AFGHANISTAN E MINE: NON DOVEVA ESSERE UNA "GUERRA CHIRURGICA"?



da http://www.saveriani.bs.it/

AFGHANISTAN E MINE:
NON DOVEVA ESSERE UNA "GUERRA CHIRURGICA"?
"Gli aerei Usa e britannici hanno disseminato 'bombe a grappolo' (=mine),
munizioni ad alta sensibilità e ordigni inquinanti. Cosi tutta l'attività
di sminamento dovrà cominciare da capo"


La Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antipersona
(ICBL) ha espresso preoccupazione per la situazione in Afghanistan, uno dei
paesi più minati del mondo e in cui meglio aveva funzionato l'attività di
bonifica, anche grazie ad investimenti di centinaia di milioni di dollari.
Tutto è andato in fumo con la nuova esplosione di violenza innescata con il
pretesto della lotta al terrorismo. L'immane lavoro per individuare,
recintare, numerare e bonificare le aree con mine ed altri ordigni
inesplosi in Afghanistan è stata azzerato: si dovrà ricominciare daccapo.
Le fazioni in lotta hanno lasciato sul terreno un numero imprecisato di
mine; gli aerei statunitensi e britannici hanno disseminato "bombe a
grappolo", munizioni ad alta sensibilità e ordigni inquinanti, a tappeto.
La Campagna internazionale ha chiesto alla comunità internazionale che,
all'interno della Convenzione dell'Onu sulle armi convenzionali, un nuovo
Protocollo si occupi di bandire o almeno di regolamentare l'uso di ordigni
ad effetto indiscriminato come le bombe a grappolo ed altre sottomunizioni
ad alta sensibilità. (M. Storgato)

La Campagna italiana  http://www.campagnamine.org/homepage.htm
Campagna internazionale contro le mine (ICBL) http://www.icbl.org/




MINE ANTIPERSONA:
CON LA GUERRA TUTTO SALTA IN ARIA

MARCELLO STORGATO

La Campagna contro le mine antipersona non è affatto finita. In
Afghanistan, uno dei paesi più minati del mondo, l'attività di bonifica
dovrà ricominciare. Daccapo.

Nonostante quasi tre quarti delle nazioni del mondo abbiano firmato e
ratificato il Trattato internazionale che vieta ogni produzione e utilizzo
delle mine antipersona e ne sancisce la distruzione, sono ancora 54 i paesi
che non ne vogliono sapere. Tra questi: Cina, Russia e Stati Uniti (membri
permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu), Finlandia, Turchia e Cuba,
la maggior parte dei paesi del Medio Oriente, dell'ex Unione Sovietica e
vari stati asiatici. Proprio qui vengono ancora prodotte le mine. Fare in
modo che tutti gli stati ratifichino e rispettino il Trattato
internazionale, resta l'obiettivo della Campagna internazionale per la
messa al bando delle mine.
Nell'ultimo anno, nuove mine sono state piazzate in ben 25 paesi: Angola,
Burundi, Repubblica democratica del Congo (RdC), Eritrea, Etiopia, Namibia,
Senegal, Somalia, Sudan, Uganda, Colombia. Passando all'area asiatica e
mediorientale, la lista prosegue con Afghanistan, Filippine, India,
Israele, Kirghizistan, Myanmar (Birmania), Nepal, Pakistan, Sri Lanka,
Tajikistan, Uzbekistan. In Europa, gli stati interessanti sono invece
Georgia, Iugoslavia, Macedonia, Russia. Nella RdC, ad esempio, le mine sono
state impiegate dalle forze ugandesi e da quelle rwandesi (nonostante che
Uganda e Rwanda abbiano ratificato il Trattato); ma il Congo stesso sembra
averne fatto uso. Anche Etiopia ed Eritrea si sono reciprocamente minate
durante il loro conflitto. L'Angola ha ammesso di aver fatto uso di mine
contro i ribelli dell'Unita, contaminando ulteriormente il proprio paese e
sconfinando nella Namibia. Anche il Sudan sembra aver minato le postazioni
delle forze ribelli. In Burundi, tutte le forze in gioco hanno fatto uso di
mine. I vari gruppi ribelli nel continente africano hanno piazzato nuove
mine, contaminando in misura ancora più grave Angola, Burundi, RdC,
Namibia, Senegal, Somalia, Sudan, Uganda. Alcuni governi hanno negato di
aver fatto uso di questi ordigni messi al bando, ma è difficile cedere
loro. Una cosa è chiara: le mine sono state utilizzate durante vecchi e
nuovi conflitti tra fazioni interne o tra stati. Questo basta a dimostrare
quanto sia importante fermare e prevenire le guerre, se si vuole che i
Trattati internazionali vengano rispettati.
Ben 41 stati hanno smesso di produrre le mine antipersona. Tra questi, ci
sono molti dei grandi produttori degli anni '70, '80 e primi anni '90. Ma
14 nazioni hanno continuato a produrle: Egitto, Stati Uniti e Cuba, Cina,
Corea del Nord, Corea del Sud, India, Iran, Iraq, Myanmar (Birmania),
Singapore, Vietnam, Russia. Ricordiamo che Egitto e Singapore hanno
precedentemente prodotto mine antipersona anche con licenza italiana
(Tecnovar e Valsella). Sembra invece che il commercio si sia fermato quasi
del tutto. L'ultimo rapporto di Jane's Mines and Mine Clearance afferma
che, nel 2000-'01, si è verificata "un'assenza virtuale di mine nelle
esposizioni di armi e nelle esibizioni di apparati militari. Sotto
pressione internazionale, anche gli stati che non hanno aderito al Trattato
di messa al bando, si sentono costretti a dimostrare la propria correttezza
politica". E' probabile, tuttavia, che ci siano stati casi di transito. La
Campagna internazionale ha espresso preoccupazione per la situazione in
Afghanistan, uno dei paesi più minati del mondo e in cui meglio aveva
funzionato l'attività di bonifica, anche grazie ad investimenti di
centinaia di milioni di dollari. Tutto è andato in fumo con la nuova
esplosione di violenza innescata con il pretesto della lotta al terrorismo.
L'immane lavoro per individuare, recintare, numerare e bonificare le aree
con mine ed altri ordigni inesplosi in Afghanistan è stata azzerato: si
dovrà ricominciare daccapo. Le fazioni in lotta hanno lasciato sul terreno
un numero imprecisato di mine; gli aerei statunitensi e britannici hanno
disseminato "bombe a grappolo", munizioni ad alta sensibilità e ordigni
inquinanti, a tappeto. La Campagna internazionale ha chiesto alla comunità
internazionale che, all' interno della Convenzione dell'Onu sulle armi
convenzionali, un nuovo Protocollo si occupi di bandire o almeno di
regolamentare l'uso di ordigni ad effetto indiscriminato come le bombe a
grappolo ed altre sottomunizioni ad alta sensibilità.

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