Palestina: Dì la verità , Shimon Di Gideon Levy



Dì la verità, Shimon!
Di Gideon Levy,giornalista israeliano
Ringraziamo i "Traduttori per la Pace" per la traduzione.
pubblicata su Ha'aretz il 24 Gennaio 2002

Nei 24 anni da che ci conosciamo, quattro dei quali passati come tuo
aiutante in campo, questa è la terza volta che ti scrivo una lettera
aperta. Nel 1989, quando eri ministro delle Finanze del governo Shamir e
scoppiava la prima intifada, utilizzai queste pagine per scrivere "Una
lettera all'ex-capo". Allora ti dissi: "per la prima volta nella vita non
hai nulla da perdere tranne la prospettiva di svanire". Questo succedeva
dopo che eri rimasto in silenzio di fronte alla condotta dell'IDF (Israel
Defense Forces) verso l'intifada, di fronte alla continuazione
dell'occupazione e all'ostinato rifiuto da parte di Israele di riconoscere
l'OLP come rappresentante dei palestinesi. A quell'epoca, credevo che la
pensassi diversamente da Yitzhak Shamir e Yitzhak Rabin (allora noti come
"duri") ma che non avevi sufficiente coraggio per parlare.
Undici anni dopo, nel 2000, ti scrissi un'altra lettera aperta. Era dopo
Oslo e l'assassinio di Rabin e dopo una tua ennesima sconfitta alle
elezioni: questa volta erano quelle presidenziali. Allora dissi: "Molti
israeliani adesso ti vedono come un'altra persona. Per loro rappresenti la
speranza di qualcosa di diverso". E ora, mentre ti scrivo di nuovo, devo
dire: non rappresenti più nessuna speranza.
Il governo del quale sei un membro anziano, il ministro degli Esteri, non è
più solo l'ultima risorsa nella nostra storia governativa; questo governo è
un governo del crimine.
E la partecipazione a questo crimine è un'altra questione. Non è più
possibile assolverti, darti credito per Oslo, capire che soffri per quanto
sta accadendo, sapere che potresti addirittura arrabbiarti ma che ti
trattieni dal parlare e, soprattutto, dall'agire solo in base a
considerazioni tattiche che tu comprendi meglio di chiunque altro.
No, il tuo silenzio e la tua inerzia non hanno più scuse: Shimon, sei
complice del crimine. Il fatto che tu possa rendertene conto nel profondo e
che, a volte, possa esprimere flebili parole di condanna, il fatto che non
sia primo ministro proprio mentre l'America sta dando carta banca, il fatto
che la maggior parte delle persone la pensi diversamente e che abbandonare
e mettersi a scrivere per Ha'aretz, come hai detto, sarebbe inutile - tutte
queste scuse non cambiano niente. Continui a servire un governo dalle mani
insanguinate, che porge la mano con cui continua a uccidere, incarcerare,
umiliare e tu sei complice di tutto questo. Così come il ministro degli
Esteri talebano fa parte del regime talebano, tu fai parte del regime di
Sharon. La tua responsabilità non è minore di quella del primo ministro.
Equivale a quella del ministro della Difesa e del capo di stato maggiore,
di cui in privato hai severamente criticato l'operato. Sempre e solo in
privato.
Dici che hai saputo dell'assassinio di Raed Karmi, dopo tre settimane dalla
tregua palestinese, dalla radio. Secondo te, questo basta a esentarti dalla
responsabilità per l'accaduto e perfino dal condannarlo. Mentre l'IDF
rioccupava Tul Karm, stavi con Bill Clinton. Quando ti si chiese
un'opinione, borbottasti parole incoerenti. Dopo la demolizione delle case
a Rafah, chiudesti la bocca e mantenesti il silenzio. Si potrebbe pensare
che neanche la distruzione della stazione radio sia tra i tuoi argomenti
preferiti. Ma hai la responsabilità di tutte queste cose, di tutte queste
azioni che non possono essere definite se non come crimini di guerra.
Chiedi a tuo cognato, il professor Rafi Walden, capo chirurgo dello Sheba
Medical Center, che a volte va come volontario di Physicians for Human
Rights nei territori occupati e ti dirà di cosa sei complice. Ti racconterà
delle donne che stanno per partorire, non una o due, non la rara eccezione,
che non possono raggiungere l'ospedale a causa della crudeltà dell'IDF, di
cui una volta eri tanto fiero, e dei loro neonati che muoiono non appena vi
giungono. Ti racconterà dei pazienti malati di cancro a cui viene impedito
di andare in Giordania per la terapia. No, non possono nemmeno andare in
Giordania, per "ragioni di sicurezza".
Ti racconterà degli ospedali a Betlemme bombardati dall'IDF. Ti racconterà
dei dottori e delle infermiere che dormono nell'ospedale perché non possono
andare a casa. Ti racconterà dei pazienti in dialisi costretti ad
affollarsi percorrendo strade di fortuna tre volte a settimana, nel
disperato tentativo di raggiungere i macchinari da cui dipendono le loro
vite. Ti racconterà dei pazienti a cui sono negate cure mediche essenziali
a causa del blocco e delle ambulanze a cui viene impedito di attraversare i
checkpoint, anche quando trasportano passeggeri gravemente ammalati. Ti
racconterà delle persone che sono morte nei checkpoint e di quelle morte a
casa perché non hanno osato avvicinarsi ai checkpoint, che ora sono formati
da carri armati minacciosi al centro della strada o da cumuli di blocchi di
cemento e porcherie che non possono essere spostati, nemmeno per coloro che
sono in fin di vita.
Voi tenete prigioniero un intero popolo da oltre un anno con un grado di
crudeltà senza precedenti nella storia dell'occupazione israeliana. Il tuo
governo sta calpestando tre milioni di persone, lasciandoli in condizioni
che non somigliano affatto a una vita normale. Senza poter andare al
mercato, senza poter andare al lavoro, senza poter andare a scuola, senza
poter visitare una persona cara malata. Niente. Senza poter andare da
nessuna parte, senza poter tornare da nessuna parte. Giorno e notte.
Movimenti furtivi ovunque e ovunque un altro checkpoint, a soffocare
l'esistenza.
Un'intera nazione ha già parzialmente teso la mano in segno di pace, non
meno di quanto abbiamo fatto noi, lo sai bene. Ha fatto il pieno di dolore
con Nakba nel 1948, con l'occupazione del 1967 fino all'assedio del 2002 e
vuole esattamente le stesse cose che vogliono gli israeliani: un po' di
pace, un po' di sicurezza e un filo di orgoglio nazionale. Tutta questa
gente, nessuno escluso, tutte le mattine si sveglia sull'orlo dell'abisso
della disperazione, della disoccupazione, della privazione, adesso anche
con i carri armati parcheggiati alla fine della strada.
Sei sempre stato scusato per tutto questo ma ora basta. Chi fa parte di un
governo che deliberatamente sabota ogni sforzo palestinese per raggiungere
la tregua, che umilia completamente i suoi leader, per cui la vendetta è
l'unica forza motivante, che sfrutta cinicamente la cecità e l'ottusità del
dopo 11 settembre per fare quello che vuole, non può più essere scusato. È
vero, non condividi niente di quanto vuole fare questo governo, ma che
importa? Ci sei dentro, sei complice come in qualsiasi altro crimine. Mi
capita di vederti mentre rispondi alle domande dei giornalisti sull'ultima
deprecabile azione del governo. Il tuo sguardo (e dopo tutti questi anni
riconosco le tue espressioni) tradisce disagio, addirittura disgusto. Poi
dai una delle tue risposte vaghe, evasive e non proprio dirette. Mormori
qualcosa e cerchi di districarti usando imbarazzanti giochi di parole. Come
è successo questa settimana quando stavi accanto a Clinton e ti è stato
chiesto cosa pensavi dell'occupazione di Tul Karm: non hai risposto niente,
niente, limitandoti ad aspettare che la domanda cadesse, di essere lasciato
solo e poter tornare a parlare di pace e sogni.
Quando ti è stato chiesto degli assassinii, delle demolizioni,
dell'umiliazione di Arafat e del suo scandaloso confinamento, della
distruzione dell'aeroporto di Dahaniya o del festival delle munizioni
esibite a Eilat, hai corrugato la fronte e dato una mezza risposta. Ma
questo non basta più.
È giunto il momento di una risposta schietta, onesta e sincera oppure
niente. È giunto il momento di dire che l'occupazione di Tul Karm è stata
una mossa insensata, che lo scopo dell'assassinio di Raed Karmi era di
rinfocolare la violenza e che la distruzione delle case a Rafah è stato un
crimine di guerra oppure il momento di essere come Ariel Sharon. Questo non
è il momento per le sottigliezze, per i significati nascosti, per la
critica velata in privato perché qui fuori si è scatenato un disastro
terribile e sta soffiando un vento contrario che devasta ogni cosa.
Vuoi un esempio? Alcuni giorni fa, ti è stato attribuito di aver detto
(sempre in privato) che era difficile per te criticare le azioni del
governo quando non lo facevano gli Stati Uniti. Che scusa patetica è
questa? Cosa c'entra con le tue posizioni di principio il fatto che negli
Stati Uniti vi sia un'amministrazione predatrice il cui potere non è
controbilanciato da nessuno nel mondo, che fa quel che vuole e fa fare a
Israele quel che vuole? Tutto questo cosa c'entra con il bene di Israele?
Cosa c'entra con i valori fondamentali di giustizia e moralità?
Forse dovresti prenderti un giorno di vacanza, cosa che fai raramente, e
visitare i territori occupati. Hai mai visto realmente il checkpoint di
Qalandiyah, almeno una volta? Hai visto cosa vi succede? Pensi di poter
assolvere ai tuoi compiti senza vedere il checkpoint di Qalandiyah? Ti
rendi conto di essere responsabile per cosa vi succede? Ti rendi conto che
qualsiasi ministro degli Esteri di uno stato che installa questi checkpoint
si assume la responsabilità della loro esistenza?
Poi dovresti andare al villaggio di Yamoun e conoscere Heira Abu Hassan e
Amiya Zakin, che hanno perso i loro bambini tre settimane fa, quando i
soldati dell'IDF non hanno lasciato passare le loro auto al checkpoint
mentre avevano le doglie e perdevano sangue. Ascolta le loro storie
terribili. Cosa diresti loro? Che ti dispiace? Che non sarebbe dovuto
succedere? Che questo fa parte della guerra al terrorismo? Che è
sconvolgente? Che forse la colpa è di Shaul Mofaz e non la tua? Il
portavoce dell'IDF ancora non ha espresso il rincrescimento per questi due
episodi, non ha parlato di nessuna indagine giudiziaria. Ha solo confermato
un episodio e ha detto di non sapere dell'altro.
E, altrettanto importante, cosa diresti dei nostri soldati che si
comportano in questo modo? Che è a causa della sicurezza nazionale? Che
bisogna prendersela con i palestinesi? O con Arafat? La verità, Shimon, è
che tu sei responsabile della morte di questi due bambini. Perché hai
taciuto. Perché siedi in questo governo.
Sono tempi terribili. Ma il peggio deve ancora venire. Il ciclo di violenza
e odio è ancora lontano dal suo culmine. Tutte le ingiustizie e il male
perpetrati ai danni dei palestinesi alla fine ci scoppierà in faccia. Un
popolo che subisce questi abusi da anni esploderà un giorno in una furia
terribile, perfino peggiore di quella a cui ora assistiamo. E nel frattempo
i nostri soldati entrano nella stazione radio, depositano esplosivo e la
mandano all'aria, senza fermarsi a chiedersi perché.
Questi soldati sono portatori di cattive notizie, non solo per le vittime
ma anche per i mandanti. I soldati che distruggono dozzine di case
appartenenti ai profughi, con tutte le loro povere cose dentro, senza un
attimo di esitazione e certamente senza rifiutarsi di eseguire ordini così
evidentemente illegali, non sono buoni soldati, nemmeno per il loro paese.
I piloti che bombardano obiettivi nel cuore di città abitate, i carristi
che puntano le armi contro le donne che cercano di arrivare all'ospedale
per partorire nel mezzo della notte e gli agenti della polizia di frontiera
che maltrattano donne e ragazzi non sono un buon presagio per il futuro.
Testimoniano tutti della perdita di ritegno che deriva dalla totale perdita
di guida.
Sì, quest'anno abbiamo perso la strada. Abbiamo unito le nostre forze con
quelle di un primo ministro che è il più esperto guerrafondaio di Israele e
nessuno può dire con certezza quali siano le sue intenzioni. E con
un'opinione pubblica sottoposta al lavaggio del cervello che parla con una
spaventosa uniformità, per te è facile. Da quando un altro membro del tuo
partito, Ehud Barak, ha intenzionalmente distrutto il tavolo della pace,
sei stato in grado di fare praticamente quel che volevi. L'IDF non indaga
più su nessun crimine di guerra e il sistema legale approva ogni
ingiustizia che sia avvolta nel manto della sicurezza. Tutto il mondo è
impegnato a combattere contro il terrorismo, la stampa si nasconde e
l'opinione pubblica non vuole sentire, non vuole vedere e non vuole sapere.
Vuole solo vendetta. E coperta da queste tenebre e con il sostegno di una
persona della tua statura, l'occupazione è diventata una macchina del
crimine e del male.
Naturalmente dirai: cosa posso fare io? Non sono stato eletto primo
ministro. E non sono stato eletto presidente del Partito Laburista. Non
sono nemmeno il ministro della Difesa. Hai ragione: in questo governo non
puoi fare niente e non stai facendo niente. Proprio per questo non avresti
mai dovuto entrarne a far parte. Dirai: ho una certa influenza, freno le
cose, sono una forza moderata, sto provando. Sciocchezze. Non potrebbe
essere peggio di come è ora, perciò dove esattamente stai esercitando la
tua influenza e cosa stai impedendo che accada? Avresti mai immaginato di
sedere in un governo che avrebbe rioccupato zone dell'Area A completamente
indisturbato?
Pensa solo a cosa sarebbe successo se ti fosse alzato e ti fossi dimesso
clamorosamente da questo governo e avessi detto al mondo ciò che (forse)
senti. Il premio Nobel contro i crimini del governo Sharon. Immagina se ti
fossi recato a Ramallah, da Yasser Arafat che è sotto assedio e foste
usciti insieme per la strada, affrontando i carri armati israeliani e
chiedendo il loro ritiro e il cessate il fuoco. È vero, non sarebbe
crollato il mondo, l'occupazione non sarebbe finita e il blocco di Jenin
non sarebbe stato tolto ma si sarebbero aperte delle crepe reali nelle
fondamenta morali, politiche e internazionali di questo governo attualmente
immune. Pensa se avessi detto: Sì, le demolizioni delle case sono un
crimine di guerra. Sì, uno stato che ha elenchi di obiettivi da assassinare
non è uno stato legale. Sì, l'installazione di un checkpoint che causa la
morte delle persone è un atto di terrorismo. No, i palestinesi non sono gli
unici colpevoli di questa orgia di sangue. Sì, abbiamo un capo di stato
maggiore che costituisce un pericolo per la democrazia. Sì, abbiamo un
ministro della Difesa e un presidente del Partito Laburista che è complice
del governo per gli assassini e le demolizioni delle case. Sì, abbiamo un
primo ministro che vuole solo occupare, vendicare, uccidere, espellere,
demolire e sradicare e non pensa ad altro.
Questo è quello che pensi, vero? Se è così, allora dillo, per amor di Dio.
Se non lo pensi, allora il tuo posto è davvero in questo governo e noi, che
una volta credevamo in te, abbiamo commesso un terribile errore. E per
favore, non dire di fare da "punching bag" ancora una volta. Non lo stai
facendo. Fin da Oslo, eri la personificazione delle nostre speranze. E
queste sono state deluse.
Il tempo passa, Shimon. Non solo per te, ma per tutti noi. Stiamo sul bordo
dell'abisso. Se aspetti che Benjamin Ben-Eliezer, Ephraim Sneh, Ra'anan
Cohen, Dalia Itzik e i loro simili si accordino vilmente per dimettersi dal
governo con l'obiettivo di nuove elezioni, ti potresti trovare confinato
nell'oblio da loro. Sai che non vedono l'ora di sbarazzarsi di te per un
po' adesso. E anche se ti opponessi sarebbe troppo tardi. Potresti aver già
deluso tutti e potrebbe non esserci modo per ricostruire le macerie
prodotte da Sharon.
Ma l'unico modo per te per aggiungere un'altra impresa più importante alla
tua ricca biografia non è solo alzarsi e dimettersi da questo governo, cosa
a cui potresti essere costretto comunque, ma di farlo gridando forte e
chiaro, dicendo agli israeliani tutto quello che pensi di quanto sta
succedendo, soprattutto sul male che stiamo perpetrando con le nostre
stesse mani. Ancora una volta nella vita, cerca di costruire qualcosa di
nuovo, non un reattore atomico né un'industria aerea, di cui ne abbiamo più
che abbastanza. Adesso, a dispetto di tutti gli ostacoli, cerca di
costruire radicalmente un tavolo della pace israeliano, per fare qualcosa
oltre il niente. E' troppo inverosimile credere che ancora vedi le cose
diversamente dal resto dei tuoi colleghi nel governo?
Di' la verità, Shimon.
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Associazione per la Pace
Gruppo Palestina
Via Salaria, 89 00198 Roma
Tel. +39 - 068841958
La pace non è solo l'assenza della guerra, è una virtù, uno stato della mente,
una disposizione alla benevolenza, confidenza, giustizia.
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