E P I S T O L A A L L A C H I E S A D E L V E N T U N E S I M O S E C O L O



 

E P I S T O L A  A L L A  C H I E S A  D E L

V E N T U N E S I M O  S E C O L O

SUPERARE LA DOTTRINA DELLA GUERRA GIUSTA

Premessa. Mike, un amico americano, ha inviato a NOTIZIE DELL'ARCA questo testo di fratel Emanuele, un prete cattolico senza compromessi. NOTIZIE DELL'ARCA ha tradotto in francese queste pagine diffuse dal Centro per la Nonviolenza Cristiana di Baxter, scritte il giorno di pasqua 1982. La sostanza del discorso è più che mai di attualità.

P. Angelo Cavagna, avendo ricevuto a sua volta dall'amico Tonino Drago il numero di NOTIZIE DELL'ARCA recante tale testo, l'ha tradotto in italiano, ritenendolo particolarmente importante per i catechisti e per tutte le comunità cristiane. Si avverte che, nella traduzione italiana, sono stati omessi o leggermente modificati alcuni passaggi, per alleggerire il testo o renderlo comprensibile ai lettori di oggi, senza intaccare minimamente la linea di pensiero dell'autore. Pure i sottotitoli sono del traduttore.

 

Conversione di un generale

Il punto principale da considerare è che le armi nucleari sono il peggior danno che minaccia l'umanità. In realtà non si tratta di armi, bensì di un genere di bombe biologiche a scoppio ritardato, i cui effetti trascendono lo spazio e il tempo, inquinando la terra e i suoi abitanti per molte generazioni a venire.

Per gran parte della mia vita, certamente negli anni in cui indossavo l'uniforme di generale dell'esercito, la pensavo in modo diametralmente opposto a quanto andrò di seguito esponendo.

Problema <guerra>

L'ipotesi di questa lettera è che il Cristo ha qualcosa d'importante da dirci a proposito della maniera di vivere la vita cristiana. Lo scopo di queste riflessioni è di ricercare la Verità del Cristo, con la comunità dei cristiani e all'interno di essa. E' un testo serio, presentato seriamente: è la questione che è seria; si tratta precisissimamente della guerra e di ciò che il Cristo attende da coloro che Lo seguono, riguardo a questo fenomeno tuttora esistente. Tuttavia il mio discorso e il mio ragionamento non procedono assolutamente da uno spirito ostile verso chicchessia fra i membri della comunità cristiana; lo scopo non è di impiantare ostilità verso altri nella Chiesa. Ma vi sono fatti terribili e spiacevoli nella storia cristiana e nella vita cristiana di oggi, che dobbiamo esaminare. Noi abbiamo attualmente 1.600 anni di cristianità cosiddetta postcostantiniana, con la sua giustificazione della guerra e della violenza ad uso dei cristiani. Ogni secolo passato ha visto un crescendo di brutalità e inselvatichimento cristiani, e oggi, nel solo secolo ventesimo appena lasciato alle spalle, abbiamo tra cento e duecento milioni di cadaveri, vittime della guerra, imbevendo di sangue tutto il paesaggio del nostro pianeta. Una percentuale impressionante di queste distruzioni disumane può essere direttamente attribuita a coloro che si autodefiniscono cristiani, discepoli del Principe della pace.

Eppure, non fu sempre così. Durante i primi tre secoli del cristianesimo, la Chiesa era nonviolenta. Dall'inizio del quarto secolo la Chiesa cominciò ad accettare di collaborare, cioè a partecipare alla guerra e alla violenza del dittatore, allora non-cristiano, di Roma, Costantino; così debuttò la costantinizzazione della Chiesa...

Alla fine del ventesimo secolo i cristiani sono così occupati ad arrostirsi gli uni gli altri a morte, con uragani di fuoco costruiti dalla mano dell'uomo, a preparare bombe atomiche e a minacciare di lanciarle gli uni contro gli altri.., e si sforzano di giustificare tutto ciò con sistemi di morale e di teologia, nel nome di Gesù Cristo. E' davvero ciò che il Cristo aveva nel suo spirito al servizio dei suoi discepoli? Se no, come può la Chiesa giustificare, approvare, appoggiare l'implicazione dei suoi membri e il loro accondiscendere? La questione per la Chiesa non è solo la guerra e le armi nucleari. La questione è la guerra stessa.

"Amate i vostri nemici!"

Certo sarebbe più confortevole per la Comunità del Cristo, specie per chi esercita un ruolo di guida all'interno della Chiesa, dedicare tutta la propria attenzione a problemi di angelismo o di giurisdizione episcopale. Ma tali problemi non sembrano così pressanti come quello della giustificazione cristiana della violenza e della guerra in un mondo di distruzione tecnologica avanzata. Proclamare il Vangelo in tutta la sua pienezza, eccetto quando esso tocca le questioni morali e religiose centrali del nostro tempo, è un fallimento nella proclamazione del Vangelo...

Al termine della traversata della vita possa ciascuno essere in grado di ritornare in pace alla sorgente dicendo con Paolo: "Non ho resistito alla visione celeste" (Atti 26,19).

Il nemico di una nazione non è nemico di Dio. Il nemico di una persona, chiunque esso sia, o di un gruppo è un figlio di Dio, che dev'essere amato come Dio l'ama (lui o lei), cioè come Cristo ama. Gesù Cristo è Dio incarnato. Gesù Cristo è l'immagine visibile del Dio invisibile. Gesù Cristo non è dunque una dimensione, e nulla più, della vita cristiana. Se Gesù non è tutto per il cristiano, allora è niente. La sua vera natura, in quanto Dio, è di essere tutto e, in quanto uomo, di essere il cammino verso il tutto. Gesù Cristo è. quindi, la norma ultima per la morale e l'etica cristiana. E' l'Alfa e l'Omega. Egli ha esplicitamente chiesto ai seguaci di "osservare tutto ciò che Egli ha comandato" e di "amare come Egli ha amato".

Ora, il comandamento di Gesù "Amate i vostri nemici" è sempre espresso all'imperativo e al plurale: non conosce eccezione. L'amore dei nemici, con Gesù per modello, è il contrario della morale comune, sofisticata o no. Pertanto si può dire, con tutta certezza riguardo alla erudizione scritturistica, che questa frase è dovuta a Gesù stesso. Si può similmente dire, con la più grande certezza storica, che questa frase è la più citata, nei discorsi su Gesù, durante i primi due secoli del cristianesimo. Non è dunque ammissibile che questo amore, che è incarnato in Gesù Cristo e che i cristiani sono chiamati a condividere e ad imitare, possa essere qualcos'altro che l'amore nonviolento verso tutti, nemici compresi.

Se Gesù Cristo è la norma ultima in materia di condotta cristiana - e, se non lo è, è difficile immaginare chi (o che cosa) si possa proclamare di meglio quale sommo slogan della vita cristiana - allora risulta chiaro che vi sono degli assoluti etici nella vita e nel comportamento del discepolo cristiano. Per esempio, se ci si deve sforzare di vivere Gesù Cristo, non c'è possibilità per un cristiano di impegnarsi nel latrocinio; e nemmeno nell'esecuzione dell'omicidio di massa, ossia della guerra. Vi sono attività alle quali il cristiano non può partecipare, perchè cattive, cioè contrarie alla volontà di Dio rivelata da Gesù Cristo, che è il Verbo, la Parola stessa di Dio. E' molto semplice: il cristiano non può agire là dove non c'è possibilità alcuna di agire cristianamente...

Vorrei insistere pressantemente..: la questione per la Chiesa non è la guerra nucleare, ma il rigetto totale e senza equivoci, in teoria e in pratica, di ogni guerra e strage di massa. Non c'è nulla nella vita e nell'insegnamento del Cristo che possa far pensare che, mentre è illegittimo incenerire tutto un popolo con testate nucleari, sarebbe legittimo incenerirlo al napalm o con i lanciafiamme. Siamo chiari: è la guerra che il cristiano mette in questione, non la sola guerra nucleare. Una morale anti-guerra nucleare è un aspetto necessario della coscienza cristiana; ma non è sufficiente. Occorre assai di più per "rivestire il pensiero del Cristo". Il pericolo reale è che, condannando unicamente la guerra nucleare, il cristiano lasci intendere di approvare moralmente le altre forme di strage di massa.

Chiamare la guerra con il suo nome

Quella dell'equilibrio del terrore è una morale che il Cristo non ha mai insegnato. L'etica del macello di massa non si può trovare nell'insegnamento di Gesù. Bisogna chiamare le cose con il loro nome; avere il coraggio di guardare in faccia la guerra. Quando si pensa che l'eroina non è che una specie di aspirina, si arriva a un'etica cristiana che giustifica la vendita di eroina ai ragazzi. La storia della giustificazione della guerra è un dispiegamento di eufemismi: la strage di massa si chiama una dimostrazione di forza o reazione di protezione. Con questo tipo di linguaggio, il Principe della Menzogna è invitato a nozze. Così, nella dottrina della guerra giusta, Gesù Cristo, che è il tutto della vita cristiana, è una persona spiazzata. Potrebbe benissimo non essere mai esistito. Nella dottrina della guerra giusta non c'è aggancio alla sua persona o al suo insegnamento, perchè non è possibile trovarvi nemmeno un appiglio...

Siamo chiari. Il mondo ci osserva. Tagliare in quattro un capello a proposito della moralità dei diversi tipi di attrezzatura o di strutture in vista della strage di massa non è ciò di cui il mondo ha bisogno, da parte della Chiesa... Ciò di cui il mondo ha bisogno è un movimento di cristiani disposti ad "alzarsi e pagare di persona" insieme a Gesù Cristo. Il mondo ha bisogno di cristiani che proclamino: "Il discepolo del Cristo non può partecipare alla strage di massa. Il cristiano o la cristiana deve amare come Cristo ha amato, vivere come Cristo è vissuto e, se necessario, morire come Cristo è morto, amando il suo nemico".

Alcuni preferiscono che l'insegnamento del Cristo sulla nonviolenza appaia come ingenuo e ridicolo dal punto di vista del cristiano medio. Essi insegnano e agiscono come se la nonviolenza cristiana fosse una interpretazione di Gesù Cristo e del suo insegnamento teologicamente semplicista, razionalmente assurda, pragmaticamente impraticabile e spiritualmente inconsistente. Sono cristiani con simili idee che in maggioranza dominano nella più parte delle chiese. L'autentica nonviolenza cristiana, in tal modo, viene raramente trasmessa od offerta alla portata della comunità cristiana in generale. Quando in una Chiesa, o in una scuola o in un seminario si presenta l'occasione di riflettere sull'amore nonviolento, lo si fa normalmente in termini talmente vaghi e superficiali, così da convincere che nessuno, neppure Cristo in persona, saprebbe difendere seriamente una tale posizione

La difesa cristiana: la croce - il martirio

Eppure, durante i 300 anni che seguirono immediatamente la risurrezione del Cristo, la Chiesa ebbe universalmente una visione del Cristo e del suo insegnamento come nonviolenti. E' bene ricordare che la Chiesa insegnò questa etica di fronte ad almeno tre tentativi dello stato di liquidarla. Era una Chiesa esposta ad una tortura e ad una morte orribili e programmate: era questa Chiesa che insegnava senza equivoci un'etica di nonviolenza. Se mai vi fu occasione per un'etica cristiana di rappresaglie giustificate e di strage difensiva, nella forma sia di dottrina della guerra giusta, sia di rivoluzione violenta giusta, fu questa. Le élites economiche e politiche di Roma e il loro supporto militare avevano rivolto i cittadini dello stato contro i cristiani e si erano dedicati ad una politica criminale pubblica di sterminio della comunità cristiana. Eppure la Chiesa, esposta a tali crimini odiosi contro i suoi membri, insisteva senza riserve sul fatto che, disarmando l'apostolo Pietro, il Cristo aveva disarmato tutti i cristiani. Questi continuavano a credere che il Cristo era, per impiegare le parole di un'antica liturgia del "bacio della pace", "la loro fortezza, il loro rifugio e la loro forza" e che, se il Cristo era tutto ciò di cui essi avevano bisogno, in fatto di difesa e di sicurezza, ebbene, il Cristo sarebbe stato tutto ciò che avrebbero avuto.

Si trattava davvero di una dottrina di sicurezza tutta nuova. I cristiani comprendevano che, se volevano seguire Cristo solo e i suoi insegnamenti, non c'era pericolo di fallimento. Quando vennero offerte ai cristiani buone occasioni di ammansire lo stato raggiungendo l'armata romana al fronte, queste occasioni vennero respinte, perchè la primitiva Chiesa vedeva una incompatibilità totale ed evidente tra amare come Cristo ama e uccidere. Il Dio della Comunità Cristiana, durante i suoi 300 primi anni di esistenza, non era Marte, era il Cristo. Era dunque Cristo, e non Marte, che determinava come una cristiana o un cristiano impiegava il suo tempo, il suo modo di vedere, la sua vita. Era il Cristo, e non Marte, che dava la sicurezza e la pace.

Durante questi 300 anni, la Chiesa continuava a crescere, per meglio dire, a diffondersi. Essa sopravvisse senza ricorrere alla guerra né alla violenza. Essa sopravvisse perchè il Cristo vivente aveva garantito la sua sopravvivenza. Gli unici a pensare che gli insegnamenti del Cristo sull'amore nonviolento erano teologicamente semplicisti, razionalmente assurdi, pragmaticamente impraticabili e spiritualmente inconsistenti erano o i cultori di Marte, il dio della guerra, o coloro che non credevano che Cristo è la Via e la Verità.

Nessuno nella Chiesa primitiva nonviolenta insegnò che i cristiani dovevano ignorare il male o lasciarlo correre. La Chiesa sapeva, ed era parte della sua vera identità, che essa doveva vivere in una lotta, per la vita e per la morte, contro il male. Il cristiano doveva vincere il male con il bene e, se fosse stato richiesto, doveva dare la sua vita nel corso di questa lotta contro il male. Ma <dare> la vita non significa <prendere>, salvo in questo mondo dal linguaggio politico e teologico biforcuto, dove servo significa capo. In altre parole, per la primitiva Chiesa, il martirio era un'attività sociale maggiore.

"Deporre la propria vita" (e non ucciderne un'altra), rispondendo al male con il bene, era considerato atto supremo di responsabilità sociale. Si riteneva che il modo più efficace di mostrarsi socialmente responsabile era di rifiutare di collaborare con il male sociale, ossia con la guerra e la strage di massa. Il cristiano aveva questa evidenza intima: non basta dire semplicemente che ci si oppone al male. Essere pronto a soffrire o sopportare ciò che deve essere sofferto o sopportato, nell'intento di amare come Cristo ha amato, questo era inteso, si fosse uomo o donna, come la condizione senza la quale non vi può essere vita cristiana. Un senso serio della responsabilità sociale esigeva ben più che dire: "Sono contrario alla vendita di eroina ai ragazzi" o "sono contro la guerra". L'opposizione verbale a un grave male può essere meglio di niente, ma è di basso livello in materia di responsabilità sociale o quando si è un discepolo. La primitiva Chiesa comprendeva che un senso autentico della responsabilità sociale doveva tradursi nel rifiuto di partecipare a un male che si era condannato a parole. Questa spiritualità cristiana primitiva della responsabilità sociale, spiritualità consistente nel parlar chiaro e nel pagare di persona, dista anni luce da un'etica della responsabilità sociale che giustifica un parlare ambiguo a proposito del male, nell'attesa di parteciparvi, finchè tutti siano d'accordo di non più parteciparvi. I nostri padri e madri spirituali dei primi tre secoli del cristianesimo sapevano che Gesù, loro Dio e Signore, non permetteva a nessuno dei suoi discepoli di sostituire la violenza all'amore; e così parlavano e agivano in armonia, da cristiani socialmente responsabili.

In concreto, la nonviolenza cristiana non poteva essere resa ingenua o vana mediante un'allusione condiscendente a un idealismo o ad una utopia irrealistica. Niente di ciò. La nonviolenza cristiana è la volontà di Dio rivelata mediante la vita e l'insegnamento di Gesù Cristo. Le utopie sono fantasie umane, alle quali nessuna persona seria presta fede. L'insegnamento di Gesù è, invece, un Mandato Divino, al quale tutti i cristiani sono tenuti a prestare fede totale. Quando Dio parla, una obbedienza incondizionata è la sola risposta giusta, perchè la parola di Dio è Potenza e Saggezza, le sole Potenze e Saggezze che contano. Obbedire alla volontà di Dio significa essere realisti e pragmatici. Rifiutarsi di obbedirGli è il colmo della ingenuità... Rifiutare di cooperare con la Potenza e la Saggezza di Dio è irrazionale... Sforzarsi di adorare Cristo in pubblico, mentre in segreto si giudica come irrealistica la sua dottrina della nonviolenza, è cosa aberrante.

Ci sono coloro che, a ogni buon conto, pensano che Gesù abbia bisogno delle loro rettifiche, perchè non era capace di esprimersi Egli stesso chiaramente, avuto riguardo a ciò che Egli avrebbe voluto realmente far comprendere circa la violenza, i nemici ecc. E' quella stessa specie di cristiani per i quali il martirio, in quanto attività spiritualmente e socialmente responsabile, non è valido se non nel caso in cui non si possa, si sia uomo o donna, metter mano agli strumenti di distruzione umana. "Se avete la possibilità di uccidere il vostro nemico, a che pro i martiri?", ecco quella che sembra essere la dinamica operativa di questa vita etica e spirituale votata all'omicidio giustificato. Per i cristiani vicini a Gesù nel sentimento e nello spazio, che per certo oggi sono rigettati come una banda di barboni teologici, combattere la guerra con la guerra equivarrebbe a coinvolgersi nel male e ad accrescerlo, nonostante l'intenzione di eliminarlo. Altrimenti detto, era chiaro, per costoro spiritualmente e politicamente non-sofistici, dei primi tre secoli, che non rimaneva altra scelta che propagare il Regno di Dio con i metodi propri del Regno di Dio. La guerra e la violenza non facevano parte del metodo e nemmeno il martire come ultima risorsa dopo la sconfitta in guerra. Occorre interrogarsi se ciò che fu chiamato "seme di cristiani", ossia il martirio, sia stato svalutato quale principio di responsabilità personale e sociale, nelle principali chiese d'oggi...

E' il momento di richiamare l'osservazione del Mahatma Gandhi, secondo la quale "i soli popoli della terra che non vedono la nonviolenza del Cristo e dei suoi insegnamenti sono quelli cristiani". Siamo onesti: la ricerca di un Vangelo con delle scappatoie è spiritualmente vana. Non è la Verità che motiva una tale ricerca. E' la paura, lo spavento dinanzi alla morte e il rifiuto di credere che il Cristo si è alzato di tra i morti, e ciò per mezzo della sua stessa morte. Egli ha vinto la morte e ha dato la vita a tutti quelli che erano nella tomba.

Prendere coscienza che il Cristo è in mezzo a noi e che lo sarà sempre, è questo che rende il suo comandamento "amatevi come io vi ho amato" possibile e ragionevole... E' la risurrezione del Cristo e la sua presenza o dinora con noi che confermano la verità e la potenza della sua definizione dell'amore... Senza conversione alla fede nella persona del Cristo, la fede nell'etica di vita che Egli proclama è insostenibile, impossibile. Senza la risurrezione della sua persona, la fede nell'etica della sua croce di amore nonviolento è vana. Ma se il Cristo è risuscitato, allora effettivamente questa croce dell'amore nonviolento è la Via e la Verità. La croce e la risurrezione sono una sola cosa. La sua persona e il suo messaggio fanno tutt'uno...

Dio-Trinità - Dio-Amore:

il cammino del cristiano è l'amore nonviolento

S. Paolo, riconoscendo quanti spiriti altri, rispetto a quello di Cristo, s'industriano di imposserssarsi di noi, dice che è necessario per il cristiano "pregare senza tregua". S. Giovanni Climaco, a proposito della preghiera ripetitiva del nome di Gesù, dice: "Volgete in fuga i vostri nemici con il Nome di Gesù, perchè non v'è arma più potente né in cielo né sulla terra". Pregando così, non si può certo giustificare la violenza e la guerra, come invece non dispiace a una certa teologia corrente. Una coscienza continua del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo è, secondo s. Paolo, necessaria, al fine di pentirsi davvero e di rivestirsi del pensiero del Cristo. S. Paolo ritiene che, in buon realismo etico, è impossibile impegnarsi nel male, ossia nella guerra e nella violenza, se si sta occupati a "pregare senza tregua". Ma egli sottintende anche che una coscienza continua della presenza di Dio in quanto Amore è di fatto la coscienza stessa di Gesù, il suo stato di coscienza. Tutto il male viene dal non capire che Dio è più vicino a noi del nostro respiro.

Lo spirito del Cristo non è primariamente centrato sul rifiuto della violenza, ma sull'amore. Il centro di questo amore è la comunità di amore che abita dentro di noi, sotto il nome di Santa Trinità. Rivestirsi del pensiero di Cristo è vivere la presenza cosciente del Dio-Amore, del Dio Padre-Figlio-Spirito Santo. Una spiritualità veramente cristiana ci conduce a una presa di coscienza crescente del totale coinvolgimento della nostra persona e di tutta la creazione in questa comunione d'Amore, che è la SS. Trinità. Un pensiero e un'anima che abbiano una tale coscienza non sono pensiero e anima pieni di pensieri di guerra e di violenza. E' inconcepibile che uno impegnato a "rivestirsi del pensiero di Cristo", a vivere alla presenza del Dio-Amore, compassionevole, del Dio-Trinità, pensi mai a giustificare la guerra e la violenza (non parliamo di parteciparvi).

Cristiano scegli: o Marte o Cristo

Una dottrina della guerra giusta è un tentativo di giustificare moralmente la strage di massa, che Gesù ha esplicitamente espulso dal suo pensiero. E' un cristianesimo senza Cristo. E' un tentativo di giustificare il rifiuto del cristiano di "rivestirsi del pensiero di Cristo", di vivere alla presenza della Trinità. Il pensiero che emana dal Dio-Trinità è agli antipodi di quello che emana dal dio Marte. Giustificare quest'ultimo nella terminologia del primo è abominio idolatrico, che continuerà a spargere caos e tragedie sino ai confini del mondo.

La scelta è tra il rivestirsi del pensiero di Cristo o di non importa quale altro pensiero. Impossibile star neutrali. Non è facile rivestirsi del pensiero di Cristo, pentirsi. E tuttavia è il prezzo della pace sulla terra. Ma se non si accetta di pagare il prezzo della pace, allora si pagherà il prezzo della guerra. Se non si desidera assumere la "santa violenza" (o ascesi) di una vita di preghiera incessante, con la quale impossessarsi del Regno dei Cieli, allora speriamo che si avrà almeno la decenza e l'onestà di non cercare di giustificare come cristiana la violenza non santa, per mezzo della quale i regni di questo mondo sono continuamente e inevitabilmente condotti alla loro totale e permanente distruzione.

Conclusione

No! La questione, per la Chiesa, non è l'armamento nucleare, la guerra nucleare. La questione è: la guerra. Da 1.600 anni il popolo di Dio è stato inchidato sulla croce delle giustificazioni cristiane al macello di vite umane. Ciò deve finire! La partecipazione cristiana alla barbarie della strage di massa è la negazione incarnata della Verità del Vangelo. Se i cristiani si temono gli uni gli altri o temono i non-cristiani, allora c'è un problema spirituale-pastorale di ampiezza incalcolabile. Ove esistesse un tale malessere, la Chiesa dovrebbe investire tutte le sue risorse per alleviarlo. Ma ciò che la Chiesa deve interdirsi di fare è di giustificare rappresentazioni false e grottesche del Cristo e della sua dottrina, in contraddizione con gli insegnamenti più chiari di Gesù. Non c'è passo del Vangelo in cui Cristo dica che i suoi discepoli sono esenti dal seguirlo perchè temono certe conseguenze. La fedeltà al Cristo include la fedeltà ai modi di fare del Cristo. Il cammino del Cristo è quello della croce e il cammino della croce è quello dell'amore nonviolento, istante per istante.

Siamo chiamati dal Principe della Pace a essere un Popolo di Pace. Dobbiamo essere i testimoni pacifici della risurrezione, contenti di pregare senza tregua, di amare alla maniera del Cristo e di sparire volentieri dal tempo che è il nostro. Non si pretende nulla più da noi. Non c'è bisogno d'altro da parte nostra. Ma essendo liberi, dobbiamo scegliere: tra preghiera incessante e violenza incessante, tra il pensiero di Cristo e il pensiero di Marte, tra la croce e la spada, tra l'amore definito dal Cristo o da non si sa chi, tra la vita e la morte. Dobbiamo scegliere.

Vi sono forse due Vangeli? Quello della nonviolenza e quello della strage di massa? O ce n'è uno solo? Obbediamo, come Paolo, alla "visione celeste"; il resto non ci interessa. Scegliamo la Verità del Cristo; siamo senza paura e sorridiamo. Dio è stato con noi dall'inizio e Dio è con noi ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen. Cristo è risuscitato! Davvero Egli è risorto!

fratel Emanuele Carlo Mac Carthy

traduzione dall'inglese in francese Arnaud de Mareuil

traduzione dal francese in italiano p. Angelo Cavagna

(da MISSIONEOGGI, Gennaio 2002)