Rapporto delegazione Action for Peace dalla Palestina



                                                         Nablus, 13/02/2002

Tre ore di trattative sotto la pioggia battente non sono bastate per guadagnare
l?ingresso a Gaza.
Siamo stati respinti insieme alla delegazione belga al check- point  di
Heres, dalla sera prima l?esercito israeliano aveva cominciato una larga
operazione militare nei villaggi di Beit Hanuna, Beit Lahia e Deir al-Balah
distruggendo le case e le postazioni della polizia palestinese.
Mentre continuano le trattative, tra noi e i soldati, apprendiamo la notizia
 di cinque vittime e numerosi feriti. Il check-point completamente deserto
e i pochi stranieri che tentano di varcare l?entrata vengono respinti senza
avere il permesso neanche di raggiungere l?ufficio di controllo, l?unica
autoambulanza che cerca di entrare a Gaza viene perquisita da cima a fondo,
mentre il nostro pensiero era rivolto alle persone che la attendevano.
?Abbiamo ricevuto l?ordine di non far passare nessuno incluso i diplomatici
e i giornalisti?, ci viene risposto dai soldati che presidiano la prima
entrata al check-point.
Preoccupati e stanchi, lasciamo il check-point mentre l?esercito israeliano
continua a ricercare le sue vittime casa per casa a Beit Hanuna.
Un silenzio angoscioso accompagna il nostro viaggio di ritorno, tutti pensiamo
alle vittime e alle loro famiglie e alla gente che subisce l?arroganza militare
israeliana nella nostra completa impotenza.
Passano ore prima che ci riprendiamo e decidiamo di proseguire per Nablus,
 invece di ritornare a Gerusalemme, coscienti che anche lì possono impedirci
di entrare.
Per guadagnare tempo corriamo il rischio di passare per le strade utilizzate
solo dai coloni.
Non sono stati pochi i mezzi attaccati dai coloni dagli insediamenti situati
lungo tutto il percorso.
Al terzo check-point veniamo fermati e qui ci impediscono di proseguire
con il nostro mezzo.
Incontriamo decine di palestinesi in attesa di poter passare il check-point.
?E? il terzo giorno che sono qui dalle 5 di mattina nella speranza di poter
passare?, ci mormora un lavoratore palestinese.
Notiamo la chiusura totale della strada con i grandi blocchi di cemento
che scoraggiano qualsiasi tentativo di avvicinamento.
Dopo aver passato alcune ore con i palestinesi ai check-point, incontriamo
un?autoambulanza del Palestinian Medical Relief che è, anche, il referente
locale della campagna di GIPP.
L?autista ci offre un passaggio che ci permette di raggiungere Nablus, durante
il percorso ci racconta come il giorno prima dei militari israeliani avevano
sparato ad un suo collega che trasportava feriti.
Ci mettiamo subito al lavoro, dopo un  breve incontro con il direttore del
Medical Relief cerchiamo di organizzare la nostra agenda di lavoro.
Nonostante sia tardi riusciamo a incontrare Abla Massroujeh, responsabile
nazionale del settore femminile del sindacato palestinese, e Rawda  Bashir,
membro dell?associazione delle donne di Nablus.
?E? come se fossimo diventati delle macchine che aspettano qualcuno che
schiacci un bottone. Il nostro futuro è come congelato?, ci dice Abla con
il dolore e la lucidità che le traspare dal volto.
?L?occupazione non è solo un affare politico e sociale, ma ha invaso la
nostra intimità: ogni azione quotidiana deve fare i conti con essa?, continua
Rawda.
In quattro ore di conversazione notiamo amarezza, dolore in ogni singola
parola pronunciata ma mai rassegnazione, mai disperazione, anzi è  forte
la vitalità, la tenacia di queste straordinarie donne. Ci colpiscono per
la loro lucidità di analisi.
?Il nostro sindacato sostiene le migliaia di lavoratori che dall?inizio
della seconda Intifada hanno perso il lavoro (più del 60% della popolazione
palestinese), pur sapendo che ciò non potrà continuare a lungo?,prosegue
Abla.
Rauda ci guarda con un sorriso triste e continua: ?Ogni rombo di aereo ormai
provoca angoscia e paura in tutti noi; per i bambini nel tempo ciò causa
effetti psicologici traumatici. L?estrema paura che il bambino interiorizza
si traduce in difficoltà di apprendimento, disturbi del comportamento e
della comunicazione, o all?opposto come quando vediamo i bambini che affrontano
inermi i carri armati, spesso rimanendo feriti se non uccisi?.
Abla: ?Dopo l?insediamento dell?autorità palestinese, 1996, è stato duro
ricostruire la nostra organizzazione. Ma oggi la repressione israeliana
ha reso vano tutto ciò, come se nulla fosse stato fatto. E? arduo difendere
i diritti dei lavoratori quando la priorità assoluta è data alla resistenza
contro l?occupazione?.
?Abbiamo combattuto per 50 anni, nonostante i momenti drammatici della nostra
storia non abbiamo mai pensato, e non pensiamo, di arrenderci come spera
Mufaz (ndr, capo di stato maggiore israeliano). Abbiamo lavorato per la
pace e continuiamo ancora a farlo, ma vogliamo una pace di cui possiamo
essere fieri, giusta e duratura in cui i nostri bambini possano giocare
e godere liberamente di ciò che li circonda, come non è stato possibile
per noi?, conclude fieramente Rawda.

Queste poche pagine di sicuro non possono spiegare le emozioni e le sensazioni
che oggi abbiamo provato davanti ad ogni sorriso, ogni movimento, ogni sguardo,
 vogliono essere una semplice testimonianza.

La delegazione di Action for Peace in Palestina
Farshid Nourai
Monica D?Angelo
Antonio Elia
Alessandra Fantini
Michelangelo Cocco
Massimo Trizio
Paolo Pozzi
Ferdinando Primerano Rianò
GabriellaVero

Abbiamo contattato i sindaci di tre villaggi vicino Nablus isolati da mesi,
domani la delegazione tenterà di rompere l?isolamento.