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VIAGGIO NELL'INSEDIAMENTO DI NOQDIM
- Subject: VIAGGIO NELL'INSEDIAMENTO DI NOQDIM
- From: "Nello Margiotta" <animarg at tin.it>
- Date: Sun, 24 Mar 2002 16:12:12 +0100
(Il Mattino) DALL'INVIATO A NOQDIM VITTORIO DELL'UVA L'immigrato russo Yuli Gelchinsky, che un tempo faceva l'ingegnere a Katerinburg, è felice di guadagnarsi la vita tenendo tra le mani la mitraglietta Uzi e cercando di penetrare i segreti della notte. Gli passano l'equivalente di circa cinque euro l'ora per fare la ronda a bordo di un pick-up lungo le stradine spesso sterrate di Noqdim, uno degli insediamenti di Israele in terra beduina. Parla a fatica l'ebraico, ma è felice che i suoi nipotini, resi orfani un paio di settimane fa da cecchini palestinesi si esprimano nella lingua dei Padri. «Qui siamo in Giudea e non capisco che cosa pretendano gli arabi», dice cercando a gran gesti il consenso di Yossi Halfon, uno dei riservisti «comandato» alla difesa del settlement. I cinquecento coloni di Noqdim vivono all'ombra di un paio di miti che li rende irriducibili prigionieri della fede e della politica oltranzista. Tra loro ha preso casa Avigdor Libermann, già ministro delle Infrastrutture uscito dal governo Sharon di cui non condivideva scelte che giudicava «moderate». Non c'è metro di strada fino alla non lontana Betlemme su cui non si facciano pesare, scegliendo le «giuste» letture, ipotetiche opzioni bibliche. Nessun «laboratorio della pace» potrebbe mai sorgere su queste colline spazzate dal vento, disseminate di posti di blocco che molto assomigliano a frontiere fortificate. L'italiano Michele Amir, che è passato dal laicismo romano a più convinte professioni di fede, pur restando un moderato, apre volentieri le porte della propria casa i cui lavori non sono ancora ultimati. Gli è costata centoventimila dollari. Per ottenerla ha dovuto superare l'esame del segretariato dell'insediamento e quindi dell'Agenzia ebraica. Sua moglie, Ifàt, conosciuta ad Efrat, ha rappresentato la migliore credenziale di cui potesse disporre. È una buona madre e si vede. Proviene da una famiglia di coloni nota per la sua religiosità. Ma soprattutto è di convinta di dover esercitare un «diritto morale e divino» sulle terre in cui ha deciso di stabilirsi e far crescere, Zwi e Osher, i suoi due vivacissimi figli, di 4 e 2 anni, destinati ad avere lunghe treccine e abiti neri. «Entra in pace ed esci in pace», è scritto a lato della garitta dell' esercito che a Noqdim sorveglia il viale di ingresso per meglio proteggere 105 famiglie. Molte delle case hanno meno di dieci anni. Presto sorgerà una nuova sinagoga. Intorno si intravedono cantieri dove le cose vanno a rilento da quando la manovalanza araba, costretta dal bisogno a sgobbare per il nemico, ha perduto la libertà di movimento. Dal giorno in cui governa, Ariel Sharon ha autorizzato altri 34 insediamenti integrando quasi del venti per cento quelli esistenti. Ma la contabilità potrebbe risultare errata per difetto. Nuovi settlement in costruzione a qualche centinaio di metri dei vecchi vengono fatti passare per «incontestabili» propaggini dei nuclei originari. Non sembra una gran vita quella dei rosicchiatori, in nome della ortodossia, delle terre arabe. Moqdim è al centro di un vasto recinto circondato da una rete metallica. Di basso profilo si rivela la sua vita sociale. Se durante lo shabbat, che andrebbe rispettato con il disimpegno totale, un salto di tensione fa scattare il «salvavita» è necessario concordare con il rabbino una soluzione che consenta di alzare la leva di un interruttore. Dispute teologiche possono svilupparsi intorno a un biberon rimasto, nelle ore dedicate al Signore, dentro un forno a microonde, il cui sportello, se aperto, fa brillare una luce. Nella sinagoga, da cui si dominano le vallate «nemiche» alcuni ci vanno portando in tasca il breviario e la pistola alla cintola. La sfida continua e può essere anche pagata con la vita. Appena il mese scorso a Noqdim sono stati celebrati i funerali di due coloni caduti in un agguato lungo la strada che costeggia Zadra, il più vicino villaggio palestinese. Al lavoro e a scuola si va a bordo di autobus blindati cui sempre più spesso l'esercito deve aprire la strada fino alla «blindata» statale. Ma è un prezzo che molti giudicano se non equo, almeno dovuto nell' osservanza di principi religiosi, che impastati con l'insofferenza, si trasforma in odio nei confronti degli arabi. Immersi nel proprio fervore i coloni si tengono lontani dalle dinamiche politiche che pur si sviluppano nella zoppicante alternanza tra processo di pace e conflitto. A una minoranza, guardata con sospetto, appartengono quanti ammettono che se un giorno gli insediamenti dovessero essere abbandonati, «non ci si potrebbe opporre all'esercito». Ogni ipotesi di negoziato fa impallidire. «Ogni rinuncia indebolisce lo Stato», è la linea-guida negli avamposti in cui 200mila e più oltranzisti si sono collocati innalzando la bandiera di Israele in Cisgiordania e Gaza. «Io credo nell'etenità del popolo di Israele. Dio non ha permesso ai nazisti di annullarci e non lo consentirà ai palestinesi», è il messaggio che Ifàt Amir trasmette ai suoi figli. La sua amica Timna e suo marito Asher Elper, immigrato dalla Bielorussia, sono su posizioni ancor più «avanzate». «Il problema lo si potrebbere risolvere in due giorni. Basterebbe arrestare la banda dell'Anp e liberare il governo palestinese dall'influenza di Al Fatah e dei poliziotti palestinesi venuti da Tunisi. Dopo tutto sono soltanto trentamila persone. Poi basterà cacellare l'autonomia ritornando alla situazione prededente». Per gli spiriti «eletti» di Noqdim il processo di pace avvicina soltanto «il prossimo olocausto del popolo ebraico» e Yasser Arafat è un assassino il cui potere «nemmeno è stato legittimato dal popolo». Intollerabili vanno, poi, considerati i diritti accampati dai palestinesi su «terre mai lavorate». Nel nome del Signore si può trascorrere al buio lo shabbat e attestarsi a mano armata sulla trincea del disprezzo. Che l'Altissimo non debba, necessariamente, apprezzare è un dubbio che non sfiora nessuno. Nello change the world before the world changes you because another world is possible www.peacelink.it/tematiche/latina/latina.htm
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