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Guantanamo- int.di E. Deiana
- Subject: Guantanamo- int.di E. Deiana
- From: "Forum delle Donne" <forumdonne.prc at rifondazione.it>
- Date: Tue, 29 Jan 2002 20:12:47 +0100
Resoconto stenografico dell'Assemblea Seduta n. 86 del 24/1/2002 Condizione dei detenuti talebani nel campo americano di Guantanamo (Cuba) - n. 2-00214 PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di illustrare l'interpellanza Giordano n. 2-00214 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti di cui è cofirmataria. ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, vorrei illustrare la nostra interpellanza perché il fatto rappresenta un gravissimo caso di imbarbarimento delle relazioni internazionali e dello stesso diritto bellico che comprova le preoccupazioni che il mio gruppo ha costantemente espresso, in relazione alla vicenda dell'attacco terroristico alle torri di New York e alla risposta di guerra che hanno dato gli Stati Uniti e la coalizione, che ha replicato purtroppo positivamente all'attivazione dell'articolo 5 e alla richiesta di coalizione. Mi riferisco - come ha detto lei, signor Presidente, - alla condizioni in cui vengono tenuti e trattati i prigionieri talebani e gli esponenti di Al Qaeda, in particolare quelli trasportati nella base di Guantanamo. Presso tale la base il Governo degli Stati Uniti ha allestito un campo di detenzione, denominato Camp X-Ray, dove sono imprigionate al momento 144, 150 persone, tra talebani e appartenenti all'organizzazione Al Qaeda. In questi giorni è giunta la notizia che le partenze dall'Afghanistan sono interrotte, ma solo per motivi tecnico-logistici, nel senso che il campo, finora allestito, pare che non sia in grado di recepire altro materiale umano, così lo chiamo visto il trattamento a cui sono sottoposti questi uomini, costretti dentro gabbie di rete piccolissime. Le fotografie, che hanno fatto il giro del mondo, ce li hanno fatti vedere costretti in ginocchio, ammanettati e bendati. Il fatto gravissimo è che gli Stati Uniti, secondo una logica che contraddistingue questo paese da tempo, si rifiuta di riconoscere a questi detenuti lo status di prigionieri di guerra, considerandoli combattenti illegali. Mi riferisco ad una tradizione di questo paese che continuamente rifiuta o si oppone ad adeguarsi alle convenzioni internazionali. Il 21 gennaio il comitato internazionale della Croce rossa ha dichiarato il trattamento di prigionieri non conforme alla terza convenzione di Ginevra, ribadendo, di conseguenza, che anch'essi debbono essere considerati prigionieri di guerra. Il dato positivo è che, in un mondo globalizzato e mediatizzato al massimo, le cose sono viste e, quindi, suscitano, per fortuna, ancora proteste. Tra le tante proteste di cui vorrei dare notizia - spero che il Governo ne sia a conoscenza - mi interessa sottolineare quella del commissario dell'Unione europea per le relazioni esterne, Christopher Patten, perché è particolarmente significativa, a mio giudizio, partendo da un punto di vista e di giudizio sulla vicenda internazionale, relativa all'Afghanistan, molto diverso - anzi, direi, totalmente diverso - dal mio, il quale esprime preoccupazioni che non possono essere accusate di essere dettate da un pregiudizio o da un'antipatia precostituita nei confronti degli Stati Uniti d'America. Il commissario Patten ha sollecitato gli Stati Uniti a trattare secondo la legge e la morale i prigionieri di Al Qaeda nella base di Guantanamo per non rischiare, parole testuali del commissario, «di perdere la pace, ora che abbiamo vinto la guerra». Penso ovviamente che il trattamento inumano sia frutto della logica di guerra, ma questo tuttavia rappresenta un'altra dimensione del problema. I valori della coalizione internazionale contro il terrorismo sono - sempre secondo Patten - l'imperio della legge, il diritto internazionale, l'imparzialità, la decenza e la giustizia. Avendo vinto la campagna militare, giudico un tremendo errore - ribadisce Patten - se la coalizione internazionale perdesse ora la pace. Altrettanto tagliente e netto è il giudizio di un paese come la Svizzera, che ha chiesto agli Stati Uniti d'America di trattare gli ex combattenti taliban e i presunti terroristi di Al Qaeda - sottolineo presunti, dal momento che occorre dimostrare che essi siano terroristi - come prigionieri di guerra, aventi diritto alla protezione e alle garanzie assicurate dalla Convenzione di Ginevra. Per quanto riguarda la reazione degli Stati Uniti d'America, molte associazioni per la difesa dei diritti umani hanno alzato la voce e protestato; in particolare, il giudice federale Howard Matz, a Los Angeles, ha esaminato il ricorso di un gruppo che si batte per la tutela dei diritti dell'uomo contro le condizioni di detenzione in questo campo. Nella nostra interpellanza, noi ricordiamo un aspetto assai importante che riguarda il nostro paese: gli Stati Uniti d'America hanno dapprima cercato di bloccare e successivamente si sono rifiutati di sottoscrivere il trattato istitutivo del tribunale penale internazionale, approvato a Roma dalla Conferenza internazionale convocata nel 1998. Di tale trattato il Governo italiano è depositario e pertanto responsabile di fronte all'opinione pubblica internazionale, essendo il tribunale penale internazionale l'unico organismo in grado di garantire un giudizio equo ed imparziale nei confronti di quanti si macchino di crimini contro l'umanità. Chiediamo quindi quale sia il giudizio del Governo italiano sulle condizioni di detenzione del campo americano di Guantanamo e cosa intenda fare per richiamare gli Stati Uniti al rispetto delle Convenzioni da essi sottoscritte e, infine, se non ritenga di dover promuovere una forte azione, affinché gli Stati Uniti sottoscrivano il trattato per l'istituzione del tribunale penale internazionale, accettando la sua giurisdizione esclusiva su chiunque si macchi di crimini contro l'umanità. PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, onorevole Mario Baccini, ha facoltà di rispondere. MARIO BACCINI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo italiano ha preso immediato contatto con quello degli Stati Uniti d'America, al fine di accertare, a seguito della mobilitazione dell'opinione pubblica italiana ed internazionale, le condizioni detentive dei prigionieri trasferiti nella base americana di Guantanamo. Nell'attuale fase di approntamento di nuovi spazi carcerari all'interno della base, i prigionieri vengono temporaneamente detenuti in ambienti che hanno carattere provvisorio. La terza Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra contiene un dettagliato elenco delle specie di combattenti: le condizioni previste esigono che le persone di cui trattasi abbiano un segno distintivo fisso e riconoscibile a distanza, portino apertamente le armi e si conformino, nelle loro operazioni, alle legge e alle consuetudini di guerra. Quest'ultimo requisito significa che deve essere rispettato il diritto bellico, sia di natura convenzionale sia consuetudinaria. In mancanza di tali requisiti, le persone in questione non possono essere considerati legittimi combattenti. In ogni caso, gli Stati Uniti d'America hanno consentito l'ingresso, la visita e la presenza, a fini ispettivi, da parte dei rappresentanti della Croce rossa internazionale, ai quali hanno chiarito che certe condizioni di trattamento erano limitate al tempo strettamente necessario al trasporto e allo smistamento nei vari luoghi di detenzione. I risultati delle visite saranno comunicati al governo degli Stati Uniti che ha reso noto di voler tenere conto di questi esiti, in vista della successiva predisposizione delle condizioni detentive. Lo stesso Governo cubano, in una sua dichiarazione, ha preso nota con soddisfazione delle dichiarazioni pubbliche rese dalle autorità nordamericane, secondo cui i prigionieri ricevevano un trattamento adeguato ed umano (come la Croce rossa potrà verificare). Il Governo italiano non mancherà di seguire gli sviluppi della questione, anche di concerto con i partner europei. Al riguardo, l'Unione europea ha ribadito, in più di un'occasione, la necessità di contemperare le esigenze di lotta al terrorismo internazionale con il rispetto delle procedure giudiziarie e internazionalmente garantite ad ogni imputato. L'Unione europea ritiene che la lotta contro il terrorismo non possa essere condotta a detrimento dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ma che, al contrario, essa debba rappresentare un'ulteriore prova del fermo proposito della comunità internazionale di difendere proprio quei diritti che le azioni terroristiche intendono infrangere. Per quanto riguarda l'istituenda Corte penale internazionale, occorre ricordare che essa non sarà competente in materia di atti terroristici. Vale, inoltre, la considerazione che il nuovo organo, quando sarà operativo, per disposizione del suo statuto, avrà carattere complementare. Pertanto, potrà esercitare la sua giurisdizione solo laddove l'autorità giudiziaria nazionale non voglia o non possa giudicare nel caso di specie. L'Italia, quale Stato ospitante della Conferenza di Roma del 1998, è impegnata in una costante azione per accelerare il completamento del necessario numero di ratifiche perché la Corte penale internazionale entri in funzione. Tale linea è stata portata avanti con gli altri Stati dell'Unione europea, che hanno adottato, nel giugno 2001, una posizione comune, diretta ad impegnare l'unione stessa, a passi congiunti con i paesi terzi, per facilitare la rapida entrata in vigore dello statuto. PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di replicare. ELETTRA DEIANA. L'esponente del Governo ha risposto come avrebbe risposto il segretario alla difesa americano Rumsfeld (non so se sia un complimento; io non lo riterrei tale). Vorrei ricordare all'esponente del Governo che anche alcuni esponenti della maggioranza, del gruppo del CCD-CDU Biancofiore, hanno chiesto che una delegazione italiana certifichi la reale condizione dei prigionieri afgani trasferiti nel carcere della base americana di Guantanamo e la corretta applicazione della Convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra. Questa richiesta è stata avanzata dal presidente del gruppo del Biancofiore, Luca Volontè, in un'interrogazione rivolta al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Aggiunge Volontè che le recenti immagini su come vengono trattati i prigionieri trasferiti dall'Afghanistan a Guantanamo dimostrano un evidente trattamento che poco ha a che fare con i diritti umani, oltre che con lo status di prigionieri di guerra (che è anche un'altra dimensione del problema) e con la corretta applicazione della Convenzione di Ginevra. Sarebbe auspicabile un intervento della Farnesina in questa direzione. Vorrei sottolineare un aspetto della risposta del sottosegretario Baccini, relativo al carattere di terzietà che dovrebbe avere un organismo istituito o un soggetto preposto a rispondere alle richieste di accertamento: chi accerta che cosa? Se l'Italia si limita a chiedere agli Stati Uniti di accertare le condizioni dei prigionieri di Guantanamo, non chiede alcuna garanzia di terzietà nel soggetto preposto a compiere tali accertamenti. Il ministro degli esteri svizzero, che ho citato poc'anzi, nel suo comunicato afferma, in modo politicamente corretto, che, laddove gli Stati Uniti non riconoscano lo status di prigionieri di guerra ai prigionieri talebani - che, voglio ricordarlo, facevano parte di un regime orrendo, ma erano sempre esponenti di un regime, soldati di quel regime e, pertanto, è difficile definirli «combattenti illegali» - o, comunque, in caso di contrasto sullo status dei prigionieri, secondo la Convenzione di Ginevra, la questione deve essere definita da un tribunale competente. In maniera politicamente corretta, dunque, il Ministero degli affari esteri svizzero chiede il carattere di terzietà al soggetto predisposto ad accertare lo status, oltre che, evidentemente, le condizioni in cui versano questi uomini. La Svizzera ritiene che i detenuti a Guantanamo debbano avere lo status di prigionieri di guerra (almeno per il momento), e, in ogni caso, anche se un tribunale statuisce che la convenzione di Ginevra non è applicabile, i prigionieri devono, in ogni circostanza, essere trattati secondo le regole ed i principi dei diritti umani. Si tratta, quindi, di due dimensioni: stabilire lo status di prigionieri di guerra e valutare le condizioni d'umanità o d'inumanità in cui versano. La risposta del sottosegretario, dunque, lascia assolutamente irrisolto il problema che abbiamo sollevato relativo all'impegno dell'Italia - un preciso impegno - affinché venga spezzato questo processo di imbarbarimento progressivo delle relazioni internazionali e di accantonamento di tutte le convenzioni e trattati che, fino ad ora, hanno tentato di creare un contesto di legittimità, di legalità e di civilizzazione delle relazioni internazionali. Allegato A Seduta n. 86 del 24/1/2002 (Sezione 9 - Condizione dei detenuti talebani nel campo americano di Guantanamo - Cuba) I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che: presso la base navale di Guantanamo, a Cuba, il Governo degli Stati Uniti ha allestito un centro di detenzione denominato Camp X-Ray dove sono imprigionate centoquarantaquattro persone tra talebani e appartenenti all'organizzazione Al-Qaida; i prigionieri sono costretti dentro gabbie di rete piccolissime e si sono viste foto degli stessi costretti in ginocchio, ammanettati e bendati; gli Stati Uniti, in contrasto con le convenzioni internazionali, rifiutano ai detenuti lo status di prigionieri di guerra, considerandoli «combattenti illegali»; il 21 gennaio, il Comitato internazionale della Croce rossa ha dichiarato il trattamento dei prigionieri «non conforme alla Terza Convenzione di Ginevra», ribadendo di conseguenza che anch'essi debbono essere considerati prigionieri di guerra; gli Stati Uniti hanno prima cercato di bloccare e poi rifiutato di firmare il Trattato istitutivo del Tribunale penale internazionale, approvato a Roma dalla Conferenza internazionale convocata nel 1998 e di cui il Governo italiano è depositario, unico organismo capace di garantire un giudizio equo ed imparziale nei confronti di quanti si macchino di crimini contro l'umanità -: quale sia il giudizio del Governo italiano sulle condizioni di detenzione del campo americano di Guatanamo, se non ritenga di dover richiamare gli Stati Uniti al rispetto delle Convenzioni da essi sottoscritte e se non ritenga di dover promuovere una forte azione affinché gli Stati Uniti sottoscrivano il Trattato per l'istituzione del Tribunale penale internazionale, accettando la sua giurisdizione esclusiva su chiunque si macchi di crimini contro l'umanità. (2-00214) «Giordano, Deiana». (22 gennaio 2002). Forum delle donne di Rifondazione comunista Viale del Policlinico 131 - CAP 00161 - Roma Tel. 06/44182204 Fax 06/44239490
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