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intervento in aula-«Enduring Freedom»
- Subject: intervento in aula-«Enduring Freedom»
- From: "Forum delle Donne" <forumdonne.prc at rifondazione.it>
- Date: Tue, 4 Jun 2002 15:11:55 +0200
Resoconto stenografico dell'Assemblea Seduta n. 147 di lunedì 27 maggio 2002 Disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 64 del 2002: Prosecuzione partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali (A.C. 2666) (Discussione) PRESIDENTE. È iscritta a parlare onorevole Deiana. Ne ha facoltà. ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, in apertura del mio intervento - con il quale esprimerò la posizione contraria del mio gruppo al provvedimento in esame - vorrei svolgere la seguente considerazione: ho chiesto più volte, sia in Commissione sia in aula, al ministro Martino di informare l'Assemblea sui possibili e prevedibili sviluppi della strategia statunitense in materia di lotta al terrorismo. Ebbene, credo che un ministro della difesa debba porsi con forza tale interrogativo, altrimenti mi chiedo che tipo di ministro della difesa sia. Lotta al terrorismo: questa oggi è ormai la nuova e più comune denominazione con cui viene indicata la guerra. I mutamenti e gli slittamenti semantici, però, non riescono a coprire la natura della cosa. In Afghanistan c'è stata una vera e propria guerra che continua, penosamente, per le popolazioni locali ma, credo, penosamente per tutto l'occidente e, quindi, anche per noi che, dopo gli entusiasmi per il crollo del regime dei taliban, abbiamo fatto cadere il silenzio sugli strascichi bellici, fingendo di non vedere che in quel paese la guerra continua in forme violente e terribili. In particolare, ho chiesto al ministro della difesa a che punto fosse la prossima mossa di guerra dell'operazione Enduring freedom, di cui oggi discutiamo come di una routinaria missione militare all'estero da prolungare un po'. In altri termini e più chiaramente, ho chiesto a che punto fosse il piano di attacco all'Iraq, capofila, secondo il Pentagono, dei cosiddetti «Stati canaglia» contro cui è diretta l'escalation bellica degli Stati Uniti. Le risposte del ministro della difesa - mi dispiace dirlo - sono state sempre vaghe ed evasive oppure, semplicemente, non ve ne sono state. Non si può dire: top secret, lasciateci lavorare in pace, provvediamo noi alla sicurezza del mondo; ne abbiamo un'esemplificazione nel vertice di Pratica di mare. Questa è anche la linea adottata dal Governo in materia di lotta al terrorismo, del tutto contigua e simile a quella che Bush vuole imporre al paese e al mondo: silenzio e complicità nella guerra. Tuttavia, il Presidente Bush non è così silenzioso ed evasivo quando si tratta di dire la sua. Nel suo giro europeo non ha fatto altro che parlare di terrorismo, di lotta al terrorismo e della necessità di prepararci a nuove escalation contro la schiera dei nemici dell'Occidente. Intanto, però, abbiamo saputo come l'amministrazione Bush non provveda affatto alla sicurezza del suo paese e tanto meno del mondo, neanche secondo gli schemi e le modalità che egli stesso dovrebbe avere a cuore e di cui dovrebbe servirsi con una qualche intelligenza. Mi riferisco a quelle modalità che sono considerate le migliori del mondo perché espressione del potentissimo sistema di intelligence degli USA, primo nel mondo. Abbiamo, così, potuto verificare come quella di Bush sia per lo meno un'amministrazione pericolosamente superficiale, inadeguata, incauta e poco attenta. Invece di discutere del disegno di legge n. 2666, di come sostenere ancora, direttamente e indirettamente, Enduring freedom e di come prolungare la missione, dobbiamo discutere di ciò che il Governo ha saputo, di ciò che pensa o di quello che si propone di dire a Bush in ordine alle inquietanti notizie giunte in questi giorni sulle informazioni di cui la Casa Bianca era in possesso e che il Presidente Bush ha ritenuto di poco conto, portandoci così alla guerra. A mio giudizio, è fuori da qualsiasi decenza istituzionale che, di fronte a notizie di questa natura, che (per fortuna) hanno messo in subbuglio l'opinione pubblica più avvertita degli Stati Uniti, il Presidente del Consiglio Berlusconi e tutto il Governo facciano finta di niente (non vedo e non sento) e continuino nella rappresentazione mediatica di se stessi come grandi «facitori» del mondo, della nuova Italia e del nuovo corso planetario. L'onorevole Berlusconi dovrebbe frenare un po' la sua smania di grandezza e le sue performance mediatiche, dedicando un po' di tempo a riflettere se non valga la pena mettere qualche paletto ai suoi impegni così smaccatamente ossequiosi nei confronti degli USA. La nota informativa top secret presentata al Presidente Bush il 6 agosto dello scorso anno dalla CIA recava il titolo «Bin Laden deciso a colpire gli Stati Uniti». Si trattava di un'informazione precisa, quasi dettagliata, all'altezza della intelligence così pervasivamente e potentemente organizzata di quel paese, ancorché attraversata da competizioni e rivalità che, però, nulla tolgono alle capacità di informazione. Fa venire i brividi pensare che quella nota sia caduta nel nulla insieme, peraltro, a quella redatta dall'FBI nel luglio dello stesso anno sui voli di addestramento in una scuola di volo in Arizona frequentata da studenti mediorientali poco interessati - veniamo a sapere - alle fasi di decollo ed atterraggio del volo e concentrati, invece, sulla conduzione dell'aereo. Queste notizie, per fortuna, hanno scosso il Congresso americano che ha chiesto una commissione indipendente per indagare su come stiano effettivamente le cose. La stampa di quel paese sembra decisa, perlomeno in larghi settori, a non concedere più attenuanti al Presidente Bush nonostante la campagna da panico orchestrata nel paese dal Pentagono sulla possibile equazione che farebbe degli USA il bersaglio preferito del terrorismo: gli USA, come Israele, alla mercè dei kamikaze che possono annidarsi in ogni dove, imbottire di tritolo gli appartamenti e far saltare tutto. Scenari da guerra dei mondi, reiterazione di un allarme infinito - «al lupo al lupo» oppure «attenti all'uomo nero» - fatto apposta per infantilizzare le coscienze, appannare la capacità critica della gente, sottrarre alle popolazioni il controllo della propria esistenza e concentrare tutto nelle mani del Presidente. Questo meccanismo piace anche al Presidente del Consiglio Berlusconi. Forse, per questo si fa in quattro per piacere all'ospite d'oltremare. Intanto, però, fonti statunitensi, la Bnc News, ci fanno sapere che due giorni prima dell'11 settembre il Presidente Bush era in procinto di firmare un piano dettagliato per una guerra su scala mondiale contro Al-Qaeda. Si trattava di una formale direttiva presidenziale per la sicurezza nazionale che prevedeva operazioni militari in Afghanistan precedute da un'intimidazione al Governo talebano perché consegnasse Bin Laden agli USA. Voglio ricordare che pochi mesi prima vi erano stati contatti tra l'amministrazione statunitense ed il regime dei talebani per concordare accordi economici che sono falliti. La conclusione empirica è che già esisteva quel piano di guerra messo in atto dopo l'11 settembre. Il non aver prestato attenzione in quelle condizioni e con quelle prospettive ai rapporti dell'intelligence statunitense che chiamavano in causa il terrorismo islamista, nella più innocente delle supposizioni ci deve far dire: in che mani siamo! I misteri dell'11 settembre sono numerosi, pesanti ed inquietanti e gettano una luce preoccupante sulla decisione che questo Parlamento ha preso inseguendo le strategie di controllo del pianeta messe in atto dagli Stati Uniti. Si tratta di una consegna al buio del nostro paese ad una strategia militare oscura nei meccanismi attraverso cui prendono corpo le decisioni più importanti, quelle vere, non le chiacchiere ad usum populi. Si tratta di una strategia fortemente bellicista ed unilaterale che sempre più si serve degli alleati secondo calcoli, decisioni, disegni per il futuro che sfuggono completamente ad ogni controllo dei Parlamenti, quindi anche al nostro, e probabilmente anche dei Governi interessati. Forse, effettivamente, il ministro Martino non sa e, quindi, ci guida al buio. Lo ha detto a chiare lettere nelle interviste fotocopia rilasciate a grandi quotidiani europei - la Repubblica in Italia, Le Monde in Francia - in occasione del suo viaggio a Mosca il Presidente Bush. Gli USA faranno come vorranno nella conduzione della guerra contro il terrorismo, la NATO non è più lo strumento principe delle strategie militari, il gap militare operativo tra USA ed Europa attribuisce ai primi un primato indiscutibile. Dunque, dobbiamo stare agli ordini oppure magari finire, per manifesto poco entusiasmo, disaffezione o quant'altro nei confronti del potentissimo alleato d'oltremare, nella lista dei paesi sospettati di apertura o sostegno al terrorismo. La lista, dopo l'11 settembre, si allunga come il brodo, cioè come vuole Bush. Ho chiesto più volte al ministro della difesa di informarci su come stanno andando esattamente le cose in Afghanistan sul piano operativo e politico, di riferirci quali siano le prospettive che si aprono per quel disgraziato paese, quali siano i mutamenti prodotti nell'area da una così massiccia presenza occidentale, in particolare statunitense. Anche su questo piano le risposte non ci sono state o sono state di tipo assolutamente burocratico e formale, non politico. Come dicevo prima, i riflettori si sono spenti sull'Afghanistan, a parte il tenue soprassalto di interesse per l'arrivo dell'ex re Zahir Sha a Kabul; tuttavia, in quel paese continua ad esserci una situazione di guerra e il Governo provvisorio di Karzai è sempre molto provvisorio: dipende dagli alleati statunitensi, dalla forza internazionale, che è l'altra faccia della guerra (come l'operazione internazionale Arcobaleno, rispetto alla guerra nei Balcani, che è stata fatta nel 1999 sempre per decisione del Parlamento), dai suoi infidi alleati locali. Karzai non ha ai suoi ordini proprie milizie, come hanno, invece, altri signori della guerra in quel paese. Nel nord, nella zona di Mazar-i-Sharif, il vero padrone è il generale uzbeko Dostum e a est la guerra continua. Nella provincia di Paktia e in altre zone a ridosso del confine pakistano le truppe USA, britanniche e australiane - quella coalizione ad hoc voluta da Bush per condurre operativamente la guerra, cioè la coalizione degli alleati di cui veramente si fida - danno la caccia a quelle che il Pentagono continua a definire sacche di resistenza, ma si tratta di una caccia tutt'altro che facile. L'operazione Anaconda lanciata a febbraio è stata un fallimento e le sacche permangono e si insinuano sempre più vastamente nel confine col Pakistan. Non a caso ora le operazioni di commando si sono estese anche al Pakistan. Gli USA stanno comprando l'aiuto delle etnie della zona tribale, la fascia di confine tra Afghanistan e Pakistan sottratta alla sovranità pakistana, per bloccare la via di fuga ai talebani ma i risultati sono tutt'altro che scontati. Su tutte queste operazioni il segreto è totale: questo Parlamento non ne sa nulla e non si capisce bene che cosa ci stiamo a fare in quei luoghi con le nostre forze militari. Su tutte queste operazioni il ministro Martino continua a mantenere un'afasia totale. Intanto, nell'intera zona centro-asiatica i rimescolamenti e gli aggiustamenti sono continui. Con l'alibi della lotta al terrorismo, gli USA hanno legittimato il Governo pakistano del generale Musharraf. Nelle repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale gli Stati Uniti stanno impiantando una presenza di lunga durata in Kirghzistan e Uzbekistan: è la strategia dei protettorati militari in giro per il mondo che hanno compiti di controllo per ben corpose altre ragioni. In quella zona si stanno accumulando tensioni indicibili, a partire dall'Afghanistan, come sta a testimoniare anche la ripresa del conflitto tra l'India e il Pakistan sulla questione del Kashmir. Pongo a questo Parlamento e al rappresentante del Governo la seguente domanda: per quanto tempo ancora anche in Italia si continuerà ad accettare come indiscutibile verità la versione ufficiale dell'11 settembre che sta facendo acqua da tutte le parti? Per quanto tempo ancora l'Italia dovrà sentirsi impegnata in una così improvvida avventura militare? Il nostro voto contrario è motivato da tutte queste ragioni oltre che da un giudizio complessivamente negativo sulla natura delle missioni militari italiane all'estero che, tra l'altro, in questo provvedimento, vengono poste significativamente insieme alle missioni di guerra. In realtà, sono le due facce di un'unica strategia, attraverso la quale concorriamo anche noi alla costruzione di zone di protettorato militare occidentale in giro per il mondo, che non fanno altro che acuire le ragioni della dissoluzione di legami internazionali improntati alla legalità, alla costruzione faticosa di rapporti di solidarietà e di pace e che, invece, diventano focolai di guerra continua, che bene si addice alla strategia di Enduring freedom. Forum delle donne di Rifondazione comunista Viale del Policlinico 131 - CAP 00161 - Roma Tel. 06/44182204 Fax 06/44239490
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