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obiezione alle spese militari - comunicato coordinamento e altri documenti
- Subject: obiezione alle spese militari - comunicato coordinamento e altri documenti
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Mon, 25 Feb 2002 08:08:02 +0100
Ricevo da Mario Colasante e faccio circolare. (riferimento e-mail: mariocolasante at libero.it) A.M. www.peacelink.it Sintesi Conclusioni Comunicato stampa Coordinamento PoliticoL’assemblea OSM-DPN 2002, riunitasi a Foggia il 9 e 10 febbraio, riconferma gli impegni presi nel corso del 2001, finalizzati alla piena attuazione delle leggi conquistate (L- 230/1998 e L. 64/2001) ed al riconoscimento della obiezione alle spese militari dei cittadini/e italiani/e per finanziare missioni di obiettori e volontari/e all’estero e la costruzione dei corpi civili di pace. Sottolinea, inoltre, che gli attuali scenari bellici con il conseguente, rilevante aumento delle spese militari- rendono necessaria sia la ripresa di forme di disobbedienza civile come atto individuale e collettivo di rivolta contro il sistema militare per l’alternativa della difese popolare nonviolenta, sia la ricerca di collegamenti più diffusi ed incisivi con i nuovi movimenti sociali.
IL COORDINAMENTO POLITICO DELLA CAMPAGNA OSM-DPN Contributo berretti bianchi All’assemblea osm-dpn di Foggia 9-10 febbraio 2002.( all’assemblea OSM-DPN parteciperanno, per i berretti bianchi, Alberto L’Abate e Angelo Gandolfi)
Sul nostro lavoro e, in particolare sui corpi civili di pace, parlerà meglio di me il nostro Presidente Alberto L’Abate. Tuttavia, voglio dire qualcosa che riguarda il nostro impegno comune di costruttori di pace. Da quando la Campagna osm prese il via, nel lontano 1981, molte cose sono cambiate, ma non il bisogno di uscire dal “militare” e di bandire la guerra dal pianeta. La guerra ha sempre fatto parte integrante del linguaggio degli stati, parte della loro cultura dominante, cioè della loro politica. Tuttavia, dalla caduta del muro nel 1989, cioè dalla fine della divisione del mondo in due imperi diseguali e contrapposti, ha avuto inizio il percorso di un “impero imperfetto”. In questa situazione la politica tende necessariamente ad appiattirsi sulla forza, fino a riconoscersi interamente in essa. Perché “l’impero imperfetto” dovrebbe sempre trattare con altri o deviare, anche se parzialmente, da quelli che ritiene i propri interessi e vantaggi? Quando con l’uso o la sola minaccia di usare la forza può ottenere ciò che vuole? Facilmente tenderà solo e sempre di più a divenire perfetto, cioè a dominare con il consenso più largo di stati satelliti e tributari e a contrattare il meno possibile. Con quale strumenti? Concedendo agli “stati amici” il diritto di fare quello che lui normalmente fa, cioè concedendogli l’uso della forza in difesa di loro particolari interessi. Questo è quello che mi sembra stia avvenendo oggi in Palestina. La strage terrorista dell’11 settembre ha solo permesso l’accelerazione di questo processo, ma non l’ha assolutamente determinato. Ciò comporta che difficilmente avremo nel breve futuro, come dice Cavagna, un Sindaco e un Consiglio Comunale mondiale, cioè non avremo vere strutture internazionali in grado di intervenire nel mantenimento della pace e del diritto internazionale, a meno che non le imponga la società civile internazionale. Ma questo, oggi, è ancora lontano dall’essere possibile. L’associazione Berretti Bianchi Onlus è nata nella primavera del 1999, partendo da questa convinzione, per cercare di portare un proprio contributo alla costruzione della pace, cioè cominciando a investire la società civile del problema della sicurezza e del diritto internazionale. Sabato 26 e domenica 27 gennaio 2002, si è tenuto presso la casa della pace di Pax Christi a Impruneta (FI) un primo incontro, promosso dall’ass. “berretti bianchi onlus”, sul tema dei Corpi Civili di Pace. Vi hanno preso parte una diecina di associazioni e alcuni singoli interessati. Era presente anche Paolo Bergamaschi, funzionario dei Verdi per la politica estera presso il Parlamento Europeo. E’ stato un incontro interessante sotto diversi punti di vista e, ciò che più conta, ha dato inizio a un percorso di sinergia estremamente necessario e che ci auguriamo tutti sia estremamente produttivo nel futuro. E’ stata costituita una segreteria tecnica provvisoria che dovrebbe provvedere a raccogliere il materiale esistente su tutte le iniziative realizzate riconducibili ai Corpi Civili di Pace, sui riferimenti storici, sulla situazione a livello istituzionale e delineare, quindi, alcune prospettive future. Il tutto in vista di un Forum da tenersi nell’estate prossima o entro il mese di settembre. Se il compito di porre fine all’uso della violenza da parte degli stati è, oggi, tutto nelle mani della società civile, va detto che il primo nostro compito è di rendere cosciente di questo la società civile. Noi tutti cerchiamo di fare questo da tempo, ma con risultati poco incisivi perché non abbiamo una strategia comune ben definita. E’ un problema che riguarda tutte le ong impegnate sul tema della costruzione della pace. Perché non esiste una strategia comune sufficientemente chiara? Concorrono vari fattori. Mi preme sottolinearne due:
a) le carenze organizzative che incidono sulla qualità delle risposte,b) la mancanza di un progetto alternativo comune e sufficientemente definito contro la “normalità” della guerra che causa il percorso in “solitaria” che ogni associazione fa, al di là dei parziali contatti con le altre ong.
E’ necessario uno sforzo di tutti per il superamento di questa situazione in nome di una emergenza. Lo sforzo sarà di lunga durata e dovremo trovare un passo e una strategia di lavoro che ci permetta di resistere nel tempo. Ma bisogna cogliere gli aspetti positivi: credo che i tempi siano ormai maturi per il progetto comune dei Corpi Civili di Pace. E questo è un tassello importante di un progetto comune alternativo. Può anche aiutarci a superare le attuali carenze organizzative e permetterci di costruire importanti risposte e percorsi di pace. E c’è il problema del futuro rapporto con le istituzioni, anche in seguito alla legge per l’istituzione del servizio civile nazionale. Inoltre solo realizzando un C.C.P. reale e operativo potremo porre sul tappeto la questione di un suo futuro riconoscimento istituzionale. Se questo avvenisse dall’alto, senza che la società civile si sia ancora data questo strumento di pace, rischieremmo di divenire supporter dell’azione violenta degli stati e la nostra azione ne verrebbe gravemente danneggiata. Credo che tutte le associazioni che fanno riferimento alla Campagna OSM-DPN dovrebbero lavorare, se già non lo fanno, alla costruzione di gruppi locali nonviolenti (GAN) per diffondere l’obiezione alle spese militari nel quadro di una formazione e di una azione tesa a realizzare i corpi civili di pace. I Berretti Bianchi sono stati in Palestina per circa un mese tra dicembre e gennaio 2001 e poi in dicembre 2001 all'interno dell'iniziativa Action for Peace, per una missione di monitoraggio della situazione e di ricerca di eventuali ulteriori contatti. Si voleva verificare la possibilità di aprire là una ambasciata di pace. Anche da queste esperienze abbiamo ricavato il bisogno di costruire sinergia. Sappiamo che in questi giorni andranno là alcuni amici della operazione colomba. Speriamo che ci riportino contributi per un lavoro comune, di cui abbiamo urgente bisogno. I Berretti Bianchi sono stati poi in Serbia verso la fine di dicembre per raccordare il lavoro che è stato svolto dall’ambasciata di pace a Belgrado e per consegnare all'orfanotrofio di Banja Koviliaka i soldi raccolti da una Scuola Elementare di Seravezza, che intende collegarsi all’esperienza dei gemellaggi tra scuole italiane e serbe. Su questa iniziativa potrà relazionare Angelo Gandolfi, che è andato per noi in Serbia. Anche da quel poco che si è potuto fare in Serbia, e soprattutto da quello che non si è potuto fare, emerge la necessità che ogni iniziativa di pace si collochi all’interno di un progetto più ampio. Anche qui dialogo e riconciliazione tra popolazioni che hanno subito una guerra e si trovano in situazione di forte conflitto sociale e culturale al proprio interno e con popolazioni limitrofe ha bisogno di una strategia di pace che ancora non abbiamo sufficientemente come patrimonio comune.
Forte dei Marmi 6 febbraio 2002 Silvano Tartarini SEGRETERIA BERRETTI BIANCHI ONLUS Associazione Costruzione PACE via F. Carrara 209 - 55042 Forte dei Marmi (LU) Fax 0584-735682 - cell. 0335-7660623 E-mail: bebitartari at bcc.tin.it www.peacelink.it/users/berrettibianchi From: gavci To: mariocolasante at libero.it Sent: Tuesday, February 05, 2002 11:34 AM Subject: Da Padre Angelo - documento come richiesto "IL NUOVO MODELLO DI DIFESA"Quando si nomina il NUOVO MODELLO di DIFESA (NMD) il pensiero della gente comune corre spontaneamente all'Esercito Professionale, formato dai soldati di carriera e di truppa <volontari> e collegato a un'altra grossa novità che va sotto il nome di <abolizione della leva obbligatoria>. Ciò sconvolge una prassi e una mentalità di antichissima tradizione. Di conseguenza - si pensa - sparisce anche la <obiezione di coscienza>, che non avrebbe più senso in assenza di un obbligo.
A parte le madornali falsità incluse in questa supposta abolizione dell'esercito di massa, non è questo il solo significato del NMD e nemmeno il principale. Chiariamo subito.
Nel 1989 crollò il cosiddetto "muro di Berlino", ossia il sistema comunista dell'URSS, con al centro la Russia, contrapposto al sistema capitalista, con al centro gli Stati Uniti d'America, in quella che storicamente è stata definita la "guerra fredda", attorno alla quale si sono snodate le principali vicende della seconda metà del 1.900, dalla fine della 2a guerra mondiale.
Secondo avvenimento decisivo, conseguente al crollo del muro di Berlino, fu nel 1990 l'autoscioglimento del "Patto di Varsavia", ossia della coalizione degli eserciti dei paesi comunisti o ex-comunisti.
A tal punto sarebbe stato logico che si fosse sciolta anche la NATO, ossia la coalizione degli eserciti dei paesi capitalisti. E' qui, invece, che si cominciò, in sede NATO, a parlare di NUOVO MODELLO di DIFESA. E c'è un luogo e una data precisa in cui fu presa tale decisione: a Londra, nel 1990.
Si tratta, quindi, di un patto collettivo dei paesi più industrializzati e di impostazione capitalista. Estremamente significativo di ciò è proprio il documento ufficiale del governo italiano, dal titolo "Lineamenti di sviluppo delle Forze Armate negli anni '90", presentato dal Ministero della Difesa in Parlamento nell'ottobre 1991, che io ho potuto leggere essendomene stata passata copia da un parlamentare, per cui posso citare anche le pagine dei passi più significativi che ora vado citando.
Vi si parla di "concetti strategici di difesa degli interessi vitali ovunque minacciati o compromessi" (p. 44), anche al di là dei confini nazionali, abbandonando il "tradizionale parametro 'da chi difendersi' a favore di una polarizzazione su 'cosa' difendere e 'come'" (p. 37). Per "riqualificare" l'esercito ai fini del "nuovo modello di difesa", il Ministero chiede una "legge speciale, i cui finanziamenti devono essere considerati non sostitutivi, bensì complementari di quelli del bilancio ordinario.., dell'ordine di 20.000 miliardi l'anno, a valori monetari invariati rispetto al 1991" (p. 4). Gli "interessi vitali" da difendere "ovunque" riguardano "le materie prime necessarie alle economie dei paesi industrializzati" presenti nel Sud del mondo. In questo quadro, l'Europa, e in particolare l'Italia, , avrebbe "il ruolo di ponte politico ed economico tra l'occidente industrializzato e il terzo mondo" (pp. 16-17).
Da questa e altre descrizioni del nuovo modello di difesa dell'Italia, della NATO, degli Stati Uniti ecc., emerge che "il nuovo ordine internazionale", di cui spesso parlano i politici, non è quello della "interdipendenza" e della "cooperazione", come auspicato nelle encicliche Populorum Progressio (n. 84), Sollicitudo Rei Socialis (nn. 24,33,38-40,47) e Centesimus Annus (nn. 17-18,21-23,28,51), ma si intende il mantenimento del predominio del Nord sul Sud del mondo, garantito attraverso lo strumento militare.
E' un disegno orrendo, espresso con cinica schiettezza e ancor più attuato con assoluta spudoratezza, anche se ipocritamente camuffato e ammannito sotto una serie di etichette pacifiste: "missioni di pace", "ingerenza umanitaria", "azioni di polizia internazionali", "operazione umanitaria" ecc.
Valga per tutti il giudizio consenziente, ma almeno trasparente, del giornalista-opinionista Angelo Panebianco, concentrato nel titolo di un fondo nell'occasione della tragedia di Timor Est: "bisogna intervenire ovunque per la pace? GLI INTERESSI E LE IPOCRISIE" (Corriere della Sera, 13/09/1999 pp. 1-2) .
Coerente con queste finalità ladronesche e criminali è anche l'idea di un esercito professionale, anziché di popolo. Nei figli della gente comune c'è ancora un po' di senso umano, di renitenza ad azioni palesemente delittuose e, almeno per l'Italia, di senso cristiano di fraternità, solidarietà e anche compassione per le vittime innocenti delle guerre. Nei balcani raccontano ancora dei soldati italiani che passavano il loro rancio alle famiglie più disagiate.
Per questa schifezza di guerre d'interesse occorre invece un soldato mestierante, ben pagato per fare la guerra come una qualsiasi altra professione, senza grossi problemi di coscienza. Tra l'altro, non è facile trovare tanti soldati volontari, comprese le donne, per mettere insieme i 190mila militari professionisti di cui si parla nelle ora approvata. E allora bisogna attivare i giovani più poveri con il miraggio di alte paghe e promesse di posti garantiti di lavoro una volta tornati alla vita civile. Nella stessa difficoltà di trovano gli USA, l'Inghilterra, la Germania, la Spagna.
Ma il Corriere della Sera del 06/06/2001, dandone conferma, avanza le proposte circa i possibili rimedi, supportati dalla competenza del generale Luigi Calligaris. E si tratta di proposte a dir poco orripilanti, sempre con l'occhio rivolto ai paesi cosiddetti "avanzati" (in che cosa?). Si tratterebbe di aprire le caserme ai carcerati (come già attuato in Inghilterra), ai gay dichiarati e agli extracomunitari, i quali, dopo cinque anni, potrebbero ottenere la cittadinanza italiana, come già facevano i romani con i barbari. In effetti i Romani, arraffando ricchezze e soldati in tutto il mondo, erano più barbari dei barbari, proprio come stanno facendo i G8, in specie la NATO, con il resto del mondo: depauperare il terzo mondo con un esercito di poveri. Già ora, i pochi alpini volontari sono ragazzi poveri del sud. Il NUOVO MODELLO DI DIFESA della NATO è già finalizzato alla difesa degli interessi dei ricchi. Più cinismo di così!
Ma non ci interessa attizzare odio contro i G8, bensì proporre con forza l'urgenza che i politici si accordino per riformare l'ONU, vera autorità sopranazionale per un minimo di regole per tutti i popoli, a garanzia di giustizia e pace davvero per tutti i popoli. La contestazione del G8 è segno che il gioco sporco del liberissimo mercato che lascia liberi gli altri solo di morire di fame e di violenza è troppo scoperto. Tra l'altro si tratta per l'Italia di rientrare nella legalità costituzionale (art.11).
Per i cattolici politici di tutti i partiti si tratta anche di un minimo di coerenza con il VANGELO dell'amore e dell'onestà: "beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio".
Tra l'altro c'è un altro imbroglio. La stragrande maggioranza dei ragazzi, anche delle scuole superiori, è convinta che la leva obbligatoria sia abolita entro il 2006 o addirittura entro il 2003, come si dice impegnato a tentare il ministro della difesa Martino.
In realtà la prima notizia da sfatare, venduta a iosa dalla televisione e dalla stampa è che l'obbligo del servizio militare sia stato abolito: non è vero! Basta questa citazione letterale della legge in questione, all'art. 2, comma 1, lettera f), e comma 2: "Personale da reclutare su base obbligatoria, salvo quanto previsto dalla legge in materia di obiezione di coscienza, nel caso in cui il personale in servizio sia insufficiente., nei seguenti casi: 1) qualora sia deliberato lo stato di guerra ai sensi dell'art. 78 della costituzione; 2) qualora una grave crisi internazionale nella quale l'Italia sia coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale giustifichi un aumento della consistenza numerica delle forze armate. comma 2. Il servizio militare obbligatorio nei casi previsti dalla lettera f) del comma 1 ha la durata di 10 mesi, prolungabili unicamente in caso di deliberazione dello stato di guerra".
Di conseguenza, anche l'obiezione di coscienza continua. Il testo della legge approvata conferma la necessità per i giovani maschi, che non intendano rischiare di ricevere la cartolina militare in qualsiasi momento della loro vita, qualora l'esercito non raggiunga il numero sufficiente di soldati volontari, proprio nei casi di guerra o di emergenze internazionali, di recapitare agli organi statali la dichiarazione firmata di obiezione di coscienza. Dice infatti: "personale da reclutare su base obbligatoria, salvo quanto previsto dalla legge in materia di obiezione di coscienza". Tale dichiarazione non comporta nemmeno l'obbligo del servizio civile, che rimane in ogni caso libero-volontario.
Si è troppo ironizzato sui falsi obiettori. Non c'è problema ad ammettere che ne esistono; e non pochi. Ma non è né vero né giusto generalizzare. Lo sanno benissimo , gli amministratori del Levadife , e l' hanno dichiarato pubblicamente, che dove si è fatta una formazione seria, anche la qualità dell'obiezione al militare ne ha guadagnato indubbiamente.
Al riguardo, sembra ancora attuale un pensiero di don Luigi Sturzo, maestro riconosciuto del senso dello stato. Scriveva: "se vi sono individui veramente convinti che il loro dovere di coscienza è di rifiutare ogni servizio militare in tempo di pace e in tempo di guerra, essi si sentiranno obbligati a seguire la voce della coscienza e lo stato nel colpirli sarà moralmente il più debole. L'obiezione di coscienza non è che una negazione pratica e cosciente del diritto dello stato a fare la guerra. E' un conflitto fra un ordine stabilito e un ordine ideale. Si dirà: <<così si fomenta la ribellione e l'anarchia>>. Inesatto: se la gran parte dei cittadini fossero 'obiettori di coscienza' cesserebbero le guerre. quando ci saranno in un paese di tali cittadini, non vi sarà pericolo di anarchia e di ribellione, ma un movimento di rettifica morale, contro gli egoismi nazionali, l'educazione militaresca e gli odii dei popoli" (l' Aube nouvelle, Parigi, aprile 1993, in L.Sturzo, Opera Omnia, II serie, vol. VI, Miscellanea Londinese vol.II, Zanichelli, Bologna, pp. 204-212).
Mi piace terminare con la seguente presa di posizione di Enrico Peyretti: "OLTRE TUTTI GLI ESERCITI. L'esercito di leva non va bene per chi ricerca la pace. Gli eserciti permanenti sono <<causa di guerre aggressive>> e <<fanno uso di uomini come di semplici macchine e strumenti>> (Kant, 1795). Ma l'esercito professionale è ancora più negativo e pericoloso. Negativo eticamente, perché prevede la guerra come una professione per una normale funzione sociale, e non come una eccezionale e tragica necessità (ammesso e non concesso che lo sia).
Pericoloso politicamente, perché attira soggetti (che saranno poi privilegiati nell'accesso al lavoro) disposti a risolvere i conflitti con la stolta potenza delle armi (contro l'art. 11 Costituzione). Le armi sono capaci unicamente di minacciare, distruggere, uccidere, di dare ragione alla forza e non al diritto, non di comprendere e mediare le ragioni. La retorica degli eserciti della pace è finora del tutto smentita dalla natura distruttiva delle recenti guerre umanitarie. Altra cosa sarebbe l'attuazione della Carta dell'ONU, con una forza di polizia (diversa per cultura, etica e scopi dagli eserciti di guerra, perché deve limitare e non estendere la violenza), regolata da una vera democrazia cosmopolitica, finora impedita dalle grandi potenze. Ma meglio di tutto sarebbe sviluppare la cultura e l'addestramento alla <<difesa civile non armata e nonviolenta>> (come vuole la legge 8 luglio 1998, n.230, art. 8), e all'intervento di mediatori civili nei conflitti. I popoli hanno la possibilità, verificata dalla storia anche recente, di svuotare con la non-collaborazione anche poteri ingiusti e violenti, senza usare violenza.
L'Italia ha il privilegio civile nel mondo di esserci impegnata per legge in tale direzione che prefigura il necessario superamento storico dell'istituzione guerra; ma invece di procedere in questa civilizzazione, rende professionale il criterio delle armi, assolutamente impotente a riconoscere la ragione e il diritto.
Ma c'è chi non si arrende." Padre Angelo Cavagna
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