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Palestina - Action for Peace: 01/01 - INCONTRO CON ZAIRA KAMAL E REEMA HAMMAMI
- Subject: Palestina - Action for Peace: 01/01 - INCONTRO CON ZAIRA KAMAL E REEMA HAMMAMI
- From: "Silvia Macchi" <s.macchi at libero.it>
- Date: Sun, 6 Jan 2002 14:06:38 +0100
Care amiche ed amici, sono appena tornata dalla Palestina e ho ritrovato la calma necessaria per riordinare i miei appunti. Vi mando una serie di allegati con i resoconti dei diversi giorni, scusandomi se ci sono delle ripetizioni rispetto a quello già mandato da Nadia Cervoni. Spero che circolino presto anche altri resoconti: eravamo più di duecento e spesso ci sono state attività parallele. Credo che dall'incrocio dei diversi racconti possano emergere una o più linee di azione comune per il prossimo futuro. Un saluto Silvia ------------------------------------------------- ACTION FOR PEACE 27 dicembre 2001-3 gennaio 2002 da Silvia Macchi ------------------------------------------------- Gerusalemme, 1 gennaio 2002 INCONTRO CON ZAIRA KAMAL E REEMA HAMMAMI Finalmente riusciamo a trovare un po' di tempo per incontrare le nostre amiche palestinesi. Alle 18,00 del 1 gennaio, Zaira Kamal e Reema Hammami ci raggiungono al nostro albergo. Non c'è che dire: un ottimo inizio d'anno! Zaira Kamal ha superato i cinquanta ed ha vissuto in prima persona la prima intifada, subendo sia il carcere che interminabili mesi di arresti domiciliari. Oggi è delegata alle questioni di genere presso il Ministero della Pianificazione e della Cooperazione Internazionale dell'ANP. Reema Hammami è invece una quarantenne nata e cresciuta negli USA che ha partecipato attivamente al dopo-Oslo. Insegna Antropologia all'Università di Birzeit e fa parte del Programma di Women Studies della stessa università. L'incontro è presieduto da Raffaella Lamberti, che invita le due ospiti ad esporre la loro analisi della situazione attuale, mettendo in evidenza le differenze rispetto alla prima intifada, e a passare quindi alla formulazione di possibili linee di azione. Entrambe esordiscono con parole di ringraziamento nei nostri confronti. Zaira ritiene che le iniziative "people to people", quale la nostra, possono servire a fare arrivare la sua voce in Europa, superando la censura dei media. Reema sottolinea il valore della nostra missione in termini di rottura dell'isolamento e della solitudine del popolo palestinese. Passando all'analisi, Zaira parte dicendo che la causa prima delle differenze tra prima e seconda intifada va ricercata nel processo di Oslo e nella conseguente costituzione delle ANP (Autorità Nazionale Palestinese). Durante la prima intifada non c'erano dubbi: la Palestina era un paese sotto occupazione e l'intifada era una lotta di liberazione. Nella seconda intifada, invece, l'esistenza dell'ANP confonde le idee soprattutto a chi guarda dall'esterno. I cittadini europei non sanno che l'ANP governa solo la zona A (18% della Cisgiordania e 70% della striscia di Gaza) per cui non capiscono perché si parla di occupazione e non percepiscono l'intifada come lotta di liberazione. La maggioranza pensa che si tratti di una guerra tra due paesi, mentre di fatto c'è un popolo occupato e un esercito occupante. Proprio per l'esistenza della ANP, la reazione di Israele è oggi molto più violenta che in passato. Dopo 15 mesi di intifada il bilancio è di 700 morti, 2000 feriti, centinaia di case distrutte, centinaia di migliaia di alberi sradicati, pesanti limitazioni alla libertà di movimento, 300.000 persone che hanno perso il lavoro e un tasso di disoccupazione altissimo. Il 70% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e per moltissimi il pasto principale è costituito da the e pane. I Palestinesi hanno perso qualsiasi speranza per il futuro e ciò ha indotto comportamenti molto violenti nei confronti degli Israeliani. Per quanto riguarda la sofferenza delle donne palestinesi, molte sono le vedove giovani e giovanissime o le donne con il marito disoccupato che si ritrovano senza reddito, senza formazione al lavoro e con i bambini piccoli da accudire. Alla loro sofferenza si aggiunge inevitabilmente quella dei figli: molti sono i casi di perdita della parola, di difficoltà scolastica, di perdita della capacità di concentrazione. C'è una grande necessità di trattamento psicologico per i bambini e di formazione al lavoro per le donne. Anche per quanto riguarda il rapporto tra donne e intifada molto è cambiato tra prima e seconda intifada. Sono mutati i luoghi dello scontro: i soldati israeliani non sono più nelle strade, davanti alle case, non fanno più parte degli incontri quotidiani per chi si muove solo all'interno del proprio villaggio; le manifestazioni si sono spostate ai check point e spesso prevedono l'uso delle armi per cui le donne non partecipano. Inoltre, con l'avvento dell'ANP, la questione "nazionale" è uscita dagli interessi delle organizzazioni di donne che si sono maggiormente dedicate alla questioni sociali e ai difesa loro diritti nell'ambito della società palestinese. Lo stesso vale per i giovani e per i lavoratori. Oggi c'è una ripresa di interesse per la questione nazionale e la volontà della donne di tenere insieme questione nazionale e questione sociale. Ma non è facile ed è proprio su questo punto che Zaira chiede la nostra collaborazione. L'analisi di Reema parte dalla affermazione che la situazione attuale è estremamente pericolosa e che tale pericolosità è andata crescendo con l'elezione di Sharon, poi con l'11 settembre e ancora nelle ultime due settimane prima di Natale. La politica di Sharon, che raccoglie il 55% del consenso israeliano, mira alla eliminazione della ANP e alla distruzione di qualsiasi identità nazionale palestinese. Non potendo però agire direttamente in questo senso, usa tutti gli strumenti possibili per ottenere lo stesso risultato indirettamente, tendendo un serie di trappole politiche alla ANP e minando l'economia dei territori. Una volta eliminata l'ANP, i palestinesi resterebbero intrappolati in una serie di bantustan, governati da leader locali controllati da Israele e circondati dagli insediamenti dei coloni. Per quanto riguarda le differenze tra prima e seconda intifada, Reema descrive la prima come un largo movimento di massa, con la partecipazione delle organizzazioni dei lavoratori e di altre organizzazioni di base, che ha come obbiettivo la pace e che predilige la disobbedienza civile alla violenza armata. Per queste sue caratteristiche, la prima intifada riuscì a raccogliere il consenso di parte dell'opinione pubblica israeliana aprendo così la strada al processo di pace. La seconda intifada, invece, avviene in un momento in cui la società politica palestinese vive una crisi di democrazia interna, in cui non esiste una struttura capace di mobilitare la popolazione né di elaborare una strategia politica. Il background di questa intifada è il processo di pace e il governo israeliano sfrutta questo elemento per dire che i Palestinesi non vogliono la pace, ottenendo così di ricompattare l'opinione pubblica israeliana a destra e contro i Palestinesi. Reema concorda con Zaira nel definire "militarizzata" la seconda intifada. Questa militarizzazione, ovvero il ricorso alle armi da entrambi le parti, è stata strategicamente voluta dal governo israeliano proprio per compattare la sua opinione pubblica. Sharon ha infatti imparato dalla prima intifada che una rivolta non violenta dei palestinesi può raccogliere un buon numero di consensi tra i cittadini israeliani. Fin dai primi mesi l'esercito israeliano ha risposto con le armi al lancio delle pietre da parte dei ragazzi palestinesi. Ed infatti nei primi due mesi il numero di vittime palestinesi sotto i 18 anni è altissimo. D'altra parte, in questa seconda intifada, la società palestinese non sembra avere la struttura necessaria per organizzare una rivolta civile che vada oltre il lancio delle pietre. Il processo di pace e la successiva formazione dell'ANP hanno portato ad una sostanziale smobilitazione della popolazione palestinese. E la sistematica militarizzazione dell'intifada ha reso ancora più difficile l'organizzazione di una resistenza su larga base popolare. Reema affronta quindi la relazione tra donne e intifada, riprendendo quanto già detto da Zaira. Il problema principale è rappresentato dalla scissione tra questioni nazionali e questioni sociali in seno alle organizzazioni delle donne. Tale problema era già evidente prima dell'intifada, tanto è vero che cinque anni fa l'Università di Birzeit aveva organizzato una conferenza su questo tema. L'intifada ha reso palesi le conseguenze di questa scissione, in termini di non partecipazione delle donne. Tuttavia Reema sottolinea che, a suo avviso, le donne non possono affrontare le questioni nazionali da sole e che l'elaborazione politica deve avvenire in un contesto più ampio che includa tutte le componenti della società. Si passa quindi al secondo tema proposto da Raffaella Lamberti: i progetti per il futuro. Su questo punto, Zaira e Reema sono concordi nel riconoscere la situazione attuale come estremamente difficile. La società palestinese è stremata da 15 mesi di lotta quotidiana per la sopravvivenza. Zaira porta il suo esempio personale: gran parte del suo tempo e delle sue energie sono consumate negli spostamenti, dagli attraversamenti dei check point a piedi in mezzo al fango e alla polvere, dal folle passare da un taxi all'altro anche per brevissimi tragitti. Quando finalmente si trova seduta alla sua scrivania non ha più le forze e il tempo necessario per elaborare una strategia politica. Reema ci confessa di essere estremamente depressa, di uscire poco di casa e di passare molto tempo a letto. Questo è ciò che voleva Sharon e ci è riuscito; ma, al tempo stesso, questo sta rafforzando la società palestinese che sta dimostrando una incredibile capacità di resistenza. Per quanto riguarda la nostra comune azione per il futuro, Zaira individua una serie di priorità: 1) fare pressione politica su tutti governi per ottenere la protezione internazionale 2) sostenere le ong e le altre organizzazioni della società civile al fine di creare nuove opportunità di lavoro, specialmente per le donne. Non basta più lavorare sulla formazione e sui diritti umani; servono urgentemente interventi che diano alle donne la possibilità di avere un reddito stabile e duraturo 3) fare pressione su Israele attraverso strumenti quali il boicottaggio dei prodotti dei settlements o altri strumenti in grado di produrre una danno economico 4) sostenere i servizi sociali e psicologici, sviluppando un'offerta differenziata. Zaira si sofferma sulle attività di drammatizzazione che possono aiutare i bambini ad elaborare la sofferenza attuale. Finora questo tipo di attività sono state trascurate e hanno ricevuto finanziamenti irrisori 5) sostenere i prodotti del lavoro delle donne per aumentare il loro reddito Reema riprende le priorità di Zaira, aggiungendo alcune sue considerazioni. Per quanto riguarda il lavoro da fare all'estero, ritiene fondamentale il lavoro che possiamo fare rispetto ai nostri governi e le attività di boicottaggio nei confronti di Israele. Propone anzi di andare oltre il boicottaggio economico e di lavorare per il boicottaggio culturale, come si fece per il Sudafrica (escludere le squadre israeliane dalle competizioni sportive; impedire le tournée degli artisti israeliani; ecc.) Passando al lavoro da fare nei territori, Reema sottolinea l'importanza delle missioni civili di protezione perché ritiene molto difficile riuscire a superare il veto degli USA in seno alle Nazioni Unite. Quindi ci chiede di farle sapere di che cosa abbiamo bisogno per operare nei territori nel senso indicato da Zaira, mettendosi a nostra disposizione per creare le condizioni necessarie al nostro lavoro futuro L'incontro termina sulla questione degli attentati suicidi. Reema riconosce che si è atteso fin troppo per aprire il dibattito su questa questione ma che qualcosa si comincia a muovere. Del resto è molto difficile esprimersi negativamente rispetto a dei giovani che danno la loro vita per la patria. I tutto il mondo questo tipo di comportamento è considerato positivamente. Comunque si tratta di un dibattito che deve coinvolgere tutta la società e non solo le donne. Quindi fa riferimento ad alcune statistiche che mettono in relazione la situazione politica generale con la % di consensi raccolti dagli attentati suicidi. Nel 1994, nel clima di ottimismo creato dagli accordi di Oslo, solo il 20% dei palestinesi approvavano gli attacchi suicidi. Tale percentuale saliva al 50% dopo tre mesi di intifada (dicembre 2000) e quindi al 75% dopo sei mesi di governo Sharon. Lo stesso andamento si riscontra all'interno della società israeliana se si considera il consenso degli israeliani all'assassinio dei leaders politici palestinesi. Oggi il 70% dei cittadini israeliani approva tali assassini, mentre 5 anni fa la percentuale era molto più bassa. Reema conclude quindi che entrambi i fenomeni dipendono da una serie di variabili esterne alla cultura dei due popoli, ovvero variano con il variare della situazione politica generale. Sono destinati a crescere se il conflitto si inasprisce ulteriormente ma possono diminuire se ritorna la speranza della pace.
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