I RISCHI DI UN INTERVENTO MILITARE IN SOMALIA



Dopo le indiscrezioni di 'Panorama' e le dichiarazioni di Martino,
intervista con Laura Mezzanotte, giornalista di Nigrizia

(News ITALIA PRESS) Al Ittihad al Islamya, un'organizzazione fondamentalista
attiva in Somalia è stata inserita dalla Casa Bianca nell'elenco delle
undici organizzazioni che hanno legami stretti con i signori del terrore.
Al Ittihad si è inoltre attirata una serie di pesanti sospetti di
coinvolgimento per la fornitura dell'esplosivo usato nell'estate di tre anni
fa contro le ambasciate statunitensi di Nairobi e Dar-es-Salaam. Questi sono
i presupposti che hanno fatto inserire la Somalia fra i probabili obiettivi
della guerra che gli Stati Uniti hanno lanciato contro il terrorismo
internazionale.
Il settimanale 'Panorama' sostiene di avere notizie secondo le quali negli
attacchi cher gli USA starebbero programmando verso la Somalia, sarebbero
coinvolti anche reparti italiani. Corpi scelti come il battaglione San Marco
e i carabinieri paracadutisti del Tuscania. La missione punitiva, sempre
secondo 'Panorama' potrebbe scattare già nel mese di gennaio.
Al termine di una cerimonia a Bari per i caduti dei carabinieri, il Ministro
della Difesa Antonio Martino, facendo il punto sulla partecipazione italiana
all'operazione Enduring Freedom, non ha assolutamente smentito le
indiscrezioni di 'Panorama'. Mentre dalla Farnesina non arrivano
dichiarazioni ufficiali da parte del Ministro degli Esteri Renato Ruggiero,
Laura Mezzanotte, giornalista del Comitato Scientifico di 'Nigrizia' mette
in guardia dall'intraprendere un'operazione militare "dai risultati
sicuramente negativi".

Ci può fare un quadro dettagliato della situazione politica in Somalia?
La situazione in Somalia è assolutamente complessa: dal 1991 non esiste un
governo e c'è stata la progressiva disintegrazione di tutte le strutture
dello stato. Attualmente esistono parecchie zone controllate dai "Signori
della guerra", tra i quali Aidid è sicuramente il più noto, perchè controlla
una parte di territorio piuttosto grossa, ma ce ne sono molti altri.
Diciamo, per semplificare, che partendo dal nord del paese, incontriamo una
zona, Somaliland, che già del 1991 si è resa in qualche modo indipendente:
non è riconosciuta a livello internazionale, ma ha una struttura consolidata
su base clanica, come di fatto sono controllati su base clanica anche
territori più piccoli scendendo da nord verso sud. C'è poi Puntland, che
cerca di "imitare" Somaliland ma è una zona molto meno stabile.
Per la stabilizzazione della Somalia ci sono diversi tentativi sia interni
che esterni, e anche l'Italia ha giocato nella zona un ruolo molto
importante, sia a livello ufficiale che a livello non ufficiale. C'è stata
una conferenza dei clan a Gibuti dove si è cercato un accordo: la conferenza
è stata sponsorizzata principalmente dall'Italia e dal presidente di Gibuti,
e dall'interno del paese dai mercanti. La società somala è infatti divisa
nettamente in due:c'è chi si occupa di commercio e chi invece di armi e
questioni militari. Sono chiaramente i mercanti a voler una situazione
politica più stabile.
Dopo Gibuti è sorto un parlamento transizionale con un governo (85 ministri
per cercare di mediare in maniera efficace fra i diversi gruppi) che
consentisse di riprendere controllo del territorio in maniera strutturata ed
istituzionale: la cosa non è però riuscita, e attualmente il governo
controlla solamente alcune aree di Mogadiscio. I signori della guerra non
vogliono infatti cedere il potere che detengono sui propri territori. A
questo governo si oppone nel sud il Somaly Resorption and Reconciliation
Council che ha la sua sede a Baidoa, ed è sponsorizzato anche dall'Etiopia
che ambirebbe a fare della Somalia un proprio protettorato.
Esiste poi un altro problema: nel sud ovest dell'Etiopia vive una
popolazione di etnia somala che chiede l'indipendenza, ed è appoggiata dai
fondamentalisti Al Ittihad al Islamya. L'Etiopia gioca molto sull'
instabilità politica della Somalia, perchè non vuole assolutamente avere
come vicino una Somalia forte ed unita.

La Somalia ed il fondamentalismo islamico: esiste un rapporto credibile?
La Somalia è in generale un paese islamico,  più o meno come l'Italia è un
paese cattolico. Si tratta cioè di una religiosità molto blanda. È vero che
nel corso degli anni si è verificata la nascita di alcuni movimenti
islamici -fatto dovuto ad una ragione piuttosto semplice: in una situazione
di disordine totale la vita islamica consentiva un minimo di ordine, come è
successo per alcuni tribunali islamici di Mogadiscio- ma non credo che si
possa parlare di una vena fondamentalista nei somali, che oltretutto,
consideriamo, non sono nemmeno arabi.

Cosa otterrebbe un intervento militare a partecipazione italiana in Somalia?
Otterrebbe dei risultati sicuramente negativi. Il ministro Martino dovrebbe
rendersi conto che gli italiani non sono molto amati in Somalia. I rapporti
fra i due paesi sono davvero complessi. Esistono indubbiamente rapporti
storici: quasi tutti i dirigenti di ieri e di oggi parlano ad esempio l'
italiano, perchè all'università a Mogadiscio, l'unica del Paese, la lingua
ufficiale era l'italiano. Ci sono poi sempre stati dei rapporti non
ufficiali con parecchi personaggi dei servizi segreti italiani, che non
hanno sempre avuto un atteggiamento chiaro.
La Somalia poi è un territorio veramente difficile. Non so se vogliono
intervenire in che modo intendano farlo, ma le alternative sono sempre le
stesse: o radono al suolo al suolo o organizzano delle operazioni di
'commandos', con un problema, che nemmeno i somali sanno fino in fondo cosa
ci sia nel oro territorio.
I vari signori della guerra, possono forse svelarlo, ma in base ad interessi
prettamente personali. Poi credo ci sia poca chiarezza su dove
effettivamente portare l'intervento: le basi dei fondamentalisti nel
Puntland sono una contraddizione, nel senso che Al Ittihad al Islamya opera
a sud, vicino all'Eritrea.

Potrebbe essere una missione rischiosa secondo gli elementi di cui siamo
attualmente in possesso?
Penso sia un atto assolutamente rischioso. C'è poi un ulteriore problema che
si tende troppo spesso a dimenticare: il popolo somalo non vuole più la
guerra.Consideriamo infine le misure che sono state prese fino ad ora: è
stata chiusa una società che faceva trasferimento di denaro proveniente dall
'estero verso la Somalia, e l'80% della popolazione somala vive con i
trasferimenti che arrivano dall'estero.

Claudio Robba/News ITALIA PRESS




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