante l'embargo sui diamanti illegali decretato dal C.di S. il 5 Luglio del 2000 con la Risoluzione n. 306- in Sierra Leone sia il RUF che la Civil Defence Force (CDF) continuano a disporre di denaro ricavato dalla vendita di armi e ha espresso l'auspicio che si possa arrivare presto ad un valido sistema di certificazione. Il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea, infine, l'11 Gennaio scorso ha deciso di prorogare il divieto della importazione di diamanti grezzi dalla Sierra Leone fino al 5 Dicembre 2002, salvo quelli la cui origine è certificata dai governi. Che fare? Facendo pressioni su esponenti politici e governativi, operatori del settore, diplomatici, bisogna sottolineare come il commercio illegale dei diamanti costituisca un facile sistema per coloro che vogliono sfuggire alla trasparenza delle transazioni commerciali e possa diventare una potenziale fonte di riciclaggio di denaro sporco per organizzazioni armate anche terroristiche. La nostra richiesta è chiara: chiediamo un controllo sull'origine dei diamanti che istituisca 1.. Un sistema di certificazione indipendente e trasparente; sia esso quello risultante dal "Kimberley process" o un altro. 2.. Provvedimenti legislativi a livello nazionale coerenti con la normativa adottata a livello internazionale e diretti al controllo del commercio dei diamanti sia all'interno dei vari paesi, che sull'import/export; 3.. Una procedura che impedisca acquisti di armi ed altri equipaggiamenti militari (che si assume possano essere utilizzati per commettere abusi dei diritti umani) pagati con i ricavi della vendita di diamanti grezzi provenienti da zone di conflitto. Non chiediamo invece un generico boicottaggio di tutti i diamanti, né di quelli provenienti da Angola, Sierra Leone e RDC. 4) Sul procedimento di certificazione (quello "Kimberley" o uno equivalente o migliore) chiediamo che: a.. Sia approvato dal Consiglio di Sicurezza delle NN.UU. in modo da essere quindi vincolante per tutti gli Stati membri; b.. Preveda un sistema trasparente e indipendente di verifica sia per i grezzi estratti ed esportati dalle miniere (allo scopo di accertare se provengono da miniere situate in zone di conflitto), che per quelli oggetto di prima importazione (es. dalle miniere alle aziende che li tagliano e lavorano), che di seconda importazione (dalle aziende di lavorazione ai commercianti o grossisti o fabbriche di gioielli); c.. Preveda regole per emettere dei certificati di esportazione, o certificati di garanzia che, oltre a dichiarare il paese di origine, assicurino che i diamanti non provengono da zone di conflitto; d.. Preveda un sistema di registrazione delle quantità prodotte, e di quelle importate ed esportate da ogni Paese. Diamoci da fare A questa azione, proposta da Amnesty International, Mani Tese ha offerto entusiasticamente la sua collaborazione, insieme ad Azione Aiuto, Greenpeace, Legambiente, Mani Tese, WWF: ha assicurato il suo sostegno anche la Banca Etica, mentre i nodi della Rete Lilliput saranno informati della iniziativa ed invitati a partecipare. Chi vuole, può quindi mettersi in contatto con le sedi locali, dove esistono, di queste organizzazioni, per poter organizzare un'attività in comune, naturalmente secondo le possibilità concrete, caso per caso. Ogni organizzazione ha un certo numero di cartoline a disposizione, che può fornire su richiesta. La collaborazione tra queste associazioni non seguirà un copione standard, ognuna di loro darà, secondo le possibilità e le caratteristiche organizzative o strategiche, un contributo originale e perciò ancora più valido. Tutte assicurano spazi sui loro giornali, aiuto nello smistamento delle cartoline, diffusione della iniziativa con i mezzi più svariati, dalle radio locali ai loro canali di comunicazione. Collegatevi anche al sito di Amnesty http://www.amnesty.it/primopiano/diamanti/ dove potrete scaricare un piccolo filmato da spedire ai vostri amici. Forse è un caso che il diamante abbia quasi la stessa forma dell'Africa: comunque, ci offre un buon motivo di riflessione.
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